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Il gelo paralizza la Svezia, centinaia bloccati in auto

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Freddo estremo, tempeste di neve e venti di burrasca stanno investendo da giorni la regione scandinava, lasciando migliaia di persone senza elettricità, e altre bloccate per diverse ore nelle loro auto lungo le autostrade intasate e innevate. La Svezia è il Paese più colpito, con temperature record che non si vedevano da un quarto di secolo: meno 43,6 gradi centigradi registrati in Lapponia, nel profondo nord. Il gelo, proveniente dalla regione artica, sta mettendo a dura prova tutto il Paese, dal nord a sud, con i trasporti in tilt, mentre nella vicina Finlandia una valanga non ha risparmiato una donna e il suo bambino travolgendoli in un abbraccio mortale.

Per la polizia finlandese i due erano reduci di un’escursione sugli sci che si è rivelata fatale. “La sequenza degli eventi dopo la chiamata d’emergenza non è del tutto chiara, ma sembra che le pessime condizioni meteorologiche combinate con una valanga abbiano causato questo triste e insolito incidente”, hanno spiegato le forze dell’ordine. La situazione più drammatica si è registrata nella strada E22 che costeggia il sud della Svezia dove migliaia di auto, bloccate dal manto bianco, sono state liberate dai servizi di soccorso e dall’esercito solo dopo diverse ore.

La polizia ha invitato gli automobilisti intrappolati a cercare di restare al caldo e a non abbandonare i propri veicoli, malgrado l’insofferenza tra chi lamentava lentezza nei soccorsi e difficoltà a reperire cibo e acqua potabile. A nord invece nel comune di Alvsbyn gli abitanti si sono svegliati senza elettricità e con la colonnina di mercurio scesa a meno 35 gradi. Secondo l’agenzia di stampa Tt, attorno alle quattro del mattino il comune, che si trova a circa 900 chilometri a nord di Stoccolma, ha avvertito che la corrente era saltata. Ma nonostante il ripristino per circa un migliaio di abitazioni, altre 3.000 case sono ancora al buio.

A complicare la situazione la mancanza totale di diretta luce solare in questo periodo dell’anno per via della latitudine del nord Europa. Il freddo intenso ha anche provocato la chiusura delle scuole e l’interruzione di numerosi treni in Norvegia: a Kautokeino, non distante da Capo Nord, il termometro è sceso a meno 41,6 gradi. E in Europa continentale non va meglio, attraversata da forti piogge che hanno causato inondazioni, dalla Germania alla Francia – dove è stato registrato un decesso -, fino ai Paesi Bassi. Il governo francese ha annunciato “risposte eccezionali” per il nord del Paese. L’attenzione è focalizzata in particolare sul dipartimento del Pas-de-Calais, classificato in allerta rossa.

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Ambiente

Caldo e inquinamento minacciano gli allevamenti di ostriche

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L’inquinamento e il cambiamento climatico stanno mettendo a dura prova gli allevamenti di ostriche in tutto il mondo. Questi prelibati molluschi bivalvi sono infatti una cartina tornasole della qualità delle acque nelle foci e negli habitat marini e anche minime variazioni di temperatura e salinità possono essere mortali per le ostriche sia selvagge che allevate. In Europa, la Francia è il primo produttore (70%), seguita da Irlanda (20%) e Italia (10%). Lungo la nostra costa adriatica, stando all’ultima mappatura Ispra, è stato avviato l’allevamento di un milione di larve di ostriche in vista della ricostruzione dei banchi di ostrica piatta europea (Ostrea edulis, una specie autoctona dell’Adriatico), in cinque regioni italiane: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Abruzzo.

A livello globale, si stima che l’85% dei banchi naturali di ostriche sia andato perduto. Il modello produttivo irlandese sembra tuttavia vincente. grazie alle maree e alla qualità delle acque dolci che affluiscono in mare, salvaguardate dal basso impatto antropico e dal minimo utilizzo della chimica negli allevamenti bovini e ovini. Il valore totale delle esportazioni di molluschi irlandesi in Italia nel 2023 è di 60 milioni di euro, pari a 4.238 tonnellate e nel 2023 sono cresciute del 23% in valore, nonostante un calo del 4% in volume, secondo dati di Bord Bia.

“Le nostre varietà di ostriche – spiega Kian Louet-Feisser, seconda generazione di un piccolo stabilimento, Carlingford Oyster Ltd, che produce circa 200 tonnellate l’anno di Irish Rock Oyster – sono tipicamente concave, furono introdotte dai Portoghesi nel 1700. Rispetto ai colleghi francesi lavoriamo in un mare più aperto, dove le maree sono un alleato importante e naturale per accompagnare la crescita delle ostriche che dura circa tre anni dall’inseminazione. Sono circa 6 milioni i semi, principalmente prodotti in Francia, che mettiamo a coltura ogni anno in una sorta di sacchi metallici traforati e legati l’uno all’altro in fila.

Qui l’acqua è molto fredda, per questo ci mettono tre anni per crescere, mentre in Italia la maturazione necessita circa un anno e mezzo. Più o meno metà tempo, ma noi non dobbiamo creare le maree artificialmente e l’acqua ha temperature ottimali e tutto questo è un bel risparmio di costi”. Louet-Feisser osserva inoltre: “il nostro è un lavoro 100% naturale e artigianale: come per lo Champagne, dobbiamo fare manualmente la rotazione dei contenitori e poi verificare l’assenza di parassiti.

Al gusto il sapore cambia di costa in costa, il nostro è più salino e iodato, e la forma concava permette un buon sviluppo della componente grassa utile a permettere persino cotture alla brace o in affumicatore”. Tra i 18 dipendenti della Carlingford c’è l’italiano Davide Orlandi: “avevo un ristorante nel basso Lazio, sono originario della Valle del Comino (Frosinone) – racconta – e Carlingford era tra i fornitori. Poi, dopo una esperienza negli Usa, venendo qui, due anni fa, sono rimasto affascinato dalla lavorazione e il paesaggio mi ricorda quello dei vigneti, con i filari tra terra e mare.ò

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Ressa per filmare orsi in amore, stop ai curiosi

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Gli orsi vittime dei curiosi, non più liberi di vivere in tranquillità la loro stagione degli amori. Accade nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise dove l’ente che gestisce una delle più importanti aree verdi tutelate ha dovuto chiudere il sentiero che porta decine di escursionisti a filmare gli orsi in amore. Il Parco, con un’apposita ordinanza, ha disposto la chiusura del sentiero F10 che sale in vetta al Monte Marsicano, quota 2.245 metri, dopo aver riscontrato che gruppi di persone si appostano ogni giorno, spesso accompagnate da guide, per poi pubblicare sui social, dopo poche ore, video di orsi che si incontrano nel periodo degli amori. L’ente ha anche raccolto testimonianze di chat, tra frequentatori della zona, dove vengono condivise informazioni puntuali degli orari e delle località in cui vedere gli orsi in accoppiamento. Molte persone, accompagnate e non, sono salite in quota anche prima dell’alba, contravvenendo al regolamento sulla fruizione turistica delle aree.

“Crediamo che vedere tanti video di orsi, come quelli postati in questi giorni, sia sicuramente molto emozionante – recita una nota del Parco – Non comprendiamo però come nessuno si preoccupi del fastidio, delle interferenze e del disturbo che viene arrecato a questi splendidi e unici animali selvatici”. La chiusura del sentiero F10 resterà in vigore fino al 9 giugno, salvo esigenze di proroga per la migliore tutela degli orsi. Situazione completamente diversa e più tragica è quella che ha scosso una località del Trentino, dove è stato trovato morto un cucciolo di orso albino in una foresta sopra l’abitato di Garniga, sul Monte Bondone.

A trovare il cucciolo è stato il Corpo forestale della Provincia di Trento dopo la segnalazione di alcuni escursionisti in merito a un esemplare in difficoltà. “Abbiamo ricevuto la segnalazione e ci siamo portati sul posto. L’animale non stava bene – ha spiegato a T quotidiano il dirigente del Servizio foreste, Giovanni Giovannini – ma la nostra indicazione è quella di stare lontani per non provocare le madri. Il protocollo prevede di favorire il ricongiungimento familiare, quindi almeno come primo intervento è giusto spostarlo dalla zona trafficata e lasciare che sia la madre a recuperarlo”.

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Le Maldive chiedono 500 milioni contro la crisi climatica

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Le Maldive hanno bisogno di finanziamenti internazionali per combattere l’innalzamento del livello del mare, ha affermato il presidente Mohamed Muizzu sottolineando che l’arcipelago dell’Oceano Indiano è stato ingiustamente escluso dalle misure di sostegno più generose. “Le Maldive sono responsabili solo dello 0,003% delle emissioni globali, ma sono uno dei primi Paesi a sopportare le conseguenze esistenziali della crisi climatica”, ha scritto il presidente Muizzu sul quotidiano britannico Guardian, aggiungendo che “le Nazioni più ricche hanno una responsabilità morale nei confronti di comunità come la nostra”.

Il suo Paese, ha affermato, ha bisogno di circa 500 milioni di dollari per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e che l’economia dipendente dal turismo non è in grado di raccogliere fondi da sola. I suoi commenti sono arrivati alla vigilia della conferenza che si tiene una volta ogni dieci anni dei Piccoli Stati Insulari in Via di Sviluppo (SIDS) – molti dei quali conosciuti come destinazioni turistiche di lusso ma minacciate dall’innalzamento del livello del mare – che co-presiederà da lunedì ad Antigua e Barbuda. I SIDS ricevono “solo il 14% circa dei finanziamenti che ricevono i Paesi meno sviluppati”, ha affermato. “Grazie alla sana industria del turismo delle Maldive, siamo classificati come un’economia emergente e quindi esclusi dai finanziamenti più economici riservati ai paesi a più basso reddito”.

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