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La premier e i salotti radical chic, polemica su La7

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“L’8 e 9 giugno non sono i salotti radical chic a parlare ma il popolo e quello del popolo da sempre è l’unico giudizio che ci interessa”. Il giorno dopo gli ‘Appunti di Giorgia’ in versione TeleMeloni la premier compare in un videomessaggio autogestito della campagna sul voto europeo messo in onda su La7 che provoca più di qualche polemica soprattutto per la scelta di rivolgersi direttamente ai telespettatori per rassicurarli provocatoriamente sull’infondatezza dei timori nei confronti suoi e del suo governo. Il tutto mentre il direttore del Tg della rete, Enrico Mentana, rilancia sul duello tv: “accolgo con un sorriso la battuta sui telespettatori di La7, se sente la loro mancanza potrà incontrarli nella sera più importante della campagna elettorale, il 7 giugno, visto che è stata invitata come tutti i leader”.

“Spero di trovarvi rincuorati – dice Meloni in apertura dello spot – per lo scampato pericolo della deriva autoritaria, del collasso dell’economia, dell’isolamento dell’Italia a livello internazionale. Perché mentre molti discutevano di questi fantasmi noi lavoravamo senza sosta, per migliorare le condizioni dell’Italia”. Meloni elenca i risultati sul fronte dell’export, dello spread, dell’occupazione e fa sapere “ovviamente non ci accontentiamo”. La7 replica implicitamente pubblicando lo spot sul proprio sito e titolandolo “Il videomessaggio di Meloni (che punge La7)”. E c’è anche chi va all’attacco come il conduttore Corrado Formigli. “Quel che colpisce di questo video – dice – è il salto di qualità. Stavolta la presidente del Consiglio non attacca i giornalisti di La7. Va oltre e sbeffeggia e insulta milioni di italiani che guardano la nostra rete”. No comment, invece, da Urbano Cairo.

“Ovviamente – dice l’editore della rete – non commento ciò che un politico dice nel suo spazio autogestito su La7”. Lo spot di Meloni provoca, inoltre, le critiche dell’opposizione. “Non ho mai visto un presidente del Consiglio che schernisce un popolo per il solo fatto che sceglie a quale canale televisivo collegarsi”, dice la pentastellata Vittoria Baldino. “A furia di insultare quelli che considera salotti radical chic – aggiunge – è diventata ella stessa radical chic”. Niente di tutto ciò – sottolinea il responsabile organizzazione di FdI Giovanni Donzelli – secondo cui “Giorgia con eleganza e simpatia offre lezioni di pluralismo su La7″. Ci dispiace per Formigli – attacca l’esponente di FdI – che vorrebbe decidere anche i contenuti di un messaggio autogestito da Fratelli d’Italia. Non ci stupiamo che non comprenda l’ironia con cui Giorgia ha scherzato. Ci stupiamo solo come non abbiano capito che così fanno solo crescere Fratelli d’Italia”. (ANSA). 2024-05-26T18:47:00+02:00 CIA ANSA per CAMERA01 NS055

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Politica

Meta posticipa il lancio dei modelli di AI in Europa dopo reclami sulla privacy

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Meta ha deciso di non lanciare per il momento i suoi modelli di Intelligenza Artificiale (IA) in Europa. La decisione arriva dopo la richiesta dell’autorità irlandese di regolamentazione della privacy di ritardare i piani per utilizzare i dati degli utenti di Facebook e Instagram.

Il colosso tecnologico ha preso questa decisione a seguito delle denunce e degli appelli del gruppo ‘Noyb’ alle autorità per la protezione dei dati di undici paesi europei, tra cui Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia e Spagna. Il gruppo Noyb, il cui acronimo significa “None of Your Business”, ha presentato reclami in questi paesi affermando che il cambiamento della policy di Meta per addestrare un tipo “indefinito” di tecnologia IA è illegale.

Nelle ultime settimane, il gruppo Noyb ha formalizzato numerose denunce contro Meta, sostenendo che l’utilizzo dei dati degli utenti per l’addestramento dell’IA violi le normative europee sulla privacy. Le denunce sono seguite a un recente annuncio di Meta che informava gli utenti europei di un cambiamento nella sua politica sulla privacy a partire dal 26 giugno.

La Commissione irlandese per la protezione dei dati (Dpc) ha dichiarato di accogliere con favore la decisione di Meta di sospendere i suoi piani per l’addestramento del modello linguistico utilizzando contenuti pubblici condivisi dagli adulti su Facebook e Instagram in tutta l’UE/SEE. “Questa decisione fa seguito a un intenso impegno tra il Dpc e Meta”, ha aggiunto il Garante, sottolineando che continuerà a collaborare con Meta su questo tema insieme alle altre autorità di protezione dei dati dell’UE.

Meta, in un post ufficiale, ha ribadito la sua fiducia nella conformità dei suoi approcci alle leggi e ai regolamenti europei. L’azienda ha sottolineato che l’addestramento dell’IA non è un’esclusiva dei loro servizi e che sono più trasparenti rispetto a molti dei loro omologhi del settore. Meta ha inoltre espresso la sua intenzione di continuare a collaborare con il Dpc per garantire che le persone in Europa abbiano accesso allo stesso livello di innovazione nell’intelligenza artificiale del resto del mondo.

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Politica

Parlamento vuoto, tasche dei parlamentari piene: ecco perché gli assenteisti incassano i soldi anche se assenti

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In un Parlamento spesso desolatamente vuoto, l’assenteismo dei parlamentari italiani è un problema cronico. Nonostante siano ben retribuiti per occuparsi esclusivamente dell’interesse del Paese, molti deputati e senatori non partecipano attivamente ai lavori parlamentari. I dati di Dataroom del Corriere della Sera, curati da Milena Gabbanelli, illustrano una situazione preoccupante che mette in discussione l’efficacia del sistema.

Ogni parlamentare incassa tra i 13 e i 15 mila euro al mese, con un’indennità stabilita dalla Costituzione di circa 5 mila euro netti. Il resto sono rimborsi per l’attività parlamentare: diaria (3.500 euro), rimborso spese (3.690 euro per i deputati, 5.830 per i senatori), spese di viaggio e telefono. I parlamentari godono anche di pensioni dopo 5 anni di legislatura e di benefit come interessi bancari vantaggiosi. Questo sistema di compensi dovrebbe garantire un impegno totale verso il Paese, ma la realtà è spesso diversa.

I regolamenti di Camera e Senato prevedono penalizzazioni per assenze non giustificate. Tuttavia, la presenza minima richiesta è del 30% delle votazioni giornaliere o mensili, e le assenze possono essere giustificate per missioni, congedi o altri impegni istituzionali. Questo lascia ampi margini di discrezionalità e scarsa trasparenza, permettendo ai parlamentari di evitare decurtazioni anche con alte percentuali di assenze.

Compensi dei parlamentari italiani

I parlamentari italiani godono di compensi elevati e di una serie di benefit che rendono il loro incarico ben remunerato. Ecco una panoramica dei compensi:

  • Indennità netta: 5.000 euro
  • Diaria: 3.500 euro
  • Rimborso spese per i deputati: 3.690 euro
  • Rimborso spese per i senatori: 5.830 euro
  • Spese di viaggio (trimestrali): 3.359 euro
  • Telefono (annuale): 1.200 euro

Questi importi evidenziano come il ruolo di parlamentare sia supportato da un consistente pacchetto retributivo e di rimborsi, destinato a garantire l’impegno esclusivo nell’attività parlamentare.

I Parlamentari più assenteisti

  1. Antonio Angelucci (Lega): Presente allo 0,17% delle votazioni, con un’assenza del 99,83%.
  2. Marta Fascina (Forza Italia): Presente al 7,17% delle votazioni, con un’assenza del 92,83%.
  3. Antonino Minardo (Gruppo Misto): Presente allo 0,63% delle votazioni, con un’assenza del 99,37%.
  4. Giulio Tremonti (Fratelli d’Italia): Presente al 3,54% delle votazioni, con un’assenza del 96,46%.
  5. Claudio Borghi (Lega): Presente al 35,10% delle votazioni, con un’assenza del 64,90%.
  6. Elly Schlein (Pd): Presente al 24,2% delle votazioni, con un’assenza del 75,8%.
  7. Giuseppe Conte (M5S): Presente al 26,74% delle votazioni, con un’assenza del 73,26%.
  8. Matteo Renzi (Italia Viva): Presente al 53,59% delle votazioni, con un’assenza del 46,41%.
  9. Carlo Calenda (Azione): Presente al 51,86% delle votazioni, con un’assenza del 48,14%.

L’assenteismo parlamentare non solo danneggia l’immagine delle istituzioni, ma mina anche la fiducia dei cittadini. Le penalizzazioni previste dalle attuali norme sono insufficienti, e le giustificazioni per le assenze troppo generose. Come sottolineato da Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra, è necessario un intervento più incisivo, con un tetto massimo alle assenze e la possibile decadenza dal mandato per i più assenteisti.

La mancanza di trasparenza nelle commissioni parlamentari è un problema critico. Come evidenziato da Luca Dal Poggetto di Openpolis, non è possibile verificare le presenze dei parlamentari in missione. Questo margine di discrezionalità permette ai parlamentari di risultare presenti anche quando non partecipano effettivamente ai lavori.

Il problema dell’assenteismo parlamentare richiede un intervento urgente e deciso. I cittadini devono poter contare su rappresentanti che si dedicano pienamente al loro ruolo e che rispettano l’impegno preso. Solo così si potrà ricostruire la fiducia nelle istituzioni e garantire un Parlamento efficace e funzionante.

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Politica

Sprint Parlamento sulle riforme, opposizioni in piazza

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Di nuovo al lavoro, dopo la tempesta. Il Parlamento riprende dalle tensioni e risse che l’hanno infiammato nei giorni scorsi e punta a stringere sulle due ‘riforme madri’. L’elezione diretta del premier che martedì pomeriggio al Senato dovrebbe incassare il primo ok (ne serviranno altri tre, essendo una riforma costituzionale). E l’autonomia differenziata, che giovedì a Montecitorio potrebbe diventare legge. Contro entrambi i provvedimenti le opposizioni continuano a fare muro: Pd, M5s, Avs e Più Europa saranno in piazza a Roma alle 17.30 per difendere la Costituzione e l’unità nazionale, minacciate a loro avviso dalle riforme. E chissà che non spunti anche una delegazione di Azione e degli ex alleati renziani, in piazza santi Apostoli.

Insomma, dopo le “provocazioni” (copyright Meloni) a colpi di Tricolore e ‘Bella ciao’ sfociate nella scazzottata a Montecitorio, martedì potrebbe essere un’altra giornata calda per maggioranza e opposizione. La Camera si riunirà con 11 deputati in meno, assenti forzati perché coinvolti nella bagarre di mercoledì e quindi sanzionati con la sospensione di qualche giorno. Non ci sarà ad esempio Igor Iezzi, numero due della Lega a Montecitorio e nemmeno Federico Mollicone di FdI, presidente della commissione Cultura. A casa pure Leonardo Donno dei 5S accerchiato e caduto in aula, e Nico Stumpo del Pd che ha scagliato una sedia contro gli scranni del governo a fine serata.

Nel calendario della Camera, dalle 14 c’è il decreto sulle associazioni sindacali nel mondo militare, ma di sicuro si farà in fretta. Obiettivo della maggioranza – è voce insistente nel centrodestra – è accelerare per tornare sull’Autonomia e recuperare il tempo perso. Lo farà la Lega, che così potrà vantare la conquista più ambita dal popolo del nord e invocata ogni anno a Pontida srotolando sul palco il vessillo del leone di San marco di Venezia. Più dubbiosa, invece, una parte di Forza Italia che all’interno cova riserve e distinguo. Preoccupano soprattutto le sorti del Sud.

A esporsi su questo è stato il governatore calabrese Roberto Occhiuto denunciando al Corriere la “brusca accelerazione” data finora alla proposta del ministro Calderoli, e rimarcando la necessità di migliorare il testo di legge sulle materie dove sono previsti i Lep (i livelli essenziali di prestazione). Nel ragionamento di Occhiuto, prima di fare intese con le Regioni, “è necessario definirli e finanziarli, ma i soldi ancora non ci sono”, oltre ai dubbi sulle materie dove i Lep non ci sono. Istanze condivise da una fetta di amministratori meridionali di FI, forti anche del contributo dato dal Mezzogiorno alle ultime Europee. Ma che sarebbero state respinte anche all’interno del partito nella consapevolezza, tra l’altro, che si allungherebbero i tempi per il varo del provvedimento perchè servirebbe una nuova lettura da parte di palazzo Madama.

Lo spazio per malumori e riserve verrà confinato negli ordini del giorno che saranno presentati da FI (si vocifera che potrebbero essere quasi 20). Martedì, più o meno in contemporanea, al Senato dovrebbe chiudersi la battaglia sul premierato, avviata a novembre in commissione e patrocinata dalla ministra Elisabetta Casellati. Pochi i dubbi sul finale, tranne da parte del gruppo di Matteo Renzi che deciderà fino all’ultimo tra astensione o voto contrario. FdI va dritta per la sua strada, non esclude che qualche tensione potrà ancora esserci ma confida nella diretta tv dei lavori d’Aula (che impone tempi definiti) e assicura sobrietà, a maggior ragione dopo la strigliata della premier perché i ‘suoi’ non cadano più in “provocazioni” delle opposizioni. Resta da vedere, nell’incrocio delle riforme e nell’ambito dei rapporti di forza del centrodestra, chi la spunterà, sui tempi, tra premierato e riforma della giustizia, quest’ultima bandiera dei berlusconiani. Entrambe sono destinate all’esame della Camera, a partire dalla commissione Affari costituzionali che è guidata dal forzista Nazario Pagano.

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