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Salute

Nella Villa del Sole di Salerno la panchina gialla per far luce sull’endometriosi

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Nella Casa di Cura Villa del Sole di Salerno è stata inaugurata oggi una Endopank, la panchina gialla simbolo della lotta all’Endometriosi.
Una iniziativa promossa in collaborazione con l’Associazione LA VOCE DI UNA E’ LA VOCE DI TUTTE con cui si intende far luce su una patologia ancora oggi troppo poco conosciuta ma molto invalidante, soprattutto nei casi più severi, per le donne che ne sono affette.
“Questo piccolo passo conferma la vocazione di Villa del Sole di collocarsi nel panorama ospedaliero regionale quale OSPEDALE di GENERE certi che i “bisogni di salute della donna vanno gestiti e curati in maniera specifica – afferma il dottor Giovanni Ricco, Direttore sanitario di Villa del Sole – Forti della consolidata tradizione ostetrica, nell’ambito della struttura organizzativa della Villa del Sole è stato creato un vero e proprio POLO AL FEMMINILE nell’ambito del quale trova collocazione tra le altre, la Unità Operetiva per la prevenzione, diagnosi e terapia della patologia mammaria”.
La Clinica Villa del Sole è impegnata anche nella diagnosi e la cura dell’Endometriosi, oltre ad essere Centro di riferimento per tutto ciò che attiene le problematiche della sfera femminile.

Cos’è l’Endometriosi?
L’Endometriosi è una patologia complessa caratterizzata dal fatto che il tessuto endometriale, cioè il tessuto simile a quello che riveste la parte interna dell’utero, si va a dislocare in altri punti.
I sintomi dell’Endometriosi sono dolore mestruale, dismenorrea, dolore durante i rapporti, durante la defecazione, dolore durante la minzione.
Esistono per questo forme diverse di endometriosi: più lievi quando il tessuto endometriale si localizza a livello ovarico; nelle ovaie si va a concentrare una quantità di sangue mestruale formando le cosiddette cisti endometriosiche. Come detto questa è la forma meno aggressiva della malattia e più facile da controllare in maniera farmacologica.
“La risposta delle cisti endometriosiche ovariche alla cura farmacologica è in genere ottimale e si ha una riduzione del volume della formazione cistica che spesso non necessita di interventi chirurgici” – spiega il professor Mario Malzoni, Direttore del centro ‘Endoscopica’ e del Centro Nazionale Endometriosi, Direttore Scientifico Gruppo Malzoni di Avellino.
Esiste poi una forma di endometriosi più complessa definita endometriosi infiltrante profonda, quando cioè l’endometriosi penetra a livello dei tessuti e degli organi.
Può esserci una forma di endometriosi intestinale con una infiltrazione nella parete dell’intestino, può esserci una forma di endometriosi vescicale laddove la malattia penetra nella vescica o la forma più complessa che è l’endometriosi del parametrio che si trova lateralmente e posteriormente al corpo dell’utero, la zona cioè dove decorrono i nervi pelvici, gli ureteri che portano l’urina dai reni alla vescica.
L’infiltrazione in questa area anatomica cosiddetta parametrio è la forma più aggressiva della malattia. “Spesso anche queste forme più aggressive possono essere controllate farmacologicamente – continua Mario Malzoni – ma laddove la terapia farmacologica non funzioni c’è la necessità di interventi chirurgici. La chirurgia per l’endometriosi, soprattutto per la forma infiltrante profonda, è una chirurgia molto complessa che richiede una conoscenza anatomica particolare e una competenza chirurgica non solo ginecologica ma che riguarda anche l’anatomia colon rettale o delle vie renali. Per cui è indispensabile dotarsi di una equipe multidisciplinare con ginecologo, urologo, chirurgo generale che abbiano le specifiche competenze, oppure ricorrere alla figura del cosiddetto chirurgo pelvico ossia il ginecologo che a tutto campo si interessa della chirurgia colon rettale, della chirurgia delle vie urinarie e ha la conoscenza specifica della malattia endometriosica.
Gli interventi vengono eseguiti sempre per via laparoscopica – continua Mario Malzoni in riferimento agli interventi da lui eseguiti – parliamo quindi di una chirurgia mininvasiva che consente un recupero rapido e una degenza breve delle pazienti con minori complicanze intraoperatorie e una maggiore magnificazione delle immagini che sono ingrandite e quindi maggiore precisione del gesto chirurgico. Anche dolore post operatorio è molto affievolito e l’intervento chirurgico in laparoscopia in genere consente l’asportazione completa della malattia. Il tasso di recidiva dipende dalla qualità dell’intervento chirurgico, quanto più è radicale tanto inferire è la probabilità che la malattia si ripresenti”.

È possibile vedere tutte le informazioni dell’attività della Villa del Sole visitando il sito www.villadelsole.org oppure visitando la pagina FB Villa del Sole – Salerno.

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L’Ema blocca un medicinale contro l’Alzheimer

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L’Agenzia europea per i medicinali ha respinto la raccomandazione per il farmaco Lecanemab contro l’Alzheimer. L’Ema ha annunciato che il rischio di gravi effetti collaterali è superiore all’effetto positivo atteso.

“Il Comitato per i medicinali per uso umano” dell’Ema “ha raccomandato di non concedere un’autorizzazione all’immissione in commercio per Leqembi”, ha sottolineato l’autorità, facendo riferimento in particolare all’insorgere di rischi di emorragia cerebrale nelle persone trattate con il farmaco. Il Lecanemab – nome commerciale Leqembi – è disponibile negli Stati Uniti dall’inizio del 2023 per il trattamento dell’Alzheimer in stadio iniziale. Sebbene la terapia non migliori i sintomi, può rallentarne leggermente la progressione della malattia. Il farmaco, secondo gli esperti, sarebbe quindi adatto solo per un gruppo molto limitato di malati di Alzheimer, meno del 10%. A fronte dei possibili edemi ed emorragie cerebrali, la terapia deve essere monitorata regolarmente con esami di risonanza magnetica. Ora la società farmaceutica Eisai, che ha presentato la domanda, potrà richiedere un riesame entro 15 giorni.

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Corona Virus

Covid: continua l’ondata estiva, + 53% casi in 7 giorni

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L’ondata estiva di Covid-19 non accenna a rallentare. Secondo l’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità e del ministero della Salute, la scorsa settimana i contagi sono aumentati del 53,3% rispetto a sette giorni prima, passando da circa 9mila a 13.672. Questo numero, tuttavia, potrebbe sottostimare l’intensità della circolazione del virus, la cui entità è difficilmente misurabile in assenza di un sistema capillare di sorveglianza sul territorio. Secondo la rilevazione, al 24 luglio risultano in leggero aumento i ricoveri in area medica, al 2,4% (1.517 ricoverati) e stabili quelli nelle terapie intensive, allo 0,4% (38 ricoverati). È stabile, ma sopra la soglia epidemica di 1, l’indice di trasmissibilità Rt: al 15 luglio è pari a 1,24, rispetto al valore di 1,20 della settimana precedente.

“L’aumento dei casi di Covid-19 all’inizio dell’estate è qualcosa che abbiamo visto anche nelle stagioni passate. È un segno che che il virus non si è ancora stagionalizzato del tutto”, dice Gianni Rezza, professore straordinario di Igiene all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e già a capo della Prevenzione del ministero della Salute.

“Negli anni scorsi, dopo una piccola ondata estiva, il numero di casi è andato diminuendo per risalire poi in maniera più importante in autunno. Il trend potrebbe ripetersi anche quest’anno, ma a oggi non abbiamo certezza”, aggiunge. Come avviene ormai da tempo, i dati rilevano più contagi negli anziani: i ricoveri sono pari a 47 per milione di abitanti nell’età compresa fra 80 e 89 anni e a 86 su un milione per gli ultranovantenni; nelle terapie intensive sono pari a 1 su un milione per entrambe le fasce d’età e la mortalità risulta di 4 su un milione per l’età compresa fra 80 e 89 anni e di 12 su un milione oltre i 90 anni. “Questo dato potrebbe essere un bias, una distorsione”, avverte Rezza.

“È probabile che nei giovani la gran parte dei casi di malattia passi inosservata, mentre si tende ad avere più attenzione negli anziani. Questa popolazione è inoltre quella che più frequentemente viene ricoverata e su cui poi vengono eseguiti i tamponi”, ricorda. Quanto ai tamponi, il numero di quelli effettuati direttamente in farmacia è ormai esiguo, specie da quando non esiste l’obbligo di certificazione per il rientro al lavoro, mentre non ci sono dati sui test fai-da-te acquistati e fatti autonomamente dai cittadini, ricorda Federfarma.

Anche un piccolo sondaggio effettuato su alcune grandi farmacie romane non rileva particolari aumenti delle richieste da parte dei cittadini. Tuttavia, i kit Covid sono ormai facilmente accessibili attraverso innumerevoli canali di vendita. È quindi difficile avere informazioni esaustive su come si stia muovendo il virus. Quel che sembra assodato è che si siano ormai affermate le varianti appartenenti alla famiglia Kp: secondo il monitoraggio Iss-ministero, le varianti Kp2, Kp3, Kp3.1.1 sono in aumento rispetto alla settimana precedente e, insieme, sono responsabili di circa il 70% dei contagi. Discendono tutte dalla variante JN.1 contro cui è diretto il vaccino aggiornato. Non ci sono quindi timori sulla sua efficacia per la prossima stagione.

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Preoccupa il virus Oropouche, primi 2 morti in Brasile

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Sale la preoccupazione per il virus Oropouche, diffuso soprattutto nell’America centro-meridionale e nei Caraibi ma che ha fatto registrare ad oggi 4 casi anche in Italia: l’infezione ha causato due primi decessi in Brasile, nello stato di Bahia, e si tratta dei primi registrati a livello mondiale. La conferma è giunta dal Ministero della Salute brasiliano. La febbre di Oropouche è un’infezione virale tropicale trasmessa da moscerini e zanzare e prende il nome dalla regione in cui è stata scoperta e isolata per la prima volta nel 1955, presso il laboratorio regionale di Trinidad, vicino al fiume Oropouche, a Trinidad e Tobago. Il primo decesso è stato confermato il 17 giugno. Il paziente aveva 24 anni, viveva a Valença ed è morto a marzo. Lunedì scorso è stato invece registrato il secondo decesso, di una donna, ed il ministero della Salute sta ancora indagando su un’altra morte sospetta nello stato di Santa Catarina.

L’Organizzazione panamericana della sanità (Paho) ha inoltre emesso un allarme epidemiologico per informare i Paesi membri sull’identificazione di possibili casi, attualmente in fase di indagine in Brasile, di trasmissione del virus Orov dalla madre al bambino durante la gravidanza. In Italia, ad oggi, sono stati diagnosticati 4 casi tutti di importazione, ovvero di soggetti rientranti dal Brasile e da Cuba. La malattia da virus Oropouche, spiega l’Istituto superiore di sanità, è una arbovirosi causata dal virus Oropouche (Orov), un virus a Rna che può essere trasmesso agli esseri umani principalmente attraverso la puntura di Culicoides paraensis, un piccolo dittero ematofago di 1-3 mm, simile ad un moscerino, che nelle aree endemiche si trova in zone boschive nei pressi di ruscelli, stagni e paludi, o di alcune zanzare come Culex quinquefasciatus.

Nessuno di questi vettori al momento è presente in Italia o in Europa. Non è stata al momento confermata la possibilità di una trasmissione da uomo a uomo del virus. Nel 2024 (al 23 luglio), sono stati registrati oltre 7700 casi nel mondo in cinque paesi: Brasile, Bolivia, Peru, Cuba e Colombia. I primi casi registrati anche in Italia sono senza conseguenze gravi. Il rischio di infezione, chiarisce l’Iss, è presente se si viaggia nei paesi in cui è presente il virus. Per chi si trova in queste zone si raccomanda di mettere in atto tutte le precauzioni necessarie ad evitare il contatto con gli insetti vettori: usare repellenti chimici, indossare vestiti che coprano braccia e gambe, soggiornare in case dotate di zanzariere e cercare di ridurre le attività all’aperto nei periodi di maggiore attività vettoriale (alba e crepuscolo).

I sintomi principali dell’infezione sono febbre, mal di testa, dolore articolare e, in qualche caso, fotofobia, diplopia (visione doppia), nausea e vomito. Se si è di ritorno da un viaggio nei paesi in cui è presente il virus e si hanno questi sintomi il consiglio è di rivolgersi al proprio medico. Grazie ad un team multi-disciplinare di esperti, L’Iss è in prima linea per monitorare il rischio da virus Oropouche in Italia per gli aspetti virologici ed epidemiologici.

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