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Mattarella “revoca” la concessione ai Benetton che pagano i giornali per nascondere la notizia

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Ricordare le  43 vittime del Ponte Morandi senza ipocrisia. Senza infingimenti. Ballare sui cadaveri di 43 persone uccise, non morte, è stato disgustoso. Su molti grandi giornali italiani e un telegiornale diventato ormai uno strumento di pressione e lobbying ( finanziato con consistenti investimenti pubblicitari e servizi pubblicitari spacciati per giornalismo  pagati da Autostrade e altre aziende del Gruppo) era quello che non avremmo mai voluto vedere e raccontare. Ma il giornalismo quando è racconto della realtà e non mistificazione ci impone far rilevare alcune miserie umane che offendono un Paese che mostra in certe occasioni il suo lato peggiore.
Gli indagati per la strage del Ponte Morandi che “piangono” lacrime di coccodrillo pagano migliaia di euro ai giornali per esprimere cordoglio e compassione
Il giorno della commemorazione di Genova (dove i familiari dei quattro ragazzi di Torre del Greco non sono andati per scelta, perchè non se la sentivano di fare tappezzeria nel corso di una passerella) c’era l’accorata lettera di Autostrade per l’Italia (Aspi), l’azienda concessionaria del ponte crollato di proprietà della holding dei Benetton, Atlantia. Tra i 74 indagati della strage del Ponte Morandi ce ne sono un bel po’ di personaggi che vengono stipendiati da Autostrade. Ebbene nello stesso giorno in cui sarebbe stato consigliabile il silenzio, il rispetto per i familiari di 43 persone uccise, qualcuno ha “consigliato” ad Autostrade per l’Italia di pagare centinaia di migliaia di euro in pubblicità per pubblicare su quasi tutti i giornali di carta e on line più importanti d’Italia la lettera in cui chi è sotto inchiesta per quel crollo (se andrà tutto bene colposo) una lettera in cui loro (gli indagati) esprimono “il cordoglio e la compassione più sincera per le vittime del crollo e per il dolore dei loro familiari”. E per spiegarci che in “loro” (sempre gli indagati) si va “rafforzando la determinazione a fare sempre di più e meglio per gestire una rete (ndr, la rete autostradale realizzata con i soldi degli italiani) che ha contribuito in modo decisivo allo sviluppo economico e alla coesione sociale del nostro Paese…”.E altro ancora che vi risparmiamo per banalità e assenza di sentimento. Non sappiamo quanto realmente abbia speso Autostrade per pubblicare questa lettera, ma considerato che l’abbiamo letta quasi ovunque (persino su Avvenire, il giornale dei Vescovi e la Gazzetta dello Sport) abbiamo immaginato che l’esborso sia stato sostanzioso.Ma fa niente, i profitti dei pedaggi e i risparmi sulle opere di manutenzione fanno di Autostrade un gruppo ricchissimo di liquidità.
Ecco alcuni dei giornali che siamo riusciti a reperire che hanno pubblicato a pagamento la lettera di Autostrade che ha mandato letteralmente in bestia i familiari delle vittime.
https://www.juorno.it/latto-di-accusa-del-testimone-di-giustizia-ciliberto-autostrade-e-un-potere-pazzesco-compra-anche-giornali-usa-ogni-metodo-e-nessuno-riesce-a-fermarli/
La Lettera di Mattarella al giornale di Genova, Il Secolo XIX, nascosta dai media che percepiscono migliaia di euro in pubblcità e altro da Autostrade per l’Italia
Su un solo giornale, invece, quello di Genova, Il Secolo XIX , c’era la lettera del primo cittadino d’Italia,  Sergio Mattarella. Il testo della lettera del Capo dello Stato, di cui si può essere orgogliosi, non aveva nulla a che vedere con l’ammuina sulla revoca delle concessioni (la vogliono solo quei pazzi visionari del M5S?) e con la retriva e stanca retorica delle celebrazioni delle stragi impunite di questo Paese. La lettera di Mattarella è un durissimo atto d’accusa contro Autostrade per l’Italia, contro la sua catena di comando e proprietaria. C’è un passaggio che vale più di una futura sentenza della Corte di Cassazione (semmai la vedremo) su questa vicenda tanto drammatica quanto penosa per amici, parenti, conoscenti delle 43 vittime innocenti di questa strage che non può non avere mandanti ed esecutori materiali. Scrive il Presidente Mattarella: “Nulla può estinguere il dolore di chi ha perso un familiare o un amico a causa dell’incuria, dell’omesso controllo, della consapevole superficialità, della brama di profitto”. Mattarella è uno dei più illuminati ed equilibrati giuristi di questo Paese oltre ad essere il Capo dello Stato e il Capo della magistratura già che la Costituzione gli affida anche la presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm).  La scelta delle parole da parte di Mattarella non è neutra. Il Capo dello Stato usa titoli di reato (omissioni, omessi controlli, consapevole superficialità) non  espressioni moralistiche in politichese per parlare ai familiari delle persone uccise sul Ponte Morandi.
Tg Lobby che parla dell’incidente di Genova e censura Mattarella
Sui grandi media se n’è parlato poco o per nulla. Per certi versi questa notizia è stata nascosta. Il Tg Lobby nel suo profluvio di notizie marginali, retoriche, inutili l’ha nascosta tra un collegamento con My Way Autostrade per l’Italia, uno spot pubblicitario per alcune trasmissioni finanziate per intero da Autostrade e qualche notiziola marginale sull’inchiesta relativa alla strage. L’imbarazzo era evidente in chi leggeva le notizie. Per il Tg Lobby il caso Morandi è “un incidente”, un “accidente”, una “sciagura”, una “iattura”, non una strage annunciata. Mattarella con la sua lettera ha ripercorso dodici mesi di indagini della Procura di Genova (ufficio inquirente eccellente guidato in maniera egregia dal procuratore Francesco Cozzi). Indagini che hanno fatto emergere  prove documentali a strafottere circa “l’incuria”, “l’omesso controllo” (anche dell’apparato burocratico del ministero delle Infrastrutture, ovviamente), della “consapevole superficialità” e pure della conseguente “brama di profitto”. Mattarella con il coraggio del giurista e del cronista (per conto de Il Secolo XIX) ha rotto un silenzio assordante che da un anno si prova ad imporre sulla tragedia di Genova e su tante altre tragedie simili (quella del viadotto dell’Acqualonga, dei ponti crollati e delle tante morti innocenti di automobilisti inghiottiti in autostrade che franano o viadotti che li seppelliscono in giro per l’Italia).
La galassia di potere e i gruppi di pressione di Atlantia
“Il nuovo ponte – scrive Mattarella – sarà in grado di ricucire e rammendare la ferita inferta dal crollo”, ma “rammendare non significa cancellare: il nuovo ponte ricorderà per sempre quelle vittime innocenti, sepolte tra le macerie di una tragedia causata dall’uomo che si poteva e si doveva evitare”. Il crollo del titolo in Borsa di Atlantia non è figlio delle dichiarazioni di Luigi Di Maio che con coerenza (e pure coraggio) vuole revocare le concessioni ad Autostrade. No, la bomba che è deflagrata a piazza Affari e che fa colare a picco i titoli di Autostrade sono frutto dell’equilibrata e ponderata lettera del primo cittadino d’Italia.  Un anno fa, di fronte alle accuse ad Autostrade di un pezzo del governo e di (una piccolissima) parte della stampa, si parlò di processi di piazza, condanne  sommarie, tribunali del popolo. Ci fu chi parlò anche di attentato al libero mercato con possibili reati commessi da giornalisti liberi. Qualcuno, qualche autorevole commentatore economico che presta servizio in certi giornali e rende consulenze a gettone si avventurò anche a chiedere di verificare se, per caso, Atlantia non fosse stata penalizzata in Borsa scientemente da quei pochi che osano ragionare sullo strapotere di questa holding finanziaria imprenditoriale che si avvale di apparati di lobbying da paura. Qualche giornalista è stato persino accusato di aver fatto morire di crepacuore uno dei tre fratelli Benetton che ha lasciato la vita terrena, pace all’anima sua.
Andate a leggere i nomi di chi lavora nei Cda. Leggete i nomi di presidenti e amministratori delegati di società satelliti che gestiscono pezzi di autostrade italiane. Provate a leggere chi è stato nominato nei Comitati etici, nei gruppi di consulenza di Atlantia, sindaci e revisori dei conti lautamente (e giustamente) ricompensati per i servizi svolti.
Leggerete nomi di ex ministri, ex senatori, ex deputati, giornalisti famosi (per lo stipendio che incassano), ex magistrati di primissimo piano appena andati in pensione e che fino a ieri avrebbero avuto la opportunità di indagare su certe commistioni anche tra camorra e funzionari di Autostrade. Ora vediamo se questi stessi commentatori a gettone in pena per le azioni di Atlantia  muoveranno gli stessi rilievi, le stesse feroci critiche, le stesse denunce al presidente della Repubblica che nella sua lettera ha mosso accuse che assomigliano a sentenze ai vertici di Autostrade sulla strage di Genova.
La caducazione della concessione ad Autostrade finita nel porto delle nebbie della burocrazia italiana
In realtà le parole dell’ inquilino del Colle, così nette e definitive, riportano la discussione dove deve stare: è accettabile che Autostrade abbia ancora la concessione su 3mila chilometri di corsie? Il 14 agosto del 2018, pochi minuti dopo quella strage, Giuseppe Conte, il premier che il leader della Lega Matteo Salvini vorrebbe “cappottare” subito, scrisse su Facebook: “È chiaro che ci sono responsabilità e la giustizia dovrà fare il proprio corso per accertarle. Ma il nostro governo non può rimanere ad aspettare. Per questo abbiamo deciso di avviare le procedure di revoca della concessione alla società Autostrade”. Appena tre giorni dopo, Palazzo Chigi diramò un comunicato in cui spiegava che il presidente Conte “ha formalmente inoltrato ad Autostrade per l’Italia la lettera di contestazione che avvia la procedura di caducazione della concessione”. Caducazione della concessione, è questa la espressione precisa usata da Giuseppe Conte ovvero da un avvocato tra i più bravi del Belpaese, non uno sfessato che campa di politica e che gira l’Italia per fare propaganda elettorale. Da allora “l’avvocato del popolo” è stato spesso dipinto da certi commentatori (gli stessi che scrivono a gettone) come “burattino di Salvini e Di Maio”, segretario dei leader della maggioranza gialloverde, uno “in conflitto di interessi” per motivi che nessuno ha mai spiegato, un folle, un politico improvvisato ed altre porcherie che lui ha subìto in silenzio, anche senza ricorrere alla querela che in molti casi sarebbe stato lo sbocco giusto a certe propalazioni venefiche a mezzo stampa.
Le indagini della procura di Genova e le contestazioni del Presidente Mattarella che assomigliano ad una sentenza
In un anno, a parte le indagini della Procura di Genova (toh, la stessa che ha svelato la truffa da 49 milioni di euro della Lega sui contributi pubblici che si sono fottuti, che dovrebbero restituire e che hanno fatto sparire), l’apparato burocratico dello Stato che dovrebbe dare corso agli indirizzi politici del Governo (Conte ha avviato la procedura di ceduazione della concessione) ha partorito poco o nulla. C’è un parere giuridico di 62 pagine chiesto dal ministro Danilo Toninelli ad una commissione di esperti e consegnato quasi due mesi fa, che in sostanza consiglia al Governo la revoca per “grave inadempimento” smontando anche la miserabile teoria secondo cui, se si procedesse, bisognerebbe pagare miliardi di penali ad Autostrade.
Nel frattempo, però, qualcuno ha consigliato al capo politico grillino Luigi Di Maio (che forse dovrebbe fare a meno di qualche consigliere che consiglia male), nella veste di ministro dello Sviluppo, di invitare la Holding Atlantia dei Benetton a partecipare alla cordata per il salvataggio di Alitalia. Ieri, a spiegare quale fosse il clima nel defunto governo gialloverde, è stato con inconsueta sincerità Matteo Salvini. Il ministro dell’Interno, che avete visto spesso nella diretta di Rai 1 sulla commemorazione di Genova alle prese col suo smartphone a scrivere mentre Bagnasco predicava, che “è squallido che in una giornata come questa ci sia qualcuno che parla ancora di Autostrade, di Benetton. Chi sbaglia paga, ma non faccio né il giudice, né l’ingegnere, né l’avvocato, anche perché sono tutte partite gestite da ministri 5 Stelle”. E questo l’ha detto mentre i familiari delle vittime hanno chiesto singolarmente e con la loro rappresentante a che punto sono “le procedure di revoca della concessione”. E sarebbe bello sapere che cosa ne pensa Salvini delle idee del presidente Mattarella, che nella sua lettera a Il Secolo XIX, ha ricordato a tutti noi (anche a lui) che “rammendare non significa cancellare”. E l’ha detto senza aspettare il giudice.
Ecco il testo della lettera del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a il Secolo XIX
Caro senatore Piano, caro direttore Ubaldeschi, vi ringrazio per l’ invito a scrivere, sul quotidiano dei genovesi, un breve saluto nel giorno della commemorazione delle quarantatré vittime del crollo del Ponte Morandi, che tanti lutti, tante sofferenze e tante difficoltà ha creato alla operosa città di Genova e ai suoi abitanti.
Ci separa da quel tragico avvenimento un anno che non è trascorso invano.
Un progetto di nuovo ponte, lineare, solido e bellissimo, è pronto e già sono stati avviati lavori per la sua costruzione. Il nuovo ponte sarà in grado di ricucire, anzi, per usare un termine caro a Piano, di “rammendare” la ferita inferta dal crollo, riconnettendo una città spezzata, non solo materialmente, in due.
Rammendare non significa cancellare. Il nuovo ponte ricorderà per sempre quelle vittime innocenti, sepolte dalle macerie di una tragedia, causata dall’ uomo, che si poteva e doveva evitare. Nulla può estinguere il dolore di chi ha perso un familiare o un amico a causa dell’ incuria, dell’ omesso controllo, della colpevole superficialità, della brama di profitto.
https://www.youtube.com/watch?v=bl-9OkXXZA0

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Neonati sepolti, Chiara Petrolini a giudizio il 30 giugno

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Non avrà ancora compiuto 22 anni e non saranno ancora trascorsi 12 mesi da quando i suoi due figli neonati sono stati trovati morti sotto terra quando Chiara Petrolini si troverà per la prima volta davanti alla Corte di assise. L’udienza è fissata per il 30 giugno: lo ha deciso la Gup Gabriella Orsi, rinviando a giudizio la giovane di Traversetolo (Parma) per tutti i reati contestati dalla Procura, duplice omicidio aggravato dalla premeditazione e dalla discendenza e soppressione dei due cadaveri. L’esito dell’udienza preliminare era prevedibile e non ci sono state sorprese.

“L’assise è la sede naturale per questo processo”, ha sintetizzato, commentando con i giornalisti l’avvocato Monica Moschioni che assiste l’ex fidanzato di Chiara, Samuel Granelli, costituito parte civile così come i suoi genitori, mentre è stata esclusa l’associazione ‘La Caramella Buona’: la difesa dei diritti dei neonati non è nello statuto, ha detto la giudice.

La seconda e ultima giornata di udienza è durata circa quattro ore. Come una settimana fa l’imputata, ai domiciliari da settembre, è arrivata al palazzo di giustizia di Parma con un’auto delle forze dell’ordine, insieme al suo difensore, avvocato Nicola Tria, entrando da un ingresso laterale. Lo stesso ha fatto l’ex fidanzato, evitando il contatto diretto con giornalisti, fotografi e telecamere. In udienza, a porte chiuse, la difesa ha chiesto la riqualificazione dei fatti nel meno grave reato di infanticidio e l’esclusione della premeditazione, ma il giudice ha accolto l’impostazione della Procura, presente con il procuratore Alfonso D’Avino e con la pm Francesca Arienti, che ha coordinato le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo. Ma soprattutto la difesa avrebbe parlato del tema dell’incapacità di intendere e di volere della ragazza, la cui valutazione sarà uno degli elementi portanti del dibattimento.

L’avvocato Tria aveva già depositato una consulenza tecnica psichiatrica che concludeva per una piena incapacità di Chiara ed è probabile che sarà chiesta una perizia in tal senso ai giudici dell’assise, mentre l’accusa è convinta del contrario e ha già presentato analisi e elaborati specialistici per sostenerlo. L’idea degli inquirenti è che la lucidità dimostrata dalla ragazza nel portare avanti, per due volte, gravidanze all’insaputa di tutti, partorendo da sola in casa, provocando la morte dei figli, sepolti entrambi in giardino, sia poco compatibile con il vizio di mente. Il primo parto è del 12 maggio 2023, il secondo del 7 agosto 2024. I resti del secondo figlio sono stati trovati per caso un paio di giorni dopo, quando Chiara e la famiglia erano in vacanza negli Stati Uniti. Da lì sono scattate le indagini che hanno portato al ritrovamento del cadavere del primogenito, qualche settimana dopo.

Secondo la Procura la 21enne avrebbe assassinato entrambi tagliando loro il cordone ombelicale. I carabinieri hanno accertato che ha fatto tutto da sola e i genitori, inizialmente indagati per una presunta complicità, sono stati definitivamente archiviati. Il processo dunque prenderà il via tra circa un mese e nel frattempo potrebbe essere fissata una nuova udienza al tribunale del Riesame di Bologna, che deve decidere sulla richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata dalla Procura, dopo il rinvio della Cassazione. Seppur rilevando una “elevatissima capacità mistificatoria ed una non comune determinazione criminale” per i supremi giudici i fatti “si sono svolti” in “condizioni non più presenti né ripetibili”. E per questo Chiara rimane ai domiciliari nella villetta dove tutto è successo.

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La Procura, Visintin aggredì e soffocò Liliana Resinovich

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“Visintin aggredì e soffocò Liliana Resinovich”. Questa la tesi della Procura di Trieste anticipata da Il Piccolo. La ricostruzione del pubblico ministero Iozzi, è contenuta in una richiesta di incidente probatorio a carico di Sterpin. Per l’accusa Liliana fu uccisa dal marito “nel parco dell’ex ospedale psichiatrico”.

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Cassazione conferma riduzione condanne per clan in Lombardia

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La Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Milano che, nel luglio 2024, aveva ridotto le condanne del processo al clan della ‘ndrangheta dei Maiolo-Manno che, stando alle indagini, avrebbe anche fornito appoggio nel 2021 ad un candidato sindaco, non eletto, del centrodestra a Pioltello, nel Milanese. La riduzione era dovuta all’applicazione della “continuazione” delle pene con altre condanne, soprattutto quelle dell’ormai storico procedimento “Infinito” contro le cosche in Lombardia del 2010.

La Procura generale aveva impugnato questa decisione dei giudici milanesi, ma la Suprema Corte ha confermato la sentenza a carico di Cosimo Maiolo e Salvatore Maiolo. In particolare, era stata applicata una pena finale di 17 anni e 4 mesi, in continuazione con gli 11 anni e 4 mesi del processo “Infinito”, a Cosimo Maiolo, difeso dall’avvocato Mirko Perlino e, stando alle indagini, presunto boss della “locale” di Pioltello. In primo grado, invece, in abbreviato, solo per l’ultimo processo, era stato condannato a 12 anni e 8 mesi. Ad uno dei figli di Cosimo, Salvatore Maiolo, la pena finale, sempre in continuazione col processo “Infinito” e con un altro per sequestro di persona, era stata portata a poco più di 13 anni ed è stata confermata.

Per un altro imputato, infine, Antonio Maiolo la Cassazione ha disposto un processo d’appello bis per una nuova valutazione. Per le difese, come chiarito, è importante che sia diventato definitivo il riconoscimento della “continuazione” tra le due contestazioni di associazione mafiosa: l’ultima dell’inchiesta che aveva portato ad arresti nel 2022 e quella al centro del blitz di 15 anni fa.

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