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Ambiente

L’inquinamento in Italia non cresce, ma ancora tanti morti

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Nel 2023 l’inquinamento non è cresciuto, ma ha continuato a mietere vittime. È quanto emerge dal rapporto ‘MobilitAria’, realizzato anche quest’anno da Kyoto Club e l’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr. Nessuna delle 14 città metropolitane italiane lo scorso anno ha assistito ad una crescita della quantità di biossido di azoto (No2): per tutte i valori sono in moderato calo tranne che per Bari, Bologna e Cagliari, ferme allo 0%. Per quanto riguarda le concentrazioni di particolato Pm10 Milano (-20%), Bologna (-16%) e Torino (-12%) migliorano la propria media, mentre a Messina (+10%), Palermo (+4%) e Firenze (+4%) c’è una modesta risalita. In tutte le città, invece, numeri decrescenti per il Pm2,5, con picchi di successo a Torino (-23%), Bologna (-19%) e Milano (-17%). Esiti positivi attribuibili anche all’introduzione di Città 30 (a Milano e Bologna) e zone a basse emissioni (nel capoluogo lombardo).

In questo quadro, Kyoto Club e Cnr hanno elaborato dei dati sulla distanza di ciascuna città dagli obiettivi di decarbonizzazione e mobilità sostenibile per il 2030. Nel 2021 maglia nera per Reggio Calabria (con una media degli indicatori del divario del -104%) e Messina (-101%). Meglio, invece, a pari merito Milano e Firenze (-51%). Tutto questo, però, non basta a fermare le morti per smog. Secondo le stime, Roma – sempre secondo il rapporto – ne avrebbe il numero più alto. Arriva anche l’allarme della Società italiana di medicina ambientale che, dopo la pubblicazione dei risultati, ha ricordato che ogni anno in Italia si contano 63mila decessi legati in modo diretto all’inquinamento dell’aria. Calcolato anche il costo economico delle malattie causate dallo smog, che varia da 17 milioni di euro a Cagliari a 7 miliardi di Milano.

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Ambiente

Nasce Accademia delle Energie del mare, la scuola di formazione per lavorare nell’eolico offshore

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«Collaborare con il settore dell’istruzione per la creazione di un’offerta formativa per lavoratori qualificati, provenienti dalle comunità nelle quali saranno installati gli impianti, è stato sin dall’inizio uno dei nostri principali obiettivi, nonché un valore fondativo.

Per questo, Aero, in collaborazione con il centro di formazione Elis, ha contribuito con grande entusiasmo a dare vita all’ “Accademia delle Energie del Mare”, un percorso formativo post laurea e diploma, che soddisfa l’importante domanda di figure professionali specializzate che si rendono necessarie, grazie all’importante attività di sviluppo di impianti eolici offshore nel nostro Paese»: è quanto ha dichiarato il presidente dell’Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, Fulvio Mamone Capria.

Il progetto prevede, per ora, l’adesione di 5 aziende tra le fondatrici di AERO, BlueFloat, Gruppo Hope, MSC Sicilia, Renantis, la Saipem, e la Techfem, che ha successivamente aderito all’associazione. Ogni azienda assumerà uno o più giovani talenti ai quali verrà offerta una formazione specialistica di 240 ore (220 di formazione tecnica, di cui 120 con le imprese partner, e 20 di formazione trasversale, soft skills) su tematiche attinenti alle rinnovabili offshore, al fine di acquisire le competenze lavorative e le abilità interpersonali necessarie per operare all’interno di un team aziendale.

«Siamo convinti che percorsi di divulgazione e formazione professionale come questo siano ottime opportunità̀ di orientamento e inserimento per i giovani talenti che vogliono affacciarsi al mondo della transizione energetica, che hanno da compiere delle scelte professionalia prova di futuro e che rappresentano la generazione più pronta ad accogliere la sfida della transizione energetica. Il progetto dimostra che la filiera delle rinnovabili offshore può offrire nuove opportunità professionali e creare centri di competenza soprattutto nei territori che ospiteranno gli impianti. Per un vero sviluppo delle rinnovabili dal mare, infatti, abbiamo la necessità di far crescere nuove professionalità e attrarre talenti, in considerazione dell’importante contributo tecnologico e infrastrutturale che il comparto offrirà a tutto il Mediterraneo per contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione dell’Italia e dell’Europa. Siamo certi che la collaborazione con ELIS, centro d’eccellenza, offrirà qualità e valore umano e sociale», conclude Mamone Capria.

«Siamo felici di poter collaborare a questo progetto. Elis si occuperà della ricerca, selezione e formazione dei prossimi pionieri dell’Accademia delle Energie del Mare. Come partner formativo metteremo a disposizione professionisti del settore per una formazione di qualità che possa incidere tanto sulle qualità tecnico professionali, tanto su quelle umane e comportamentali dei partecipanti.

La nostra prerogativa sarà anche in questo caso quella di coordinare le vari fasi del progetto e i diversi attori coinvolti, permettendo a tanti giovani di scoprire dei mestieri innovativi e sfidanti che potranno dare loro una concreta opportunità di lavoro e di crescita. Le imprese saranno coinvolte attivamente in tutte le fasi del progetto e metteranno a disposizione i loro professionisti per arricchire le attività didattiche con un’esperienza formativa a 360°»: dichiara Alessandro Turco, Responsabile Education Industria Digitale ELIS.

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Ambiente

Copernicus, in arrivo sabbia del Sahara sul Mediterraneo est

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Una nuova ondata di polvere del Sahara raggiungerà di nuovo questa settimana l’Europa sudorientale e il Mediterraneo orientale. Lo rende noto il servizio meteo della Ue, Copernicus. L’ondata è previsto che raggiunga il picco fra il 13 e il 14 giugno. Copernicus prevede che le Pm10 il 13 giugno raggiungeranno il valore di 100 milligrammi per metro cubo in Bulgaria, Grecia e Cipro, ben oltre il limite posto dalla Ue di 50 milligrammi per metro cubo. Questa nuova ondata seguirà le altre due ondate che si sono verificate fra il 3 e il 7 giugno.

La prima ha colpito sempre l’Europa sudorientale e il Mediterraneo orientale, la seconda ha raggiunto la Penisola iberica, la Francia meridionale e l’Italia settentrionale. Per Mark Parrington, Senior Scientist del Servizio di monitoraggio dell’atmosfera di Copernicus, “il trasporto di sabbia del Sahara attraverso il Mediterraneo verso l’Europa non è insolito. Le osservazioni stanno mostrando un aumento dell’intensità e della frequenza di questi eventi per alcune parti d’Europa negli anni recenti, mostrando l’importanza di un continuo monitoraggio della nostra atmosfera, per comprendere come la qualità dell’aria potrebbe cambiare in relazione a questi episodi”.

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Ambiente

Una e-car su cinque venduta in Ue viene dalla Cina

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– Il mercato dei veicoli elettrici in Europa è in crescita esponenziale. Nel 2023, a livello globale, la quota di mercato è stata pari a circa il 20%, cioè un’auto su cinque (dati Iea). Le importazioni nell’Ue di 438mila veicoli elettrici cinesi – compresi quelli prodotti nel Paese dalle joint-venture di Tesla, Bmw, Renault – hanno raggiunto nel 2023 un valore pari a 9,7 miliardi di euro facendo registrare una crescita vertiginosa negli ultimi anni.

Secondo i dati resi noti dalla Commissione Ue e dall’Associazione dei costruttori europei Acea – citati anche dal commissario Ue per il commercio Valdis Dombrovskis – la quota di mercato dei veicoli di origine cinese è passata dal 4% a oltre il 20%. Quanto alle esportazioni Ue, dai dati disponibili risulta che il flusso di auto elettriche dall’Ue alla Cina nel 2023 è stato di soli 11.499 esemplari per un valore di 852,3 milioni di euro. Il mercato europeo delle auto elettriche, secondo l’analisi condotta dall’Ong per i trasporti e l’ambiente T&E, è arrivato a contare nel 2023 due milioni di unità vendute, di cui appunto il 19,5% circa provenienti dalla Cina. Queste importazioni hanno coperto circa un terzo del mercato in Paesi come la Francia e la Spagna. In base alle proiezioni di mercato, quest’anno la quota di mercato delle auto importate dalla Cina – comprese quelle lì prodotte dalle j-v occidentali – potrebbe arrivare addirittura al 25%. Mentre quelle fabbricate da aziende esclusivamente a capitale cinese potrebbero arrivare a rappresentare una fetta dell’11% quest’anno e salire fino al 20% entro il 2027.

L’obiettivo dichiarato del solo marchio BYD – totalmente cinese – è di arrivare a conquistare una fetta del cinque per cento del mercato europeo delle auto elettriche entro il prossimo anno. Secondo T&E la decisione di alzare i dazi potrebbe spingere i costruttori a realizzare nuovi impianti nel Vecchio continente mitigando l’impatto che le importazioni massicce di auto dalla Cina poterebbero avere in termini di perdita di posti di lavoro e giro d’affari. Uno scenario già visto negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso con le importazioni delle auto prodotte in Giappone. Che portò inizialmente a imporre importanti barriere tariffarie per poi avviare un processo di progressiva riduzione e l’apertura di impianti produttivi in Europa.

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