Collegati con noi

Politica

Ultima “chiamata” di Conte a Renzi che risponde: si cambi o lasciamo

Pubblicato

del

Martedi’ il Recovery plan, poi il tavolo per il patto di legislatura e un corposo rimpasto. Ecco l’offerta finale a Matteo Renzi. Giuseppe Conte, in asse con il Pd, la mette sul tavolo. Se Iv la respingera’ – e’ il sottotesto – e’ pronta la sfida in Aula, in nome del “bene comune” e del servizio al Paese. Il messaggio di Conte e’ “di apertura”, assicurano dal governo. Ma i renziani lo leggono come una chiamata ai “responsabili”, piu’ che a Iv. E a sera quando Renzi riunisce i suoi parlamentari per compattarli nelle ore decisive, le parole restano dure, lo scenario della crisi aperto. Tra i dirigenti renziani piu’ d’uno e’ convinto che non ci siano piu’ molti spiragli per ricomporre. Le dimissioni delle ministre sono sul tavolo – dice Renzi – e Iv e’ pronta ad andare all’opposizione, se non c’e’ una vistosa virata e accelerazione del governo. Cioe’, almeno un Conte ter. Il voto e’ un “bluff” e Iv non aprira’ la crisi per consegnare il governo alla destra, dice Renzi ai suoi per rassicurarli. Il gruppo e’ “compatto”, dicono da Iv a smentire defezioni. I renziani invocano “risposte” e il testo del Recovery in fretta, perche’ si vada in Cdm e in Aula. Sugli altri temi, un documento di trenta punti sarebbe stato consegnato nei giorni scorsi dal Dem Goffredo Bettini al premier Conte per conto di Renzi, con indicati nodi che andrebbero dal fisco alla revisione del reddito di cittadinanza, dalla giustizia ai cantieri. Il Pd, ma anche il M5s e Leu, spingono per l’accordo, senza piu’ rinvii. Ma soprattutto provano a spuntare le armi al logoramento di Renzi: l’apertura sui contenuti, assicurano, e’ amplissima. Tanto che c’e’ chi non esclude una discussione anche sulla richiesta di almeno una parte del Mes. E’ l’ultima chiamata, sembra avvertire il premier in un lungo post su Facebook. Al centro Conte pone il piano vaccini (“Siamo primi in Europa”) per un Paese “sfibrato” e la cui “tenuta” e’ “a rischio”. Arrivera’ gia’ la prossima settimana in Cdm, annuncia, non solo un Recovery plan che e’ patrimonio “di tutto il Paese” ma anche un nuovo scostamento di bilancio – che dovra’ essere votato a maggioranza assoluta in Parlamento – per finanziare un altro decreto ristori. La mano tesa e’ nel lavoro in corso per recepire le richieste dei partiti sul Recovery, con un rafforzamento del capitolo sanita’ (per ‘sminare’ il Mes), ma anche di quelli scuola e digitalizzazione delle imprese. Ed e’ nella volonta’ dichiarata di “rafforzare la coesione delle forze di maggioranza e la solidita’ della squadra di governo” (i partiti leggono: rimpasto). Sulla base del “contributo di tutti” i partiti il premier annuncia che sta preparando “una lista di priorita’” per il prosieguo della legislatura. Ma poi c’e’ l’avvertimento sgradito ai renziani: a chi gli chiede “pazienza”, il premier dice di essere “impaziente” di lavorare “per il Paese”. Se la condizione di Renzi e’ che il premier si dimetta per dar vita a un Conte ter, e’ una condizione finora respinta. “Fino all’ultimo lavorero’ per il bene comune”, scrive il presidente del Consiglio fissando il suo limite. Ma sono le ore dei “pontieri”, dei mediatori. Dario Franceschini e Graziano Delrio, in asse con il segretario Pd Nicola Zingaretti, inviano all’ex segretario un messaggio: con “buonsenso e buona volonta’” e’ possibile “evitare una crisi in piena pandemia”. Altrimenti, avvertono i Dem, Iv dovra’ assumersi la responsabilita’ di bloccare Recovery e ristori. C’e’ tempo fino a lunedi’ sera (il Cdm potrebbe essere anticipato) o martedi’ per trovare l’intesa o Renzi sancira’ la rottura. Non impedirebbe, secondo alcune fonti, di approvare il Recovery in Cdm e voterebbe anche lo scostamento di bilancio per dimostrare che non si vuole danneggiare il Paese, ma con le dimissioni di Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, aprirebbe la crisi. Non ci sarebbero stati contatti diretti tra il leader di Iv e il premier negli ultimi giorni. I due si sarebbero sentiti, a quanto viene riferito, solo via messaggio per gli auguri di Natale e Capodanno. Poi a Renzi, sempre via messaggio, Conte avrebbe annunciato il 6 gennaio l’arrivo della proposta aggiornata di Recovery da parte di Roberto Gualtieri. Fine delle comunicazioni. Ma gli ambasciatori sono al lavoro e non si escludono contatti nelle prossime ore. Gli spazi per il rimpasto, dicono gli ambasciatori, ci sono tutti: si tratterebbe su due ministeri di peso a Iv con Ettore Rosato (Difesa, con Guerini al Viminale) e Maria Elena Boschi e per il Pd l’ipotesi di Bettini sottosegretario alla presidenza del Consiglio e la delega al Recovery ad Andrea Orlando. Ma i renziani spiegano che non puo’ essere un rimpasto la soluzione. Scommettono che si arrivera’ alla conta in Aula e che dalla crisi potrebbero nascere un governo con stessa maggioranza a guida Pd (i Dem ma anche i 5s negano) o un esecutivo di larghe intese con un premier come Mario Draghi o Marta Cartabia. Intanto i renziani denunciano la caccia (a dir loro fallita) ai responsabili da parte del premier, che sarebbe testimoniata dall’intervista in cui Ugo Grassi, senatore ex M5s ora leghista, racconta che Conte gli avrebbe offerto un incarico per non lasciare la maggioranza. Da Palazzo Chigi la smentita e’ secca e indignata: parole “false” e “diffamatorie” su un incontro risalente al novembre 2019.

Advertisement

Politica

Duello in tv Meloni-Schlein, le opposizioni e Fi contro la par condicio

Pubblicato

del

Il M5s ha gettato sul tavolo il carico, alzando un muro davanti al confronto tv fra la presidente del consiglio Giorgia Meloni e la segretaria Pd Elly Schlein. In campo è scesa l’esponente Cinque stelle in prima fila per le questioni Rai, la presidente della commissione di Vigilanza Barbara Floridia, che ha inviato una lettera al presidente di AgCom e ai vertici del tv pubblica: bisogna garantire parità di condizioni e di trattamento a tutti – è il senso del richiamo – ed evitare di avvantaggiare alcune forze politiche rispetto ad altre. “Mi aspetto di fare il confronto – ha confessato Meloni – ma vedo molti movimenti contro questa iniziativa, vedo molta critica, ci sono cose che si stanno muovendo, magari con l’idea che questo confronto non si faccia: penso che sarebbe un errore”.

In chi si oppone, oltre alla preoccupazione per il rispetto delle regole, c’è anche quella per una polarizzazione dello scontro tra la leader di FdI e quella del Pd che, alla vigilia delle europee, finirebbe per mettere in ombra gli altri contendenti. Contro il duello tv si sono schierati non solo altri leader di opposizione – da Verdi-Sinistra ad Azione a più Europa – ma anche il vicepremier e segretario di Fi Antonio Tajani. In attesa della riunione dell’AgCom di domani, sia Meloni sia Schlein hanno fatto capire di non aver intenzione di dare sponde ai critici: “Il confronto mi piace – ha detto la premier – penso sia il sale della democrazia, in particolare in campagna elettorale. Mi fa molto sorridere il dibattito che sta generando l’aver dato disponibilità al confronto: denunce, lamentele… Penso sia normale, particolarmente in una campagna elettorale come quella in cui siamo, in rapporto all’Unione europea, per raccontare agli italiani che ci sono due modelli: la proposta socialista e conservatori. Mettere a confronto ricette e visioni è un modo di aiutare cittadini nella scelta, è la cosa più naturale del mondo”.

In un’intervista al Qn anche Schlein ha difeso il faccia a faccia in programma a Porta a Porta il 23 maggio: “Il confronto con la presidente del Consiglio potrebbe rappresentare un momento di chiarezza per le persone. Si vedranno in modo ancora più evidente due visioni agli antipodi dell’Italia e dell’Europa”. E la deputata Debora Serracchiani, della segreteria Pd, ha rincarato: “il duello è opportuno ed è anche bello perché è la politica che si confronta nel merito”. Tajani ha ribadito cosa si aspetta dalla Rai: al confronto tv da Vespa “bisogna che tutte le forze politiche partecipino – ha spiegato – perché qua non siamo in un sistema maggioritario ma proporzionale. Si faccia un confronto con tutti i leader assieme come si fa negli Stati Uniti. La par condicio deve essere tale: il confronto si fa con chi si vuole, non è che deve essere imposto. È una violazione, non è giusto”. Un’ipotesi in campo è quella di un faccia a faccia con Matteo Renzi: “Ho già risposto di no”, ha tagliato corto Tajani. Offrendo il fianco all’ironia del leader Iv: “Bruno Vespa mi ha chiesto di partecipare a un faccia a faccia con Antonio Tajani. Ho accettato. Tajani no. Chissà perché… Forza Italia scappa dal confronto, peccato”. Le prossime ore portebbero essere decisive. La riunione dell’AgCom – sulla carta convocata per il consueto monitoraggio settimanale sulla par condicio nelle emittenti televisive -potrebbe essere l’occasione per chiarezza sul confronto Meloni-Schlein e il rispetto delle regole.

Continua a leggere

Politica

Risiko Ue, l’Italia punta a un commissario di peso

Pubblicato

del

L’Italia punta a un commissario europeo di peso, e nei piani di Giorgia Meloni potrebbe non essere un ministro del suo governo. La premier ha escluso di pensare a un rimpasto dopo le Europee, “a maggior ragione non per fare il commissario europeo”. Finora si era parlato molto di Raffaele Fitto e Giancarlo Giorgetti, ma dietro la postilla della leader di FdI, secondo ragionamenti che in ambienti di maggioranza vengono accostati alle sue strategie, ci sarebbero non solo l’ambizione di chiudere il quinquennio con la stessa squadra, e l’obiettivo di non toccare gli equilibri interni dopo le elezioni. Ma soprattutto l’intenzione di puntare su una delega importante come quella economica, oggi divisa fra Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis, o la concorrenza, mirando su un profilo che a Bruxelles non avrebbe problemi a far pesare la proprio autorevolezza.

Sono ragionamenti preventivi, manca ancora parecchio tempo, il risiko della governance europea è decisamente articolato e imprevedibile, ma già qualche nome circola. Fra questi, viene sussurrato con cautela anche quello di Daniele Franco, a cui la premier aveva pensato anche come ministro dell’Economia e che il governo ha poi sostenuto per la poltrona di presidente della Banca europea per gli investimenti, corsa in cui alla fine l’ha spuntata la spagnola Nadia Calvino. È una partita complessa, gli incastri dipenderanno anche dal destino di Mario Draghi, considerato in più cancellerie un papabile per la guida della Commissione europea ma anche per il Consiglio Ue.

Il risultato di questo gioco di incastri potrebbe arrivare mentre a Roma si entrerà in sessione di bilancio. Una missione che si annuncia delicata più che in altri anni. In primo luogo perché bisogna fare i conti con il nuovo Patto di stabilità, un compromesso da “migliorare”, si legge nel programma di FdI per le Europee, “nell’ottica di una maggiore flessibilità, tenendo conto delle esigenze finanziarie degli Stati membri”. Le preoccupazioni sorgono già nella stessa maggioranza anche alla luce del braccio di ferro ad alta tensione andato in scena in questi giorni sulla stretta al superbonus e sul nodo sugar tax, con il blitz per inserire un nuovo componente in commissione Finanze al Senato, dove il voto rischiava di essere pericolosamente in bilico. La manovra “sarà un inferno”, prevede un membro del governo che ne ha viste tante in Parlamento. Servirà massima attenzione per evitare cortocircuiti, quando si tratterà di impostare una legge di bilancio con risorse tutt’altro che abbondanti. E con equilibri di forza che potrebbero variare dopo le Europee.

Molte delle fibrillazioni primaverili sono direttamente riconducibili alle strategie elettorali diverse di FdI, FI e Lega. Meloni assicura di non temere questa campagna elettorale “divisiva”, ma i suoi fedelissimi non fanno mistero dell’irritazione con cui ha seguito la rivolta degli azzurri, guidati da Antonio Tajani, contro l’emendamento messo a punto da Giorgetti, con le norme retroattive sul superbonus. Una soluzione pensata dal Mef per frenare quello che Meloni ha più volte definito “dramma” o “macigno” per le casse dello Stato. E nella battaglia contro questo macigno, a tutela dei conti pubblici, bisognerebbe stare uniti, sarebbe il pensiero della premier, come raccontato nei capannelli dei meloniani in Transatlantico. Non a caso, in questi giorni lei e gli esponenti del suo partito, pubblicamente, si sono tenuti alla larga dalla disputa, probabilmente allineati con la stretta messa nero su bianco dal ministro dell’Economia. Nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, ed è un altro dei ragionamenti che rimbalzano fra i parlamentari di maggioranza, si capirà quanto effettivamente la pazienza del ministro dell’Economia sia messa a dura prova dagli alleati.

Continua a leggere

Politica

Superbonus: soccorso di Iv, passa emendamento governo con astensione di Fi

Pubblicato

del

Un tentato blitz in commissione per aumentare i numeri a favore della maggioranza. E’ la mossa a sorpresa con cui Fratelli d’Italia prova a blindare il voto in commissione sul decreto superbonus messo in discussione da Forza Italia contraria alla nuova stretta voluta dal Mef. Una mossa che alla fine della giornata diventa anche superflua con il soccorso a sorpresa di Italia Viva a favore dell’emendamento proposto dal governo. FI spiazzata dalla mossa inattesa di Iv preferisce astenersi piuttosto che votare contro. Anche se rimane la posizione contraria sull’argomento retroattività. Ma dal Mef la linea non cambia: bisogna mettere un punto definitivo all’emorragia della spesa legata dall’agevolazione. E alla fine la mediazione arriva. Presente in commissione per quasi tutta la giornata il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. I numeri in commissione si ricompongono e c’è l’accordo anche sulla sugar tax, che viene rinviata a luglio 2025. La giornata ad alta tensione si consuma al Senato.

La commissione inizia di buon mattino, i lavori vanno avanti a singhiozzo e si trascinano fino a sera, in attesa dei pareri del Mef sui subemendamenti alle modifiche proposte dal governo. Un’attesa che tiene in scacco le proposte di Forza Italia contro la retroattività dello spalma-detrazioni e l’introduzione della sugar tax da luglio previsti dall’emendamento del governo. Il pressing degli azzurri, dopo un week end di scontri diretti tra Tajani e Giorgetti, è ancora alto. Se non sarà modificato il decreto “voteremo contro”, avvertiva il segretario azzurro: “Se si trovano soluzioni positive – diceva ancora – sono sempre pronto ai compromessi. I nostri senatori sono pronti a confrontarsi da stamattina”. E infatti Lotito è schierato: seguiamo la linea politica del segretario. Giorgetti, però, non abbassava la guardia.

Da Milano stigmatizzava il superbonus con un nuovo paragone ad effetto: è come una “droga economica” da cui dobbiamo uscire. E ricordava il suo dovere di ministro dell’economia, “mettere in chiaro la situazione”: “La disintossicazione purtroppo è dolorosa però qualcuno la deve fare, qualcuno deve ordinarla tenendo conto che chi ne è più interessato e ne trae vantaggi non è d’accordo”. Anche perché, avvertiva, già “nei prossimi quattro anni avremo allo stato attuale un impatto all’incirca di 30 miliardi ogni anno per i prossimi quattro anni”. Intanto Fratelli d’Italia decideva di cooptare un nuovo senatore in commissione, in modo da blindare il voto della maggioranza. Arriva Salvatore Sallemi dalla commissione Giustizia, annuncia il capogruppo Lucio Malan in una lettera inviata al presidente del Senato. Una “forzatura”, insorgono le opposizioni. Ad evitare lo scontro è la mossa del presidente Ignazio La Russa, che in Aula annuncia l’avvenuta modifica, ma frena: la nuova composizione entra in vigore solo dopo 24 ore, e non da subito.

A conti fatti, del resto, i numeri sono più favorevoli per la maggioranza anche se non blindati del tutto. Forza Italia, presente con un solo senatore, Claudio Lotito, resterebbe l’ago della bilancia anche con la nuova composizione a 20 membri. Per oggi però si procede a 19. E per qualche votazione, in assenza di Lotito e Patton (Autonomie), la maggioranza procede anche con il voto del presidente, il leghista Massimo Garavaglia, che per prassi non vota.

Alla fine l’aiuto arriva proprio da Patton: in serata, quando restano da votare solo gli emendamenti del governo e del relatore e i relativi sub, il senatore non è già più in commissione, dopo l’ok ad un suo emendamento. In serata arriva anche anche l’accordo sullo slittamento della sugar tax al luglio 2025. Ci sono dunque le risorse, circa 139 milioni, per coprire un altro anno di slittamento. L’emendamento del governo l’avrebbe fatta scattare da luglio. Ma almeno su questo Forza Italia porta a casa un successo: “E’ una nostra vittoria”, commenta il capogruppo di FI al Senato Maurizio Gasparri. Il tutto viene poi blindato a favore del governo dalla via libera del partito di Renzi.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto