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Cinema

The Acolyte su Disney+, ‘Frozen incontra Kill Bill’

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“Il punto d’incontro tra Frozen e Kill Bill”. Con questa proposta sintetica e insolita nel 2019, la sceneggiatrice, produttrice e regista Leslye Headland ha convinto la presidente della Lucasfilm Kathleen Kennedy a farle creare una nuova serie ambientata nell’universo di Star Wars. Cinque anni dopo, le otto puntate di The Acolyte: La Seguace sono pronte e le prime due sono disponibili dal 5 giugno su Disney+.

In un’intervista, la showrunner, nata a Los Angeles nel 1980, spiega le ragioni di quel pitch così originale. “Ho visto Frozen appena è uscito al cinema (nel 2013). So che è un film per bambini, ma io ho pianto dall’inizio alla fine. Mi ha toccato, mi sono immedesimata, forse perché anch’io ho una sorella. Penso abbia centrato la dinamica di quell’amore, con un punto di rottura in cui l’affetto deve modificarsi, perché non è più possibile amarsi nel modo proprio dell’infanzia”, sottolinea Headland, aggiungendo: “Tra le due, sono sempre stata Elsa, senza dubbio. È proprio il suo cambiamento rivoluzionario che mi ha ispirata. Il suo personaggio si basa sulla malvagia Regina delle Nevi di Hans Christian Andersen. La cosa straordinaria è che nel cartone Disney è lei la protagonista. Quando ho immaginato The Acolyte, volevo che al centro della storia ci fosse un personaggio considerato cattivo”.

La Seguace segue una giovane donna che da bambina era stata Padawan, cioè allieva degli Jedi, poi espulsa dalla loro accademia e che ora, a distanza di anni, sembra avere la missione di ucciderli. La vicenda è ambientata prima dei fatti raccontati in Star Wars: La minaccia fantasma, il primo prequel alla trilogia originale, uscito nel 1999. Un’epoca conosciuta come l’Alta Repubblica, finora mai trasposta in live action, ma solo nell’editoria e nell’animazione. Si tratta di un periodo di prosperità e pace in cui i monaci guerrieri sono all’apice del loro potere.

“Ero ossessionata da una domanda: ‘Com’è possibile che dal loro momento d’oro, gli Jedi arrivino quasi sul punto di estinguersi? Lì c’era spazio per raccontare una dinamica tra Lato Chiaro e Lato Oscuro della Forza, un dualismo tra Bene e Male, che era proprio quello che mi interessava”, spiega la showrunner, fan sfegatata di Han, Chewbacca, Leila (che si è tatuata sulla mano appena Kennedy le ha dato il lavoro) e compagnia.

L’anti-eroina eponima, interpretata da Amandla Stenberg, cambia la narrazione a cui la saga fantascientifica più amata e proficua della storia del cinema ha abituato i fan. Anche rispetto ad Ahsoka, la serie uscita l’anno scorso, che pure ha per protagonista una donna. “Non era mia intenzione rompere le regole. La mia stella polare è quello che ha fatto George (Lucas), lui è il genio che ha creato un capolavoro, non volevo allontanarmi troppo. Credo di aver utilizzato l’estetica della trilogia originale, ma di averla messa a servizio di una storia che prende un binario diverso ed esamina come Bene e Male possano convivere”.

La serie è piena di donne, tantissimi Jedi e spade laser. Il duello tra la protagonista e la maestra Jedi Indara (Carrie-Anne Moss), che apre la prima puntata, lancia lo spettatore nell’universo di Star Wars. E fa anche capire quel secondo riferimento nel pitch della showrunner: impossibile non pensare a Uma Thurman e alla sua katana.

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Io Capitano trionfa ai Nastri d’Argento 2024, bene Palazzina Laf

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Ai Nastri d’Argento 2024 stravince Matteo Garrone con ben sette premi per Io Capitano: miglior film, regia, produzione (Archimede con Rai Cinema e molti partner internazionali), fotografia di Paolo Carnera, montaggio di Marco Spoletini, sonoro in presa diretta di Maricetta Lombardo e il miglior casting director Francesco Vedovati. I Giornalisti Cinematografici hanno premiato poi come Film dell’anno C’è Ancora Domani di Paola Cortellesi. Ben cinque Nastri, compreso un riconoscimento per i produttori, vanno a Palazzina Laf di Michele Riondino: miglior sceneggiatura (di Riondino con Maurizio Braucci), miglior attore protagonista (Riondino), attore non protagonista Elio Germano e migliore canzone originale, La mia terra di Diodato. La migliore commedia è Un Mondo a Parte di Riccardo Milani prodotta da Wildside, società del gruppo Fremantle in associazione con Medusa Film.

Migliori attrici sono Micaela Ramazzotti, protagonista del suo stesso film d’esordio, Felicità, e Isabella Rossellini, non protagonista nel film di Alice Rohrwacher La Chimera. Per la commedia ex aequo tra Virginia Raffaele di Un Mondo a Parte e Pilar Fogliati che vince (per il secondo anno consecutivo) con Maurizio Lombardi per Romeo è Giulietta. Blu carpet e premiazione stasera a Roma, al MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo. Tra gli altri premi, a Finalmente l’Alba di Saverio Costanzo – con un cast tecnico soprattutto internazionale (quindi poco candidabile nelle cinquine per il regolamento del premio) sono andati i Nastri d’Argento per la scenografia di Laura Pozzaglio e i costumi di Antonella Cannarozzi.

Per la musica il Nastro d’Argento per Gloria! va a Margherita Vicario, anche regista del film, e al coautore della colonna sonora Dade. Infine il miglior soggetto originale, con un premio a sorpresa ex aequo per due film molto diversi tra loro, è andato agli autori di Another End – con il regista e sceneggiatore Piero Messina sono Valentina Gaddi, Sebastiano Melloni e Giacomo Bendotti – e al team di scrittura del film Il Punto di Rugiada di Marco Risi, anche sceneggiatore, con Riccardo De Torrebruna, Francesco Frangipane e Enrico Galiano. Come anticipato, i giovani sono al centro dei Premi speciali: ai due protagonisti di Io Capitano Seydou Sarr e Moustapha Fall va un riconoscimento speciale.

Premiati poi i registi Brando De Sica, Margherita Vicario e Catrinel Marlon e poi Ludovica Martino, Romana Maggiora Vergano, Francesco Centorame, Rebecca Antonaci, Alessandro Fella, Yile Yara Vianello, Domenico Cuomo e Gianmarco Franchini. Infine sempre sul fronte giovani premi ad Alain Parroni, Giulio Pennacchi e Beatrice Puccilli (Una sterminata domenica) per la sceneggiatura. I Premi Guglielmo Biraghi tradizionalmente destinati ai giovani sono andati a: Francesco Centorame, in coppia con Romana Maggiora Vergano (Nastro d’Argento con i protagonisti) nel film di Paola Cortellesi C’è Ancora Domani in cui interpreta il fidanzato dell’attrice; Rebecca Antonaci, giovanissima protagonista del film di Saverio Costanzo Finalmente l’Alba; Alessandro Fella, che dopo un esordio nella fiction è stato scelto da Marco Risi per Il Punto di Rugiada e, tra La Chimera e La Bella Estate, Yile Yara Vianello. Infine un Nastro speciale quest’anno per Giulio Base, autore, regista e protagonista con Anne Parillaud di À la Recherche.

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Katie Holmes, il mio successo più grande è essere mamma

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“Il mio successo più grande? Essere mamma, soprattutto è quello che mi rende piu felice”. Questo forse il momento più autentico ed empatico dell’intervista a Katie Holmes al Filming Sardegna Festival, un incontro con più di un paletto. Vale a dire nessuna domanda sul privato e questo per evitare forse domande sul suo passato di moglie di Tom Cruise (che non manca ancora di darle luce) e non parlare neppure della loro figlia, Suri Cruise. Una ragazza, tra l’altro, che si è appena diplomata e che ha scelto ancora una volta di non utilizzare il cognome del padre con cui non ha più rapporti da molti anni. Ha preferito quello di Noelle ovvero il secondo cognome di mamma Katie. Intanto la serie TV Dawson’s Creek che l’ha resa famosa a livello internazionale per il suo ruolo di Joey Potter: “Ho il ricordo di un periodo meraviglioso su un set che ci permetteva di stare in squadra, lavorare, ma anche di divertirci. Credo comunque che il grande successo di quella serie sia dovuto soprattutto al tipo di marketing”.

La possibilità di un revival di Dawson’s Creek? “Amo il fatto che la gente si ricordi ancora di questa serie. È il segno di un legame molto profondo, ma per ora non c’è nessuna possibilità di un revival” dice l’attrice, regista e sceneggiatrice statunitense nata a Toledo il 18 dicembre 1978. Quando si sente davvero realizzata oggi che è diventata anche una stilista (ha presentato ultimamente a New York una capsule di circa dodici capi)? “Forse nella regia, una grande sfida che mi regala anche grandi emozioni. Anche fare l’attrice in realtà mi soddisfa, io faccio entrambe le cose, ma quando da regista riesco a capire meglio cosa passa per la testa di un attore e di cosa ha bisogno” spiega la Holmes che ha debuttato al cinema nel 1997 in Tempesta di ghiaccio e ha preso poi parte in Abandon – Misteriosi omicidi, e nel 2005 al più famoso Batman Begins firmato Nolan.

Cosa è cambiato per le donne ad Hollywood? “Il Successo di Barbie di Greta Gerwig, compreso il fatto che sia riuscita ad ottenere un budget altissimo per fare quel film, è una cosa che fa la differenza e che pesa e peserà molto. Poi oggi ci sono molte più opportunità che vengono offerte alle donne e ci sono storie al femminile più belle. Si dà insomma più voce alle donne, tutte cose che ai miei tempi non accadevano. È poi importante l’aumento delle opportunità grazie alle piattaforme streaming. Ma bisogna comunque continuare a combattere”. Cosa pensa dell’Intimacy coordinator? “Assicura al set una grande professionalità e dà sicurezza a tutti i partecipanti. È insomma una figura essenziale per la riuscita di un film quando ci sono delle scene erotiche” .

Cosa si augura per il futuro con tante guerre in giro? “È strano pensare che siamo seduti qui tranquilli a Santa Teresa di Pula mentre, dall’altra parte del mondo, c’è la guerra. È un pensiero che mi mette tristezza. Ho un amico artista che mi dice sempre “la creatività e l’arte sono importanti, dobbiamo continuare a creare perché l’arte eleva le coscienze. Credo molto in questo, ma anche che oggi sia difficile vivere. Cosa si può augurare alle nuove generazioni? Che possano vivere in un mondo migliore anche se mi riesce difficile pensare che questo possa davvero accadere”.

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Hollywood, produzioni in stallo, Studios senza soldi

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Hollywood non è ancora ripartita. Dopo gli scioperi di sceneggiatori e attori, che hanno bloccato le produzioni per sei mesi nel 2023, il settore registra la più drammatica contrazione degli ultimi 30 anni. Il produttore Michele Greco tenta una spiegazione: “Ho appena fatto un pilota per Nbc, ma non qui, ad Atlanta. Girare a Hollywood ormai è un salasso: tra le paghe della troupe e gli affitti di materiali, macchinari, location e teatri, un giorno di riprese a LA costa quasi il doppio che in Georgia. Non conviene a me, ma nemmeno ai grossi Studios che hanno perso una valanga di soldi dopo il Covid e durante lo sciopero”, dice questo romano di 55 anni, che da due decenni fa base a Los Angeles.

La California offre 330 milioni di dollari all’anno di tax credit: New York ne mette 700 e la Georgia non ha limite. Per non parlare dei paesi stranieri, dal Regno Unito alla Nuova Zelanda, dall’Ungheria al Canada, che offrono incentivi fiscali vantaggiosi e stipendi molto più bassi per le troupe. “Dopo mesi di stanca, ho cominciato una serie prodotta da una Major – racconta sollevata Susie Mancini, 39 anni, arrivata da Milano nel 2007 e oggi scenografa con una candidatura agli Emmy in tasca – Mi trovo a lavorare con gente che ha fatto una decina di film da Oscar, che da mesi è senza impiego e deve accettare paghe o mansioni ridotte. Oltre alla mia esperienza personale – sono preoccupata, ovvio – questo dà la misura della crisi in cui siamo. Mi chiedo: sarà solo una crisi ciclica o qualcosa è cambiato?” “Gli Studios hanno finito i soldi, devono tagliare e tagliare – è la lettura di Greco – Hanno approfittato dello sciopero per rescindere senza penale alcuni contratti onerosi e chiudere progetti poco remunerativi. Se prima producevano 10 ora producono 5”. Nel 2024 usciranno 90 film, contro i 100 del 2023.

Le serie prodotte saranno circa 300, rispetto alle 481 del 2023 e alle 633 del 2022 (dati di Ampere Analysis). Ai conti in rosso, contribuiscono anche la fuga degli spettatori dai cinema (secondo le previsioni, gli incassi del 2024 in Nordamerica saranno pari a 8 miliardi di dollari, – 10% sul 2023 e – 30% sul 2019) e il calo degli abbonamenti alle piattaforme dopo il picco del lockdown. “È cambiato tutto. Non si torna indietro.

Le Major ormai devono compiacere la Borsa più che produrre buon cinema”, ne è convinto Walter Volpatto, torinese, classe 1971, da 20 anni a Hollywood. Ha firmato la color correction di film del calibro di Star Wars: Gli ultimi Jedi, Dunkirk, Green Book e, recentemente, Megalopolis di Francis Ford Coppola. “Non è incredibile che Coppola abbia dovuto auto-produrre il suo lungometraggio e ci abbia messo tre mesi a venderlo a un distributore americano?”, si chiede. Moglie insegnante, due figli e un mutuo, Volpatto è in apprensione: “Non ho niente in vista fino a gennaio. Non mi succedeva dai tempi della gavetta. Se continua così dovrò trovare un altro lavoro”.

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