Sono sempre di più le donne che in Italia scelgono di fare il medico. A rilevarlo, i dati elaborati dal Ced della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri. Nelle strutture del Servizio sanitario nazionale, sono quasi due su tre le professioniste in camice bianco: rappresentano il 63%, tra i 40 e i 50 anni e il 64% se restringiamo il campo tra i 40 e 44 anni. Percentuali destinate a crescere ulteriormente in futuro, quando, cioè, andranno in pensione gli iscritti che oggi hanno tra i 55 e i 69 anni, tra i quali i medici donna costituiscono il 57% del totale, e verranno sostituiti dalle fasce con percentuali femminili ancora maggiori.
“Nel nostro Servizio sanitario nazionale le colleghe sono ormai la maggioranza – commenta il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli – E’ necessario prevedere modelli organizzativi che permettano di conciliare i tempi di lavoro con quelli della vita privata. Occorre, infine, investire sulla sicurezza. Il 12 marzo celebreremo la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e sociosanitari”. Donne in primo piano anche nel settore dell’emergenza-urgenza: secondo i dati ricavati dalla ricognizione effettuata dal direttivo nazionale del Servizio 118, sono soprattutto impegnate come medico nelle centrali operative (53%) e nelle postazioni Set 118 (44%), nelle professioni infermieristiche (45%) e come autisti-soccorritori (28%). “E’ sempre più consistente, strenuo e determinante l’impegno delle donne nel Sistema di emergenza territoriale 118, in qualità di medici, infermiere e autiste-soccorritrici”, osserva Mario Balzanelli, presidente nazionale del Servizio.
Questo, aggiunge, “a riprova del fatto che le elevate tensioni, i ritmi frenetici, le grandi complessità e criticità di scenario e di contesto operativo che caratterizzano l’emergenza sanitaria trovano nella dimensione donna pieno spazio vocazionale di accoglienza e di straordinaria realizzazione umana, oltre che professionale”. Permangono tuttavia ancora molte difficoltà. “La fotografia di questo 8 marzo trova confermato un trend che vede un esercito di donne sempre più appassionate (e forti anche numericamente) al lavoro di cura, verso una società che è ancora molto indietro nei confronti della sanità, e verso un Ssn, per converso, in sofferenza”, rileva Sandra Morano, coordinatrice dell’Area formazione femminile del sindacato Anaao Assomed.
“Pur in presenza di un contratto nazionale che sancisce retribuzioni in partenza uguali tra i sessi, di fatto gli ostacoli oggettivi ad una presenza quantitativamente costante e il più possibile senza intoppi sono molto più frequenti nel lavoro femminile. Al momento è impossibile, stante l’attuale organizzazione, che possa essere assicurata a tutti la possibilità di non assentarsi per malattia, maternità o sostegno familiare. Solo da poco – ha concluso – è stato concesso ai lavoratori maschi la possibilità di congedo per paternità aumentato a 20 giorni”.