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La Juve cala il tris a Lecce, sorpasso nel segno di Vlahovic e Bremer

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Ci pensa sempre lui, Dusan Vlahovic a togliere le castagne dal fuoco e a regalare alla Juventus la vittoria e il primo posto, provvisorio, in classifica. 3-0 al Lecce con un secondo tempo da applausi, grazie alla seconda doppietta consecutiva del bomber serbo, e alla rete di Bremer, e vetta della classifica raggiunta, in attesa che l’Inter, impegnato in Arabia per la Supercoppa, recuperi il proprio turno. Intanto Allegri e i suoi uomini brindano alla quinta vittoria consecutiva e raggiungono quota 52. Allegri conferma Yildiz come partner di Vlahovic in attacco, a centrocampo, con l’indisponibilità di Rabiot, c’è spazio per Miretti.

Sul fronte Lecce D’Aversa insistite con il solito 4-3-3, tridente di attacco con Almqvist, Krstovic e Oudin, panchina per Strefezza. Partenza decisa che al primo affondo si presenta subito con Vlahovic, ma il calciatore serbo colpisce in maniera imperfetta e mette fuori. La Juve va in pressione alta sul Lecce che prova a verticalizzare per i suoi attaccanti costringendo i bianconeri ad affannose corse all’indietro. Il Lecce trova coraggio e comincia ad affacciarsi nell’area avversari, ma il primo acuto della gara è di marca bianconera. Sugli sviluppi di un corner McKennie salta più in alto di tutti in area e colpisce, gran salvataggio di Krstovic sulla linea di porta (11′). La Juve ci crede e comincia a spingere con più continuità, Lecce che si difende ed affida a rapide ripartenze la sua risposta. In una di queste McKennie stende Gonzalez, che si stava involando pericolosamente, e si prende un cartellino giallo (22′). La gara diventa molto fisica nei minuti centrali del primo tempo, i ritmi si abbassano ma non l’agonismo.

La gara scorre via in maniera molto spezzettata, unico sussulto nei minuti di recupero il rosso sventolato a Trinchera (ds Lecce), che dalla panchina esagera con le proteste nei confronti di Doveri. Si va al riposo a reti bianche, sfida molto agonistica. Per la Juve ci ha provato McKennie, Lecce vivo grazie a Krstovic. Via alla ripresa e la Juve parte subito forte. Primo tentativo con una conclusione di Miretti contrastato, e sfera che termina sul fondo (47′). Ancora Juve pericolosa da sinistra con Kostic che mette in mezzo un buon pallone, Vlahovic di in truffo di testa manda a lato (52′). Squadre lunghe,, si aprono spazi, e possibilità per entrambe le squadre. E mentre Allegri lancia nella mischia Weah al posto di un impreciso Miretti (57′), la Juve passa. Corre il 60′, Cambiaso è caparbio nell’ inseguire e rimettere in mezzo all’area la sfera sul secondo palo, Vlahovic si coordina in maniera perfetta e calcia al volo: sfera nel sette e vantaggio Juve. D’Aversa prova ad invertire il trend e pesca forze fresche dalla panchina. Dentro Blin, Dorgu e Pierotti (esordio per l’argentino) peer Gonzalez, Gallo e Oudin.

Ma i buoni propositi giallorossi naufragando subito per merito ancora di Vlahovic, implacabile sotto porta. Corre il 68′ e su un crosso dalla destra McKennie colpisce di testa, l’attaccante bianconero, in posizione regolare, interviene mentre la palla sta per varcare la linea: raddoppi bianconero e doppietta per Vlahovic. Per il calciatore serbo gol numero 11 nella stagione, e seconda marcatura multipla in due presenze consecutive in serie A. Sansone e Piccoli (72′) rilevano Almqvist e Krstovic, sul fronte bianconero Allegri mette in campo Iling-Junior e Milik per Kostic e Yildiz (74′), poi Alex Sandro per Cambiaso (80′). Ma la furia bianconera della ripresa colpisce ancora con Bremer (85′): Sugli sviluppi di una punizione battuta da Iling-Juniuor, il difensore bianconero è abile a svettare più in alto di tutti e battere di testa per la terza volta nella serata Falcone. La Juve passa 3-0 al Via del Mare e chiude la pratica.

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Napoli bello, Roma fortunata: è pari al Maradona

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– Napoli e Roma si annullano nella sfida valevole per la 34 giornata di Serie A. Al Maradona finisce 2-2 una bella sfida, accesa ed emozionante soprattutto nella ripresa: apre Dybala su rigore, Olivera e Osimhen (altro rigore) la ribaltano, poi nel finale il prezioso ritorno al gol di Abraham permette ai giallorossi di tornare a casa con un punto abbastanza importante per la corsa alla Champions League. La squadra di De Rossi sale a 59 punti restando a -4 dal Bologna, ma vede accorciare l’Atalanta che ora e’ dietro di sole due lunghezze e con una gara da recuperare. Amaro in bocca invece per gli uomini di Calzona, che scivolano a -5 dal settimo posto della Lazio.

La prima nitida occasione del match capita al 6′ in favore dei giallorossi (sara’ l’unica del primo tempo), quando da corner del solito Dybala arriva una sponda area di Mancini che pesca Pellegrini, il cui colpo di testa termina di poco alto sopra la traversa. Dopo una prima parte di gara giocata a ritmi bassi da ambo le squadre, i partenopei provano a crescere dalla mezz’ora: Osimhen tenta da posizione defilata trovando la respinta di Svilar, graziato invece poco piu’ tardi da Anguissa che sbaglia tutto a tu per tu.

Al 40′ si fa vedere Kvaratskhelia con il suo classico destro a giro, deviato in tuffo ancora da un attento Svilar, mentre a pochi istanti dal riposo un colpo di testa di Di Lorenzo sfila di poco a lato. Nella ripresa il Napoli continua nella propria produzione offensiva, ma al 56′ e’ ancora decisivo un intervento di Svilar ad evitare il possibile vantaggio di Lobotka. Passano un paio di minuti e, dall’altra parte, e’ invece la Roma a trovare l’episodio per sbloccare: Azmoun va giu’ in area a contatto con Jesus, l’arbitro fischia il penalty e Dybala lo trasforma alla perfezione nell’1-0 ospite.

Gli azzurri non ci stanno e al 64′, grazie ad un pizzico di fortuna, la pareggiano con Olivera: l’esterno calcia di mancino da fuori area, Kristensen devia e di fatto mette fuori causa Svilar che stavolta non puo’ nulla. Il match prende ritmo e i partenopei in particolare ritrovano morale, sfiorando il vantaggio al 73′ con Osimhen, che svernicia Mancini in velocita’ ma trova un miracoloso Svilar davanti a se’. Nel finale succede di tutto: Osimhen porta avanti il Napoli grazie ad un calcio di rigore fischiato dopo un contatto tra Renato Sanches e Kvaratskhelia (decisivo intervento del Var), poi all’88’ la Roma trova il nuovo pari con un colpo di testa di Abraham, che segna dopo una sponda aerea da corner di Ndicka ed esulta dopo un altro intervento del Var (gol inizialmente annullato per offside).

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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Tifosi del Napoli in silenzio 17′: poi cori contro De Laurentiis, Calzona e squadra

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Un’atmosfera insolita ha avvolto lo stadio Diego Armando Maradona durante l’ultimo incontro di Serie A tra il Napoli e la Roma. I tifosi del Napoli, in particolare quelli delle curve, hanno scelto una forma di protesta silenziosa per esprimere il loro dissenso verso la direzione del club in una stagione che si sta rivelando particolarmente difficile.

L’incontro è iniziato in questo clima quasi surreale. Il Napoli, attualmente ottavo in classifica, sta vivendo una delle sue stagioni più turbolente, segnata da risultati deludenti come l’ultima sconfitta contro l’Empoli. La scelta di non cantare è stata un modo per i tifosi di evidenziare il loro malcontento e la loro insoddisfazione per come le cose stanno procedendo sia sul campo sia fuori.

Il silenzio dei tifosi è stato interrotto solo al 17esimo minuto, quando è scaturito un coro contro il presidente Aurelio De Laurentiis.Questo tipo di manifestazione pacifica, ma estremamente eloquente, evidenzia la frattura crescente tra la base dei tifosi e la leadership del Napoli.

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