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Economia

Pensione miraggio per giovani, ci andranno a 71 anni

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L’accesso alla pensione sarà un miraggio per i giovani italiani mentre gli anziani attuali sono stati favoriti da regole per il ritiro vantaggiose: chi comincia a lavorare ora, certifica l’Ocse nel Report Pensions at a Glance appena pubblicato, riuscirà a ritirarsi a 71 anni, l’età più alta nell’area dei paesi più sviluppati dopo la Danimarca per la quale si prevedono 74 anni. La stretta sulla previdenza con il collegamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita è anche la conseguenza di scelte che negli anni hanno favorito il pensionamento anticipato rispetto all’età di vecchiaia senza penalizzazioni.

Ma gli italiani andando in pensione tardi e pagando la quota di contributi sulla retribuzione più alta tra i paesi Ocse (il 33% contro la media del 18,2%) potranno però contare in futuro su assegni più sostanziosi rispetto agli anziani degli altri Paesi. Per chi comincia a lavorare ora intorno ai 22 anni e si ritirerà a 71 anni si prevede che si abbia un importo della pensione rispetto allo stipendio al momento del ritiro di circa l’83% a fronte del 61% medio dell’Ocse. “Per chi entra ora nel mercato del lavoro – scrive l’Ocse – l’età pensionabile normale raggiungerebbe i 70 anni nel Paesi Bassi e Svezia, 71 anni in Estonia e Italia e anche 74 anni in Danimarca. Nel 2023, “l’età pensionabile legale in Italia è di 67 anni, in forte aumento dopo le riforme attuate durante la crisi finanziaria globale.

Ma l’Italia garantisce ancora “un ampio accesso al pensionamento anticipato, spesso senza una penalità”. Sul livello della contribuzione al top tra i paesi Ocse l’organizzazione segnala che è vero che garantisce prestazioni più alte ma c’è il rischio di “danneggiare la competitività del dell’economia e una riduzione dell’occupazione totale” con l’aumento del lavoro informale. In attesa che aumentino gli anni necessari all’accesso alla pensione l’Italia arriverà nel 2025 ad avere una spesa per le pensione del 16,2% del Pil al top dell’area Ocse (9,3% in media). Secondo le previsioni dell’Ocse la spesa in percentuale del Pil in Italia salirà fino al 17,9% nel 2035 per poi ripiegare.

Al momento il reddito medio delle persone di età superiore ai 65 anni in Italia “è leggermente superiore a quella della popolazione totale” (al 103%) mentre è in media inferiore del 12% rispetto alla popolazione complessiva nell’area Ocse (all’88%). La povertà relativa tra gli over 65 in Italia è al 10% mentre è in media al 14% nell’area Ocse.

Al momento il tasso di occupazione nella fascia tra i 60 e i 64 anni in Italia pur essendo cresciuto in modo rilevante negli ultimi anni è al 41% a fronte del 54% nell’area Ocse. Secondo il rapporto, con l’invecchiamento della popolazione mondiale sta diventando “sempre più necessario promuovere” l’impiego dei lavoratori più anziani per far fronte a una carenza di manodopera che ha raggiunto livelli da record nel 2022 e resta elevata anche nel 2023, nonostante il rallentamento dell’economia globale. Eppure molti lavoratori avanti negli anni faticano a mantenere aggiornate le proprie competenze, hanno un accesso limitato a posti di lavoro di buona qualità e rischiano di avere una pensione inadeguata quando si ritireranno al termine di carriere lavorative instabili. Subiscono inoltre spesso atteggiamenti negativi dei datori di lavoro nelle decisioni di assunzione verso i candidati più anziani. Continuano inoltre a essere percepite come comuni, secondo il rapporto, le discriminazioni in base all’età dei lavoratori, nonostante siano vietate per legge in quasi tutti i Paesi Ocse.

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Economia

Dazi USA, Trump alza i toni: intesa fragile con l’Ue, von der Leyen tratta per evitare lo scontro

Donald Trump annuncia dazi fino al 40% contro sette Paesi. Von der Leyen tratta per evitare l’escalation e tenere l’Europa fuori dalla guerra commerciale. Berlino, Roma e Parigi in pressing.

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Nessuna comunicazione ufficiale a Bruxelles, ma una mossa unilaterale da parte di Donald Trump, annunciata via Truth Social, ha riacceso lo scontro commerciale tra Stati Uniti e mondo. Il presidente americano ha indicato i primi sette Paesi destinatari di nuove tariffe doganali tra il 25% e il 40% a partire dal primo agosto: Giappone, Corea del Sud, Myanmar, Laos, Sudafrica, Malesia e Kazakistan.

Nel frattempo, un canale diretto tra Trump e Ursula von der Leyen resta l’ultima ancora di salvezza per l’Unione Europea, che cerca un’intesa fragile e complessa da costruire prima della scadenza. La finestra negoziale è stata prorogata da un nuovo ordine esecutivo del tycoon, ma i margini restano stretti.

L’Europa compatta ma divisa su come reagire

Mentre Wall Street vacilla, i vertici europei lavorano a una posizione comune. Von der Leyen ha ribadito al Parlamento europeo la necessità di negoziare “con forza e unità”, con un coordinamento stretto tra Berlino, Roma e Parigi. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz, la premier italiana Giorgia Meloni e il presidente francese Emmanuel Macronsono in contatto continuo per rafforzare il fronte europeo.

L’ipotesi più concreta resta quella di un compromesso sull’aliquota unica al 10%, con esenzioni per settori strategicicome aerospazio, tecnologia e alimentare di qualità. Ma Parigi spinge per la linea dura, con l’Austria e la Spagna al suo fianco, evocando anche il ricorso allo strumento anti-coercizione, che colpirebbe le grandi aziende tech statunitensi.

Contromisure pronte a Bruxelles

Nel frattempo, due pacchetti di contromisure europee – uno congelato in primavera, l’altro in fase di rifinitura – sono già pronti: l’Europa potrebbe colpire prodotti americani per un valore fino a 120 miliardi di euro, con l’ipotesi di estendere la rappresaglia anche alle Big Tech.

Il timore principale è l’aumento delle tariffe già in vigore: 25% sulle auto europee, 50% su acciaio e alluminio, e la minaccia più recente di un ulteriore 17% sull’agroalimentare, che preoccupa soprattutto Italia e Francia.

La via del dialogo e il possibile viaggio a Washington

Nonostante tutto, la trattativa resta aperta. Un portavoce dell’UE ha dichiarato che “siamo all’inizio della fase finale e per posizionarci al meglio nel negoziato non possiamo aggiungere altro”, confermando la determinazione a ottenere “il miglior accordo possibile”.

Se nelle prossime settimane maturerà un’intesa di principio, von der Leyen potrebbe recarsi ufficialmente a Washington, ripetendo quanto fatto da Jean-Claude Juncker nel luglio 2018, quando ottenne una tregua in cambio dell’impegno europeo ad aumentare le importazioni di gas naturale liquefatto e armamenti americani. Oggi, quella stessa contropartita torna sul tavolo, come carta geopolitica da giocare in una partita a scacchi dai risvolti economici esplosivi.

(Immagine realizzata con sistemi di Ia)

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Economia

‘Usa hanno proposto a Ue accordo con tariffe base del 10%’

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Gli Stati Uniti hanno proposto un accordo all’Unione Europea che manterrebbe una tariffa base del 10% su tutti i prodotti dell’Ue, con alcune eccezioni per settori sensibili come aerei e alcolici: lo scrive Politico citando un diplomatico di Bruxelles e un dirigente nazionale. I contorni di un accordo commerciale sono ancora incerti, hanno sottolineato fonti diplomatiche, e qualsiasi accordo è soggetto all’approvazione di Trump per procedere. Washington non ha dato alcuna indicazione di voler esentare settori politicamente sensibili come quello automobilistico, siderurgico e dell’alluminio o farmaceutico, come richiesto da Bruxelles. Francia, Italia e Irlanda sarebbero tuttavia probabilmente soddisfatte delle esenzioni per alcolici e aeromobili.

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Economia

Cina: difenderemo i nostri diritti da pressione dazi Usa

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Di fronte alle pressioni dei dazi Usa, la Cina “rimane ferma nel difendere i propri diritti e interessi e nel sostenere l’equità e la giustizia internazionale”. Il premier Li Qiang, durante l’incontro a margine del 17/mo vertice dei Brics con la numero uno dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), Ngozi Okonjo-Iweala, ha assicurato che Pechino dispone “di abbondanti risorse e mezzi per contrastare gli impatti esterni negativi” ed “è fiduciosa e in grado di promuovere uno sviluppo economico costante e sano”. La Cina introdurrà “ulteriori misure di apertura volontaria e unilaterale”, ha aggiunto Li, secondo l’agenzia Xinhua.

Il panorama commerciale globale “ha subito cambiamenti significativi a causa dell’intensificarsi dell’unilateralismo e del protezionismo, che hanno avuto un impatto significativo sull’ordine economico e commerciale internazionale”, ha aggiunto Li, auspicando la coesione da parte dei Paesi in via di sviluppo. Nel suo intervento alla sessione plenaria del vertice dei Brics, il premier cinese ha detto che il gruppo dovrebbe “guidare attivamente la cooperazione allo sviluppo e sfruttare il potenziale di crescita dei settori emergenti”. Anche per tale scopo, Pechino istituirà quest’anno “un centro di ricerca Cina-Brics sulle nuove forze produttive di qualità”, sempre nel resoconto della Xinhua.

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