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Economia

Svimez: al Sud default infrastrutture, male su treni e sanità

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Non si colma il forte gap di infrastrutture tra Nord e Sud. Nel Mezzogiorno infatti i binari ferroviari sono pochi, l’ Alta Velocità serve solo la Campania, tram e metropolitane sono praticamente inesistenti e il grado di soddisfazione per bus e pullman è nettamente più basso rispetto alle altre aree del paese. Per non parlare della sanità, dove il numero di letti nelle case di cura per abitante è ampiamente inferiore rispetto al resto del paese e il divario con il Centro-Nord è “macroscopico” sulle strutture per l’assistenza degli anziani. E’ il quadro dipinto dalla Svimez nell’audizione alle Camere sul federalismo fiscale.

Per i trasporti in particolare, secondo la Svimez sono numerosi gli indicatori che evidenziano il divario territoriale nella dotazione di infrastrutture. Per quanto riguarda l’infrastruttura ferroviarie, le linee in esercizio gestite da Rfi si sviluppano al Sud su 5.717 km, pari al 34% del totale nazionale, mentre la lunghezza dei binari è pari a 7.528 km ovvero il 30% del totale nazionale. Ma al di là della sottodotazione quantitativa di binari nel Mezzogiorno, in sé relativamente contenuta, sono i requisiti prestazionali della rete a evidenziare i maggiori divari. Significativo è l’indicatore relativo alla quota di linee classificate come ‘fondamentali’ e ‘di nodo’ (queste ultime presenti solo in Campania), che al Sud interessa solo il 21,4% dell’intera estesa contro una percentuale più che doppia al Centro-Nord (53,5%). Enorme anche il gap nell’elettrificazione della rete: 58,2% al Sud contro l’80% medio al Centro-Nord.

Infine la rete a doppio binario è pari al 31,7% nel Mezzogiorno a fronte del 53,4% delle regioni centro-settentrionali. Per quello che riguarda poi l’Alta Velocità, nelle regioni meridionali lo sviluppo è di 181 km (interamente in Campania), ovvero appena il 12,3% del totale nazionale. Quanto invece ai sistemi di trasporto urbano, le città capoluogo del Sud dispongono di una dotazione complessiva di reti tramviarie pari a 42,6 Km ovvero l’11,2% del totale nazionale e di reti metropolitante pari a 25,7% (13,5% del totale nazionale). Carenti anche i servizi di trasporto pubblico, qualitativamente di livello inferiore al Sud rispetto al resto del paese: nel 2022 gli utenti soddisfatti dell’autobus sono stati il 55,7%, quasi 10 punti in meno rispetto alla media nazionale.

Per quello che riguarda invece le infrastrutture sanitarie la Svimez ha valutato la disponibilità a livello regionale di posti letto nelle strutture sanitarie residenziali e semiresidenziali, “destinate a rappresentare sempre di più le strutture per il primo presidio di cura a livello territoriale”. In questo comparto mette in luce la “grave sotto dotazione” delle regioni meridionali, che registrano tutte valori inferiori alla media nazionale di 553 posti letto per 100.000 abitante. E particolarmente deificitaria la situazione della Sicilia (98 posti), Campania (114) e Basilicata (128). Per quello che riguarda invece le dotazioni regionali di posti residenziali per anziani nelle strutture territoriali per 1.000 residenti, a fronte di una disponibilità media di 15,2 posti in Italia la situazione peggiore si registra sempre in Sicilia (1,2), Basilicata (1,4) e Campania (1,8). Infine per quello che riguardano i servizi idrici, la regione italiana caratterizzata dalla quota significativamente più elevata di popolazione regionale senza accesso al servizio di depurazione dell’acqua è la Sicilia, pari al 13,1%, mentre significativo è anche il ritardo della Calabria (5,3%) e della Campania (4,4%). Percentuali, queste, che si confrontano ad esempio alle regioni del Nord Est (0,4%) e del Nord Ovest (0,6%) e a una media italiana del 2,2%.

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Rina punta a 2 miliardi ricavi e i 10.000 dipendenti al 2030

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Rina, gruppo multinazionale di ispezione, certificazione e consulenza ingegneristica, ha presentato il nuovo piano strategico con l’obiettivo di raggiungere quota 2 miliardi di euro di ricavi organici al 2030 e il 20% di margine operativo lordo (Ebitda). Un’ulteriore spinta alla crescita potrebbe arrivare da operazioni di fusioni e acquisizioni: Rina è infatti attiva sul mercato con un focus particolare sulle aree di interesse strategico che il nuovo piano ha identificato. I capitali provenienti dai nuovi azionisti, insieme all’impegno a sostenere ulteriormente il gruppo nella crescita, saranno di importanza nello sviluppo del piano di M&A.

Contestualmente l’assemblea dei soci di Rina ha approvato oggi il bilancio 2023 che vede ricavi pari a 797 milioni di euro, in crescita del 10% rispetto al 2022, e un Ebitda del 13%. L’utile netto sale a 12,5 milioni di euro. Grazie a un inizio anno molto positivo, Rina ha chiuso il primo trimestre 2024 con una raccolta ordini di circa 310 milioni di euro e a ricavi gestionali pari a 210 milioni di euro (+17%). I risultati del primo trimestre consentono di confermare la guidance economico-finanziaria per l’anno in corso. “Sono davvero felice di essermi unito allo straordinario team Rina e di avere l’opportunità di guidarlo in questa fase evolutiva che stiamo vivendo”, afferma Carlo Luzzatto, amministratore delegato e direttore generale. “Sono molto lieto di avere avuto la possibilità di completare l’operazione che ha portato all’entrata di Fondo Italiano d’Investimento nel nostro azionariato”, afferma Ugo Salerno, presidente esecutivo.

 

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Orsini: pronti al confronto con governo e opposizione

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La Confindustria di Emanuele Orsini, da pochi giorni nuovo leader degli industriali, è “pronta a collaborare con tutti”, punta ad aprire subito un confronto, “sia con il governo che con l’opposizione”. Segnala una urgenza per le imprese: “martedì incontrerò il ministro Adolfo Urso. Abbiamo bisogno dei decreti attuativi per ‘transizione 5.0′ immediatamente”. E mette sul tavolo del confronto quattro priorità, i “capitoli centrali” per l’industria: da un fermo no, in vista del voto per le europee, ad una “politica anti-industriale in Europa” al fronte dell’energia “come tema di competitività e di sicurezza nazionale”, puntando anche sul nucleare di nuova generazione. E’ netto, e viene ribadito ancora una volta con forza, il no a norme retroattive: Confindustria porrà al Governo il tema “della certezza del diritto: gli imprenditori hanno bisogno di chiare regole del gioco”. Vale per il superbonus, ma anche guardando avanti: “Il 5.0 sarà tutto su un sottostante di credito di imposta. Se le imprese non i fideranno più, come facciamo?”.

Il quarto punto sul tavolo è il taglio del cuneo fiscale e contributivo “che deve essere salvaguardato anche per difendere la capacità di spesa dei nostri lavoratori”. Orsini ne parla a lungo, tema per tema, intervistato dal direttore del Sole 24 Ore, Fabio Tamburini, all’evento che chiude i quattro intensi giorni del Festival dell’Economia di Trento organizzato dal Gruppo 24 Ore e Trentino Marketing per conto della Provincia autonoma. Intanto il presidente di Confindustria “sta lavorando” per mettere a punto la sua proposta, da presentare presto al governo, per un ‘piano casa a basso costo per la gente che viene a lavorare”. Serve per l’attrattività delle nostre imprese ma anche come elemento di welfare, con il costo degli affitti difficile da sostenere, spiega. Ed è un elemento che si intreccia con il tema dell’immigrazione: “Abbiamo bisogno di una immigrazione controllata”, dice, e serve “integrazione: non possiamo permetterci persone che per cinque anni mandano i soldi nel loro Paese e poi ritornano nel loro Paese”.

Ancora, Orsini tocca il tema dell’intelligenza artificiale da non considerare “solo come negatività” perchè questa narrazione “porterebbe l’Europa ad essere il fanalino di coda lasciando lo spazio agli Stati Uniti”. E c’è il tema della filiera dell’auto: “Mi auguro che l’accordo Stellantis e Paese Italia rimanga e il milione di auto si producano”, e se “riusciamo a far arrivare un secondo operatore che viene a produrre e porta tecnologia ben venga, non se le viene solo ad assemblare”. Per Emanuele Orsini è anche l’occasione per ribadire le ‘tre parole chiave’ con cui intende caratterizzare il suo mandato: “Unità, dialogo identità: “abbiamo utilizzato tre parole nel ricompattare Confindustria. E avere una Confindustria unità – sottolinea – vuol dire una Confindustria forte e vuol dire fare bene per il Paese”. Vuol dire anche, aggiunge, mettere in primo piano la “necessità di ascoltare tutte le imprese, tutti i territori, tutte le categorie: solo così si può fare sintesi, e portare al Governo le esigenze vere. Lo puoi fare solo ascoltando le imprese”. Sono anche “le tre parole usate nel ricompattare Confindustria” dopo il clima difficile delle elezioni per la presidenza.

In sala c’è Edoardo Garrone, il presidente del Sole 24 Ore, che ha deciso di annunciare il suo passo indietro alla vigilia del voto di designazione, lo scorso aprile. Il presidente di Confindustria, dal palco, gli riconosce che è stato un passaggio importante per l’unità del sistema di rappresentanza degli industriali: “Ringrazio Edoardo Garrone che mi ha dato la possibilità di compattare il sistema, di unire la grande macchina di Confindustria”.

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Volano i prezzi della carta igienica, in 3 anni +44%

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Uno dei prodotti più utilizzati, la carta igienica, ha subito in Italia un sensibile rincaro, con i prezzi al dettaglio che, negli ultimi 3 anni, sono saliti in media del +44%. Lo afferma il Centro di formazione e ricerca sui consumi (Crc) che ha elaborato i dati pubblicati sull’osservatorio Mimit, mettendo a confronto i prezzi attuali con quelli in vigore nel 2021. Una confezione da 4 rotoli costava in media in Italia 1,74 euro nel 2021, mentre oggi, per la stessa confezione, si spendono mediamente 2,51 euro, con un aumento esattamente del +44,2%. – afferma il Crc – E’ Bolzano la città dove la carta igienica costa di più, 3,40 il pacco da 4 rotoli, seguita da Grosseto (3,15 euro), Udine (3,06 euro) e Trento (3,03). Sull’altro versante della classifica Siracusa, con un prezzo medio di 1,77 euro, è la provincia più economica d’Italia, seguita da Bari (1,81 euro) e Mantova (1,87 euro). Se si analizza l’andamento dei listini al dettaglio tra il 2021 e il 2024, emerge come i rincari più pesanti si registrino a Grosseto e Ferrara, con una variazione dei prezzi che supera il +89%, +85% a Bolzano, Udine e Livorno.

Le province dove la carta igienica è rincarata di meno nel triennio sono Messina (+14,5%), Bari (+15,3%) e Vercelli (+17,3%). “Si stima che il mercato della carta igienica valga in Italia circa 1,2 miliardi di euro all’anno. – afferma il presidente del comitato scientifico Crc, Furio Truzzi – Un bene talmente indispensabile che, come si ricorderà, durante la pandemia fu uno dei primi a sparire dagli scaffali dei supermercati, con i cittadini che acquistarono ingenti scorte di tale bene. A pesare sui rincari dei prezzi ci sono più fattori: in primis la crisi delle materie prime, con la guerra in Ucraina che ha portato ad un crollo delle importazioni di legno dalla Russia da cui si ottiene la cellulosa indispensabile per produrre la carta igienica, e il conseguente rialzo delle quotazioni internazionali della fibra corta, salite a gennaio del 68% rispetto ai livelli pre-rincari. Ci sono poi i maggiori costi di produzione determinati dal caro-energia”.

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