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Economia

Vivendi fa causa a Tim ma valuta anche la vendita

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Vivendi è pronta alla battaglia finale sulla rete di Tim. Domani il gruppo francese, primo azionista con il 23,7% del capitale, presenterà in tribunale, secondo indiscrezioni attendibili, un ricorso per fermare una cessione bollata come “illegittima” per essere stata deliberata senta consultare i soci in assemblea. L’affondo dei francesi, atteso da tempo, arriva mentre il cda di Tim, riunitosi nel primo pomeriggio, dovrebbe accogliere la richiesta di Kkr di prorogare a fine gennaio la due diligence su Sparkle e avviare i lavori propedeutici alla predisposizione della lista del Cda, iniziando l’aggiornamento del regolamento che ne disciplina la presentazione da parte degli amministratori uscenti.

“Non sono io a decidere”, “gli azionisti faranno le loro valutazioni” ma “nel momento in cui ci fosse la disponibilità” dei soci “mi sento moralmente responsabile” di concludere “un progetto che è stato approvato dal Cda e su cui stiamo andando avanti”, ha detto l’amministratore delegato di Tim, Pietro Labriola, confermando di essere in campo per un nuovo mandato nonostante l’ostracismo di Vivendi. Rinnovo per cui non correrà, invece, il presidente Salvatore Rossi. Quanto al ricorso di Vivendi, che potrebbe contenere anche la richiesta di un provvedimento d’urgenza per congelare in via cautelare la cessione, Labriola non si scompone: “abbiamo fatto tutto quanto secondo la normativa vigente quindi andiamo avanti e vediamo. Quello a cui fare attenzione, su cui invito anche la Consob a fare attenzione è che Tim stranamente è un titolo che subisce fluttuazioni sulla base di indiscrezioni”.

Fluttuazioni che sono proseguite anche oggi, con Tim decollata in Borsa (+5,4% a 0,26 euro) in scia alle attese per un taglio dei tassi nel 2024, di grande impatto per una società fortemente indebitata, a cui si sono aggiunte indiscrezioni, non nuove e riproposte da Bloomberg, sul fatto che i francesi stiano “valutando opzioni” sulla loro quota, inclusa la vendita. Uno scenario accreditato anche dal fatto che le azioni Tim, derubricate a “partecipazione finanziaria”, sono destinate a confluire in una holding di investimento, nell’ambito della riorganizzazione annunciata ieri dalla media company francese.

Il tema vero sarà individuare, oltre ad un acquirente, un prezzo in grado di lenire le ferite dei francesi, che in Tim stanno perdendo più di 2,5 miliardi. “Assolutamente” tranquillo anche il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, che difende l’operazione di cessione che porterà il governo ad affiancare Kkr nella rete. “È un processo già avviato che credo dia garanzia a tutti, soprattutto a chi investe e a chi ha investito in questa importante impresa”. Urso e Labriola sono intervenuti alla presentazione del primo microchip italiano per la cybersicurezza, un microprocessore crittografico messo a punto dalla controllata di Tim, Telsy, in grado di aumentare la sicurezza dei sistemi operativi, dai dispositivi mobili alle smart city, dalle infrastrutture cloud ai sistemi di difesa. “Un vaccino contro l’intrusione, per contrastare il crimine che viene dall’informatica e garantire al nostro Paese autonomia strategica”, lo ha celebrato Urso.

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L’Italia produce ogni giorno 5,8 miliardi di Pil

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Ogni giorno l’Italia produce 5,8 miliardi di euro di Prodotto interno lordo (Pil) che, convenzionalmente, è misurato attraverso la somma dei beni e dei servizi finali generati in un determinato arco temporale. Questi 5,8 miliardi corrispondono a 99 euro giornalieri per ogni cittadino italiano, neonati e ultra centenari compresi.

Lo afferma una ricerca della Cgia di Mestre, ricordando che la definizione ‘interno’ del Pil si riferisce a quello che viene generato sia da imprese nazionali sia da imprese estere presenti nel Paese. Le differenze regionali sono notevoli: se in Trentino Alto Adige il Pil per abitante giornaliero è pari a 146 euro, in Lombardia è di 131,8, in Valle d’Aosta di 130,1, in Emila Romagna di 118,9 e in Veneto di 110,8. Per contro, in Campania il Pil pro capite al giorno è di 63,4 euro, in Sicilia di 60,1 e in Calabria di 57,9.

Dal confronto con gli altri Paesi dell’Unione europea, l’Italia sconta un gap importante, soprattutto nei confronti dei Nord Europa. Se in Lussemburgo la ricchezza giornaliera per abitante è di 336 euro, in Irlanda è di 266, in Danimarca di 179, nei Paesi Bassi di 164, in di Austria 149, in Svezia di 145 e in Belgio di 140. Tra i 27 Paesi dell’Ue, con 99 euro ci collochiamo al 12/o posto.

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Dal redditometro ai 100 euro, i dossier economici aperti

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Il redditometro stoppato in attesa di approfondimenti, la spending review per i comuni in stand by, il rinvio delle nomine nelle partecipate pubbliche. Ma anche l’annosa partita dei balneari e il bonus da 100 euro promesso per il 2025 ma di cui si attende ancora il decreto attuativo. Sono diversi i dossier che la pausa elettorale ha lasciato aperti sul tavolo del governo. Misure su cui si sono consumate anche divergenze all’interno della maggioranza e che ora, una volta digerito l’esito del voto, richiederanno una sintesi e una soluzione.

A partire dal nodo del redditometro, che per qualche giorno ha fatto fibrillare l’esecutivo. Spuntato a sorpresa in un decreto ministeriale firmato dal viceministro dell’economia Maurizio Leo, ha scatenato subito l’alzata di scudi dei partiti del centrodestra contrari ad un ritorno al meccanismo introdotto nel 2015 dal governo Renzi. Immediata la marcia indietro dell’esecutivo, che ha subito sospeso il decreto.

L’atto che blocca il meccanismo, però, non lo abolisce del tutto, ma lo differisce soltanto. La stessa premier, Giorgia Meloni, ha spiegato la necessità di “una ulteriore riflessione per assicurare maggiori garanzie ai contribuenti”. Due le ipotesi su cui si lavorerà, ha spiegato: o superare in toto l’accertamento sintetico oppure lavorare a una norma che circoscriva questo tipo di strumento ai fenomeni di grande evasione. Sospesa per ora anche la spending review per i comuni. La misura, prevista dalla legge di bilancio, è stata inserita in un decreto interministeriale che ripartisce i tagli (250 milioni di euro l’anno dal 2024 al 2028, pari a 1,25 miliardi complessivi, di cui il 50% sulla spesa corrente e il resto in proporzione ai contributi del Pnrr).

I comuni sono subito insorti e le opposizioni hanno alimentato il dibattito evidenziando il rischio di tagli alla spesa sociale. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha però frenato, smentendo i tagli e spiegando che allo stato c’è solo “un mero schema di decreto sottoposto alle valutazioni tecniche del sistema delle autonomie locali”. Sul provvedimento è necessaria l’intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ma il tema non è stato inserito all’ordine del giorno della riunione del 30 maggio. Se ne riparla dunque dopo il voto: la prossima riunione è il 27 giugno.

Altro tema caldo rinviato è quello delle nomine nelle partecipate pubbliche. Il 24 maggio l’assemblea dei soci di Cdp ha approvato bilancio e dividendo, ma ha rinviato al 20 giugno le nomine del nuovo consiglio di amministrazione. E per la partita dei rinnovi si prospetta un’estate calda, visto che oltre alla Cassa, sono in ballo anche altre importanti società da Fs alla Rai, da Anas a Sogei. Sale intanto l’attesa per vedere nero su bianco il decreto legislativo sull’Irpef contenente il bonus da 100 euro (che una volta tassato si ridurrà a circa 80), inizialmente promesso per fine anno, ma poi slittato a gennaio 2025 per mancanza di coperture.

Il provvedimento è stato approvato in consiglio dei ministri alla vigilia della festa del lavoro del 1 maggio, ma a distanza di un mese non è ancora arrivato alle Camere per il parere. Rinviato a dopo le Europee anche il dossier senza fine sui balneari. Partirà infatti dopo il voto dell’8-9 giugno l’iter istruttorio dell’ufficio di presidenza della Camera sulla richiesta di FdI al presidente di Montecitorio Lorenzo Fontana di sollevare presso la Corte costituzionale il conflitto di attribuzione nei confronti del Consiglio di Stato per la sentenza sulle concessioni. Al termine dell’istruttoria l’ufficio di presidenza produrrà un testo che verrà messo in votazione in Aula.

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La giurista Poggi nominata presidente della Fondazione Crt

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La giurista Anna Maria Poggi è la nuova presidente della Fondazione Crt. L’ ha nominata il consiglio di indirizzo che si è riunito oggi al termine del periodo di proroga di quindici giorni concesso dal Ministero dell’Economia e della Finanza.. Fabrizio Palenzona si è dimesso il 23 aprile e il nuovo presidente avrebbe dovuto essere nominato, in base allo Statuto della Fondazione, entro un mese, ma il consiglio ha chiesto un prolungamento dei tempi, così come suggerito dallo stesso Mef e indicato dal collegio sindacale.

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