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Esteri

Trump e Putin a Budapest, schiaffo all’Aja e al diritto internazionale

Il vertice Trump-Putin a Budapest scuote la diplomazia internazionale: tra il mandato della Corte dell’Aja, le sanzioni Ue e il ruolo ambiguo di Viktor Orban, si apre una crisi politica senza precedenti in Europa.

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La scelta di Budapest come sede del prossimo vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin rappresenta molto più di un gesto diplomatico: è un segnale politico dirompente, un ceffone simbolico alla Corte Penale Internazionale dell’Aja e al diritto internazionale, in pieno stile MAGA.
Sul palcoscenico europeo si affaccia, compiaciuto, il premier ungherese Viktor Orban, da anni nel mirino dell’Unione Europea per le violazioni dello Stato di diritto, e ora indirettamente legittimato dalla Casa Bianca.

L’ombra del mandato dell’Aja

Il nodo più delicato resta quello del mandato di arresto spiccato dalla Corte Penale Internazionale contro Putin.
L’Ungheria, nonostante abbia avviato la procedura di recesso dallo Statuto di Roma, resterà giuridicamente vincolata fino a giugno 2026.
Un portavoce della Corte è stato chiaro: Budapest “ha l’obbligo giuridico e la responsabilità” di arrestare Putin se dovesse mettere piede nel Paese.
In sostanza, se il vertice si svolgesse davvero, Orban si troverebbe a dover scegliere tra la lealtà ai trattati internazionali e quella al suo alleato politico.

Le sanzioni e l’imbarazzo dell’Unione Europea

Sul fronte delle sanzioni, Bruxelles precisa che le misure contro Putin si concentrano sul congelamento dei beni e non sui viaggi.
Una posizione che lascia un vuoto normativo e politico, come sottolineato anche durante il caso Lavrov, autorizzato a volare a Malta per l’Osce.
La portavoce della Commissione europea, Anitta Hipper, ha affermato che “non ci sono divieti di viaggio di per sé”, evitando di commentare “scenari ipotetici”.

Le rotte dello Zar Force One

Altro tema spinoso: quali cieli sorvolerà l’aereo presidenziale russo per raggiungere Budapest.
Le opzioni sono tutte complicate: da Kaliningrad, l’aereo dovrebbe attraversare Polonia e Slovacchia, oppure partire dalla Bielorussia passando su territori Ue o Nato.
L’alternativa via Turchia lo costringerebbe comunque a transitare per Romania o Bulgaria, o a virare verso i Balcani, attraversando Paesi che hanno firmato lo Statuto di Roma.
Una mossa ad alto rischio: qualsiasi tentativo di bloccare l’aereo di Putin verrebbe interpretato da Mosca come un atto ostile.

Orban, l’ospite scomodo

In questa partita di scacchi geopolitica, Viktor Orban si ritrova a fare il re dei neutrali, pronto a capitalizzare il vertice come strumento di prestigio personale.
Ma l’immagine di Budapest come nuova Ginevra del dialogo tra le superpotenze rischia di trasformarsi in un boomerang per l’Europa, che vede messo in discussione il principio di legalità internazionale su cui si fonda l’Unione stessa.

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Esteri

Israele avverte Hamas: “Deve disarmare senza se e senza ma”

L’ufficio del premier israeliano Benyamin Netanyahu avverte Hamas: deve disarmare “senza se e senza ma” e rispettare il piano in 20 punti. Cresce la tensione dopo le dichiarazioni di Mohammed Nazzal.

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«Hamas deve disarmare, senza se e senza ma».
È il monito arrivato dall’ufficio del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, in una dichiarazione diffusa alla Reuters, dopo le recenti affermazioni di Mohammed Nazzal, dirigente del movimento islamista palestinese.

Israele accusa Hamas di non aver rispettato gli impegni previsti dalla fase 1 dell’accordo: «Hamas avrebbe dovuto rilasciare tutti gli ostaggi. Non l’ha fatto. Sa dove si trovano i corpi dei nostri prigionieri», si legge nella nota.

Il governo israeliano ribadisce inoltre che il movimento deve «aderire pienamente al piano in 20 punti» elaborato nell’ambito dei negoziati mediati dagli Stati Uniti e da altri attori internazionali. «Il tempo sta per scadere», avverte Gerusalemme.


Nazzal: “Non ci disarmeremo”

Le parole dure di Israele arrivano in risposta all’intervista rilasciata da Mohammed Nazzal, nella quale il dirigente di Hamas ha dichiarato che il movimento non intende disarmarsi e che continuerà a essere presente nella Striscia di Gaza, almeno in via transitoria.

Sulla questione della restituzione dei corpi degli ostaggi deceduti, Nazzal ha ammesso che esistono “difficoltà oggettive” nel reperirli, senza fornire ulteriori dettagli.


Cresce la tensione nei negoziati

Il nuovo scambio di accuse arriva in una fase delicata dei negoziati per la stabilizzazione della Striscia di Gaza.
Israele insiste sulla smilitarizzazione completa di Hamas come condizione imprescindibile per qualsiasi accordo politico o umanitario, mentre il movimento islamista cerca di mantenere un ruolo politico nel territorio, anche dopo il cessate il fuoco.

La posizione di Netanyahu si fa sempre più rigida, nel tentativo di consolidare l’unità interna del governo israeliano e di mostrare fermezza di fronte alla comunità internazionale.

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Il Wall Street Journal spinge Trump: “Dia i missili Tomahawk all’Ucraina”

Il Wall Street Journal invita Donald Trump a fornire i missili Tomahawk all’Ucraina, sostenendo che non vi sarebbe rischio di escalation con la Russia e che l’arma potrebbe accelerare la pace.

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«Diamo i Tomahawks all’Ucraina, Mr President». È l’esortazione che arriva dal board editoriale del Wall Street Journal, che in un editoriale chiede al presidente Donald Trump di fornire a Kiev i missili da crociera a lungo raggio.
Secondo il quotidiano economico americano, la riluttanza della Casa Bianca a soddisfare la richiesta del governo ucraino sarebbe legata a due principali preoccupazioni: il rischio di escalation con la Russia e la gestione delle scorte militari statunitensi.


“Nessuna escalation, Putin colpisce da anni”

Nell’editoriale si sottolinea come la prima obiezione, quella del possibile scontro diretto con una potenza nucleare, non regga più:
«Vladimir Putin lancia missili da crociera e balistici contro l’Ucraina da anni, e non c’è nulla di escalation nel rispondere», scrive il giornale, sostenendo che la difesa e il contrattacco ucraino rientrano nella legittima autodifesacontro un’aggressione ormai prolungata.


“I Tomahawk servono per la pace”

Il Wall Street Journal ricorda inoltre che lo stesso Trump, la scorsa estate, aveva dichiarato che l’Ucraina “doveva passare all’attacco” per uscire dallo stallo militare.
Secondo il board, l’invio dei missili Tomahawk — in grado di colpire con precisione obiettivi strategici a grande distanza — potrebbe accelerare la fine del conflitto.

«I Tomahawk possono aiutare l’Ucraina a farlo, e questo porterà a una pace più rapida», conclude l’editoriale, invitando Trump a compiere quella che definisce “una scelta di forza e di realismo” nel confronto con Mosca.

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Esteri

Mosca: “Distrutti 41 droni ucraini nella notte, sei abbattuti sul Mar Nero”

Il Ministero della Difesa russo annuncia l’abbattimento di 41 droni ucraini in diverse regioni del Paese, inclusi sei sul Mar Nero. L’attacco è avvenuto durante la notte, secondo quanto riferito dall’agenzia Tass.

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La Russia ha dichiarato di aver distrutto 41 droni ucraini nel corso della notte in diverse aree del Paese, comprese alcune regioni affacciate sul Mar Nero.
Lo ha riferito il Ministero della Difesa russo, citato dall’agenzia di stampa Tass, sottolineando che i sistemi di difesa aerea erano in stato di massima allerta.

«Nella scorsa notte – ha dichiarato il Ministero – i sistemi di difesa aerea hanno distrutto 41 droni ucraini», specificando la distribuzione degli abbattimenti nelle varie regioni.


Le regioni colpite

Secondo la nota, 12 droni sarebbero stati intercettati nella regione di Bryansk, cinque rispettivamente nella regione di Kaluga e nella Repubblica del Bashkortostan, tre nella regione di Mosca, due ciascuno nelle regioni di Belgorod e Oryol, e uno ciascuno nelle aree di Volgograd, Kursk, Ryazan, Tambov, Tula e Samara.

Il ministero ha inoltre confermato che sei droni sono stati distrutti sul Mar Nero, dove la difesa aerea russa è particolarmente attiva per proteggere rotte navali e infrastrutture strategiche.


Aumentano gli attacchi con droni

L’episodio si inserisce nella serie di attacchi con droni ucraini che, da settimane, interessano il territorio russo, in particolare le regioni di confine e le infrastrutture energetiche.
Mosca accusa Kiev di intensificare le operazioni oltre confine, mentre le autorità ucraine non confermano né smentiscono queste azioni, coerentemente con la loro strategia di ambiguità operativa.

La guerra dei droni continua dunque a essere uno dei fronti più attivi e imprevedibili del conflitto russo-ucraino, con attacchi mirati e risposte sempre più sofisticate da parte dei sistemi di difesa russi.

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