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Politica

Strasburgo salva Ilaria Salis per un solo voto: scontro nel centrodestra italiano e Ppe spaccato sul caso ungherese

Con un solo voto di scarto il Parlamento europeo salva Ilaria Salis dall’estradizione in Ungheria. Il Ppe si divide, Orban attacca Bruxelles, Salvini e Tajani litigano in Italia. Schlein: “Ha vinto lo stato di diritto”.

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Finale al cardiopalma a Strasburgo. Con 306 sì e 305 no, la Plenaria del Parlamento europeo ha approvato l’immunità per Ilaria Salis, salvandola dal ritorno nelle carceri ungheresi.
Alle 12.20 l’ex docente milanese, eletta con Avs, si è alzata con il pugno chiuso, tra applausi, abbracci e baci dei colleghi.
Questo voto è una vittoria per la democrazia, lo stato di diritto e l’antifascismo. La resistenza funziona: siamo tutti antifascisti”, ha dichiarato commossa.

A festeggiarla in aula anche Mimmo Lucano, che le ha portato un mazzo di fiori.


Orban furioso: “Bruxelles protegge i suoi membri”

Durissimo il commento del premier ungherese Viktor Orban, che sui social ha accusato Bruxelles di “proteggere i propri membri”, paragonando il caso Salis a quello del suo rivale politico Peter Magyar, anch’egli salvato dal processo.
Ai burocrati di Bruxelles piace dare lezioni, ma i pezzi del loro puzzle dello stato di diritto non combaciano”, ha ironizzato Orban, definendo Salis “membro di un gruppo terroristico”.


La frattura nel Ppe: franchi tiratori e voto segreto

Dietro il verdetto si nasconde una profonda spaccatura nel Partito Popolare Europeo, che ha trasformato il voto in un campo minato politico.
Se tutti i 188 eurodeputati popolari avessero votato con i conservatori di Ecr, Esn e Patrioti, la revoca dell’immunità sarebbe passata senza difficoltà.
Invece, complice il voto segreto, almeno 70 franchi tiratori hanno ribaltato l’esito.

La spaccatura era nell’aria, nonostante in mattinata il capogruppo Manfred Weber avesse garantito la compattezza del Ppe:
Siamo per le regole, non bisogna politicizzare la questione. I nostri consulenti legali ci hanno detto che l’immunità andava revocata”, aveva dichiarato.

Ma all’atto pratico, tra 100 assenti e 17 astenuti, l’unità si è dissolta. Secondo le prime ricostruzioni, i franchi tiratori sarebbero arrivati dalla delegazione tedesca, polacca e romena, da sempre in rotta di collisione con Orban.

A rafforzare il giallo, la denuncia dell’eurodeputato ceco Tomáš Zdechovskì, secondo cui un “guasto alla pulsantiera” del tedesco Markus Ferber (Cdu) avrebbe falsato il voto. “Ho chiesto di ripetere la votazione ma la presidente Metsola non ha voluto”, ha spiegato.


In Italia esplode lo scontro Salvini–Tajani

La tensione è esplosa anche in Italia.
Dieci minuti dopo il voto, Matteo Salvini ha attaccato duramente:
Col trucchetto del voto segreto anche qualcuno che si dice di centrodestra ha votato per salvare la signora Salis dal processo. Vergogna!”.

Il riferimento a Forza Italia è apparso chiaro, e non si è fatta attendere la replica del leader azzurro Antonio Tajani:
Le calunnie e gli insulti non li accettiamo. Nessuno tradisce. Abbiamo dato indicazioni chiare e siamo stati coerenti. Poi a scrutinio segreto votano oltre 700 parlamentari…”.

Dagli ambienti azzurri si sottolinea che il partito ha sempre difeso il principio del garantismo, ma respinge qualsiasi accusa di slealtà.


Schlein: “Ha vinto lo stato di diritto”

La segretaria del Pd, Elly Schlein, ha invece esultato per il risultato:
Sono felice che abbiano prevalso i principi dello stato di diritto. In Ungheria Salis non avrebbe avuto un processo giusto. E se diversi deputati popolari o di Forza Italia hanno votato a favore, significa che non tutti accettano la propaganda autocratica di Orban”.


FdI attacca: “Violenza politica legittimata”

Da Fratelli d’Italia il tono è opposto. Il co-presidente dei Conservatori europei Nicola Procaccini accusa la sinistra di “aver legittimato la violenza politica”:
Oggi il Parlamento europeo ha invaso il campo della giustizia. Budapest è accusata di violare il diritto, ma è l’Ue ad averlo violato”.

Anche il capo delegazione Carlo Fidanza ha criticato l’esito: “Si è votato in base alle appartenenze politiche, non al diritto”.


Il verdetto che divide l’Europa

Il voto di Strasburgo salva Ilaria Salis e insieme divide il cuore politico dell’Europa.
Da un lato, chi parla di vittoria dello stato di diritto e della libertà individuale.
Dall’altro, chi denuncia un cedimento alla sinistra radicale e una “ferita all’equilibrio dei poteri” tra giustizia e politica.

Quel che è certo è che il nome di Ilaria Salis, già simbolo di un braccio di ferro tra Roma e Budapest, da oggi pesa ancora di più sul fragile equilibrio dell’Unione.

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Politica

Le correnti pro-Schlein del Pd si ritrovano a Montepulciano: nasce il laboratorio “Costruire l’alternativa”

Le aree del Pd più vicine a Elly Schlein — Dems, AreaDem ed ex Articolo Uno — si riuniscono a Montepulciano dal 28 al 30 novembre per il seminario “Costruire l’alternativa”. Tra i temi: leadership, coalizione e prospettive verso le politiche 2027.

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Dal 28 al 30 novembre, Montepulciano diventerà il centro politico del Partito Democratico. Le aree più vicine alla segretaria Elly SchleinDems di Andrea Orlando, AreaDem di Dario Franceschini e gli ex Articolo Uno guidati da Roberto Speranza — si ritroveranno per il seminario “Costruire l’alternativa”, una tre giorni dedicata a riflettere sul futuro del partito e sulla costruzione di una coalizione in vista delle elezioni politiche del 2027.


Nessuna nuova corrente, ma un confronto di idee

I promotori assicurano che non nascerà un “correntone” unitario: “La differenza delle esperienze politiche non va rimossa”, spiegano, sottolineando che la pluralità dei contributi rappresenta una ricchezza per il Pd.
L’obiettivo non è dunque la fusione, ma la convergenza sui temi programmatici e sull’idea di un partito più coeso, capace di governare l’alternanza e presentarsi come forza di governo credibile.


Atteso l’intervento di Elly Schlein

Alla riunione è atteso un intervento della segretaria Elly Schlein, che troverà riunite le forze che l’hanno sostenuta sin dal congresso e quelle che nel tempo hanno aderito al suo percorso politico.
Il confronto servirà a definire strategie comuni, ma anche a consolidare la leadership di Schlein, in un momento in cui la segretaria deve fronteggiare la vivace dialettica interna del partito.


Un contraltare alla minoranza interna

L’iniziativa arriva mentre la minoranza del Pd si riorganizza tra due poli: Energia Popolare di Stefano Bonaccini e il gruppo dei riformisti — tra cui Lorenzo Guerini, Pina Picierno, Filippo Sensi, Giorgio Gori, Graziano Delrio e Marianna Madia — che si sono distaccati dall’area bonacciniana.
Il seminario di Montepulciano sarà quindi anche un segnale politico per riaffermare la centralità della segretaria e del gruppo dirigente che ha rilanciato il Pd dopo le elezioni politiche, ricompattando una coalizione che allora appariva divisa e frammentata.


Apertura alla società civile, sindacati e imprese

L’invito alla partecipazione è aperto anche a personalità esterne al Pd. Gli organizzatori intendono coinvolgere sindacati, imprese, intellettuali e rappresentanti del mondo culturale ed economico, per costruire un dialogo tra politica e società.

“Nei tre giorni a Montepulciano — spiegano — abbiamo l’ambizione di dare contenuti e forma alla sfida per il governo del Paese. Non discuteremo solo tra di noi, ma vogliamo collegare la nostra riflessione con ciò che si muove nella società e nell’economia”.

Il seminario “Costruire l’alternativa” si propone così come un laboratorio politico e culturale, destinato a tracciare la rotta del nuovo Pd di Elly Schlein verso la sfida del 2027.

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Politica

Crisi del cinema, Giuli convoca d’urgenza le associazioni: “Serve una soluzione immediata per il Fondo cinema”

Il ministro della Cultura Alessandro Giuli convoca d’urgenza le associazioni del cinema dopo lo stop della Ragioneria allo stanziamento di 100 milioni per il Fondo cinema 2026. Produttori in allarme: rischio paralisi del settore.

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Una riunione d’urgenza al Ministero della Cultura per affrontare la crisi che minaccia il settore cinematografico italiano. Il ministro Alessandro Giuli ha convocato le principali associazioni del mondo del cinema e dell’audiovisivo, cancellando la prevista trasferta a Napoli, dopo lo stop imposto dalla Ragioneria dello Stato al suo piano di rifinanziamento del Fondo cinema 2026 con 100 milioni di euro aggiuntivi.

Al tavolo erano presenti anche la sottosegretaria Lucia Borgonzoni e il direttore generale Cinema Giorgio Brugnoni. Secondo quanto riferito, non sono emerse soluzioni immediate, ma il ministro avrebbe garantito “l’impegno a trovare una via d’uscita in tempi rapidi”, sottolineando che “le sorti del settore stanno a cuore non solo al Mic ma anche agli altri organi del governo”.


Produttori in allarme: rischio paralisi nel 2025

I rappresentanti del comparto, da Anica ad Apa fino a Cna Cinema e Audiovisivo, hanno lanciato l’allarme: senza interventi urgenti, il rischio è quello di una paralisi del settore già nel primo trimestre del 2025.

La Ragioneria ha respinto la proposta del Mic di utilizzare le somme non assegnate tra il 2022 e il 2024 provenienti dai cosiddetti contributi automatici, risorse che le imprese del settore hanno già contabilizzato nei propri bilanci. L’ipotesi, dunque, è stata accantonata e una strada alternativa non è ancora stata trovata.

In una nota congiunta, le associazioni di categoria hanno espresso “grande preoccupazione” ma anche “apprezzamento per lo sforzo del Ministro, del Sottosegretario e del Direttore generale”, che si sono detti al lavoro “per garantire il recupero delle risorse del Fondo cinema e audiovisivo”.


La linea del governo: ripartire dal tax credit

Oltre al rifinanziamento del Fondo, il governo si è impegnato a riavviare il flusso del tax credit, bloccato da mesi a seguito dei controlli introdotti dopo lo scandalo Kaufmann. La riorganizzazione del settore, culminata con le dimissioni di Nicola Borrelli e la nomina di Giorgio Carlo Brugnoni alla direzione generale cinema, ha rallentato l’erogazione dei fondi e generato ulteriori difficoltà per produttori e maestranze.


Le opposizioni: “Serve una correzione nella manovra”

Dal Partito Democratico arriva un attacco diretto al governo. “L’unica soluzione è eliminare il taglio previsto nella legge di bilancio – afferma il deputato Matteo Orfini –. La responsabilità politica non può essere nascosta dietro algoritmi o questioni tecniche. Giuli deve chiamare il ministro Giorgetti e pretendere una correzione alla manovra”.

Anche il Movimento 5 Stelle, con il deputato Gaetano Amato, critica duramente l’impostazione del confronto: “Al tavolo erano assenti gli attori e le maestranze, le stesse che da anni pagano la confusione e la crisi del settore. Invece siedono sempre le stesse associazioni che beneficiano dei fondi del tax credit”.


Il nodo politico e la corsa contro il tempo

Il caso del Fondo cinema è diventato uno dei dossier più urgenti per il Mic. La manovra di bilancio ha infatti ridotto drasticamente le risorse destinate al comparto, mettendo in difficoltà non solo le produzioni ma anche la rete di imprese e professionisti che orbitano attorno al settore audiovisivo.

Il ministro Giuli ha assicurato che “entro breve” sarà individuata una soluzione strutturale, ma senza un intervento concreto nei prossimi mesi il cinema italiano rischia una crisi di liquidità senza precedenti, con ripercussioni sull’intera filiera culturale.

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Politica

Manovra, la Lega alza la posta: rottamazione allargata, ritocchi su pensioni e affitti brevi

La Lega rilancia sulla manovra chiedendo l’estensione della rottamazione e modifiche su pensioni e affitti brevi. Salvini e Borghi alzano il tiro, mentre Meloni e Giorgetti difendono la linea della prudenza sui conti.

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La Lega torna all’attacco sulla manovra economica. Dopo giorni di confronto interno alla maggioranza, il partito di Matteo Salvini chiede una rottamazione allargata anche a chi ha un accertamento in corso, oltre a nuovi ritocchi su pensioni e affitti brevi.

Non solo: il senatore Claudio Borghi, relatore della manovra per il Carroccio, rilancia un’idea destinata a far discutere, proponendo — tramite emendamento — di vendere agli altri Paesi le quote italiane del Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità, “per procurare 15 miliardi con cui abbassare le tasse”.

Una provocazione che ha subito scatenato la reazione dell’opposizione, che ha definito la proposta “uno scandalo”, così come l’ipotesi avanzata dallo stesso Borghi di eliminare le pensioni di reversibilità per le unioni civili.


Meloni e Giorgetti difendono la linea della prudenza

Mentre la Lega spinge per ampliare le misure fiscali, la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ribadiscono la necessità di mantenere la barra ferma sui conti pubblici.

“Serve coraggio a dire che la nostra è una manovra per ricchi”, ha dichiarato Meloni da Bari, rispondendo alle critiche delle opposizioni. Sulla stessa linea anche Antonio Tajani, che ha replicato: “Non ci vengano a dire che non aiutiamo i più deboli”.


Rottamazione e coperture: il nodo delle risorse

Con l’avvicinarsi della scadenza per gli emendamenti di venerdì prossimo, il governo punta a evitare l’assalto alla diligenza, con pochi ritocchi mirati e coperti.

Il sottosegretario al Tesoro Federico Freni, anche lui leghista, apre uno spiraglio: “A saldi invariati, mantenendo l’equilibrio di bilancio, tutte le istanze politiche sono legittime se condivise dalla maggioranza”.

Sul fronte “pace fiscale”, la Lega insiste: “Stiamo lavorando per allargare la platea anche a chi ha accertamenti in corso”, ha spiegato Salvini, aggiungendo che sul fronte pensioni “ci sono margini” e che il sottosegretario Durigon “sta lavorando in quella direzione”.


Le altre modifiche sul tavolo

Tra i ritocchi più probabili, oltre agli affitti brevi, si valuta uno sblocco dei crediti d’imposta per le Pmi e l’introduzione di misure sugli utili e sui dividendi, per evitare doppie tassazioni.

Un’altra modifica di rilievo, sostenuta dagli industriali e accolta con apertura da Giorgetti, riguarda la possibilità di rendere strutturale l’iper-ammortamento per incentivare gli investimenti.


Le posizioni dei partiti della maggioranza

Forza Italia ha fissato per mercoledì la dead line per la presentazione delle proposte, che saranno poi selezionate a livello politico. “No a tasse sulla casa e a doppie tassazioni sui dividendi – ha ribadito Tajani – ma sì ad aumenti per le forze dell’ordine e incentivi per gli affitti lunghi”.

Noi Moderati, dal canto suo, punta su detassazione dei libri scolastici anche per le superiori e incentivi per gli affitti a lungo termine.

In Fratelli d’Italia, la capogruppo in commissione Bilancio alla Camera Ylenja Lucaselli ha spiegato che le priorità saranno due: “migliorare la norma sui dividendi, per attrarre investimenti in Italia, e intervenire sul tema degli immobili, una vera priorità per gli italiani”.


La manovra, dunque, entra nel vivo del confronto parlamentare con una maggioranza compatta sul principio della prudenza ma divisa nei dettagli su misure fiscali, rottamazione e incentivi. I prossimi giorni diranno quanto spazio di manovra politico e finanziario resterà realmente per gli emendamenti del Carroccio.

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