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Musica

È morto Ace Frehley, storico chitarrista e fondatore dei Kiss

È morto a 74 anni Ace Frehley, leggendario chitarrista e fondatore dei Kiss. La famiglia: “Siamo devastati, ma grati di averlo circondato con amore nei suoi ultimi momenti”.

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È morto Ace Frehley, chitarrista e fondatore dei Kiss, una delle band più iconiche della storia del rock. Aveva 74 anni. La notizia è stata confermata dai media americani, che citano una dichiarazione ufficiale della famiglia del musicista.

Siamo completamente devastati. Nei suoi ultimi momenti siamo stati abbastanza fortunati da circondarlo con amore e preghiere. Conserviamo i ricordi più belli di lui”, si legge nel comunicato diffuso dai familiari.

Il genio della chitarra che inventò lo “Space Ace”

Ace Frehley, all’anagrafe Paul Daniel Frehley, era nato nel 1951 nel Bronx, a New York. È stato tra i fondatori dei Kiss nel 1973 insieme a Gene Simmons, Paul Stanley e Peter Criss.
Con il suo look futuristico e il trucco argentato da “Spaceman”, Frehley contribuì a creare l’estetica inconfondibile della band, simbolo del rock americano degli anni Settanta e Ottanta.

Virtuoso della chitarra e autore di alcuni dei riff più celebri del gruppo, Ace firmò brani storici come “Shock Me”, “Cold Gin” e “Rocket Ride”, diventando una vera leggenda per intere generazioni di musicisti.

L’eredità di una leggenda del rock

Dopo aver lasciato i Kiss alla fine degli anni Ottanta, Frehley intraprese una carriera solista di successo, continuando a suonare e a pubblicare album che hanno mantenuto viva la sua impronta nel panorama rock internazionale.

Il suo stile, una combinazione di energia, tecnica e teatralità, ha influenzato decine di chitarristi in tutto il mondo.
Oggi il mondo della musica perde una delle sue figure più carismatiche e riconoscibili, l’uomo che, con il suo suono graffiante e il suo personaggio spaziale, ha contribuito a definire l’immaginario del rock moderno.

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Musica

Radiohead, ritorno da brividi a Bologna: due ore di magia e 25 brani per il pubblico dell’Unipol Arena

Dopo otto anni di attesa i Radiohead tornano in Italia con un concerto epico all’Unipol Arena di Bologna: due ore di musica, 25 brani e un pubblico in delirio per Thom Yorke e compagni.

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L’attesa è finita. Dopo otto anni di silenzio dai palchi italiani, i Radiohead sono tornati con un concerto memorabile all’Unipol Arena di Bologna, il primo dei quattro appuntamenti italiani del tour 2025.
Appena le luci si abbassano e risuonano le prime note di “Planet Telex”, l’atmosfera si accende: il boato dei 15.000 fanrompe la tensione accumulata in anni di assenza.

Tom Yorke, Jonny Greenwood e gli altri membri della band di Oxford si muovono su un palco circolare, al centro del parterre, circondato da dodici schermi verticali che alternano colori, immagini e riflessi sonori.


Un viaggio tra potenza e malinconia

L’apertura con “Planet Telex” segna subito il tono del concerto, seguita da “2+2=5” e “Sit Down, Stand Up”, in un crescendo di energia che fa letteralmente vibrare l’arena.
Yorke, in stato di grazia, alterna momenti di pura intensità a gesti di connessione con il pubblico.

Dopo i brani più potenti arriva “Bloom”, seguita da una versione emozionante di “Lucky”, accolta da un coro collettivo. Da lì in poi è un susseguirsi di capolavori: “The Gloaming”, “There There”, “Ful Stop”, “Videotape”, “Arpeggi”, “Everything in Its Right Place”.

Il suono è perfetto, l’atmosfera elettrica. La voce di Yorke fluttua leggera sulle chitarre di Greenwood e i synth di Ed O’Brien, mentre Chris Vatalaro, nuovo alla batteria al posto di Clive Deamer, tiene il ritmo con precisione chirurgica.


Il momento più intenso: “No Surprises” e “Karma Police”

A metà concerto, le prime note di “No Surprises” scatenano un’emozione collettiva. Tutta l’arena canta, Yorke sorride e ringrazia con un semplice ma sentito “grazie”.
Da “In Rainbows” arrivano “Videotape” e “Arpeggi”, mentre “15 Step” e “The National Anthem” riportano il ritmo incalzante.

La prima parte del live si chiude con un trittico perfetto: “Subterranean Homesick Alien”, “Bodysnatchers” e “Idioteque”, 90 minuti di musica senza tregua.

Poi i bis: “Fake Plastic Trees”, “Let Down” e una versione epica di “Paranoid Android”, accolta da un boato. L’acustica “You and Whose Army” e la rarissima “Wolf at the Door” portano il concerto verso il finale.

Con “Just” i Radiohead chiudono il cerchio, ma il gran finale è affidato a “Karma Police”, fusa in un unico, lunghissimo coro dei fan che accompagna la band fino all’ultimo istante.


Due ore di musica, emozioni e perfezione

Due ore abbondanti, 25 brani, pochi discorsi ma tanta musica. I Radiohead tornano a dimostrare di essere l’ultima grande band capace di unire arte, tecnica e sentimento.
Domani si replica, sempre all’Unipol Arena: altri 15.000 fortunati vivranno un nuovo viaggio sonoro con Thom Yorke e i suoi, che hanno riportato Bologna — e l’Italia — al centro della scena mondiale del rock alternativo.

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All’asta cimeli dei Rolling Stones: la chitarra di Brian Jones vale fino a 400mila dollari

All’asta 185 cimeli dei Rolling Stones, tra cui la chitarra di Brian Jones. La vendita, in programma il 4 dicembre a Dallas, potrebbe superare 1,3 milioni di dollari.

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Poster, abiti di scena, biglietti e strumenti musicali: circa 185 cimeli dei Rolling Stones andranno all’asta il prossimo 4 dicembre a Dallas, in una vendita che promette di diventare un evento per i fan del rock.

La casa d’aste Heritage Auctions ha intitolato l’iniziativa “Satisfaction: i tesori dei Rolling Stones dalla collezione Ali Zayeri”, dal nome del collezionista che per anni ha custodito i rari oggetti legati alla band britannica.


Una chitarra leggendaria in cima all’asta

A guidare la vendita sarà la chitarra elettrica Harmony Stratotone appartenuta a Brian Jones, il defunto cofondatore del gruppo, stimata tra 200.000 e 400.000 dollari.
Jones, scomparso nel 1969, fu tra i fondatori del sound originale dei Rolling Stones, e la sua chitarra rappresenta oggi uno dei simboli più iconici della storia del rock.


Tesori di una carriera irripetibile

Oltre alla chitarra, l’asta includerà poster originali dei tour, abiti di scena e biglietti d’epoca, con una stima complessiva di oltre 1,3 milioni di dollari.
Un’occasione unica per collezionisti e appassionati di musica di mettere le mani su pezzi che raccontano sessant’anni di leggenda dei Rolling Stones, tra palco, moda e rivoluzione culturale.

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Salt-N-Pepa infiammano la Rock & Roll Hall of Fame, tra tributi e grandi assenti

Alla cerimonia della Rock & Roll Hall of Fame di Los Angeles, Salt-N-Pepa conquistano il pubblico con “Push It”. Tributi a Sly Stone e Warren Zevon, ma niente reunion per Outkast e White Stripes.

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Alla Rock & Roll Hall of Fame di Los Angeles, le Salt-N-Pepa hanno scatenato il pubblico con una travolgente versione di “Push It”.
Cheryl “Salt” James, Sandra “Pepa” Denton e DJ Spinderella – prima donna DJ a entrare nella Hall – hanno ricevuto il musical influence award, celebrando le donne nella musica e ricordando la loro battaglia per riottenere i diritti sui master dei loro brani.

“Questo è per ogni donna a cui è stato detto che non poteva prendere un microfono”, ha detto Cheryl James, accolta da una standing ovation.

Il trio ha poi eseguito un medley dei suoi successi: “Shoop”, “Let’s Talk About Sex” e “What a Man”, insieme alle En Vogue, prima di chiudere con “Push It” in un’esplosione di energia.


Outkast emoziona, ma senza reunion

Molti fan speravano nella reunion degli Outkast, ma Andre 3000 e Big Boi si sono limitati a salire insieme sul palco per ricevere l’onore dell’induzione.
Andre ha commosso il pubblico con un discorso improvvisato e pieno di ricordi:

“Le grandi cose nascono in stanze piccole,” ha detto tra le lacrime, ricordando i primi anni ad Atlanta.

Big Boi, invece, ha offerto uno show spettacolare con Tyler, the Creator, JID, Killer Mike, Janelle Monáe e Doja Cat, che hanno ripercorso i successi del duo, da “Hey Ya” a “Ms. Jackson”.


White Stripes, tributo senza reunion

Neanche i White Stripes si sono riuniti, ma la loro assenza è stata compensata da performance memorabili.
I Twenty One Pilots hanno scosso la sala con “Seven Nation Army”, mentre Olivia Rodrigo e Feist hanno eseguito “We’re Gonna Be Friends” in una versione acustica tra il pubblico.
Iggy Pop, che li ha introdotti, ha ricordato il primo incontro con Jack e Meg White:

“Ragazzi adorabili, si capiva che avrebbero fatto strada. E lo hanno fatto.”

Jack White, commosso, ha dedicato il suo discorso all’ex moglie e partner musicale Meg, definendo la loro collaborazione “la cosa più bella che un artista possa vivere”.


Tributi a Sly Stone, Bad Company e Warren Zevon

La cerimonia si è aperta con un tributo a Sly Stone, guidato da Stevie Wonder insieme a Beck, Maxwell, Questlove e Jennifer Hudson, che ha interpretato un’intensa “Higher”.

Mick Fleetwood ha poi introdotto i Bad Company, definendoli “leggende del rock classico”. Il batterista Simon Kirke, unico membro presente, ha suonato insieme a Nancy Wilson, Joe Perry e Bryan Adams, che ha cantato “Can’t Get Enough”.

Momento di grande emozione con David Letterman, che ha introdotto Warren Zevon, ricordando l’amicizia che li legava e la sua ultima apparizione televisiva.

“Warren Zevon è nel mio Rock & Roll Hall of Fame personale,” ha detto Letterman tra le lacrime.

I Killers hanno chiuso il tributo con una versione appassionata di “Lawyers, Guns and Money”.


La serata, trasmessa in diretta su Disney+ e prossimamente su ABC, ha confermato ancora una volta lo spirito immortale del rock e la sua capacità di unire generazioni, suoni e storie diverse sotto un’unica, grande musica.

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