Collegati con noi

Cronache

Palermo sotto assedio: dopo l’omicidio di Paolo Taormina esplode il caso sicurezza

Dopo l’omicidio di Paolo Taormina riesplode a Palermo l’emergenza sicurezza. Lagalla contestato davanti al pub della vittima. Città scossa da violenze, risse e sparatorie. Cgil e politica chiedono l’intervento del governo.

Pubblicato

del

L’omicidio di Paolo Taormina, il giovane di 21 anni ucciso davanti al locale di famiglia nel cuore della movida, ha riportato Palermo al centro dell’allarme sicurezza. Una città che sembra ormai vivere in uno stato di assedio permanente, con bande di giovanissimi che si scontrano per il controllo di furti, rapine e spaccio di droga.

Dopo l’ennesimo delitto, crescono le voci che invocano misure drastiche: Confartigianato e i capigruppo in consiglio comunale di Dc e Lavoriamo per Palermo chiedono la presenza dell’Esercito nelle strade.

Lagalla contestato davanti al locale della vittima

Il sindaco Roberto Lagalla si è recato questa mattina davanti al pub “O Scrusciu”, il locale che Paolo gestiva con la sorella Sofia, ma è stato contestato da alcuni cittadini.
«Le soluzioni possono essere restrittive, come le zone rosse, ma resta un margine di imprevedibilità – ha detto Lagalla –. Non si può militarizzare la città. Serve un processo di riqualificazione sociale ed educativa, ma la strada non è immediata né facile».

Il primo cittadino ha annunciato che riporterà la questione sicurezza al Ministero dell’Interno, chiedendo un piano straordinario per Palermo.

Una lunga scia di sangue

L’omicidio di Taormina si aggiunge a una catena di violenze che scuote Palermo da mesi.
Il 15 settembre è stato ucciso il magazziniere di farmacia Stefano Gaglio, il 30 settembre due sparatorie in quartieri limitrofi hanno ferito una donna.
Sei mesi fa a Monreale tre ragazzi sono stati assassinati da coetanei dello Zen, e meno di un anno fa un altro giovane è stato ucciso in discoteca.
A questi episodi si aggiungono risse ogni weekend, turisti aggrediti, buttafuori accoltellati e minorenni armati che girano indisturbati.

Le parole dell’arcivescovo Lorefice

Anche la Chiesa aveva già lanciato l’allarme. Nel suo discorso per il Festino di Santa Rosalia, l’arcivescovo Corrado Lorefice aveva denunciato:
«Palermo è tormentata. La violenza dilaga di giorno e di notte, colpisce le attività commerciali, le case e le piazze. Una violenza che diventa valore per tanti giovani senza futuro».

Le reazioni politiche e sindacali

Per il presidente della Commissione Antimafia regionale, Antonello Cracolici, «ci sono troppe armi in circolazione tra giovani e giovanissimi». Ha annunciato che convocerà la commissione allo Zen, invitando il quartiere a reagire.

La deputata Elisabetta Piccolotti (Avs) ha chiesto al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di «mettere subito in campo azioni straordinarie contro la diffusione illegale di armi».

Durissima la Cgil Palermo. Il segretario Mario Ridulfo ha attaccato: «Il ministro, il prefetto e il sindaco ci parleranno ancora di statistiche e percezioni?».

Calenda: “Palermo è il Far West”

Il leader di Azione, Carlo Calenda, parla di una città fuori controllo:
«Palermo è ormai il Far West. Anche la scorsa settimana spari nel centro, oggi un ragazzo morto. La Sicilia è una bomba a orologeria tra delinquenza, malasanità, corruzione e sprechi. Il governo deve intervenire».

Advertisement

Cronache

Caso Garlasco, indagati cinque carabinieri: il padre di Sempio parla del Dna e dei soldi per “avere le carte”

Nuovi sviluppi nell’inchiesta sul caso Garlasco e sul “sistema Pavia”: il padre di Andrea Sempio, nuovamente indagato, racconta di consulenze sul Dna e di decine di migliaia di euro versati per “ottenere le carte”.

Pubblicato

del

Nuovi capitoli si aggiungono all’inchiesta sul caso Garlasco, che dopo diciassette anni continua a generare sviluppi giudiziari.
Cinque carabinieri risultano iscritti nel registro degli indagati nell’ambito del filone bresciano sul “sistema Pavia”, che coinvolge l’ex procuratore Mario Venditti, accusato di corruzione e peculato.
Sul tavolo degli inquirenti c’è anche la figura di Andrea Sempio, il giovane di Garlasco nuovamente indagato per l’omicidio di Chiara Poggi del 2007.


Il racconto del padre: “Garofano consigliato per il Dna”

Nei verbali del 26 settembre emergono le dichiarazioni del padre, Giuseppe Sempio, che ricostruisce i contatti con i legali e i consulenti tecnici:

«Quando siamo andati dagli avvocati mi parlarono del genetista Linarello e della storia del Dna di mio figlio. L’avvocato Lovati mi consigliò di rivolgermi a Garofano», ha detto ai finanzieri e ai carabinieri.

L’ex comandante del Ris, Luciano Garofano, era stato incaricato dalla famiglia Sempio di una consulenza genetica, ma ha rinunciato all’incarico nei giorni scorsi. La pm di Brescia Claudia Moregola ha ora disposto di sentire Garofano per chiarire come abbia ottenuto le relazioni tecniche dei consulenti della difesa di Alberto Stasi, Matteo Fabbri e Pasquale Linarello, documenti citati in una relazione del 27 gennaio 2017 ma mai depositati nel procedimento.


I soldi per “avere le carte”

La madre di Sempio, Daniela Ferrari, nella sua testimonianza ha raccontato di aver sentito parlare già il 23 dicembre 2016, in televisione, del presunto Dna del figlio sotto le unghie di Chiara Poggi.
Il 30 dicembre, i coniugi Sempio incontrarono Garofano.
Agli investigatori, la donna ha riferito che gli avvocati chiedevano denaro per ottenere documenti giudiziari:

«Ci dicevano che servivano soldi per avere le carte», ha spiegato, aggiungendo che “le zie di Andreaprestarono denaro senza sapere perché”.

In tutto, secondo quanto dichiarato dal marito, la famiglia avrebbe versato tra i 55 e i 60mila euro.


Le incongruenze sulle microspie e le nuove indagini

Negli atti dell’inchiesta emerge anche una discrepanza sull’orario dell’installazione delle microspie sull’auto di Sempio.
L’ex carabiniere Giuseppe Spoto sostiene che l’apparecchio fu installato nel pomeriggio dell’8 febbraio 2017, contestualmente alla notifica dell’invito a comparire. Ma secondo gli inquirenti, le intercettazioni sarebbero partite all’1:35 della notte dello stesso giorno, dunque ore prima della notifica.


Il “sistema Pavia”: indagini sui beni di Venditti e Mazza

Il filone bresciano mira a fare luce su quello che viene definito il “sistema Pavia”, un intreccio di presunti favori e irregolarità che avrebbe coinvolto anche alcuni ex carabinieri della squadra investigativa dell’allora pm Venditti.
Nei decreti notificati a Venditti e al collega Pietro Paolo Mazza (oggi in servizio a Milano), sono contestati reati di corruzione e peculato in concorso. Gli investigatori stanno verificando anche acquisti e manutenzioni di auto, comprese spese per “tagliandi e cambio gomme”.


Il nuovo fronte d’indagine, nato a Brescia, potrebbe riaprire pagine rimaste in ombra del caso Garlasco, una delle vicende più controverse della cronaca giudiziaria italiana.

Continua a leggere

Cronache

In 200 mila da Perugia ad Assisi: un fiume di pace per la giustizia e la fraternità

Oltre 200 mila persone hanno marciato da Perugia ad Assisi per chiedere pace e giustizia. Bandiere palestinesi e israeliane unite, il messaggio del Papa e la partecipazione di Schlein, Conte, Landini e Fratoianni.

Pubblicato

del

Un fiume umano ha invaso la strada che unisce Perugia ad Assisi, sotto lo slogan “Imagine all the people”.
Più di 200 mila persone hanno partecipato alla marcia della pace 2025, la più affollata dal 2001.
Un corteo colorato, pacifico e pieno di speranza: bandiere della pace, della Palestina, di Israele, ma anche il tricolore italiano e i vessilli delle associazioni, dei sindacati e dei comuni italiani.

«Non chiamatela marcia per la pace — ha detto dal palco della Rocca di Assisi Flavio Lotti, promotore storico dell’iniziativa — ma una marcia per la giustizia, la legalità e il diritto».

Il messaggio di Papa Francesco

Nel cuore della manifestazione, tra le bandiere di Russia e Ucraina annodate insieme, è arrivato il messaggio e la benedizione di Papa Francesco, che ha auspicato che la marcia «sostenga l’impegno delle istituzioni internazionali per soluzioni rispettose dei diritti di ciascuno, affinché all’odio subentri l’amore e all’offesa il perdono».

La partecipazione dei leader politici

Quest’anno la marcia ha visto il ritorno dei leader politici nazionali.
A guidare il corteo, insieme alla presidente della Regione Umbria Stefania Proietti, i sindaci di Perugia, Assisi e BetlemmeVittoria Ferdinandi, Walter Stoppini e Maher Nicola Canawati — simbolo di un’alleanza tra popoli e territori.

Accanto a loro, la segretaria del Pd Elly Schlein, il presidente del M5s Giuseppe Conte, e i co-portavoce di Alleanza Verdi e Sinistra, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Nel corteo erano presenti anche i parlamentari che avevano preso parte alla Global Sumud Flotilla.

Il popolo della pace

Ma i veri protagonisti sono stati i cittadini: studenti, lavoratori, famiglie e bambini.
Dagli zaini delle scuole ai cartelli artigianali, un solo messaggio univa tutti: “Siamo umanità”, “Non c’è via per la pace, la pace è la via”, “Fa’ silenzio quando i bambini dormono, non quando muoiono”.

Molti sono arrivati all’alba da ogni parte d’Italia per marciare insieme, in una giornata segnata da fraternità e impegno civile, senza cori d’odio né gesti di protesta.

“Più di 200 mila, come nel 2001”

«Il 14 ottobre 2001, subito dopo l’invasione americana dell’Afghanistan, eravamo 200 mila — ha ricordato Lotti —. Oggi siamo ancora di più».
Ventiquattro anni dopo, la marcia di Perugia-Assisi resta un simbolo universale di pace, un grido collettivo che attraversa generazioni e confini, per ricordare che, come scrivevano i ragazzi del liceo Marconi di Foligno, “la pace non si prepara: si fa, camminando insieme”.

Continua a leggere

Cronache

Caso Garlasco, il legale di Venditti: “L’inchiesta su Sempio deve passare a Brescia”

L’avvocato Domenico Aiello chiede il trasferimento a Brescia dell’inchiesta su Andrea Sempio, legata al caso Garlasco. Difende l’ex procuratore Mario Venditti, indagato per corruzione, e denuncia “un attacco al sistema giustizia”.

Pubblicato

del

Nuovo capitolo nel caso Garlasco, la vicenda giudiziaria sull’omicidio di Chiara Poggi, uccisa nel 2007. L’avvocato Domenico Aiello, difensore dell’ex procuratore di Pavia Mario Venditti, sostiene che la nuova indagine su Andrea Sempio, unico indagato oggi, debba essere trasferita alla Procura di Brescia.

Secondo Aiello, infatti, «l’indagine su Sempio è il contenitore all’interno del quale è stata rinvenuta la prova di un’ipotesi corruttiva. Non si può separare una parte dell’inchiesta e trattenerne un’altra: è tutto connesso».

L’avvocato ha illustrato la sua posizione in un punto stampa a Milano, alla vigilia dell’udienza davanti al Tribunale del Riesame, fissata per martedì, che dovrà esaminare il provvedimento di perquisizione e sequestro eseguito il 26 settembre ai danni dell’ex magistrato.

“Un’indagine della giustizia contro la giustizia”

Aiello ha parlato di «momento critico» per il suo assistito, sottolineando che «è stato aggredito un uomo con una potenza di fuoco inimmaginabile».
«La sua immagine è distrutta – ha aggiunto –. È un’indagine della giustizia contro la giustizia, che può avere effetti deflagranti anche quando il magistrato risulta innocente».

Secondo il legale, l’iscrizione di un magistrato nel registro degli indagati «dovrebbe avvenire solo quando si ha la certezza della prova». E ha denunciato un clima “avvelenato” nel sistema giudiziario: «Già l’inchiesta sull’omicidio Poggi ha destabilizzato la magistratura, ora questa nuova indagine rischia di minare ulteriormente la fiducia dei cittadini nella giustizia».

“Un’eresia dire che se Venditti è corrotto, Stasi è innocente”

L’avvocato Aiello ha respinto con forza quella che definisce «un’eresia giuridica»: «Non esiste alcuna equazione per cui, se Venditti fosse corrotto, allora Alberto Stasi è innocente e Sempio colpevole. Dobbiamo tornare a considerare le regole del processo e dell’indagine penale».

Il caso delle password e le contestazioni procedurali

Aiello ha poi chiarito la vicenda della mancata consegna delle password dei dispositivi elettronici di Venditti. «Il dottor Venditti – ha spiegato – aveva scritto le password su un foglio e stava per consegnarle al maggiore dei Carabinieri. Ho solo chiesto quali fossero i criteri di estrazione dei dati, e mi è stato risposto che non ce n’erano: “diamo uno sguardo generale”».

Il legale ha definito questo approccio «inaccettabile»: «Non si può procedere in Italia senza regole chiare. È un metodo da combattere, che dimostra come si sia iscritto qualcuno nel registro degli indagati senza indizi concreti o prove certe».

L’udienza decisiva al Riesame

Martedì, davanti ai giudici del Tribunale del Riesame di Brescia, l’ex procuratore Mario Venditti sarà presente in aula. L’udienza potrebbe risultare decisiva per stabilire il futuro dell’indagine, che rischia di spostarsi di competenza territoriale e di incidere profondamente su una delle vicende giudiziarie più controverse e longeve della cronaca italiana.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto