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Cronache

Centro estetico abusivo a Lucera pubblicizzato sui social: denunciata la titolare e arrestato il padre

A Lucera i Carabinieri hanno sequestrato un centro estetico abusivo dove si eseguivano trattamenti medici senza autorizzazione. Denunciata la titolare, arrestato il padre per furto di energia.

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I Carabinieri della Compagnia di Lucera, insieme al Nucleo Antisofisticazioni e Sanità di Foggia, hanno scoperto un centro estetico che operava senza alcuna autorizzazione medica, eseguendo trattamenti estetici invasivi e iniezioni sottocutanee. L’attività, coordinata dalla Procura della Repubblica di Foggia, ha portato al sequestro dei locali e di un ingente quantitativo di materiale sanitario non autorizzato.

L’indagine è partita dal monitoraggio di una pagina Instagram attraverso la quale la titolare, una donna di 34 anni, pubblicizzava trattamenti medico-estetici con un nome di fantasia e a prezzi vantaggiosi. Tra le prestazioni offerte figuravano interventi che, per legge, possono essere eseguiti solo da personale medico qualificato, in ambienti dotati di idonee misure igienico-sanitarie.

Durante la perquisizione, i militari hanno trovato confezioni di siringhe preriempite di botulino, acido ialuronico e lidocaina, oltre ad anestetici, farmaci e dispositivi medici privi di autorizzazione. Gli investigatori hanno ricordato che l’uso non controllato di queste sostanze, senza una preventiva valutazione clinica, può provocare gravi effetti collaterali e complicazioni permanenti.

Il centro estetico e tutto il materiale rinvenuto sono stati sequestrati. La titolare è stata denunciata per abusivo esercizio della professione medica, mentre il padre, 69 anni, è stato arrestato in flagranza per furto aggravato di energia elettrica, poiché aveva realizzato un allaccio abusivo alla rete pubblica per alimentare sia l’abitazione che il centro. Dopo la convalida dell’arresto, è stato disposto nei suoi confronti l’obbligo di dimora.

I procedimenti si trovano ancora nella fase delle indagini preliminari, e gli indagati non possono essere considerati colpevoli fino a eventuale sentenza definitiva di condanna, nel rispetto del principio di presunzione di innocenza.

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Cronache

Pubblico impiego, il 76% dei dipendenti ha più di 40 anni: le donne sono il 61%, ma guadagnano meno degli uomini

Secondo l’Osservatorio Inps, oltre il 76% dei lavoratori pubblici ha più di 40 anni. Le donne sono il 61%, ma il divario retributivo resta alto: 41.117 euro per gli uomini contro 31.679 per le donne.

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Il pubblico impiego italiano invecchia e resta segnato dal divario retributivo di genere. Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio Inps sui lavoratori pubblici, il 76,6% dei dipendenti ha un’età pari o superiore ai 40 anni, mentre solo una minoranza è sotto questa soglia.


Più donne negli uffici pubblici, ma meno giovani

Le donne rappresentano il 61% del totale dei lavoratori del settore pubblico, superando nettamente gli uomini in quasi tutte le fasce d’età.
Le eccezioni si trovano tra i giovanissimi: nella fascia fino a 19 anni i maschi sono il 67% e le femmine il 33%, mentre tra i 20 e i 24 anni la quota maschile scende al 58% e quella femminile sale al 42%.


Retribuzioni medie e divario di genere

Nel 2024 la retribuzione media annua nel pubblico impiego è stata pari a 35.350 euro, ma con forti differenze legate all’età e al genere.
Gli stipendi aumentano progressivamente fino ai 50 anni, quando tendono a stabilizzarsi.
Il divario retributivo di genere resta marcato: gli uomini percepiscono in media 41.117 euro l’anno, contro i 31.679 euro delle donne.


Un settore anziano e con forti disparità

Il quadro delineato dall’Inps conferma un settore pubblico caratterizzato da un’età media elevata, una scarsa presenza di giovani e una persistente disuguaglianza salariale.
Dati che rilanciano la necessità di favorire il ricambio generazionale nella pubblica amministrazione e di intervenire sul gender pay gap, ancora lontano dall’essere colmato.

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Cronache

Truffa da 9 milioni di euro sui bonus edilizi: cantieri fermi e falsi lavori tra Imola e Castel San Pietro

Scoperta dalla Guardia di Finanza di Bologna una truffa milionaria legata al Superbonus 110%: falsi lavori in 9 condomini tra Imola e Castel San Pietro per creare crediti fiscali inesistenti. Sequestrati 9 milioni di euro e 46 appartamenti.

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Una truffa milionaria legata ai bonus edilizi è stata scoperta dalla Guardia di Finanza di Bologna. I cantieri, tra Imola e Castel San Pietro, erano fermi o operativi solo in parte, ma nel frattempo una società e alcuni professionisti producevano falsi crediti fiscali per oltre 9 milioni di euro.


L’indagine della Guardia di Finanza di Bologna

L’inchiesta, coordinata dal pm Augusto Borghini e poi da Manuela Cavallo, è nata da controlli contro il lavoro nero condotti dalla compagnia di Imola. Le verifiche hanno rivelato che una società con sede legale in Lombardia, incaricata di lavori di messa in sicurezza sismica e riqualificazione energetica agevolati dal Superbonus 110%, aveva solo simulato gli interventi in 9 condomini (8 a Imola e uno a Castel San Pietro), per un valore complessivo di 21 milioni di euro.

Grazie alla complicità di alcuni professionisti, la società aveva dichiarato di aver completato i lavori, ottenendo così crediti d’imposta fittizi poi ceduti a terzi per monetizzarli.


Sequestri e denunce

Le Fiamme Gialle hanno disposto il sequestro preventivo di 9 milioni di euro, tra crediti fiscali non ancora compensati, quote sociali, conti correnti e 46 appartamenti distribuiti tra Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Campania.

Sono sei le persone denunciate per truffa aggravata ai danni dello Stato e, per due di loro, anche per false asseverazioni tecniche. Tra gli indagati figurano due responsabili della società appaltatrice, due geometri e altri tecnici coinvolti nell’operazione fraudolenta.


Lavori mai eseguiti e firme false

Le ispezioni, effettuate con l’aiuto dell’ufficio tecnico del Nuovo Circondario Imolese, hanno confermato che molti lavori non erano mai stati realizzati o erano stati eseguiti dopo l’autorizzazione, così da mantenere l’aliquota del 110% ed evitare le riduzioni previste dalle norme successive.

Le indagini hanno anche fatto emergere firme false sui documenti ufficiali e un complesso sistema finanziario costruito per generare e vendere i crediti fittizi.


Le vittime: 180 persone truffate

Nei nove condomini coinvolti vivono circa 180 persone, vittime inconsapevoli di un meccanismo fraudolento che ha sfruttato i benefici del Superbonus a fini illeciti.
L’inchiesta della Guardia di Finanza continua per individuare eventuali altri soggetti coinvolti nella rete di false fatturazioni e crediti fantasma.

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Cronache

Operazione anticamorra a Castellammare: arrestato Pasquale D’Alessandro, nuovo capo del clan

Maxi operazione anticamorra della DDA di Napoli a Castellammare di Stabia: tra gli undici arrestati anche Pasquale D’Alessandro, nuovo capo dell’omonimo clan. Sequestri e perquisizioni anche legate a ditte e alla Juve Stabia.

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È finito in manette Pasquale D’Alessandro, 54 anni, considerato dagli inquirenti il nuovo reggente del clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia. L’uomo, tornato in libertà nel 2023 con i fratelli ancora detenuti, avrebbe assunto la guida dell’organizzazione criminale fino all’intervento della Polizia di Stato e della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, che questa mattina hanno eseguito undici misure cautelari (dieci in carcere e una ai domiciliari).


L’operazione della DDA e della Polizia di Stato

Il blitz è stato coordinato dalla DDA di Napoli, con il pubblico ministero Giuseppe Cimmarotta, e condotto dagli agenti della Squadra Mobile, della Sisco e del commissariato di Castellammare di Stabia.
Tra gli arrestati figura anche Paolo Carolei, considerato un elemento di spicco del clan. Nel corso dell’operazione sono state eseguite numerose perquisizioni, tra cui una a carico del fratello di un consigliere comunale stabiese.


Estorsioni, droga e ditte di copertura

I reati contestati, a vario titolo, sono associazione di tipo mafioso, estorsione, tentata estorsione e detenzione di droga a fini di spaccio, tutti aggravati dall’intento di agevolare il clan D’Alessandro.
Le indagini hanno documentato diversi episodi estorsivi ai danni di imprenditori edili della zona.
Il denaro estorto confluiva in una cassa comune destinata anche al sostegno dei detenuti e delle loro famiglie.


Legami con ditte e la Juve Stabia

Dalle indagini è emersa la riconducibilità al clan di alcune ditte di pulizie titolari di appalti all’ospedale San Leonardo di Castellammare e di interessi nella società calcistica Juve Stabia.
L’operazione segna un nuovo colpo alle ramificazioni economiche e imprenditoriali del clan D’Alessandro, storicamente egemone nel territorio stabiese.

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