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Economia

Stellantis, boom di consegne nel terzo trimestre 2025: +13% grazie al Nord America e ai nuovi modelli europei

Stellantis chiude il terzo trimestre 2025 con 1,3 milioni di veicoli consegnati, +13% rispetto al 2024. Crescono Nord America ed Europa, mentre Maserati cala. Calenda chiede Elkann in Parlamento.

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Stellantis chiude il terzo trimestre 2025 con un bilancio in forte crescita: 1,3 milioni di veicoli consegnati, pari a un +13% rispetto allo stesso periodo del 2024.
Il gruppo automobilistico, guidato per la prima volta nel trimestre da Antonio Filosa, mostra una ripresa trainata dal Nord America, dove la spinta della “cura Filosa” ha portato le consegne a 104 mila unità in più, con un balzo del 35%su base annua.

In crescita anche l’Europa, con 38 mila veicoli in più (+8%), mentre si consolidano i risultati positivi in Medio Oriente e Africa.


Nord America spinge con il Ram 1500 e il riequilibrio delle scorte

Negli Stati Uniti, Stellantis ha beneficiato delle prime consegne del Ram 1500 con motore Hemi V-8, uno dei modelli di punta del marchio Ram.
La casa automobilistica ha spiegato che il risultato positivo riflette “una normalizzazione nella dinamica delle scorte”, dopo le riduzioni produttive decise nel 2024 per ottimizzare la filiera.

Il mercato nordamericano resta il principale motore di crescita per il gruppo, che ha visto un aumento complessivo del 35% delle consegne rispetto all’anno precedente.


Europa, crescita spinta dai nuovi modelli Smart Car

Nel Vecchio Continente, la ripresa è legata all’avvio della produzione di quattro nuovi modelli su piattaforma Smart Car di segmento B:

  • Citroën C3

  • Citroën C3 Aircross

  • Opel Frontera

  • Fiat Grande Panda

Questi modelli non erano ancora in produzione nel 2024 e rappresentano il pilastro del piano Stellantis per rafforzare la propria presenza nel mercato europeo delle city car e compatte.
Il risultato è stato però parzialmente compensato dal calo delle consegne di veicoli commerciali leggeri e da una flessione in alcuni Paesi ad alto volume.


Medio Oriente e Africa in crescita, Sud America rallenta

Nelle altre regioni, le consegne sono aumentate complessivamente di 10 mila unità (+3%).
Il risultato è stato trainato dal +21% in Medio Oriente e Africa, grazie ai progressi in Algeria, Turchia ed Egitto, mentre in Sud America si è registrato un lieve calo del 3% dovuto al confronto con un 2024 eccezionale, quando Stellantis aveva recuperato i ritardi di consegna in Brasile dopo le alluvioni nel Rio Grande do Sul.


Maserati in flessione, il rilancio passa per Imparato

Unica nota negativa arriva da Maserati, che segna una flessione del 19% delle consegne nel trimestre.
Per il rilancio del marchio del Tridente, Stellantis ha affidato la guida a Jean Philippe Imparato, già responsabile di Alfa Romeo.


Calenda chiede Elkann in Parlamento, Urso: “Se il Parlamento lo vuole, torni”

Sul piano politico, il leader di Azione Carlo Calenda ha chiesto che il presidente di Stellantis John Elkanntorni in Parlamento” per riferire sulle strategie industriali del gruppo, sostenendo che “dall’incontro del 20 ottobre con i sindacati non uscirà nulla”.
Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha replicato: “Se il Parlamento lo chiede, credo che Elkann dovrebbe tornare, ci mancherebbe altro”.


Titolo in Borsa altalenante

Sulla scia dei dati positivi sulle consegne, il titolo Stellantis ha inizialmente guadagnato terreno in Borsa, salvo poi chiudere la seduta in forte calo (-7,27%), penalizzato dal peggioramento dei mercati dopo le minacce di Donald Trump di nuovi dazi alla Cina.

I risultati ufficiali del terzo trimestre saranno esaminati dal board il 30 ottobre, data che segnerà il primo vero banco di prova per la gestione Filosa.

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Economia

Eurozona, previsioni d’autunno migliori del previsto: Bruxelles vede crescita oltre l’1% nel 2025

La Commissione europea si prepara a rivedere al rialzo le previsioni d’autunno: la crescita dell’eurozona nel 2025 potrebbe tornare sopra l’1%. Restano incognite geopolitiche, da Trump alla guerra in Ucraina.

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Nonostante un contesto geopolitico fragile, l’eurozona potrebbe crescere più del previsto. La Commissione europea presenterà lunedì le nuove previsioni economiche d’autunno, e rispetto a maggio il quadro appare più luminoso.

Le anticipazioni di Bruxelles

Il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis ha anticipato il filo conduttore delle nuove stime: nel 2025 l’economia dell’area euro “sta registrando risultati migliori delle aspettative e continua a generare crescita”, pur tra ostacoli significativi.

Dalle stime al ribasso al ritorno dell’ottimismo

A maggio la Commissione aveva rivisto al ribasso le previsioni: +0,9% per l’eurozona nel 2025 e +1,4% nel 2026. A pesare era stata la guerra dei dazi con gli Stati Uniti.
L’accordo raggiunto in luglio in Scozia tra Ursula von der Leyen e Donald Trump su una tariffa standard del 15% ha però riportato stabilità. È possibile — in attesa dell’annuncio ufficiale — che le nuove stime riportino la crescita dell’eurozona oltre l’1%.

Le indicazioni di Bce, Ocse ed Eurostat

A settembre la Bce era già stata più ottimista, assegnando un +1,2% all’eurozona nel 2025. Stesse percentuali indicate dall’Ocse per il prossimo anno.
Eurostat, il 14 novembre, ha certificato un +0,2% nel terzo trimestre 2025 per l’eurozona e +0,3% per l’Ue.

Cosa Bruxelles chiederà agli Stati

La Commissione punterà a esortare i Paesi membri a fare di più:

  • semplificazione burocratica,

  • progressi sull’unione bancaria,

  • accelerazione dell’Unione dei risparmi e degli investimenti.

Il contributo dei privati sarà cruciale, come indicato dal rapporto Draghi sulla competitività, tema centrale nel summit Ue del 12 febbraio convocato da Antonio Costa.

I punti critici: Italia, Germania e variabile Trump

Restano ombre significative: Eurostat segnala crescita zero per Italia e Germania nel terzo trimestre. Berlino fatica ancora a uscire dalla crisi industriale.
Sul fronte esterno pesa il fattore Trump: secondo il negoziatore statunitense Jamieson Greer, le tariffe Ue sull’export americano restano “troppo elevate”. Greer sarà a Bruxelles la prossima settimana per un nuovo round di trattative.

Lunedì il verdetto

Le previsioni d’autunno diranno se l’eurozona potrà davvero riprendere slancio, superando il muro dell’1% e lasciandosi alle spalle un anno di incertezza economica.

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Economia

Desertificazione commerciale in Italia: 140mila negozi chiusi in dodici anni, l’allarme di Confcommercio

In dodici anni l’Italia ha perso 140mila negozi. Confcommercio lancia l’allarme: città sempre più svuotate, boom di B&B e ristorazione, rischio di altre 114mila chiusure entro il 2035.

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Il contrario di città, spiegava Renzo Piano (foto Imagoeconomica), «non è campagna, è deserto». È l’immagine che oggi descrive molti centri urbani italiani: periferie spogliate di negozi, botteghe e servizi, sostituite solo in parte da fast food, mini-market, ristoranti e bed and breakfast. Città sempre più simili a luoghi fantasma o a grandi contenitori di case vacanza.

Il crollo del commercio tradizionale

Secondo Confcommercio, negli ultimi dodici anni ha chiuso il 21% dei negozi fisici. Dal 2012 mancano all’appello 140mila attività: 118mila negozi e 23mila imprese ambulanti o artigiane migrate online. Senza interventi urgenti, un negozio su cinque rischia la chiusura, con un saldo negativo previsto del 20% nei prossimi dieci anni.

I cambiamenti nelle abitudini dei consumi

Il boom degli acquisti online — da Amazon a Temu fino a Shein — e il poco sostegno a borghi e periferie hanno modificato la struttura urbana. Cresce la ristorazione (+17,1%) e crollano i bar (-19,1%). Calano anche gli alberghi (-9,5%), mentre bed and breakfast e case vacanza esplodono con un +92,1%, destinato ad aumentare dell’81,9% entro il 2035. Le attività che lavorano prevalentemente via internet sono cresciute del 115%.

I settori più colpiti

Crollano i distributori di carburante (-42,2%), gli articoli culturali e ricreativi (-34,5%), mobili e ferramenta (-26,7%), abbigliamento e calzature (-25%). Anche il commercio non specializzato (supermercati, discount, grandi magazzini) arretra del 34,2%. Crescono invece farmacie (+16,9%) e negozi di informatica e telefonia (+4,9%).

Le città più a rischio

I capoluoghi con la più bassa densità commerciale — e con i cali potenzialmente peggiori entro dieci anni, fino al 38% — si concentrano soprattutto al Nord: Ancona, Ravenna, Trieste, Novara, Reggio Emilia. Nel Centro la situazione più critica è Fiumicino. Tra le città con maggiore densità commerciale figurano Frosinone, Trapani, Cosenza, Nuoro e Cagliari, tutte però esposte a possibili crolli oltre il 25%.

Il rischio 2035

Confcommercio stima che entro il 2035 potrebbero sparire altre 114mila imprese, oltre un quinto di quelle attive oggi. Una perdita che avrebbe «gravi conseguenze per economia urbana, qualità della vita e coesione sociale».

Le proposte per fermare il declino

L’associazione del commercio chiede una strategia nazionale di rigenerazione urbana coordinata con fondi europei, Pnrr e risorse di Comuni e Regioni. Tra le ricette indicate: potenziare i Distretti urbani dello sviluppo economico, siglare patti tra Stato e aziende per rivitalizzare i quartieri, rendere più accessibili gli spazi commerciali sfitti. Sono oltre 105mila i locali utilizzabili ma vuoti, un quarto dei quali inutilizzati da oltre un anno. Per rimetterli in circolo Confcommercio propone canoni calmierati e incentivi pubblici e privati.

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Economia

Debito pubblico, boom dei “Bot People”: famiglie italiane tornano a investire mentre il credito rallenta

Crescono i “Bot People” e gli acquisti di Btp da parte delle famiglie, segnale di fiducia nel debito italiano. Rallenta invece il credito a famiglie e imprese: prestiti fermi a +1,5% a ottobre.

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Raddoppiano i “Bot People”, le famiglie italiane che tornano a investire con decisione nei titoli di Stato. Un fenomeno che segna un’importante manifestazione di fiducia nella solidità del debito pubblico nazionale, rafforzata dalle recenti promozioni dei rating e dai rendimenti ancora competitivi.

Secondo i dati aggiornati, famiglie e imprese detengono oggi 442,4 miliardi di euro di debito pubblico, pari al 14,4% del totale, il doppio rispetto al minimo storico del 2021. Un cambio di rotta significativo.

Credito a rilento: prestiti in crescita, ma più deboli

Sul fronte del credito, i segnali sono invece contrastanti.
L’Abi nel suo rapporto mensile certifica che:

  • la crescita complessiva dei prestiti a ottobre si ferma a +1,5%,

  • in rallentamento rispetto al +1,7% di settembre,

  • nonostante il decimo mese consecutivo di crescita per le famiglie e il quarto per le imprese.

L’ostacolo principale resta la domanda debole, soprattutto da parte delle imprese reduci da due anni difficili per la produzione industriale e frenate dall’incertezza internazionale, dai dazi e da una crescita economica che nel secondo trimestre è stata negativa e nel terzo è rimasta ferma.

Effetto Bce: tassi giù ma domanda ancora tiepida

Il taglio dei tassi avviato dalla Bce nell’estate del 2024 ha ridotto il costo del denaro:

  • i tassi bancari sono scesi al 3,95% dal picco del 4,71% del 2023.

Non basta però a riportare la crescita del credito ai livelli pre-crisi energetica, quando i prestiti aumentavano tra il 2% e il 3% annuo.
La domanda resta “complessivamente debole”, rileva la stessa Bce.

Per capire la direzione dei prossimi mesi — spiega l’Abi — serviranno i dati di novembre e fine anno.

Btp sempre più attrattivi: famiglie, banche ed esteri comprano

Mentre il credito rallenta, la domanda di Btp continua a correre.
Complici:

  • stabilità politica,

  • rendimenti elevati,

  • politiche di bilancio prudenti,

  • strumenti su misura per i piccoli risparmiatori (Btp Italia, Btp Valore, Btp Più).

Il portafoglio delle banche italiane mantiene una quota stabile di circa 620 miliardi di euro in titoli di Stato.

In parallelo cresce anche la presenza degli investitori esteri, arrivati al 33,8% del totale, contro il 26,8% del 2022. Una dinamica che aiuta a compensare il calo delle detenzioni della Bce e di Bankitalia, scese da 721 a 592 miliardi.

Fiducia crescente e ruolo centrale delle banche

Per Lando Sileoni, segretario generale Fabi:

“Le famiglie non mettono i loro risparmi nei Btp se non percepiscono stabilità e una prospettiva credibile”.

E sottolinea il ruolo del settore bancario come pilastro della stabilità finanziaria italiana, grazie a una presenza strutturale nel debito pubblico.

Mentre la crescita economica resta incerta, è proprio la risposta dei risparmiatori — i nuovi “Bot People” — a mostrare il volto più stabile e fiducioso dell’Italia.

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