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Esteri

Israele, la lunga notte della libertà: tornano a casa i 20 ostaggi ancora in vita

È iniziato il ritorno a casa dei 20 ostaggi israeliani ancora in vita. Hamas ha dato il via allo scambio con i detenuti palestinesi. Netanyahu parla di “percorso di guarigione”, Trump atteso in Israele per incontrare i sopravvissuti e firmare l’accordo di pace in Egitto.

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Dopo oltre due anni di angoscia, l’attesa delle famiglie israeliane si è conclusa. Dalla mezzanotte, Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv si prepara a vivere ore storiche con la diretta del ritorno a casa dei 20 rapiti ancora in vita, come promesso da Hamas. A seguire, secondo gli accordi raggiunti, verranno liberati i detenuti palestinesi previsti nello scambio.

«Inizia il percorso di guarigione», ha dichiarato il primo ministro Benyamin Netanyahu, mentre cresce l’attesa per la visita in Israele del presidente americano Donald Trump, pronto a incontrare i sopravvissuti del massacro del 7 ottobre prima di volare in Egitto per la firma dell’accordo sul cessate il fuoco.

L’operazione di rilascio

La portavoce del governo israeliano, Shosh Bedrosian, ha annunciato che il rilascio degli ostaggi avverrà nelle prime ore di lunedì: «Tutti i venti ostaggi in vita verranno consegnati insieme alla Croce Rossa su sei-otto veicoli». I rapiti saranno poi condotti nelle zone di Gaza controllate da Israele e infine trasferiti alla base di Re’im, nel sud del Paese, dove si riuniranno alle loro famiglie.

La Croce Rossa interverrà in tre punti di contatto nella Striscia, mentre per i corpi dei 28 ostaggi deceduti Hamas consegnerà solo quelli già rintracciati, probabilmente entro la serata di lunedì. Per i restanti, la ricerca sarà condotta da forze internazionali nei tunnel e tra le macerie.

Lo scambio con i detenuti palestinesi

Lo Stato ebraico ha previsto la liberazione di 250 ergastolani condannati per attentati e omicidi e di 1.700 detenutiarrestati dopo il 7 ottobre 2023 ma non coinvolti direttamente nell’attacco di Hamas, tra cui 22 minorenni. Hamas chiede inoltre il rilascio di sette prigionieri di alto profilo, tra cui Marwan Barghouti, figura simbolica del movimento palestinese.

Le parole di Netanyahu e la presenza di Trump

Il premier israeliano ha parlato di «un nuovo cammino, un percorso di ricostruzione e di unione dei cuori». A Tel Aviv, il Forum delle famiglie ha invitato la popolazione a radunarsi per seguire le proiezioni in diretta del ritorno dei propri cari.

Dagli Stati Uniti, il vicepresidente J.D. Vance ha definito la giornata «un grande giorno per il mondo intero». Trump, che interverrà alla Knesset nelle prossime ore, sarà accolto come l’uomo della pace, dopo aver convinto diversi Paesi arabi a convergere sulla sua linea negoziale.

Aiuti e speranza a Gaza

Parallelamente alla liberazione, si registra un massiccio afflusso di aiuti umanitari a Gaza. Dall’Egitto sono partiti 400 convogli, di cui 90 già in viaggio verso i valichi di Karm Abu Salem e Al-Ouja, con 9.000 tonnellate di cibo, medicinali, carburante e beni di prima necessità.

L’ONU parla di «progressi reali», mentre le immagini dei camion in fila al confine testimoniano un momento di speranza per la popolazione civile, dopo mesi di guerra e devastazione.

Per Israele, invece, è la notte della libertà e della rinascita: una notte che potrebbe segnare l’inizio di un nuovo capitolo nella tormentata storia del Medio Oriente.

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Esteri

Arrestato in Europa Pipo Chavarria, il boss dei Los Lobos: «Lo abbiamo cercato fino all’inferno»

Il presidente Noboa annuncia l’arresto di Pipo Chavarria, capo dei Los Lobos, catturato in Europa dopo anni di latitanza. Il boss aveva finto la morte e continuava a ordinare omicidi dall’estero.

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«Lo abbiamo cercato fino all’inferno». Con queste parole il presidente Daniel Noboa ha annunciato la cattura di Pipo Chavarria, leader dei Los Lobos, definito «il delinquente più ricercato della regione». L’arresto è avvenuto in Europa grazie a una collaborazione tra Ecuador e polizia spagnola.

La falsa morte e la rete criminale internazionale

Secondo quanto spiegato da Noboa, Chavarria aveva finto la propria morte, cambiato identità e trovato rifugio in Europa, da dove continuava a impartire ordini. Dall’estero dirigeva omicidi in Ecuador e controllava il traffico di droga insieme al cartello messicano Jalisco Nueva Generación.

Un arresto simbolico nel giorno del referendum sulla sicurezza

La cattura arriva nel giorno del referendum promosso da Noboa su temi cruciali della sicurezza nazionale, diventando un segnale politico fortissimo. «Oggi le mafie indietreggiano. Ha vinto l’Ecuador», ha dichiarato il presidente, celebrando un risultato definito come un punto di svolta nella lotta al crimine organizzato.

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Esteri

Regno Unito, stretta storica sull’asilo: fine del permesso quinquennale e revisione continua dei rifugiati

Il governo Starmer annuncia una stretta senza precedenti sull’asilo: permesso ridotto a 30 mesi, revisione continua e residenza permanente solo dopo 20 anni. Polemiche da destra e sinistra.

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Basta asilo a tempo indeterminato. Il Regno Unito del dopo Brexit cambia paradigma e annuncia una stretta senza precedenti rispetto alla sua storica tradizione di accoglienza. A farlo è il governo laburista di sir Keir Starmer, in piena crisi di consenso e sotto la pressione crescente di forze come Reform UK di Nigel Farage.

Mahmood: «Fine del golden ticket per i richiedenti asilo»

La ministra dell’Interno Shabana Mahmood, figlia di immigrati pachistani, ribadisce alla Bbc la linea dura:

  • permesso di soggiorno ridotto a 30 mesi;

  • revisione periodica obbligatoria;

  • rimpatrio possibile se il Paese d’origine torna “sicuro”;

  • residenza permanente solo dopo 20 anni, quattro volte più del regime attuale.

La normativa vigente garantisce 5 anni di permesso ai rifugiati e accesso quasi automatico alla residenza permanente alla scadenza del quinquennio.

Londra guarda alla Danimarca e punta a frenare gli arrivi via Manica

Il governo Starmer si ispira alla linea durissima di Copenaghen, che ha ridotto le richieste di asilo ai minimi da 40 anni. L’obiettivo è scoraggiare gli arrivi via Manica sulle small boat, aumentati nonostante le promesse: nel 2025 sono già 39.000 le persone sbarcate, più di tutto il 2024.

La Francia attribuisce a Londra parte del problema, sostenendo che le norme britanniche finora troppo permissive abbiano reso difficile il controllo dell’immigrazione illegale.

Critiche da destra e sinistra

Le opposizioni conservatrici e i seguaci di Farage definiscono la stretta “superficiale” e insufficiente.
Dall’altro lato, ong, sinistra del Labour e Verdi denunciano una violazione dei principi di solidarietà e diritti umani.

Mahmood respinge ogni accusa:
«È la più grande revisione della politica d’asilo dei tempi moderni. Non sto accettando gli argomenti dell’estrema destra: è una missione morale».

Starmer cerca ossigeno in un clima politico esplosivo

Il premier laburista tenta così di frenare un’emorragia di consensi data per inarrestabile dai sondaggi, mentre anche dentro il Labour monta il malcontento. La questione migratoria diventa quindi un terreno decisivo per la sopravvivenza politica del governo.

La promessa, però, resta tutta da verificare nella sua efficacia.

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Esteri

Trump elimina i dazi su carne, frutta e caffè: retromarcia per frenare il carovita negli USA

Trump rimuove i dazi su centinaia di prodotti alimentari per placare l’ira degli americani contro il carovita. Dubbi degli esperti: è una mossa politica dettata dal nervosismo della Casa Bianca.

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Donald Trump fa marcia indietro e rimuove i dazi su carne, banane, caffè, avocado, mango, pomodori e decine di altri prodotti agricoli. Una decisione che la Casa Bianca giustifica con i “progressi nelle trattative commerciali” e con il fatto che gli Stati Uniti non producono abbastanza di questi beni per soddisfare la domanda interna.

Una spiegazione che non convince molti esperti, secondo cui la mossa nasconde il timore dell’amministrazione di fronte a prezzi sempre più alti e al crescente malcontento dei consumatori.

Il nervosismo della Casa Bianca e il tema dell’“accessibilità”

Dietro questa retromarcia c’è un’evidente tensione politica. L’inflazione sul carrello della spesa pesa da mesi sui bilanci delle famiglie, mentre Trump — che in pubblico ha liquidato il tema dell’accessibilità come una “truffa dei democratici” — teme una rivolta contro la sua agenda economica.

Il presidente era arrivato alla Casa Bianca promettendo una drastica riduzione dei prezzi e una nuova “età dell’oro”. Finora, però, gli effetti della sua ricetta economica hanno premiato soprattutto i mercati e i più ricchi, senza alleggerire la pressione sui portafogli degli americani.

Il rischio gennaio: l’esplosione dei costi sanitari

La tensione è destinata a crescere. A gennaio potrebbero schizzare i prezzi delle assicurazioni sanitarie per milioni di americani, con la fine dei sussidi dell’Obamacare. Una riforma criticata per anni dai repubblicani, ma per la quale non è mai stata proposta un’alternativa credibile.

Se i sussidi non verranno prorogati, il prezzo politico da pagare alle prossime elezioni potrebbe essere altissimo.

La retromarcia sui dazi rilancia il soprannome “Taco”

La nuova ondata di cancellazioni tariffarie ha riportato in auge il soprannome “Taco” — Trump always chickens out — con cui i critici accusano il presidente di annunciare misure aggressive salvo poi ritirarle sotto pressione.

Dal 2 aprile l’amministrazione è stata costretta a correggere più volte il tiro sui dazi, elemento centrale della sua agenda economica. Trump ha sempre sostenuto che le tariffe servono a rimettere in equilibrio gli scambi e a finanziare parte del taglio delle tasse, il suo big beautiful bill.

La minaccia della Corte Suprema

Sulle politiche tariffarie del presidente incombe ora il giudizio della Corte Suprema, chiamata a pronunciarsi sulla loro legittimità. I giudici hanno mostrato scetticismo sulla tesi della Casa Bianca, che invoca un’emergenza nazionale per giustificare le tariffe.

Una bocciatura sarebbe devastante: metterebbe in discussione la credibilità dell’amministrazione e potrebbe obbligare Washington a restituire — secondo Trump — fino a 3.000 miliardi di dollari.

Una prospettiva che spiega il clima di crescente agitazione attorno a un presidente che, per la prima volta, vede indebolirsi uno dei pilastri della sua identità politica: essere il “Re delle Tariffe”.

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