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Meloni convinta della stabilità e rilancia sulle riforme

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È “provata” Giorgia Meloni. Vive la scomparsa di Silvio Berlusconi con il dolore di chi aveva “grande rispetto e gratitudine” per il leader di FI, che la volle nel suo governo nel 2008, come ministro (fin lì il più giovane della storia repubblicana). Ci sono state frizioni a inizio legislatura ma da gennaio i rapporti erano migliorati. “Sono molto fiera che ultimamente, soprattutto, spesso mi chiamava e mi diceva ‘stai lavorando bene'”, racconta la presidente del Consiglio, rivelando che il Cavaliere lo ha ribadito anche nell’ultima telefonata, sabato: “Sono molto fiero del lavoro che stai facendo, di come lo stai facendo”. In questo turbinio di emozioni, racconta chi ha avuto modo di confrontarsi con lei, Meloni non contempla timori di scosse, almeno a breve termine, dopo l’uscita di scena del fondatore del centrodestra. E rilancia con convinzione la riforma costotuzionale e del fisco, anche per rendere onore al Cavaliere. Mancherà la sua capacità di “mettere d’accordo tutti”, ammette Matteo Salvini.

Fino alle Europee, concordano diversi dirigenti dell’alleanza, non cambierà nulla. Eppure, è l’altra convinzione diffusa, nulla sarà come prima per la politica italiana, e quindi anche per l’esecutivo. Nella giornata del lutto, delle lacrime, dei ricordi, c’è poca voglia di pensare a quel che verrà. Ma c’è la consapevolezza che il centrodestra dovrà fare i conti con uno scenario in evoluzione, in particolare per le fibrillazioni in Forza Italia. L’incalzare dell’attualità costringerà presto a fare i conti con il post Berlusconi. Un big del centrodestra lo ammette: si guarderà anche ai sondaggi, e non ci sarebbe da sorprendersi se nel breve periodo Forza Italia dovesse avere una crescita, per una “mozione degli affetti”. Da una parte, si ragiona in FdI, è interesse di tutti che resti una forza politica autonoma al centro. Ma nessuno, ora come ora, ha certezze sul futuro a medio termine del partito.

Dopo il primo ricovero dell’ex premier, Meloni aveva stretto una sorta di patto con la figlia Marina Berlusconi, da cui era derivata la svolta governista di FI e la riorganizzazione. Ora è da capire se il partito resterà un asset rilevante per gli eredi del Cavaliere. L’alternativa scoperchierebbe il pentolone azzurro. Non a caso, dentro FdI prende forza l’idea che Meloni inizi a pensare a come intercettare quell’elettorato moderato che guardava soprattutto al Cavaliere: una riflessione orientata verso un ripensamento del partito, verso un Pdl versione 2.0 (nella cui leadership potrebbero rientrare i vertici di FI), da varare prima o più facilmente dopo le Europee, dove comunque tra un anno, con il sistema proporzionale, si misurerebbe in modo chiaro il peso di ciascun partito.

“FI senza Berlusconi non può esistere”, dice Vittorio Sgarbi (e lo pensano in molti): “lui voleva fondare un Partito Repubblicano”. Come su tutti i media, nel lungo speciale del Tg5, principale telegiornale delle tv della famiglia Berlusconi, ci si interroga sulla sua eredità politica e sul futuro del centrodestra. Riuscirete – è la domanda del direttore Clemente Mimun – a non litigare? “Penso che glielo dobbiamo”, l’impegno di Meloni, che affida i propri pensieri a caldo a un videomessaggio, poi proprio al Tg5 e potrebbe recarsi ad Arcore per rendergli omaggio alla camera ardente. “Oltre a essere il collante era quello tra noi con più esperienza”, sottolinea la premier, promettendo che “per lui porteremo a casa gli obiettivi che, insieme, ci eravamo dati”. Il prossimo in agenda potrebbe essere la riforma della giustizia, in un percorso in cui leader del centrodestra sanno che, prima o poi, avranno bisogno delle strategie di mediazione di Berlusconi”.

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Rai: giornalisti precari, siamo maggioranza informazione reti

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”L’Assemblea dei giornalisti precari e programmisti multimediali delle Reti Rai all’indomani dello sciopero del 6 maggio indetto da Usigrai dichiara – in una nota – quanto segue:

1) Lo sciopero è una delle prerogative più importanti in mano ai lavoratori in un sistema democratico. Nelle reti Rai esistono circa 250 giornalisti a cui questo strumento è negato: siamo infatti giornalisti partite Iva, dunque senza diritto di sciopero, o giornalisti inquadrati come “programmisti multimediali” dunque non rappresentati dalle sigle sindacali dei giornalisti

2) La giornata di sciopero proclamata da Usigrai ha aiutato a evidenziare che nei programmi di informazione delle Reti Rai una buona parte dei giornalisti non ha un contratto giornalistico. Anzi, nella maggior parte dei programmi, soprattutto quelli quotidiani, noi siamo la maggioranza. Non si può andare avanti così, è necessario trovare una soluzione

3) Abbiamo apprezzato che durante la conferenza stampa indetta in occasione dello sciopero il segretario della Fnsi, Vittorio Di Trapani e il segretario di Usigrai, Daniele Macheda, abbiano dichiarato con nettezza che si tratta di una situazione da sanare al più presto. Abbiamo altresì apprezzato che il segretario di Unirai, Francesco Palese abbia dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera di avere un punto in comune con la piattaforma di Usigrai: il giusto contratto per chi lavora nei programmi come giornalista. È lo spirito giusto: nessuno che abbia legittimità sindacale all’interno dell’azienda può esimersi dal farsi carico della nostra condizione. Lavoriamo da anni nel servizio pubblico contribuendo a realizzare con il nostro lavoro e le nostre competenze l’informazione delle tre Reti Rai, chiediamo di avere un contratto giornalistico che ci tuteli dal punto di vista previdenziale, salariale e sindacale

4) In conclusione: non ci interessa essere “tirati per la giacchetta”. Se ne avessimo avuto la possibilità qualcuno di noi avrebbe aderito allo sciopero, altri no, altri hanno comunque voluto partecipare prendendo giorni liberi e permessi che, però, non hanno nulla della dignità dell’astensione dal lavoro organizzata. Quindi chiediamo: quanto dobbiamo aspettare ancora? Ci saranno nuove priorità? Davvero il più grande editore italiano non può applicare il contratto previsto per legge a chi informa il pubblico per “questioni economiche”? Attendiamo da cinque anni un tavolo sindacale che affronti seriamente la questione. Ci aspettiamo che, subito dopo l’insediamento del nuovo cda, tutti lavorino per giungere a un accordo e che questo sia uno dei primi punti posti all’attenzione della nuova governance”.

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Tajani, su Toti si poteva intervenire in un altro momento

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“Il ministro Nordio ha un ruolo e può dire ciò che pensa. Fa bene e condivido le sue parole”. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine dell’assemblea nazionale di Confcooperative, a Roma. Per Tajani si tratta di una “vicenda giudiziaria che risale a vicende di parecchi anni fa, forse si poteva intervenire due mesi fa, il giorno dopo le elezioni… Però questo non ci turba, non ci preoccupa nulla”. Alla domanda sulle dimissioni per Michele Emiliano chieste dal centrodestra, Tajani ha affermato che “le vicende giudiziarie sono diverse. Emiliano ha detto due volte di essere andato dalla sorella del boss”.

“Io sono garantista – ha ribadito Tajani – anche per le vicende di Bari, per quella di Genova e anche per persone che non sono di Forza Italia”. In merito all’opportunità della richiesta di dimissioni, Tajani ha chiesto di “non strumentalizzare le vicende giudiziarie” .

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Politica

Meloni a Stoltenberg: la Nato affronti le sfide sul fianco Sud

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“Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ricevuto a Palazzo Chigi il Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg. Al centro del colloquio i temi di attualità dell’agenda atlantica nel contesto della preparazione del Vertice NATO di Washington in luglio”. Lo riferisce una nota di Palazzo Chigi, spiegando che la premier “in particolare ha ribadito l’aspettativa italiana che a Washington possano essere adottate decisioni concrete in risposta alle sfide caratterizzanti il fianco Sud, in coerenza con l’approccio a 360 gradi alla sicurezza euroatlantica previsto dal Concetto Strategico della Nato”.

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