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Ambiente

Procida, liberate zanzare sterili per ridurre la riproduzione

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Troppe zanzare a Procida e così il Comune ha varato un progetto particolare: liberare zanzare sterili in modo che non possano riprodursi, a spiegarlo è lo stesso sindaco dell’isola Dino Ambrosino sul suo profilo Facebook: “Ieri pomeriggio c’è stata una tappa fondamentale del progetto Stop Zanzara Tigre. Sono stati liberati -scrive il sindaco di Procida- nei giardini della Chiaiolella migliaia di esemplari di zanzara maschio sterilizzati. Ogni settimana ne saranno rilasciati nell’ambiente 100.000, si accoppieranno con le femmine, ma non produrranno altri esemplari, in quanto sterili. Il progetto punta a dimostrare in questo modo che nel corso delle successive settimane ci potrà essere una riduzione del numero totale delle zanzare, che non riusciranno a riprodursi. Di conseguenza diminuiranno le zanzare femmine, che sono particolarmente moleste con le loro punture”.

“Il percorso è stato lungo, complesso ma esaltante. Basti pensare -scrive ancora Ambrosino – che la sterilizzazione di ogni singolo maschio è costata 3 centesimi. Il coinvolgimento della comunità della Chiaiolella, gratuito e generoso, ha invece dimostrato che si possono ridurre le condizioni in cui proliferano le zanzare, eliminando tutti i ristagni d’acqua. Un esperimento ben riuscito di Scienza Partecipata.Un grazie al prof. Marco Salvemini, a tutto lo staff di professori e ai giovani studenti delle Università e dell’Accademia di belle arti”.

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Ambiente

Campi Flegrei, tra bradisismo e rischio eruttivo: il punto del vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo

Il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo fa il punto sui Campi Flegrei: “La vera emergenza è il rischio eruttivo. Tanti studi, pochi risultati. Serve un piano aggiornato”.

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Un’area instabile, fragile, densamente abitata. I Campi Flegrei continuano a far paura, e non solo per il bradisismo. A preoccupare gli esperti è anche il rischio vulcanico, spesso sottovalutato o confinato alle ipotesi teoriche. A fare chiarezza è il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo, una delle voci più competenti e critiche sul tema, che da anni studia i fenomeni più pericolosi dell’area flegrea.

Un territorio imprevedibile

Mastrolorenzo lo ribadisce da tempo: la crisi dei Campi Flegrei non può essere trattata solo come fenomeno sismico. Il bradisismo – l’innalzamento e abbassamento del suolo – è solo una delle manifestazioni visibili di un sistema vulcanico attivo, che nel corso dei secoli ha dato vita a eruzioni devastanti, come quella che 15.000 anni fa formò la caldera attuale.

“La vera emergenza è l’imprevedibilità di questi fenomeni”, sottolinea Mastrolorenzo. Un’imprevedibilità che rende difficile ogni tentativo di previsione a lungo termine, ma che impone misure serie, concrete e basate sulla conoscenza reale.

Troppi studi, pochi risultati

Secondo il vulcanologo, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi e le pubblicazioni sui Campi Flegrei, ma senza veri progressi sostanziali. “C’è un proliferare di ricerche che spesso ripetono concetti già noti o si limitano a rielaborazioni dei dati esistenti, senza contribuire realmente all’avanzamento delle conoscenze o alla mitigazione del rischio”.

Mastrolorenzo invita a distinguere tra scienza e comunicazione tranquillizzante, perché la realtà dei Campi Flegrei è complessa, e semplificarla rischia di creare false sicurezze.

Bradisismo e rischio eruttivo: due facce della stessa minaccia

L’area è oggi alle prese con una fase di sollevamento del suolo che, secondo l’INGV, ha raggiunto quasi un metro dal 2005. Ma per Mastrolorenzo, concentrarsi solo sul bradisismo rischia di far dimenticare che i Campi Flegrei sono un vulcano, e che ogni segnale – sismico, termico o chimico – va letto anche alla luce di un possibile scenario eruttivo.

Non è allarmismo, ma rigore scientifico: “Non possiamo escludere un’eruzione, per quanto bassa sia la probabilità nel breve termine. E dobbiamo pianificare pensando al peggiore degli scenari possibili”.

Un piano di protezione civile ancora da rivedere

Infine, Mastrolorenzo invita le autorità a ripensare i piani di evacuazione, le strategie comunicative e i livelli di allerta: “Non possiamo pensare di affrontare un rischio così grande con strumenti pensati vent’anni fa”.
Serve un approccio aggiornato, meno burocratico e più integrato con il territorio e le comunità.

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Gheppio tenuto in gabbia a Montearchio, denunciato un sessantenne

Un gheppio maschio, detenuto illecitamente da un sessantenne a Montesarchio, è stato sequestrato dai Carabinieri Forestali. L’uomo è stato denunciato.

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I Carabinieri Forestali di Montesarchio, insieme alla Polizia Metropolitana di Napoli e alle guardie volontarie della Lipu, hanno sequestrato un esemplare maschio di gheppio (Falco tinnunculus) tenuto illegalmente in una gabbia nelle pertinenze di un’abitazione privata. Il rapace, probabilmente catturato da pullo, era incapace di volare, non essendosi mai abituato alla libertà.

Il trasferimento al centro specializzato

L’animale è stato immediatamente affidato al CRAS di Napoli, centro specializzato dell’ASL Napoli 1 per la cura e la riabilitazione della fauna selvatica. Il presunto detentore, un uomo di circa sessant’anni residente a Montesarchio, è stato denunciato a piede libero alla Procura della Repubblica di Benevento per detenzione abusiva di fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato, e per ricettazione.

La tutela dei rapaci nei nostri ecosistemi

Il gheppio, come tutti i rapaci diurni, è specie protetta in quanto fondamentale per l’equilibrio degli ecosistemi, sia naturali che urbani. La legge ne vietata la detenzione, proprio per tutelare il ruolo ecologico e conservazionistico di questi animali.

Un’attività di controllo e prevenzione

L’intervento rientra nei servizi ordinari di controllo del territorio e di tutela della fauna selvatica condotti dai Carabinieri Forestali di Montesarchio, con il supporto delle forze di polizia e delle associazioni ambientaliste come la Lipu, che operano con proprie guardie volontarie.

Si ricorda che i provvedimenti già eseguiti sono misure precautelari, adottate nell’ambito delle indagini preliminari. I destinatari sono da considerarsi persone sottoposte a indagini e presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

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Follie italiane: strage di 2.000 ulivi per un impianto fotovoltaico in Puglia

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“Ormai qui è una distesa di erba e malinconia”, sospira chi passa davanti a un terreno che adesso sembra incolto e senza un passato. Perché lì, c’erano poco meno di duemila alberi di ulivo che sono stati eradicati per trasformare l’uliveto in un suolo che produce energia grazie al sole. Località Pozzo delle Grue, che guarda la strada che da Bitonto (Bari) porta al mare, diventerà terra di energia fotovoltaica. “Quell’area è adesso desolata e deturpata: è uno squarcio nel cuore”, spiega Gennaro Sicolo, presidente di Cia Puglia. È stata l’associazione agricola a denunciare quanto sta accadendo dove da sempre maturano, gonfi di olive, alberi dalle chiome verdi. “Chiederemo l’accesso agli atti perché è intollerabile. Ed è altrettanto inammissibile il silenzio del Comune”, aggiunge Sicolo.

Ad autorizzare la Gdr solar Srl a realizzare un’opera con una potenza nominale pari a 11,9712 megawatt elettrico ed estesa su quasi 15 ettari su cui saranno piantati pannelli e cemento, sarebbe stata la Regione Puglia a cui, quattro anni fa, la società ha presentato “istanza di autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile fotovoltaica, nel comune di Bitonto su un suolo di proprietà privata”, fanno sapere dal Comune. “Non risulta alcun sì da parte dell’Ente regionale – evidenzia Sicolo – come mi è stato confermato dai vertici del dipartimento Agricoltura. Il Comune avrebbe potuto almeno opporsi, non c’è stata trasparenza. E lo dico da cittadino residente a Bitonto”.

È diversa la posizione di Palazzo di Città. “La nostra Amministrazione ha sin dal primo momento seguito con la massima attenzione questo procedimento, non condividendone la logica né sul piano delle politiche produttive né del paesaggio”, replica Francesco Bardi, assessore comunale all’Agricoltura di Bitonto spiegando che “purtroppo la legislazione nazionale al momento della richiesta di autorizzazione alla Regione Puglia, non permetteva il diniego neppure alla struttura regionale”. “Lo scollamento tra i livelli nazionale, regionale e infine comunale in casi come questo, raggiunge livelli assurdi”, annota Bardi. Non concorda Sicolo secondo cui “il Comune che avrebbe potuto bloccare l’impianto, non lo ha fatto né ha condiviso con noi le informazioni di questo scempio: l’operazione è stata chiusa sottotraccia”. “È assurdo che nella terra dell’olio si faccia scempio di ulivi. Mi chiedo se sia questo il futuro che vogliamo dare a un territorio come Bitonto che ha legato le sue tradizioni, la sua economia, la sua storia anche all’olivicoltura”.

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