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Politica

Giani contro Tomasi in Toscana, la sfida del “fortino rosso”: affluenza al minimo

È la bassa affluenza a dominare la scena del voto in Toscana, dove si decide chi guiderà la regione nei prossimi cinque anni.Alle 19, secondo i dati ufficiali, ha votato solo il 28,1% degli elettori, otto punti in meno rispetto al 2020 (36,2% alla stessa ora). Un dato in leggera ripresa rispetto al 9,9% registrato […]

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È la bassa affluenza a dominare la scena del voto in Toscana, dove si decide chi guiderà la regione nei prossimi cinque anni.
Alle 19, secondo i dati ufficiali, ha votato solo il 28,1% degli elettori, otto punti in meno rispetto al 2020 (36,2% alla stessa ora). Un dato in leggera ripresa rispetto al 9,9% registrato alle 12, ma che conferma una diserzione di massa dalle urne.

Nei dieci capoluoghi toscani, Pistoia segna il dato più alto con il 34%, mentre Massa scende al 23,2% (contro il 31% del 2020). A Firenze, tradizionale traino del voto progressista, l’affluenza si ferma al 32,9%, quasi otto punti in meno rispetto a cinque anni fa.

Giani contro Tomasi: la sfida del “fortino rosso”

La contesa vede da un lato Eugenio Giani, governatore uscente sostenuto dal campo largo del centrosinistra, e dall’altro Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia e volto del centrodestra unito deciso a conquistare il “fortino rosso” dopo cinquant’anni.
In corsa anche Antonella Bundu, candidata della sinistra radicale, che punta alla soglia di sbarramento del 5%.

Per entrambi i principali contendenti, il dato decisivo sarà proprio l’affluenza.
Il centrosinistra teme il disinteresse dell’elettorato storico, mentre la destra spera che la mobilitazione locale – in particolare quella di Tomasi nella sua Pistoia – possa invertire la tendenza.

Il rischio astensione e la nostalgia dei vecchi numeri

Difficile, per ora, pensare a un recupero verso le cifre del passato.
Il record positivo del 2020, con un’affluenza finale del 62,6%, appare lontanissimo, mentre resta vivo il ricordo del minimo storico del 48% toccato nel 2015.
A incidere, spiegano gli osservatori, anche la domenica di sole e gli stabilimenti balneari ancora aperti in Versilia, che hanno distratto molti elettori.

Appelli al voto e schermaglie politiche

Davanti al proprio seggio di Sesto Fiorentino, Giani ha lanciato un appello:
«Il voto è un diritto fondamentale. Si voti a destra, sinistra o centro, ma è importante che risulti sempre che in Toscana si vota».

Tomasi ha scelto toni più familiari: «Ci tengo che i miei figli vivano questa festa democratica, mi hanno sempre accompagnato in campagna elettorale, è giusto che siano con me oggi».

Sul fronte della Lega, Roberto Vannacci ha postato una foto alle urne, parlando di “dovere civico” e ironizzando sulla gaffe di Giani, che aveva “sconfinato” in Lombardia in un’intervista radiofonica.
«Tranquilli, sono in Toscana e non rischio di finire in Lombardia», ha commentato il generale.

Il voto disgiunto e le partite interne ai partiti

In Toscana è ammesso il voto disgiunto, che consente di scegliere un candidato presidente e una lista di un altro partito.
Questo potrebbe influire sugli equilibri interni sia nel centrodestra, dove si misureranno i rapporti di forza tra Lega e Forza Italia, sia nel centrosinistra, dove la sfida è tra Alleanza Verdi e Sinistra e la nuova Casa Riformista dei renziani.

Per la leader dem Elly Schlein, la vittoria di Giani sarebbe un segnale di conferma della strategia del “campo largo” dopo le sconfitte nelle Marche e in Calabria.
Ma se l’affluenza non si rialzerà, anche un successo potrebbe avere il sapore amaro di una vittoria a metà.

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Politica

Regionali in Campania, Fico e Cirielli definiscono le liste: scontro nel centrosinistra, centrodestra compatto

A due settimane dalla presentazione delle liste, centrosinistra e centrodestra limano i dettagli. Fico punta su otto liste, ma resta il nodo con De Luca. Cirielli ne prepara cinque, con Fratelli d’Italia e Lega in prima linea.

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A poco più di due settimane dalla presentazione delle liste elettorali, la sfida per la Regione Campania entra nel vivo.
I prossimi giorni saranno decisivi per gli ultimi aggiustamenti, con i due schieramenti che si presenteranno ai nastri di partenza con numeri differenti: cinque liste certe per Edmondo Cirielli, che punta ad arrivare a sette, e otto per Roberto Fico, candidato del cosiddetto campo largo.


Il centrosinistra tra alleanze e tensioni interne

Roberto Fico non intende superare la soglia delle otto liste. Accanto alle formazioni di Pd, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra, Fico Presidente, A testa alta, Casa Riformista e Partito Socialista, figura anche Noi di Centro di Clemente Mastella, chiamato ad accogliere esponenti di Più Europa, Udc e Alleanza Democratica.
Per ora, solo il Psi di Enzo Maraio ha aperto le porte, includendo tra i candidati Valeria Ciarambino, ex M5S, e Giuseppe Sommese, ex Azione.

Il nodo principale riguarda però la lista deluchiana “A testa alta”, che include la dicitura “con De Luca”, mal digerita da Fico. “Non se ne parla proprio”, avrebbe confidato l’ex presidente della Camera ai suoi, pur evitando di alimentare pubblicamente lo scontro: “Non parlo dei simboli, non c’è ancora la presentazione”.

Intanto emergono i primi nomi della lista Fico Presidente: Nino Simeone, consigliere comunale, Roberto Bozzaotre, vicesindaco di Capri, Rossella Solombrino di Movimento Equità Territoriale e Alfonso Longobardi, ex consigliere regionale.
Per Avs dovrebbe correre il giornalista Marco Esposito, mentre Casa Riformista e Pd schierano rispettivamente Teresa Rea e Francesca Amirante.

Nel Pd, in attesa della ratifica della direzione provinciale e regionale, sono confermati gli uscenti Massimiliano Manfredi, Bruna Fiola e Loredana Raia, insieme a Antonio Marciano, Enza Amato e all’ex sindaco di San Giorgio a Cremano Giorgio Zinno.
La lista del governatore De Luca sarà invece la più folta, con nomi di peso come Gennaro Oliviero, Lucia Fortini, Luca Cascone, Diego Venanzoni, Paola Raia, Carmine Mocerino, Giovanni Porcelli, Vittoria Lettieri e Rossella Casillo, figlia di Tommaso Casillo.


Il centrodestra prepara cinque liste e punta sulla società civile

Sul fronte opposto, Edmondo Cirielli lavora a cinque liste già confermate, con la possibilità di allargarle a sette.
Oltre ai quattro partiti della coalizione — Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati — è pronta anche la lista del presidente, che includerà esponenti del Nuovo Psi e rappresentanti della società civile.

“Ci sarà molto spazio per persone impegnate sui territori e per esperienze civiche locali”, ha spiegato Cirielli.

A Salerno dovrebbe scendere in campo Alessandro Schillaci, mentre ad Avellino si lavora all’intesa con l’ex sindaco Gianluca Festa.
Altre due liste saranno proposte da Udc e Democrazia Cristiana: “La Dc, assente alle Regionali dal 1993, tornerà sulla scheda a sostegno di Cirielli”, ha confermato Gianfranco Rotondi.

In Fratelli d’Italia il capolista sarà l’ex ministro Gennaro Sangiuliano, accompagnato dall’imprenditrice Ira Fele, moglie del deputato Michele Schiano di Visconti, l’avvocato Michele Riggi.
Tra gli altri nomi figurano Adamo Guarino, Cosimo Amente, Nunzio Carpentieri e Raffaele Pisacane.

Forza Italia punterà su Gianfranco Librandi, Franco Cascone, Massimo Pelliccia e Salvatore Guangi, mentre a Caserta correrà l’ex deluchiano Giovanni Zannini.
Nella Lega spazio a Daniela Di Maggio, madre del giovane GiòGiò, insieme a Severino Nappi, Carmela Rescigno, Antonella Piccerillo, Aurelio Tommasetti e Domenico Brescia.
Per Noi Moderati spicca invece l’avvocato Riccardo Guarino, coordinatore del partito a Napoli.


Le prossime due settimane saranno decisive per comporre le liste definitive, ma anche per capire se la sfida tra Fico e Cirielli resterà nei toni politici o si trasformerà in un duello interno alle coalizioni, tra leadership forti e alleanze ancora da consolidare.

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Politica

Francesca Albanese, bufera sulla frase “Milano non è Napoli”: il Comune valuta lo stop alla cittadinanza onoraria

Scoppia la polemica a Napoli dopo le parole di Francesca Albanese: “Milano non è Napoli, lì si svegliano alle 6”. Il sindaco Manfredi frena sulla cittadinanza onoraria, Maresca e Vietri chiedono la revoca.

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Milano non è Napoli, lì si svegliano alle 6”. È bastata questa battuta, pronunciata in tono leggero nel podcast Tintoriadei comici Daniele Tinti e Stefano Rapone, per scatenare la bufera su Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per la Palestina e candidata alla cittadinanza onoraria di Napoli.

Le sue parole, pronunciate nel contesto di un discorso sulle manifestazioni di solidarietà per Gaza, hanno indignato molti napoletani. “È il primo genocidio in cui vedo un moto popolare di sdegno che scende nelle strade. Pure a Milano, nel cuore della notte. Milano non è Napoli, nel senso che lì si devono svegliare alle 6”, ha detto Albanese, innescando una valanga di reazioni.


La reazione politica e il gelo di Palazzo San Giacomo

Ad agosto il Consiglio comunale di Napoli aveva votato all’unanimità una mozione per conferirle la cittadinanza onoraria, ma il conferimento non è ancora stato deliberato dalla Giunta.
Il sindaco Gaetano Manfredi, intervenuto alla Festa de Il Foglio a Firenze, ha chiarito:

“Il Consiglio ha fatto una proposta. Il conferimento è una competenza del sindaco e della Giunta”.

Una frase che, di fatto, congela l’iter. L’opposizione, intanto, chiede la revoca immediata.
Il consigliere comunale e magistrato Catello Maresca ha definito “vergognose” le parole dell’attivista:

“Non merita la cittadinanza onoraria, né quella italiana. Chiedo scuse pubbliche ai napoletani e proporrò la revoca del riconoscimento”.


Le spiegazioni di Albanese: “Era solo una battuta”

Sui social, Francesca Albanese ha provato a ridimensionare l’episodio, definendolo una “battuta travisata”.

“Come è possibile che la manipolazione di quattro minus habentes trasformi una battuta rivolta ai fratelli milanesi in un’offesa ai napoletani? Io sono fiera meridionale, irpina, campana prima che italiana. Potrei mai offendere la mia terra?”.

Nessuna vera scusa, ma un chiarimento in cui ribadisce il suo legame con la Campania:

“Quando descrivo la popolazione di Gaza, la paragono spesso ai napoletani per la loro poesia e amore per la vita”.


La polemica trasversale: da Maresca a Vietri fino a Sorrentino

L’episodio ha sollevato reazioni bipartisan.
La deputata di Fratelli d’Italia Imma Vietri ha definito le parole di Albanese “un’offesa gratuita e vergognosa”, mentre l’avvocato Angelo Pisani, ex legale di Diego Armando Maradona, ha annunciato una class action contro la rappresentante Onu.

Anche la vicepresidente del Consiglio regionale Flavia Sorrentino (centrosinistra) ha preso posizione:

“Può sembrare una leggerezza, ma non lo è. Gli stereotipi non sono mai innocui. Chi riceve un riconoscimento deve rispettare la città che glielo concede”.

Più cauto il consigliere comunale Nino Simeone:

“Per il rispetto che nutro nei confronti di Albanese mi sento deluso, ma credo si tratti di una leggerezza comunicativa. Mi auguro che chiarisca e riconosca l’errore”.


Sinistra italiana difende Albanese: “Espressione infelice, ma impegno indiscutibile”

A difendere l’attivista interviene Rosario Andreozzi di Sinistra Italiana, che aveva proposto la cittadinanza onoraria:

“Il centrodestra sta strumentalizzando una frase infelice. Non cancella l’enorme valore del suo impegno per la Palestina e i diritti umani”.


Tra polemiche e chiarimenti, il destino della cittadinanza onoraria di Francesca Albanese resta sospeso.
Il sindaco Manfredi e la Giunta dovranno ora decidere se confermare il riconoscimento o fermare una cerimonia diventata politicamente esplosiva.

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In Evidenza

Mattarella: “La sicurezza sul lavoro è un diritto inalienabile, non un costo ma un investimento sull’uomo”

Nella Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, Mattarella richiama l’Italia a una nuova consapevolezza: “Ogni otto ore un morto sul lavoro. Serve impegno collettivo per tutelare vita e dignità dei lavoratori”.

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“La sicurezza sul lavoro è un diritto inalienabile, un investimento sul valore dell’essere umano, sul significato del lavoro e sulla qualità della vita”.
Con queste parole il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto celebrare la 75ª Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, inviando un messaggio ad Antonio Di Bella, presidente dell’Anmil, l’Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro.

Mattarella ha ricordato i dati drammatici diffusi dall’associazione: in Italia ogni otto ore muore una persona sul lavoro.
«Il numero di decessi e infortuni resta tragicamente alto — scrive il Capo dello Stato — anche rispetto al resto dell’Unione europea. Ciascuna vittima è un volto a cui dare voce».

“Serve una nuova consapevolezza collettiva”

Il Presidente ha lanciato un appello per un impegno condiviso:
«Dal dolore deve nascere una nuova consapevolezza, una volontà comune di costruire luoghi di lavoro più sicuri, dove la vita e la dignità di ogni lavoratore siano sempre al primo posto».

Un messaggio che richiama istituzioni, imprese e cittadini a una responsabilità collettiva per fermare quella che Mattarella definisce una “strage continua”.

Le reazioni delle istituzioni

Il tema della sicurezza è stato rilanciato anche dalle più alte cariche dello Stato.
Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha scritto su Facebook:
«Nonostante i grandi sforzi, i dati restano preoccupanti. Troppe persone continuano a morire o a subire gravi infortuni mentre lavorano. La sicurezza deve essere una priorità condivisa: prevenzione, formazione e responsabilità sono strumenti essenziali per tutelare la vita e rendere il lavoro un luogo di dignità e progresso».

Sulla stessa linea il presidente della Camera Lorenzo Fontana:
«La sicurezza è una priorità fondamentale per garantire che ogni luogo di lavoro tuteli la dignità e la vita delle persone. Un ringraziamento a chi promuove la cultura della prevenzione e sostiene le vittime di infortuni e malattie professionali».

Un nuovo decreto in arrivo

Dal governo arriva la conferma che il tema è al centro dell’agenda politica.
La viceministra del Lavoro Teresa Bellucci (FdI) ha annunciato che è in fase di completamento un nuovo decreto sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, elaborato “in un costruttivo confronto con le parti sociali”.

Il provvedimento — ha spiegato Bellucci — integra nel Testo unico sulla sicurezza anche la tutela contro violenze e molestie sul lavoro, perché «la sicurezza significa anche proteggere la dignità e il benessere psicofisico delle persone».

“Una giornata che appartiene a tutti i lavoratori”

Il presidente dell’Anmil, Antonio Di Bella, ha sottolineato il valore simbolico e civile della ricorrenza:
«Questa giornata appartiene a tutti i lavoratori — presenti, futuri e pensionati — e deve portare un grido unanime verso il cambiamento. Serve una presa in carico determinata per porre fine a una strage che continua e per costruire finalmente un vero Stato sociale che investa nella sicurezza e nella vita».

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