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Violenze del 2013, a morte leader dei Fratelli Musulmani

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Hanno quasi tutti i capelli bianchi gli otto leader dei Fratelli Musulmani protagonisti delle battaglie del 2013 nelle piazze del Cairo, che oggi il tribunale penale egiziano per la sicurezza dello Stato ha condannato all’impiccagione per aver organizzato e partecipato a una serie di omicidi di forze di sicurezza e semplici cittadini. Tra loro anche l’ottava Guida Suprema Mohammed Badie, di 80 anni e la guida ad interim Mahmud Ezzat, di 79. La Corte ha inoltre condannato all’ergastolo 37 persone, 6 a 15 anni di carcere e altri 7 a 10 anni. Contestualmente, 21 imputati sono stati assolti dalle accuse. Erano tutti in carcere, arrestati in momenti diversi, mentre altri, tra cui Badie, erano già stati condannati a morte per altri capi d’imputazione.

Movimento fondamentalista nato negli anni ’30 e presto diffuso in tutto il Medio Oriente con legami con l’islamismo estremista, i Fratelli Musulmani sono stati dichiarati un’organizzazione terroristica da parte di numerosi governi, primo fra tutti l’Egitto, dove nel 2012 riuscirono però a vincere le elezioni, mandando al potere Mohamed Morsi chiamato ad assumere lo scettro dello spodestato presidente Hosni Mubarak, che per 30 anni aveva governato il Paese. Erano gli anni delle primavere arabe, in Egitto resa possibile dalla capacità dei Fratelli Musulmani di catalizzare la rabbia degli strati popolari contro la crescente occidentalizzazione della cultura originaria, favorita dalla politica filoamericana di Mubarak. Seguì un grave peggioramento delle condizioni economiche e sociali che spianò la strada al colpo di stato nel 2013.

L’attuale presidente dell’Egitto Abdel Fattah Al Sisi, da poco confermato per un terzo mandato, ha spodestato Morsi dando vita ad una durissima repressione contro i Fratelli Musulmani. Incarcerazioni, processi ed esecuzioni si sono succedute più volte in questi anni, ma con le condanne di oggi al vertice dei fondamentalisti il governo egiziano dà il colpo decisivo. Il processo di oggi ha riguardato in particolare, alcuni fatti del luglio del 2013 quando i Fratelli Musulmani organizzarono un grandissimo raduno. Durante la manifestazione ci furono numerosi attentati e omicidi ai danni di forze di sicurezza e semplici cittadini. Le persone oggi condannate sono state riconosciute dal tribunale responsabili di quei fatti. Nel dicembre 2013 il movimento era stato ufficialmente sciolto e bandito ma l’influenza dei Fratelli su alcuni strati della popolazione non è mai stata sradicata del tutto. Si dice che Al Sisi, nella sua repressione senza quartiere abbia ucciso almeno 2.500 aderenti, oltre ad avere effettuato più di 20 mila arresti.

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Un video per raccontare la lotta al tumore ovarico

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Le donne colpite dal tumore ovarico raccontano, condividono le loro paure, le loro speranza e allo stesso tempo chiedono maggiore attenzione verso questa grave patologia. L’iniziativa è realizzata dalle donne dell’associazione ALTo attraverso un video che da oggi, in occasione della Giornata mondiale contro il tumore ovarico, è disponibile su You Tube.

Il tumore ovarico è il settimo tumore più comune tra le donne a livello mondiale e costituisce l’ottava causa di morte per cancro femminile. Solo in Italia sono circa 6mila le donne che ogni anno ricevono una diagnosi di tumore ovarico. “Ogni donna che combatte contro il cancro ovarico ha una storia unica da raccontare e attraverso questo video vogliamo dare loro voce – spiega Maria Teresa Cafasso, presidente dell’Associazione ALTo – vogliamo mostrare al mondo intero la loro forza e determinazione e allo stesso tempo sensibilizzare sull’importanza della conoscenza precoce, dell’accesso ai trattamenti e della necessità di approvare nuovi farmaci per la cura delle frequenti recidive che spesso colpiscono le donne affette da questa malattia”.

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Nell’inchiesta su Toti l’ombra di una talpa

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Nell’inchiesta sul presunto comitato d’affari e corruzione che ha portato all’arresto (ai domiciliari) del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti spunta l’ombra di una talpa. E’ un aspetto su cui lavorano gli investigatori della guardia di finanza, coordinati dai pm Federico Manotti e Luca Monteverde, alla luce di quanto emerso dalle intercettazioni ambientali.

E’ il 30 settembre 2020. I fratelli Arturo Angelo Testa e Italo Maurizio Testa, iscritti a Forza Italia in Lombardia e da ieri sospesi dal partito, vengono a Genova per incontrarsi con alcune persone della comunità riesina. A quell’incontro si avvicina un uomo con la felpa e il cappellino.

“Viene riconosciuto in Umberto Lo Grasso (consigliere comunale totiano). Che dice a Italo Testa: “Vedi che stanno indagando, non fate nomi e non parlate al telefono …. Stanno indagando”. In tutta risposta Italo Maurizio Testa afferma: “si lo so, non ti preoccupare …. L’ho stutato (“spento” in dialetto siciliano, ndr)”. Questa condotta, scrive il giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni, “appare in tal modo integrare il delitto di favoreggiamento personale, avendo il predetto – avvisando i fratelli Testa a non parlare al telefono essendo in corso indagini (“stanno indagando”) – fornito un aiuto in favore dei predetti ad eludere le investigazioni a loro carico”.

Ma chi ha avvisato Lo Grasso? Una ipotesi è che vi sia appunto una talpa visto che Stefano Anzalone, totiano anche lui e indagato nell’inchiesta, è un ex poliziotto che ha dunque agganci tra le forze dell’ordine. L’altra ipotesi è che si possa trattare di una sorta di millanteria dello stesso Anzalone che dopo le elezioni voleva togliersi di torno i fratelli Testa e non onorare le promesse fatte in cambio dei voti.

Tutti gli indagati citati in questo articolo sono da considerare presunti innocenti.

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Soccorsa barca a vela a Fiumicino, salvi nonno e nipote a bordo

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Una barca a vela si e’ incagliata nel basso fondale a Fiumara grande, alla foce del Tevere, a Fiumicino. Una complessa operazione di soccorso ha riguardato gli occupanti del natante, si tratta di un anziano e della sua nipote. Due imbarcazioni della Guardia Costiera di Fiumicino , la CP 831 ed il battello A10, hanno assistito l’anziano conduttore della piccola unità a vela.

Pervenuta la richiesta di soccorso via radio alla sala operativa della Capitaneria di porto, nella tarda serata di ieri, i due mezzi di soccorso hanno raggiunto in pochi minuti l’unità da diporto incagliatasi su bassi fondali mentre procedeva con il motore ausiliario. Verificate le buone condizioni di salute dei due occupanti, gli equipaggi della Guardia costiera hanno prestato assistenza per le operazioni di disincaglio, utilizzando le cime di bordo dell’unità a vela per un rimorchio di fortuna.

Dopo alcuni tentativi, poco prima del tramonto, sono riusciti a rimettere in galleggiamento l’unità a vela, poi condotta all’ormeggio in sicurezza presso un cantiere navale. Benché – viene rimarcato dalla guardia costiera – sia stata ampiamente diffusa dalla Capitaneria di Roma l’informazione nautica che segnala la pericolosità del canale di Fiumara per il banco di sabbia che riduce sensibilmente la profondità del canale, si tratta della terza unità da diporto che, nell’ultimo mese, si e’ incagliata nel medesimo tratto.

Un intervento di messa in sicurezza d’emergenza è stato autorizzato dalla Regione Lazio al consorzio degli operatori della cantieristica e dei punti di approdo che insistono lungo il canale con l’obiettivo di attenuare la pericolosità della navigazione, almeno provvisoriamente, in vista dell’imminente avvio della stagione estiva.

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