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Economia

Parte l’orologio del fisco, 24 mesi per la riforma

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Parte il conto alla rovescia per la riforma delle tasse in Italia. La delega fiscale è approdata in Gazzetta Ufficiale e ora si hanno al massimo 24 mesi per la messa a punto dei decreti delegati, in pratica per le norme che attueranno concretamente il nuovo sistema tributario. Il governo per alcuni aspetti è intenzionato a bruciare le tappe. Già nella prossima manovra potrebbero essere inserite le prime misure, a partire dall’Irpef. La delega punta a realizzare un sistema ad aliquota unica, dove la progressività sarebbe garantita dalle detrazioni su famiglia e lavoro, e nelle intenzioni ci sarebbe quella di ridurre già da quest’anno le aliquote da quattro a tre, per avviare il processo.

Il nodo, come sempre, è quello delle risorse. Che sono legate alla crescita dell’economia, all’andamento delle entrate e al costo del debito: tre temi sui quali sono arrivate indicazioni. L’agenzia di rating Fitch ha diffuso un report nel quale rivede al ribasso le stime del Pil di medio termine per 10 economie sviluppate, fra le quali il Regno Unito, la Germania, il Giappone e gli Stati Uniti. Ma salva l’Italia. Insieme alla Francia prevede per il Belpaese un rialzo di 0,1 punti percentuali che lo porta a +0,7% grazie ai “migliorati trend negli investimenti”.

Non va bene, invece, l’andamento del debito pubblico che a giugno è aumentato di 27,8 miliardi rispetto, toccando un nuovo record a 2.843,1 miliardi: un dato che, visto l’aumento dei tassi, fa comprendere che la spesa per interessi da pagare salirà ancora limitando lo spazio di manovra. Buone notizie invece sul fronte delle entrate fiscali e contributive. Nel primo semestre segnano una crescita del 3,6%: in soldoni è un maggior incasso di circa 13,5 miliardi. E’ un risultato che fa tirare il fiato visto che il rallentamento dell’economia nel secondo trimestre avrebbe potuto avere effetti non certo positivi: “tale andamento – afferma il ministero dell’Economia – è in linea con quanto già indicato nel Def e incorporato nel calcolo dei tendenziali contenuti nel suddetto documento”.

Come dire: tutto come previsto. La strada per trovare le risorse appare comunque molto stretta. Vale per la legge di Bilancio. Vale anche per la delega fiscale. La riduzione da quattro a tre aliquote potrebbe costare sui 3-4 miliardi e poi rimane da finanziare anche l’ipotizzata riduzione delle tasse sulle tredicesime sotto forma di incentivo ai premi di produttività e al pagamento di straordinari. Probabilmente con la manovra vedrà la luce il concordato preventivo biennale per gli autonomi. Certamente arriverà in contemporanea la cosiddetta ‘imposta minima nazionale sulle multinazionali’, prevista dalla delega in attuazione di una direttiva europea: inutile dirlo, fornirà gettito utile a finanziare altre misure. Risparmi poi potrebbero essere trovati nella revisione degli sconti fiscali, che sono oltre 600. Anche questo è programmato nella delega, ma quando si tratta di ridurre agevolazioni la distanza tra il dire e il fare è sempre molto ampia.

La legge di Bilancio inoltre ha anche altre priorità. Il taglio del cuneo, che rimane una priorità per la premier Giorgia Meloni, dovrà essere rifinanziato. E serviranno una decina di miliardi. Il solo adeguamento delle pensioni all’inflazione si stima costi 14 miliardi. Ma il governo sta lavorando anche sulla flessibilità in uscita. Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha affermato che il governo vuole confermare quota 103 anche per il 2024 e, insieme, estendere le categorie dell’Ape Sociale. L’ultimo decreto, con la tassa sugli extraprofitti delle banche, ha già messo da parte una piccola dote, che si pensa di utilizzare per aiutare le famiglie sui mutui e per il calo delle tasse. Certamente sarà d’aiuto, ma – oltre ad essere una tantum – da sola non basterà.

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Economia

Saipem si aggiudica tre contratti per 3,7 miliardi dollari

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Saipem

Saipem si è aggiudicata tre nuovi contratti da TotalEnergies Ep Angola Block 20, società controllata da TotalEnergies, per il progetto Kaminho relativo allo sviluppo dei giacimenti petroliferi di Cameia e Golfinho, situati a circa 100 chilometri a largo delle coste dell’Angola. L’ammontare totale dei contratti è di 3,7 miliardi di dollari.

Il primo contratto che si è aggiudicato Saipem riguarda l’ingegneria, l’approvvigionamento, la costruzione, il trasporto e il commissioning del mezzo navale Fpso Kaminho (Floating Production Storage e Offloading). Il secondo contratto comprende l’operation & maintenance dello stesso mezzo Fpso per un periodo di 12 anni con una potenziale estensione di 8 anni. Il terzo contratto prevede l’ingegneria, l’approvvigionamento, la fornitura, la costruzione, l’installazione, il pre commissioning e l’assistenza per il commissioning e la fase di start-up di un pacchetto subsea umbilicals, risers & flowlines, che include circa 30 chilometri di condotte. Le strutture associate saranno fabbricate nello stabilimento locale di Saipem ad Ambriz.

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Economia

Multa da 2,5 milioni Antitrust a Intesa Sanpaolo Rbm Salute

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L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sanzionato per 2,5 milioni di euro Intesa Sanpaolo RBM Salute S.p.A., compagnia assicurativa specializzata nell’assicurazione sanitaria, e per 1 milione di euro Previmedical Servizi per la Sanità Integrativa S.p.A., provider di servizi cui è stata affidata la gestione e la liquidazione delle pratiche di sinistro. Le indagini – spiega una nota – sono state avviate a seguito delle segnalazioni da parte di numerosi consumatori e dei risultati dell’attività di vigilanza svolta dall’Ivass.

Nel corso del procedimento si sono poi aggiunte ulteriori richieste di intervento da parte di consumatori che lamentavano le stesse criticità. Molti reclami sono arrivati da aderenti al fondo sanitario MetaSalute, che da solo raccoglie oltre un terzo del numero di assicurati ISP Rbm. Il comportamento di Intesa Sanpaolo RBM Salute S.p.A. e di Previmedical Servizi per la Sanità Integrativa S.p.A. integra una pratica commerciale scorretta in violazione degli articoli 20, 24, 25, comma 1, lett. d), del Codice del Consumo, perché è stato accertato che hanno ostacolato l’esercizio dei diritti contrattuali dei consumatori, rendendo onerosa la fruizione delle prestazioni assicurative.

In particolare, – spiega Antitrust – sono emersi problemi presso la centrale operativa di Previmedical (verificatisi alla fine del 2022) che hanno determinato – a partire dai primi mesi del 2023 – l’accumularsi di un numero molto alto di pratiche in attesa di evasione, in notevole ritardo rispetto ai tempi di liquidazione previsti dalle rispettive polizze sanitarie. Il ritardo accumulato ha provocato difficoltà anche nella gestione corrente delle richieste di prestazione successive con rallentamenti significativi rispetto alle previsioni contrattuali.

Inoltre, i problemi presso la centrale operativa hanno reso difficile per i consumatori entrare in contatto con il servizio di assistenza clienti. Si sono rilevate, inoltre, numerose incongruenze nell’applicazione concreta delle condizioni di polizza da parte di Previmedical, anche per la difficoltà di interpretare le prassi liquidative stabilite da Intesa Sanpaolo RBM Salute, che hanno avuto come conseguenza numerosi casi di errato rifiuto di autorizzazioni o di rimborsi a soggetti che ne avevano diritto, oppure la richiesta non necessaria di ulteriore documentazione. Gli elementi emersi nel corso dell’istruttoria hanno evidenziato infine la responsabilità di Intesa Sanpaolo RBM Salute S.p.A. nella mancata implementazione di un efficace sistema di controllo sull’attività di gestione dei sinistri da parte del proprio provider, in modo da prevenire e gestire eventuali criticità nella gestione delle polizze sanitarie e garantire ai propri assicurati un adeguato livello di servizio.

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Economia

Il ceto medio teme il futuro, scala sociale bloccata

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La classe media italiana è sempre più povera, impaurita e pessimista. È la sintesi del nuovo rapporto Cida-Censis, la fotografia di una società profondamente cambiata rispetto a quando, tra dopoguerra e boom economico, era in rapida ascesa. Oggi, invece, il 48,4% del ceto medio sente di stare andando indietro nella scala sociale. Anche se che 6 italiani su 10 (il 60,5%) ritengono di appartenere alla classe di mezzo. Di questi, la maggior parte ha un reddito tra 15 e 34 mila euro (46,4%), il 26,7% tra 35 e 50mila, il 15,6% oltre i 50mila e il restante 11,3% delle persone meno di 15mila. Sono più gli anziani (65,4%) rispetto a giovani (57,7%) e adulti (58,9%).

“Preoccupa l’assenza di speranza nel futuro degli italiani. Se le aspettative calano, se non si crede più di poter migliorare la propria condizione, sarà l’intero Paese a pagarne un prezzo altissimo. Dobbiamo investire su più alto benessere economico, più alti consumi, aspettative crescenti”, sottolinea il presidente di Cida, Stefano Cuzzilla. La sensazione di pessimismo per il futuro è condivisa anche dai ceti popolari (che sono il 33,8% e sentono di indietreggiare ulteriormente nel 66,7% delle evenienze) e persino dagli abbienti (in 4 casi su 10).

Il tenore di vita sta calando per il 60% degli italiani, di cui la metà del ceto medio. E non a torto: dal 2001 al 2021 il reddito pro-capite delle famiglie è sceso del 7,7%, mentre la media europea saliva di quasi 10 punti percentuali. E sono più di di due terzi gli italiani che pensano che il cosiddetto soffitto di cristallo impedisca di migliorare la propria classe sociale. A condire il tutto c’è l’assenza di meritocrazia. Per l’81% degli italiani è giusto che chi lavora di più guadagni di più ma per il 57,9% impegno e talento non sono premiati come dovrebbero. Il 78,6% del totale (e l’80% del ceto medio), inoltre, ritiene di essere danneggiato dall’evasione fiscale.

Tra le righe del rapporto si legge però anche un po’ di speranza. L’87,1% degli italiani è convinto che un innesto massiccio di culture e pratiche manageriali farà fare il salto di qualità al sistema Paese. Le competenze organizzative sono viste positivamente anche per i dirigenti scolastici, la cui abilità per l’85,8% delle famiglie porta a buone performance didattiche, e per quelli medici, che secondo il 62,2% dei rispondenti dovrebbero essere manager. Per 8 italiani su 10 la chiave per essere un buon capo è il saper trascinare e motivare gli altri. “È nostra responsabilità, come manager e come società civile, rispondere a questo cambiamento e intercettarne i bisogni prima che sia troppo tardi”, sottolinea ancora Cuzzilla. “Significa investire per avere un sistema costruito sulla triade più alto benessere economico – più alti consumi – aspettative crescenti”.

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