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Fisco, arriva la riforma delle sanzioni, multe più lievi

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Sanzioni più leggere per le violazioni in materia di tasse. Dalla dichiarazione fiscale omessa o infedele ai casi in cui si comunica al Fisco meno di quanto accertato, finisce l’era delle maxi-multe fino al 240%: al contribuente verrà chiesto non più del 120% dell’ammontare dovuto. E’ in dirittura d’arrivo il decreto legislativo per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, che dopo il passaggio in Parlamento per i pareri, arriverà mercoledì in consiglio dei ministri per il disco verde definitivo. Tavolo su cui si attende anche il piano Salva-casa firmato da Matteo Salvini, che dopo i distinguo emersi nella maggioranza incassa l’apertura di Forza Italia.

L’arrivo in cdm del decreto attuativo sulle sanzioni, approvato in via preliminare il 21 febbraio, è stato anticipato nei giorni scorsi dal viceministro all’Economia Maurizio Leo. Il nuovo regime, che dovrebbe scattare da settembre, prevede sanzioni amministrative ridotte da un quinto a un terzo. Parte intanto la stagione della dichiarazione dei redditi (da oggi al via il canale diretto con l’Agenzia delle Entrate per l’invio della precompilata 2024). Il modello precompilato, che era già possibile visionare dal 30 aprile, può ora essere accettato, modificato o integrato rispetto alla versione messa a punto dall’amministrazione fiscale. Ma si tratta solo del fischio d’avvio perché per chiudere la partita ci sarà tempo fino al 30 settembre per il ‘730’ o fino al 15 ottobre nel caso si utilizzi il modello ‘Redditi’. Alcune novità del decreto sanzionatorio riguardano proprio violazioni relative alle tasse comunicate al fisco.

Per chi non presenta la dichiarazione dei redditi o dell’Irap oppure la dichiarazione del sostituto d’imposta, la multa sarà del 120%, anziché dal 120 al 240% previsto ora. Mentre per dichiarazione infedele, si passa da 90-180% al 70%. Le sanzioni tributarie riscosse ogni anno ammontano a circa 2,27 miliardi: il taglio delle multe, che vengono ridotte nel complesso di circa il 10%, si spiega nella Relazione Tecnica, avrà necessariamente un “effetto negativo” in termini di entrate da sanzioni; ma con multe più proporzionate, e di minore importo, si scommette su una maggiore adesione all’accertamento. Novità anche per i commercianti: per l’omessa o tardiva trasmissione o con dati incompleti o non veritieri dei corrispettivi giornalieri arriva un tetto di 1.000 euro alle sanzioni, mentre l’omessa, incompleta o infedele comunicazione delle minusvalenze sarà punita con una sanzione massima di 30mila euro (anziché 50mila).

Il provvedimento si arricchisce anche di alcune modifiche sulla base delle indicazioni date dalle commissioni parlamentari nei loro pareri. In particolare è in arrivo una revisione delle definizioni normative di crediti non spettanti e crediti inesistenti attraverso una loro “più puntuale distinzione”. Ma sul tavolo del governo ci sono anche le nuove norme per sanare alcune irregolarità nelle abitazioni. Il testo sarà mercoledì in cdm, promette Salvini, che manda rassicurazioni agli alleati: “non è un condono”. Sul provvedimento, oltre all’interlocuzione in corso col Quirinale, che ha acceso un faro sull’effettiva necessità di ricorrere alla decretazione d’urgenza, si registra la cautela di Forza Italia.

Che oggi apre, ma resta vigile: “Stiamo parlando, vediamo quando ci sarà il testo definitivo ma mi pare che si stia andando nella giusta direzione”, dice il leader azzurro Antonio Tajani. In attesa del testo definitivo, Salvini spiega: “Riguarda tutte le piccole irregolarità interne” dentro le case degli italiani. Quindi niente per chi si è fatto “la villa abusiva con piscina in riva al mare o al fiume”. Si punta ad intervenire su difformità minori che non incidono sulla struttura di un edificio, ad esempio tutte le modifiche interne ad un appartamento, ma anche potenzialmente l’ampliamento di finestre e balconi.

Allo studio anche interventi non eccessivamente pesanti e impattanti, che non richiedono alcun titolo abilitativo, come le tende, anche da esterno. Per le parziali difformità, per esempio finestre o balconi soprattutto per gli edifici prima della fine anni ’70, si pensa ad una regolarizzazione con semplice sanzione. Non sarà nel decreto invece la norma salva-Milano, per consentire lavori in alcuni grattacieli nel capoluogo lombardo al centro di uno stop della procura: l’idea, come chiarito venerdì dopo una telefonata tra Salvini e il sindaco Sala, è lavorare a una norma bipartisan da inserire in fase di conversione del decreto.

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Svolta sulle Autostrade, allo Stato parte dei pedaggi

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Una parte dei pedaggi autostradali andrà nelle casse dello Stato anziché in quelle delle società concessionarie. E’ con questa novità che si sblocca la partita delle concessioni, che aveva tenuto il stallo per qualche giorno il disegno di legge annuale sulla concorrenza. Il provvedimento, che spazia dalla proroga dei dehors alle sanzioni per taxi e Ncc abusivi, incassa così il via libera del consiglio dei ministri.

Che suggella anche un nuovo tassello della delega fiscale. Ottiene infatti il via libera definitivo l’undicesimo decreto attuativo, che contiene nuove scadenze per le dichiarazioni e qualche nuovo aggiustamento al concordato preventivo, il meccanismo con cui il governo conta di incassare risorse da usare per la manovra. In particolare, slitta dal 30 settembre al 31 ottobre la scadenza per l’invio delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e all’Irap. Viene inoltre ampliato da 30 a 60 giorni il termine per il pagamento degli avvisi bonari ricevuti a seguito del controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni.

Per favorire l’adesione al concordato, invece, arriva la flat tax incrementale sul maggior reddito concordato, con aliquote variabili dal 10 al 15% in base al punteggio Isa (che indica l’affidabilità fiscale). Vengono anche rivisti gli acconti, con una minore maggiorazione. Approvato anche il “superamento definitivo del redditometro”, annuncia il vicepremier Matteo Salvini, intestando alla Lega questa “grande vittoria”, che dà lo “stop al Grande Fratello fiscale”. Un risultato su cui cui rivendica il proprio merito anche Fi.

“Viene introdotta una nuova misura, che stanerà i grandi evasori”, spiega da FdI il capogruppo alla Camera Tommaso Foti ricordando l’impegno del partito di Giorgia Meloni per un “fisco amico”. Il viceministro dell’Economia, esponente di FdI e ‘regista’ della delega, Maurizio Leo, che un paio di mesi fa aveva firmato un decreto che lo reintroduceva, poi sospeso, non ne fa menzione nel suo commento: illustra le altre misure e parla di “passo significativo verso una maggiore efficienza e semplificazione del sistema fiscale”.

Nel ddl concorrenza, che è uno dei 69 obiettivi per ottenere la settima rata del Pnrr, la principale novità è la riforma delle concessioni autostradali: arriva – per quelle in scadenza dal 2025 – un nuovo modello tariffario, già sperimentato in 4 concessioni (Ativa, Satap A21, Salt e A10 Fiori), che distingue la tariffa in 3 componenti, di cui due di competenza del concessionario e una, il cosiddetto extragettito, destinata al concedente e i cui proventi saranno utilizzati per realizzare gli investimenti, senza incrementare i pedaggi.

Il nuovo modello prevede anche che le future concessioni non supereranno i 15 anni. “L’obiettivo è realizzare opere pubbliche e tenere sotto controllo i pedaggi”, spiega Salvini, che in cdm porta anche una delibera che dà mandato all’avvocatura per depositare il ricorso contro i divieti unilaterali di Vienna al Brennero. Tante le altre misure del ddl concorrenza, dalla portabilità delle scatole nere alle start up innovative, dalle sanzioni per fronteggiare l’abusivismo nel settore dei taxi e Ncc alle misure per contrastare la cosiddetta ‘shrinkflation’, la pratica che consiste nel ridurre la quantità di prodotto, mantenendo inalterato il confezionamento. Ci sono anche la portabilità delle scatole nere e la proroga (per un anno, in attesa delle norme di riordino del settore) dei dehors, che incassa il plauso delle sigle di categoria ma su cui i consumatori minacciano ricorsi. “Con il ddl – commenta il ministro delle Imprese Adolfo Urso – compiamo un altro significativo passo nella giusta direzione, a supporto delle imprese e a tutela dei consumatori”.

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Tensione su Autonomia, in Cdm confronto Tajani-Calderoli

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Sull’Autonomia differenziata resta alta la tensione nel governo. Ed è emerso anche nel Consiglio dei ministri in cui Roberto Calderoli ha tenuto un’informativa sull’attuazione della riforma, annunciando che già quattro Regioni si sono fatte avanti, Veneto, Piemonte, Liguria e Lombardia. “Vigilare affinché sia applicata bene”, è l’imperativo espresso poco prima della riunione da Antonio Tajani, che ha spiegato di “comprendere le preoccupazioni in alcune regioni del Sud”, e che dopo l’intervento del collega a Palazzo Chigi gli ha chiesto di avere tutta la documentazione necessaria: “Dobbiamo verificare che ogni singolo passo sia condotto tenendo conto delle esigenze di tutte le regioni”, il senso dell’intervento del vicepremier e leader di Forza Italia, che da ministro degli Esteri ha sottolineato come sul commercio estero “c’è una competenza unitaria nazionale: non si può pensare che le Regioni sostituiscano lo Stato.

Serve una politica nazionale, l’export costituisce il 40% del Pil”. Il confronto, raccontano più fonti di governo, si è consumato in toni tranquilli, ma sullo sfondo è in corso un braccio di ferro strategico soprattutto fra Lega e Forza Italia, con Giorgia Meloni che in Consiglio dei ministri avrebbe chiesto precisazioni sui tempi delle procedure di negoziato con le regioni. Un tema che è stato aggiornato alla prossima riunione, attesa per il 7 agosto. Intanto c’è anche la Liguria fra le quattro Regioni che hanno già chiesto al governo l’avvio di un negoziato.

A quanto si apprende, lo ha fatto una decina di giorni fa con un atto della giunta guidata dal governatore ad interim Alessandro Piana, in carica da quasi tre mesi al posto di Giovanni Toti, che si è dimesso nelle ultime ore: punta a riavviare il percorso che si intendeva aprire con una risoluzione regionale del 2017 e una delibera del 2019. Anche Veneto, Piemonte e Lombardia, come ha spiegato Calderoli, si sono formalmente fatte avanti, e ora sarà il governo a dettare la strada alla luce della legge appena varata, quella osteggiata dalle opposizioni e su cui hanno espresso riserve anche Forza Italia e i suoi governatori del Sud. Uno dei vicesegretari di FI, il presidente della Calabria Roberto Occhiuto, ha ribadito li suoi distinguo e la richiesta di una moratoria per “fermare le intese con le Regioni prima della definizione dei Lep su tutte le materie”.

“Per la determinazione dei Lep si procederà con i vari passaggi dell’iter procedurale di attuazione disciplinato dalla legge”, ha chiarito Calderoli in Cdm, ricordando che la legge distingue fra le 23 competenze le 14 per cui serve la definizione preventiva dei livelli essenziali delle prestazioni, e le altre 9 che teoricamente le Regioni possono già rivendicare. Quando arriveranno le richieste formali su queste 9, Calderoli le comunicherà al ministero dell’Economia e agli altri competenti, che avranno 60 giorni per indicare i costi e le procedure necessarie.

Trascorsi quei due mesi, si potrà avviare il negoziato. Uno scenario su cui incombe il referendum abrogativo, che ha coalizzato le opposizioni. Sono facilitate dalla nuova piattaforma, appena attivata dal governo, che in “poche ore” ha consentito di raccogliere “quasi trentamila firme digitali, gratuite e certificate”, ha spiegato il segretario di +Europa Riccardo Magi. Il referendum potrebbe svolgersi fra aprile e giugno 2025. “Questa è una legge che spacca in due il Paese e fa male anche al Nord – ha sottolineato la segretaria Pd Elly Schlein – perché è assurdo immaginare di potere avere venti politiche energetiche diverse quando ne servirebbe una comune, europea, per riuscire ad abbassare le bollette sia alle imprese che alla famiglie”.

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Rebus regionali per centrodestra: in Liguria si cerca un ‘civico’ per sostituire Toti

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Nessuno vuole restare con il cerino in mano nel centrodestra. Dopo le dimissioni di Giovanni Toti, la maggioranza di governo si appresta ad aprire il tavolo per scegliere il candidato alla sua successione da presentare alle Regionali in Liguria, ma in questo momento fra i partiti si nota una certa ritrosia a farsi avanti: è evidente il timore di pagare fra tre mesi alle urne lo scotto dell’indagine sul governatore uscente. Paure moltiplicate dallo scenario di un election day autunnale, con anche al voto Emilia Romagna e Umbria, altre due competizioni in cui i sondaggi interni non regalano ottimismo. “È l’avvocato di Toti che decide se e quando ci sarà il voto anticipato…”, si ragionava nel centrodestra da qualche settimana. E forse c’era chi sperava in un prolungarsi dell’attesa, proprio per evitare il rischio di uno “0-3”. Le elezioni nelle tre regioni, non ancora fissate, probabilmente cadranno mentre a Roma la maggioranza sarà impegnata nella manovra di bilancio, una delle più delicate degli ultimi anni.

E il percorso di avvicinamento si sta rivelando tutt’altro che sereno. Le tensioni fra gli alleati si estendono dall’Autonomia differenziata alle nomine Rai, e in questo clima Giorgia Meloni (attesa da un periodo di relax in Puglia a cavallo di Ferragosto) deve portare a termine il negoziato estivo con Ursula von der Leyen sul commissario europeo da inviare a Bruxelles. Con in vista un probabile ritocco alla squadra di governo se quella poltrona toccherà al ministro Raffaele Fitto. In Liguria a breve dovrebbe aprirsi il tavolo del centrodestra con i coordinatori regionali, per individuare una proposta di candidato da sottoporre poi ai leader. Matteo Salvini avrebbe provato a sollecitare uno dei suoi fedelissimi, il viceministro Edoardo Rixi, che però non avrebbe intenzione di correre.

Fratelli d’Italia sta sondando l’ipotesi di un civico, una figura esterna ai partiti, proveniente dal mondo dell’impresa, dell’università o della società civile. Viene considerata la soluzione più opportuna in questa situazione. Una strada già percorsa in Emilia Romagna, dove nei giorni scorsi FdI, Lega, Forza Italia, Noi moderati e Udc hanno trovato l’intesa sull’appoggio alla candidatura di Elena Ugolini, vicina al mondo di Comunione e Liberazione. Il pessimismo in vista del probabile election day è legato anche ai risultati registrati alle Europee. In Liguria il centrodestra si è fermato al 44% (con FdI trainante a oltre il 26% e la Lega sotto il 9%), mentre ha superato il 51% il fronte (all’epoca disunito) del centrosinistra. E peggio è andata in Emilia Romagna, con la maggioranza di governo appena sopra il 40%. In Umbria cerca la conferma la governatrice della Lega Donatella Tesei, ma il suo partito a giugno è andato decisamente male (sotto il 7%) e solo l’exploit di FdI (oltre il 32%) ha permesso di superare di un punto e mezzo l’insieme dei partiti di centrosinistra.

Una triplice sconfitta sarebbe difficile da gestire, e non a caso già nella coalizione di governo si possono sentire distinguo sulla portata del risultato nelle tre diverse regioni. Le preoccupazioni fra le forze di maggioranza si estendono poi alle Regionali del 2025. I risultati delle Europee (sotto il 40%) producono pessimismo sulla Toscana, dove tra l’altro il partito della premier deve fronteggiare anche il malcontento della categoria dei balneari. Il Veneto invece è un rebus tutto da risolvere, legato anche al destino di Luca Zaia, per cui molti parlano di una corsa a sindaco di Venezia. Dopo il 37,5% raccolto alle Europee, FdI reclama la scelta del candidato governatore (Luca De Carlo è una delle opzioni), e già è facile prevedere un braccio di ferro fra Meloni e Salvini.

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