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Economia

Fisco, con le rottamazioni lo stato incassa meno del previsto

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Ad aderire sono stati meno contribuenti del previsto. E poi, spesso, dopo aver pagato la prima rata si è deciso di non versare le altre. Ecco che per le rottamazioni avviate tra il 2016 e il 2018 gli incassi sono stati decisamente più bassi del previsto: circa 18-20 miliardi rispetto ai 53 ipotizzati e ai 98,3 miliardi del debito complessivo interessato dall’operazione. Mancano invece ancora i dati della Rottamazione quater, che i contribuenti avevano la possibilità di pagare fino a giugno scorso, ma che prevedono anche tre mesi di proroga per le zone alluvionate. Sono questi gli ultimi dati elaborati dall’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, diffusi nell’agosto 2022 e basati anche sulle informazioni fornite dalla Corte dei Conti nella relazione sul rendiconto generale dello Stato. Dati che dimostrano che l’Italia delle tasse non pagate continua ad essere tale. E resiste anche alle sirene di una possibile regolarizzazione a basso costo e rateizzata.

La prima edizione della Rottamazione, datata 2016 e adottata dal governo Renzi , ha portato in cassa circa 8,4 miliardi di euro, riducendo il ‘magazzino’ dei crediti da riscuotere di circa 12,3 miliardi. Ma la riscossione prevista era di 17,8 miliardi. I governi hanno poi esteso a fine settembre 2017 il periodo di sanatoria con la Rottamazione bis che si ipotizzava potesse portare 8,5 miliardi e che invece ne ha fruttati solo 2,6-2,8. Ad usufruire di queste due Rottamazioni sono stati complessivamente 2,3 milioni di contribuenti. Non è andata meglio con la Rottamazione ter del governo Conte 1: questa terza finestra di sanatoria ha esteso il periodo e poi allargato progressivamente la possibilità di adesione anche a chi non aveva pagato le regolarizzazioni precedenti. Ma, anche cambiando i fattori il risultato non è cambiato: hanno aderito 1,4 milioni di soggetti e il gettito si è attestato sui 6,3 miliardi (con una stima di 1,7 miliardi da incassare ancora) a fronte dei 26,3 che si riteneva poter recuperare e ai 43,6 miliardi potenzialmente interessati all’intervento.

Nel 2018, poi, il governo ha introdotto il ‘Saldo e Stralcio’, per soggetti in gravi difficoltà economiche, azzerando sanzioni e interessi: ne hanno approfittato 400mila soggetti versando 700 milioni di imposte a fronte di 1,3 miliardi previsti. Le sanatorie sono andate avanti anche dopo. Nel 2018 sono stati cancellati i debiti sotto i 1.000 euro, nel 2021 quelli fino a 5.000 euro Sono poi stati riaperti i pagamenti per il Rottamazione Ter e per il Saldo e Stralcio. Ma dati complessivi su questi provvedimenti non sono poi mai stati forniti. Rimane nell’aria la valutazione, espressa nel maggio 2022, dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini che ha ipotizzato che a fronte di una massa enorme di crediti non riscossi solo ‘decine di miliardi, comunque sotto i 100 miliardi’ sarebbero quelli realmente recuperabili.

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Economia

Saipem si aggiudica tre contratti per 3,7 miliardi dollari

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Saipem

Saipem si è aggiudicata tre nuovi contratti da TotalEnergies Ep Angola Block 20, società controllata da TotalEnergies, per il progetto Kaminho relativo allo sviluppo dei giacimenti petroliferi di Cameia e Golfinho, situati a circa 100 chilometri a largo delle coste dell’Angola. L’ammontare totale dei contratti è di 3,7 miliardi di dollari.

Il primo contratto che si è aggiudicato Saipem riguarda l’ingegneria, l’approvvigionamento, la costruzione, il trasporto e il commissioning del mezzo navale Fpso Kaminho (Floating Production Storage e Offloading). Il secondo contratto comprende l’operation & maintenance dello stesso mezzo Fpso per un periodo di 12 anni con una potenziale estensione di 8 anni. Il terzo contratto prevede l’ingegneria, l’approvvigionamento, la fornitura, la costruzione, l’installazione, il pre commissioning e l’assistenza per il commissioning e la fase di start-up di un pacchetto subsea umbilicals, risers & flowlines, che include circa 30 chilometri di condotte. Le strutture associate saranno fabbricate nello stabilimento locale di Saipem ad Ambriz.

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Economia

Multa da 2,5 milioni Antitrust a Intesa Sanpaolo Rbm Salute

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L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sanzionato per 2,5 milioni di euro Intesa Sanpaolo RBM Salute S.p.A., compagnia assicurativa specializzata nell’assicurazione sanitaria, e per 1 milione di euro Previmedical Servizi per la Sanità Integrativa S.p.A., provider di servizi cui è stata affidata la gestione e la liquidazione delle pratiche di sinistro. Le indagini – spiega una nota – sono state avviate a seguito delle segnalazioni da parte di numerosi consumatori e dei risultati dell’attività di vigilanza svolta dall’Ivass.

Nel corso del procedimento si sono poi aggiunte ulteriori richieste di intervento da parte di consumatori che lamentavano le stesse criticità. Molti reclami sono arrivati da aderenti al fondo sanitario MetaSalute, che da solo raccoglie oltre un terzo del numero di assicurati ISP Rbm. Il comportamento di Intesa Sanpaolo RBM Salute S.p.A. e di Previmedical Servizi per la Sanità Integrativa S.p.A. integra una pratica commerciale scorretta in violazione degli articoli 20, 24, 25, comma 1, lett. d), del Codice del Consumo, perché è stato accertato che hanno ostacolato l’esercizio dei diritti contrattuali dei consumatori, rendendo onerosa la fruizione delle prestazioni assicurative.

In particolare, – spiega Antitrust – sono emersi problemi presso la centrale operativa di Previmedical (verificatisi alla fine del 2022) che hanno determinato – a partire dai primi mesi del 2023 – l’accumularsi di un numero molto alto di pratiche in attesa di evasione, in notevole ritardo rispetto ai tempi di liquidazione previsti dalle rispettive polizze sanitarie. Il ritardo accumulato ha provocato difficoltà anche nella gestione corrente delle richieste di prestazione successive con rallentamenti significativi rispetto alle previsioni contrattuali.

Inoltre, i problemi presso la centrale operativa hanno reso difficile per i consumatori entrare in contatto con il servizio di assistenza clienti. Si sono rilevate, inoltre, numerose incongruenze nell’applicazione concreta delle condizioni di polizza da parte di Previmedical, anche per la difficoltà di interpretare le prassi liquidative stabilite da Intesa Sanpaolo RBM Salute, che hanno avuto come conseguenza numerosi casi di errato rifiuto di autorizzazioni o di rimborsi a soggetti che ne avevano diritto, oppure la richiesta non necessaria di ulteriore documentazione. Gli elementi emersi nel corso dell’istruttoria hanno evidenziato infine la responsabilità di Intesa Sanpaolo RBM Salute S.p.A. nella mancata implementazione di un efficace sistema di controllo sull’attività di gestione dei sinistri da parte del proprio provider, in modo da prevenire e gestire eventuali criticità nella gestione delle polizze sanitarie e garantire ai propri assicurati un adeguato livello di servizio.

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Economia

Il ceto medio teme il futuro, scala sociale bloccata

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La classe media italiana è sempre più povera, impaurita e pessimista. È la sintesi del nuovo rapporto Cida-Censis, la fotografia di una società profondamente cambiata rispetto a quando, tra dopoguerra e boom economico, era in rapida ascesa. Oggi, invece, il 48,4% del ceto medio sente di stare andando indietro nella scala sociale. Anche se che 6 italiani su 10 (il 60,5%) ritengono di appartenere alla classe di mezzo. Di questi, la maggior parte ha un reddito tra 15 e 34 mila euro (46,4%), il 26,7% tra 35 e 50mila, il 15,6% oltre i 50mila e il restante 11,3% delle persone meno di 15mila. Sono più gli anziani (65,4%) rispetto a giovani (57,7%) e adulti (58,9%).

“Preoccupa l’assenza di speranza nel futuro degli italiani. Se le aspettative calano, se non si crede più di poter migliorare la propria condizione, sarà l’intero Paese a pagarne un prezzo altissimo. Dobbiamo investire su più alto benessere economico, più alti consumi, aspettative crescenti”, sottolinea il presidente di Cida, Stefano Cuzzilla. La sensazione di pessimismo per il futuro è condivisa anche dai ceti popolari (che sono il 33,8% e sentono di indietreggiare ulteriormente nel 66,7% delle evenienze) e persino dagli abbienti (in 4 casi su 10).

Il tenore di vita sta calando per il 60% degli italiani, di cui la metà del ceto medio. E non a torto: dal 2001 al 2021 il reddito pro-capite delle famiglie è sceso del 7,7%, mentre la media europea saliva di quasi 10 punti percentuali. E sono più di di due terzi gli italiani che pensano che il cosiddetto soffitto di cristallo impedisca di migliorare la propria classe sociale. A condire il tutto c’è l’assenza di meritocrazia. Per l’81% degli italiani è giusto che chi lavora di più guadagni di più ma per il 57,9% impegno e talento non sono premiati come dovrebbero. Il 78,6% del totale (e l’80% del ceto medio), inoltre, ritiene di essere danneggiato dall’evasione fiscale.

Tra le righe del rapporto si legge però anche un po’ di speranza. L’87,1% degli italiani è convinto che un innesto massiccio di culture e pratiche manageriali farà fare il salto di qualità al sistema Paese. Le competenze organizzative sono viste positivamente anche per i dirigenti scolastici, la cui abilità per l’85,8% delle famiglie porta a buone performance didattiche, e per quelli medici, che secondo il 62,2% dei rispondenti dovrebbero essere manager. Per 8 italiani su 10 la chiave per essere un buon capo è il saper trascinare e motivare gli altri. “È nostra responsabilità, come manager e come società civile, rispondere a questo cambiamento e intercettarne i bisogni prima che sia troppo tardi”, sottolinea ancora Cuzzilla. “Significa investire per avere un sistema costruito sulla triade più alto benessere economico – più alti consumi – aspettative crescenti”.

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