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I due ragazzi 15enni morti a Terni, uccisi da una dose letale per 15 euro

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Quindici euro: tanto hanno pagato Gianluca e Flavio per acquistare mezza boccetta di metadone diluito con acqua che poi hanno bevuto insieme. In attesa delle autopsie e degli esami tossicologici certezze scientifiche non ce ne sono ma poche ore dopo avere ingerito quel liquido i due ragazzi, 15 e 16 anni, sono morti nel sonno nelle loro case di Terni. E di sicuro a dargli la sostanza e’ stato Aldo Maria Romboli, 41 anni, con un passato e un presente di tossicodipendenza. E’ stato lui ad ammetterlo davanti al gip. Al termine dell’udienza il giudice ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere. L’uomo e’ stato bloccato dai carabinieri al termine di una rapida indagine. Gia’ nel primo interrogatorio aveva detto di essere stato lui a fornire il metadone ai due adolescenti. Dichiarazioni che insieme agli altri altri elementi raccolti dagli investigatori hanno portato al fermo con l’accusa di morte come conseguenza di altro reato. Romboli – difeso dall’avvocato Massimo Carignani – ha ribadito la sua ricostruzione anche davanti al giudice per le indagini preliminari. Una volta acquistato il metadone diluito, Flavio Presuttari, 16 anni, e Gianluca Alonzi, 15, lo hanno assunto praticamente subito. In un parco vicino a casa di uno dei due, ha riferito al giudice Romboli. L’uomo ha parlato per circa un’ora, ammettendo le sue responsabilita’. L’avvocato Carignani ha detto che e’ “molto provato, distrutto” da quanto successo. Eppure per Romboli non era la prima volta che cedeva ai due ragazzi il metadone che prendeva regolarmente al Sert e avrebbe dovuto utilizzare per uscire dal tunnel della droga. Un altro episodio di cessione risalente ai mesi scorsi e’ infatti contestato nel capo d’accusa nei suoi confronti. Questa volta qualcosa pero’ e’ andato storto. I due ragazzi hanno cominciato praticamente subito a sentirsi male. Tanto da non permettere loro di partecipare a una partita di calcetto tra amici in un campo della zona. Poi il ritorno nelle loro case in due diverse zone della citta’ e la morte nel sonno senza che qualcuno potesse accorgersi di nulla. Finche’ la mattina dopo sono stati i genitori a trovare Gianluca e Flavio ormai morti. Perche’ lo dovranno chiarire le autopsie in programma sabato mattina e soprattutto gli esami tossicologici. I risultati dei quali saranno poi messi a confronto con quelli delle analisi sui due flaconi contenenti del liquido sequestrati a casa del fermato. Intanto va comunque avanti l’indagine dei carabinieri che hanno sentito una ventina tra amici e parenti dei due ragazzi. Dalle testimonianze e’ emerso che Romboli era conosciuto nel giro degli adolescenti nonostante la differenza d’eta’. Gli investigatori stanno cercando anche di capire se anche altri di loro abbiano acquistato qualche sostanza dall’uomo. Che secondo il procuratore della Repubblica di Terni Alberto Liguori ha reso una “confessione pulita” al gip. Il magistrato ha ribadito oggi di essere stato “colpito” dalla “facilita’” con la quale il quarantunenne era riuscito ad avvicinare i ragazzi nonostante appartenessero a generazioni differenti. “Bisogna capire – ha aggiunto – se abbia avuto contatti anche con altri loro coetanei”. Secondo il procuratore “non bisogna fare allarmismi ma della gravita’ di quanto successo parlano gli atti d’indagine”. Liguori ha ripetuto di essere stato sorpreso dalla “naturalezza con la quale diversi dei ragazzi sentiti hanno parlato di principi attivi e colori delle varie sostanze”. Con termini tecnici talvolta sconosciuti anche a un magistrato d’esperienza come lui.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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Sindaci Ue rivendicano diritto a imporre limiti velocità

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Imporre i limiti di velocità sia una prerogativa di città e regioni. A chiederlo sono i 13 firmatari tra sindaci e vicesindaci di città europee che dalle colonne del Financial Times criticano alcune iniziative promosse in Italia, con la riforma del codice della strada, e nel Regno Unito che potrebbero impedire a città e comuni di attuare misure per la sicurezza stradale, come l’introduzione di limiti di velocità più bassi e telecamere per il controllo del traffico. Da Bologna a Firenze e Milano, passando anche da Amsterdam, Bruxelles e Helsinki. Tra i firmatari italiani Matteo Lepore e Dario Nardella, sindaci di Bologna e Firenze e la vice sindaca e assessora alla mobilità di Milano, Arianna Censi.

La lettera fa esplicito riferimento al disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso settembre per riformare il codice della strada, criticato anche in Italia da varie associazioni perché ritenuto svantaggioso per i pedoni. Per sindaci e vice le nuove norme ostacolerebbero “gravemente” la capacità delle autorità locali di creare zone a traffico limitato, installare autovelox e fissare limiti di velocità inferiori che invece sono fondamentali per abbattere le emissioni e rendere anche le strade più sicure. Nella missiva non si fa riferimento solo all’Italia. I firmatari prendono di mira anche il “piano per i conducenti” nel Regno Unito che punta a introdurre misure altrettanto restrittive e alle resistenze in Germania, dove il governo ha finora resistito agli sforzi di oltre 1.000 comuni che vogliono un maggiore controllo sui limiti di velocità locali.

“Politiche nazionali come queste, basate non sulla scienza ma sull’opportunità politica, danneggiano la capacità delle autorità locali di prendere decisioni sul miglioramento della sicurezza e della salute dei propri cittadini”, accusano i rappresentanti locali. Sottolineando l’importanza di limiti di velocità più bassi nelle aree urbane – si legge ancora nel testo – che “stanno prevenendo le morti e migliorando la vita oggi nelle città di tutta Europa”. Non “si tratta di limitare la libertà degli automobilisti, ma di rendere le strade più sicure per tutti, ridurre il rumore e l’inquinamento e rendere la città più invitante per coloro che scelgono forme di trasporto più salutari come camminare e andare in bicicletta”. Insieme ai tre rappresentanti italiani la lettera è siglata anche da Alison Lowe, vicesindaco di West Yorkshire; Thomas Dienberg, vicesindaco di Lipsia; Frauke Burgdorff responsabile della pianificazione di Aquisgrana; Philippe Close, sindaco di Bruxelles; Mathias De Clerq, sindaco di Gand; Melanie Van der Horst, vicesindaco, di Amsterdam; Vincent Karremans, vicesindaco di Rotterdam; Karin Pleijel vicesindaco di Göteborg; Andréas Schönström vicesindaco di Malmö; Juhana Vartiainen, sindaco di Helsinki.

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