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Cronache

Un fermato per le molotov al consolato Usa di Firenze

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Due molotov lanciate contro il consolato Usa la notte tra il 31 gennaio e il 1 febbraio. Poi il video di rivendicazione sul canale Telegram ‘The whole world is Hamas’ con il monito allo governo Italiano di non fornire appoggio allo stato di Israele. Dopo tre giorni di indagini, gli investigatori di Digos, Ros, Carabinieri del comando provinciale e della polizia postale di Firenze, hanno individuato e fermato il presunto autore dell’attacco e della rivendicazione. Il provvedimento, su ordine del procuratore aggiunto Luca Tescaroli e del pm della Dda Lorenzo Gestri per atto di terrorismo con ordigni aggravato dalla minorata difesa, è scattato per un 21enne italiano, figlio di una coppia giordana, abitante nel Fiorentino. Per l’accusa il giovane avrebbe lanciato le due molotov agendo di notte “sulla pubblica via in una zona ad alta presenza abitativa con presenza di autovetture” con il rischio di “determinare un effetto d potenziamento esponenziale delle fiamme”.

Circostanze “idonee a impedire la pubblica e privata difesa”. Il giovane è anche indagato per porto delle due molotov, ritenuti dalla Procura “congegni micidiali da equiparare alle armi da guerra”. Anche in questo caso è contestata l’aggravante della minorata difesa. E’ stato fermato sulla base di “gravi indizi di reità”, “elementi investigativi plurimi e convergenti”. Inoltre i pm ritengono che ci sia il “concreto pericolo di fuga”, poiché il giovane potrebbe “procurarsi collegamenti con l’estero” e trovare “luoghi di immediato riparo”. Il 21enne, nato in Italia, non ha avuto mai problemi con la giustizia. Vive in un appartamento con la famiglia a Dicomano, dove lavora e studia.

Proprio in quell’abitazione la notte scorsa gli investigatori hanno eseguito una perquisizione e sequestrato pc, cellulari e sim. Inoltre, sarebbero stati trovati abiti imbevuti di liquido infiammabile e un giubbotto mimetico, identico a quello utilizzato per il video al momento della rivendicazione. Gli investigatori della Polizia postale, partendo dal canale Telegram hanno seguito le tracce telematiche e sono arrivati a lui, amministratore del canale ‘The whole world is hamas’ sul quale è stato postato il video di rivendicazione – inviato anche a tre media, Tgr Rai Toscana, Report e Firenze Today – e altri due messaggi tra l’1 febbraio e ieri. “E’ stato rinchiuso a Sollicciano ed è molto scosso, ma è in attesa dell’udienza di convalida del fermo prevista nei prossimi giorni – spiega l’avvocato Chiara Bandini, legale d’ufficio del 21enne -. E’ un ragazzo intelligente ed educato e ha una famiglia che non intende abbandonarlo in questo momento”. Sorpreso e dispiaciuto il sindaco di Dicomano Stefano Passiatore: “Mai si sono verificati episodi che facessero immaginare la presenza a Dicomano di persone in grado di compiere tali gesti. Non conosco il ragazzo – aggiunge Passiatore -, ma le accuse ipotizzate dalla Procura sono pesanti e gli indizi appaiono importanti. La giustizia deve fare il suo corso”. Nei prossimi giorni ci sarà la convalida del fermo: “Avremo modo di capire come si sia potuti arrivare a tanto”. Un grazie alle forze dell’ordine è arrivato dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi: “Sono riuscite, grazie a un efficace lavoro di indagine a risalire al responsabile che aveva minacciato di compiere altri attentati”.

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Inchiesta Genova e arresto Toti, le mosse di Cozzani per la fornitura al Salone Nautico

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C’è da un lato la Regione Liguria che vara una legge per portare i finanziamenti al Salone Nautico di Genova da 350mila a 780mila euro. E c’è dall’altro Filippo Cozzani, il fratello di Matteo, il capo di Gabinetto di quella Regione, che ottiene poco dopo una fornitura da 10mila euro proprio dal Salone. A raccontare come funzionava, secondo i magistrati, il ‘sistema Toti’, è un episodio che vede coinvolto il capo di gabinetto del governatore e il presidente del Salone nautico, Saverio Cecchi, ricostruito nelle carte dell’inchiesta della Spezia che ha portato agli arresti domiciliari per corruzione proprio il braccio destro di Toti e dato il via all’inchiesta genovese perché, nel corso delle intercettazioni, è saltato fuori il voto di scambio con esponenti del clan nisseno di Riesi impiantati in Liguria.

I due parlano al telefono e Cozzani illustra a Cecchi – indagato e destinatario di una misura inderdittiva – quella che lui chiama la ‘leggina’, vale a dire una norma che moltiplicava i finanziamenti al Salone, di fatto raddoppiandoli. “Scusa eh, io sono arrivato che al Nautico gli venivano riconosciuti 350mila euro, ora Campagna (Alessandro Campagna, il direttore commerciale del Salone Nautico, anche lui indagato, ndr) esce con 780mila euro – dice Cozzani – C’è qualcosa che non funziona, te lo dico eh! Saverio, la vostra in Regione è una rapina a mano armata con scasso”. I magistrati spezzini notano l’aumento esponenziale di fondi pubblici per il Nautico, a partire dall’edizione del 2022: dai 400 mila euro di fondi regionali alla delibera di giunta che, pochi mesi prima delle elezioni, attinge a finanziamenti europei per arrivare a 730 mila euro. Eccola qua, la ‘leggina’ sulla strategicità del Salone Nautico di cui Cozzani vanta la paternità.

“Ma ti rendi conto quanti soldi…?” E Cecchi se ne rende conto, tanto che lo ringrazia: “Meno male che ci sei tu, grazie caro”. Ma dir grazie evidentemente non basta e così, poco dopo questo colloquio, Cozzani dà al fratello imprenditore Filippo il telefono di Alessandro Campagna. Filippo lo contatta e offre al Salone la fornitura di cartoni d’acqua con il logo del Nautico per un evento, al prezzo di 10mila euro. L’affare va a buon fine e appena chiuso il Salone Cecchi ringrazia Matteo Cozzani, “per tutto quello che hai fatto…é stato un grandissimo successo, hanno chiuso contratti, stanno vendendo… siamo una squadra veramente dove spacchiamo il mondo”.

Quella ‘leggina’ porterà nel 2023 i contributi al Salone Nautico a 1,2 milioni di euro: 150mila euro a carico della Regione e oltre un milione a valere sul Fondo europeo di sviluppo regionale. Un grandissimo successo anche per i tetrapack di Filippo Cozzani, che da quel palcoscenico voleranno anche alla kermesse dell’Ocean race ma che, per il giudice, sono il “corrispettivo dell’attività corruttiva da parte di Cecchi e Campagna per ottenere da Matteo Cozzani l’interessamento necessario per la percezione di maggiori contributi economici regionali”.

Per tutti gli indagati in questa inchiesta, come in ogni inchiesta, vige nel nostro Paese il principio costituzionale della innocenza. Principio che noi rispettiamo e tuteliamo anche in questo racconto di una vicenda che al momento vede protagonista mediatica solo l’accusa.

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Comune di Napoli, dal bradisismo nessun problema per il Maradona

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“Lo stadio Maradona non ha evidenziato alcun problema sismico. Ha una struttura concepita in modo molto robusto negli anni ’50 e ’60, ha resistito perfettamente al terremoto dell’Irpinia del 1980 e la copertura è stata progettata per Italia ’90 dopo che Napoli era stata classificata in zona sismica. Nessuna delle scosse collegate al bradisismo ha provocato danni e d’altra parte lo stadio è fuori dalla zona di interesse definita dal DL 140 sul rischio sismico collegato al bradisismo convertito in legge”. E’ quanto precisa l’assessorato alle Infrastrutture del Comune di Napoli in relazione a notizie di stampa secondo cui il bradisismo avrebbe arrecato danni ad una curva dello stadio.

“Il problema riscontrato nella parte inferiore della curva B – si legge in una nota – non è in alcun modo collegabile agli eventi sismici che si registrano con il bradisismo. Non c’è una struttura di sostegno significativa, ma solo una sovrapposizione dell’anello inferiore costruito per Italia ’90 rispetto al precedente originale sottostante. Al massimo un problema di vecchiaia, su una struttura molto sollecitata dal movimento dei tifosi. In ogni caso a breve si interverrà per il completo ripristino. Tutte le prove effettuate in altri settori hanno dimostrato l’integrità strutturale degli altri settori dell’anello inferiore”.

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Riesame: Coscioni non va sospeso dalla presidenza Agenas

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Il tribunale del Riesame di Salerno si è pronunciato contro l’istanza con la quale la Procura aveva chiesto la sospensione di Enrico Coscioni dal ruolo di presidente dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Una decisione analoga a quella adottata dal gip lo scorso marzo, contro la quale la Procura aveva presentato ricorso.

La Procura di Salerno accusa Coscioni di essere responsabile della morte di un paziente sottoposto a un intervento chirurgico di sostituzione aortica valvolare: dall’autopsia emerse che durante l’operazione era stato dimenticato nel corpo dell’uomo un lembo di garza provocandone la morte. Il pezzo di stoffa venne individuato e recuperato nel corso dell’esame autoptico. Il giudice a marzo ha disposto per Coscioni una misura interdittiva della professione medica per la durata di 12 mesi che ha comportato anche la sospensione dalla guida del dipartimento di Cardiochirurgia nell’ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno, nosocomio dove si verificò il caso di malasanità.

Negata invece la richiesta dei pm di sospenderlo anche dalla funzione di presidente dell’Agenas, scelta confermata oggi dal Riesame. Sulla questione Agenas resta pendente un’altra ipotesi di rimozione per Coscioni, che potrebbe essere decisa dalla Conferenza Stato-Regioni su richiesta del ministero della Salute.

Enrico Coscioni resta per ora quindi alla guida dell’Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. “Al momento – ha spiegato l’avvocato Agostino De Caro, che difende Coscioni insieme all’avvocato Gaetano Pastore – il mio assistito è stato sospeso solo dall’attività di medico. Non c’è alcuna misura interdittiva circa le cariche pubbliche”.

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