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Politica

Ue all’attacco, multa da 1 milione al giorno a Varsavia

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Un milione di euro di multa al giorno per il mancato rispetto delle misure provvisorie della Corte Ue sulla camera disciplinare, che mina l’indipendenza dei giudici. La morsa dell’Unione comincia a stringersi sulla Polonia. Le procedure di fronte al tribunale europeo avviate da Bruxelles stanno arrivando al traguardo, e promettono un impatto doloroso sul bilancio del governo di Mateusz Morawiecki, ancora al palo col piano del Recovery da 23,9 miliardi di euro, bloccato dalla Commissione. Se Varsavia non passera’ presto dalla retorica incendiaria al rispetto delle regole sullo stato di diritto, si ritrovera’ a pagare un prezzo esorbitante per la sua ribellione. Anche perche’ al conto del milione di euro quotidiano per non aver smantellato la camera disciplinare dei magistrati (organismo controllato seppur in modo indiretto dal potere politico), c’e’ da aggiungere la penalita’ da mezzo milione di euro (sempre al giorno), per non aver dato seguito alle misure della Corte Ue sulla miniera di lignite di Turow. Denari che verranno scontati direttamente dalla dotazione dei fondi strutturali, di cui la Polonia e’ prima beneficiaria tra i 27, con 66 miliardi per il 2021-2027. Proprio ieri Bruxelles ha inviato una lettera-ultimatum chiedendo una verifica sullo stop delle attivita’ estrattive nel complesso carbonifero. “Se non produrra’ le prove, inizieremo a chiedere pagamenti a intervalli regolari” ha spiegato un portavoce. Ma il governo di Varsavia per il momento non accenna a passi indietro. Anzi, rilancia. “La via delle punizioni e dei ricatti verso il nostro Paese non e’ quella giusta”, ha affermato il portavoce Piotr Muller, ribadendo: “L’organizzazione della magistratura e’ di competenza esclusiva degli Stati membri”. Nonostante i tentativi di mediazione delle colombe nel back stage, la temperatura tra i 27 e’ in ebollizione. L’intervista che Morawiecki ha rilasciato nei giorni scorsi al Financial Times parlando di Terza guerra mondiale, ha toccato un nervo scoperto. E c’e’ chi, come il premier belga Alexander De Croo, non si limita a dirlo nei corridoi. “A chi rilascia interviste incendiarie e pensa che sia necessario dichiarare una nuova guerra mondiale, vorrei dire: stai facendo un gioco pericoloso, stai giocando col fuoco quando vai in guerra contro i tuoi colleghi europei per ragioni di politica interna”. Ad infastidire e’ stata anche la passerella di Morawiecki a Bruxelles con la leader di Rassemblement National, Marine Le Pen, che in piena campagna elettorale per le presidenziali in Francia, e’ poi volata da Viktor Orban per continuare a ricamare la tela del suo progetto per unire le forze sovraniste europee. Intanto la Commissione e’ tallonata dall’Eurocamera, che le ha concesso fino al 2 novembre, per attivare il meccanismo della condizionalita’ che lega l’erogazione dei fondi Ue al rispetto dello stato di diritto contro la Polonia. Alla scadenza, l’Esecutivo comunitario potrebbe essere portato davanti alla Corte europea, per non aver esercitato il ruolo di guardiano dei Trattati. Ma le lettere per Budapest e Varsavia, anticamera dell’avvio della condizionalita’, a cui Bruxelles stava lavorando proprio per dare un segnale agli eurodeputati, per il momento restano congelate. Segno che forse, tra la pressione delle sentenze Ue, e la mediazione diplomatica di alcune cancellerie, qualcosa dietro le quinte si sta muovendo.

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Politica

Rai: giornalisti precari, siamo maggioranza informazione reti

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”L’Assemblea dei giornalisti precari e programmisti multimediali delle Reti Rai all’indomani dello sciopero del 6 maggio indetto da Usigrai dichiara – in una nota – quanto segue:

1) Lo sciopero è una delle prerogative più importanti in mano ai lavoratori in un sistema democratico. Nelle reti Rai esistono circa 250 giornalisti a cui questo strumento è negato: siamo infatti giornalisti partite Iva, dunque senza diritto di sciopero, o giornalisti inquadrati come “programmisti multimediali” dunque non rappresentati dalle sigle sindacali dei giornalisti

2) La giornata di sciopero proclamata da Usigrai ha aiutato a evidenziare che nei programmi di informazione delle Reti Rai una buona parte dei giornalisti non ha un contratto giornalistico. Anzi, nella maggior parte dei programmi, soprattutto quelli quotidiani, noi siamo la maggioranza. Non si può andare avanti così, è necessario trovare una soluzione

3) Abbiamo apprezzato che durante la conferenza stampa indetta in occasione dello sciopero il segretario della Fnsi, Vittorio Di Trapani e il segretario di Usigrai, Daniele Macheda, abbiano dichiarato con nettezza che si tratta di una situazione da sanare al più presto. Abbiamo altresì apprezzato che il segretario di Unirai, Francesco Palese abbia dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera di avere un punto in comune con la piattaforma di Usigrai: il giusto contratto per chi lavora nei programmi come giornalista. È lo spirito giusto: nessuno che abbia legittimità sindacale all’interno dell’azienda può esimersi dal farsi carico della nostra condizione. Lavoriamo da anni nel servizio pubblico contribuendo a realizzare con il nostro lavoro e le nostre competenze l’informazione delle tre Reti Rai, chiediamo di avere un contratto giornalistico che ci tuteli dal punto di vista previdenziale, salariale e sindacale

4) In conclusione: non ci interessa essere “tirati per la giacchetta”. Se ne avessimo avuto la possibilità qualcuno di noi avrebbe aderito allo sciopero, altri no, altri hanno comunque voluto partecipare prendendo giorni liberi e permessi che, però, non hanno nulla della dignità dell’astensione dal lavoro organizzata. Quindi chiediamo: quanto dobbiamo aspettare ancora? Ci saranno nuove priorità? Davvero il più grande editore italiano non può applicare il contratto previsto per legge a chi informa il pubblico per “questioni economiche”? Attendiamo da cinque anni un tavolo sindacale che affronti seriamente la questione. Ci aspettiamo che, subito dopo l’insediamento del nuovo cda, tutti lavorino per giungere a un accordo e che questo sia uno dei primi punti posti all’attenzione della nuova governance”.

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Politica

Tajani, su Toti si poteva intervenire in un altro momento

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“Il ministro Nordio ha un ruolo e può dire ciò che pensa. Fa bene e condivido le sue parole”. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine dell’assemblea nazionale di Confcooperative, a Roma. Per Tajani si tratta di una “vicenda giudiziaria che risale a vicende di parecchi anni fa, forse si poteva intervenire due mesi fa, il giorno dopo le elezioni… Però questo non ci turba, non ci preoccupa nulla”. Alla domanda sulle dimissioni per Michele Emiliano chieste dal centrodestra, Tajani ha affermato che “le vicende giudiziarie sono diverse. Emiliano ha detto due volte di essere andato dalla sorella del boss”.

“Io sono garantista – ha ribadito Tajani – anche per le vicende di Bari, per quella di Genova e anche per persone che non sono di Forza Italia”. In merito all’opportunità della richiesta di dimissioni, Tajani ha chiesto di “non strumentalizzare le vicende giudiziarie” .

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Politica

Meloni a Stoltenberg: la Nato affronti le sfide sul fianco Sud

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“Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ricevuto a Palazzo Chigi il Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg. Al centro del colloquio i temi di attualità dell’agenda atlantica nel contesto della preparazione del Vertice NATO di Washington in luglio”. Lo riferisce una nota di Palazzo Chigi, spiegando che la premier “in particolare ha ribadito l’aspettativa italiana che a Washington possano essere adottate decisioni concrete in risposta alle sfide caratterizzanti il fianco Sud, in coerenza con l’approccio a 360 gradi alla sicurezza euroatlantica previsto dal Concetto Strategico della Nato”.

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