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Cronache

Uccide l’ex, alert braccialetto arrivato troppo tardi

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E’ arrivato troppo tardi l’alert del braccialetto elettronico che avrebbe dovuto metterla in guardia dall’ex marito violento e già a processo per maltrattamenti. Concetta Marruocco, 53 anni, infermiera, ha ricevuto il messaggio sonoro al proprio telecomando quando Franco Panariello, da cui si stava separando, era entrato già in casa e aveva con sé un coltello da cucina con il quale l’avrebbe poi uccisa dopo pochi istanti con 15 fendenti. La circostanza emerge dalle prime indagini sull’omicidio avvenuto a Cerreto d’Esi, in provincia di Ancona, nella notte tra venerdì e sabato scorsi mentre in casa c’era anche la figlia minorenne. Madre e figlia, per quattro mesi ospiti di una casa famiglia dopo aver denunciato il 55 enne marito-padre per maltrattamenti, erano tornate da qualche tempo nella loro abitazione: l’omicida, reo confesso, abitava invece a una ventina di chilometri, a Cancelli di Fabriano. Sarebbe dovuto rimanere a distanza dalla moglie e dalla figlia dopo il divieto di avvicinamento a cui era stato sottoposto con applicazione del braccialetto elettronico.

Madre e figlia erano dotate di un telecomando a testa, lo tenevano sul comodino in camera, che avrebbe dovuto squillare quando l’uomo si avvicinava a meno di 200 metri da loro. Quella notte, erano le 3, Panariello si è recato al pronto soccorso per un malore, dirigendosi poi nella casa di famiglia dov’è entrato con un mazzo di chiavi rimasto in suo possesso. Il braccialetto elettronico avrebbe dovuto allertare madre e figlia, e anche la stazione più vicina dei carabinieri. Invece solo uno dei dispositivi ha suonato in casa, ma troppo tardi, quando ormai l’uomo era entrato e stava per uccidere la moglie. Occorrerà accertare il perché del ritardo e se l’impulso sia arrivato o meno ai carabinieri per permettere loro di intervenire in tempo. Le urla della madre accoltellata a morte, hanno svegliato la figlia che si è ritrovata davanti il padre.

“Ho fatto un casino, chiama il 112”, ha detto Panariello alla ragazzina. Ora il 53enne si trova nel carcere di Montacuto ad Ancona accusato di omicidio volontario con più aggravanti (futili motivi, legame di parentela con la vittima, presenza di una persona di minore età e uso di arma per il quale è contestato anche il porto abusivo) tra le quali anche la premeditazione. Domani si terrà in carcere l’udienza di convalida dell’arresto. Forse in giornata verrà eseguita l’autopsia sul corpo della vittima che lavorava all’ospedale di Matelica ma era in aspettativa. Avrebbe voluto affrancarsi da quel marito-padrone, accusato anche di violenza sessuale nei suoi confronti, che maltrattava lei e la figlia. Ma il sistema che avrebbe dovuto proteggerla in questo caso ha fallito. “E’ una grande tragedia – la riflessione del vescovo di Fabriano, monsignor Francesco Massara – e colpisce questa comunità e questa famiglia. Preghiamo e stiamo vicino ad ogni famiglia affinché questi gestì non si ripetano mai più”.

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Sparatoria in piazza a Monreale, una carneficina: due morti e tre feriti, tutti giovanissimi

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E’ di due morti e tre feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta in nottata nella centrale piazza Duomo a Monreale (Palermo). Le vittime hanno 25 anni e 23 anni; i feriti 26 anni, 33 anni e 16 anni. La sparatoria è avvenuta in una piazza affollata, davanti ad almeno un centinaio di testimoni. Secondo una prima ricostruzione tutto sarebbe nato in seguito a una rissa per futili motivi davanti ad una pizzeria. Poi i due gruppi di giovani si sono affrontati in piazza. Uno dei protagonisti dell’aggressione, armato di pistola, ha iniziato a sparare. I feriti sono in gravissime condizioni. Le indagini sono condotte dai carabinieri.

Le vittime della sparatoria sono Salvatore Turdo di 23 anni e Massimo Pirozzo di 26. Sono morti subito dopo essere stati trasportati negli ospedali Ingrassia e Civico del capoluogo. Anche uno dei feriti sarebbe in gravissime condizioni. Davanti agli ospedali si sono presentati numerosi familiari e amici delle vittime, con grida e scene di disperazione.

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Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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La Chiesa alla ricerca di un pacificatore: si apre il pre-Conclave

Nel pre-Conclave dopo la morte di Papa Francesco, i cardinali cercano un candidato pacificatore per superare le divisioni interne. Il nuovo Papa dovrà unire e guidare una Chiesa divisa.

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C’è un cartello immaginario, ma chiarissimo, all’ingresso delle Congregazioni pre-Conclave e della Cappella Sistina: «Cercasi un pacificatore». Dopo la grande partecipazione popolare ai funerali di Papa Francesco, la Chiesa si ritrova ora a dover voltare pagina, raccogliendo l’eredità di Jorge Mario Bergoglio e affrontando divisioni dottrinali e geopolitiche mai sopite.

Il bisogno di superare le contrapposizioni

Tra le fila dei cardinali c’è consapevolezza che riproporre schemi vecchi, come il conflitto tra “bergogliani” e “ratzingeriani”, sarebbe miope. Il nuovo Conclave si svolgerà in un contesto mondiale mutato, segnato dalle tensioni internazionali e dalla crisi dello schema pacifista di Francesco dopo la guerra in Ucraina. Il rischio è che ogni divisione interna colpisca ora direttamente il Collegio cardinalizio, senza più la figura del Papa a fungere da parafulmine.

Verso un candidato di compromesso

I 133 cardinali chiamati al voto, riuniti nelle Congregazioni generali, sembrano ormai consapevoli che difficilmente emergerà un candidato “forte” espressione di una sola corrente. Per evitare uno scontro estenuante, sarà necessario convergere su una figura di equilibrio, capace di pacificare e non di dividere ulteriormente. Anche la vicenda del cardinale Giovanni Angelo Becciu, condannato in primo grado ma il cui diritto al voto non è ancora chiarito, rappresenta un’ulteriore incognita.

L’immagine simbolo della riconciliazione

Emblematica è stata ieri, dentro la Basilica di San Pietro, l’immagine di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno parlato seduti uno di fronte all’altro. Un gesto di distensione tra due protagonisti di scontri aspri. Segno che, forse, anche nella Chiesa si può sperare in un Conclave capace di indicare al mondo una strada di unità e di riconciliazione. Papa Francesco, tanto amato quanto criticato, con la sua morte sembra aver lasciato non solo un’eredità da gestire, ma anche una lezione di pace.

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