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Mattarella, salvaguardare la libertà d’espressione

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La libertà d’espressione va garantita sempre. Anche a chi “non condivide i nostri gusti, a chi la pensa diversamente” da noi. E’ l’appello che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lancia dai saloni del Quirinale durante la presentazione dei candidati al David di Donatello. “Grande attenzione va rivolta in particolare all’espressione dei giovani artisti, che devono poter provare, sperimentare, dunque formarsi e crescere. L’ingresso di nuove generazioni produce nuova ricchezza. Esprime libertà, quella libertà da assicurare anche a chi non condivide i nostri gusti, a chi la pensa diversamente”. Un intervento che cade per una pura coincidenza nella ‘Giornata mondiale della Libertà di stampa’.

Una data importante nella quale fa sentire la sua voce anche Papa Francesco che, in un post sui social, spiega come la “libertà di stampa” sia “fondamentale per sviluppare un assennato senso critico e per imparare a distinguere la verità dalla menzogna e a lavorare in maniera non ideologica per la giustizia, la pace e il rispetto del creato”. Anche il mondo della politica, colpito dalla notizia che l’Italia, secondo il ‘World Press Freedom Index’ di Reporters sans frontieres, abbia perso 5 punti rispetto all’anno scorso nella classifica dei Paesi che tutelano la libertà di stampa, parla di “valore da difendere”.

Ma poi si divide sulle responsabilità dell’attuale governo. “Con la destra al governo si riduce la libertà di stampa”, osserva la vicepresidente della Camera Dem, Anna Ascani, che sottolinea come l’Italia si “stia avvicinando a Paesi come l’Ungheria di Orban dove la democrazia è sotto attacco e i media sempre più nel controllo dell’Esecutivo”. Puntando il dito soprattutto sull’acquisizione “dell’Agenzia Agi da parte di un parlamentare della destra” definito, tra l’altro, un “grave colpo alla reputazione del nostro Paese”. La perdita di 5 punti nella classifica della libertà di stampa “non è un bel modo di festeggiare questa Giornata”, dichiara il leader M5S, Giuseppe Conte che, dopo aver parlato di “diritto all’informazione libera sempre più compromesso”, di “leggi bavaglio” e di “tentativo di forzare le regole della par condicio” da parte del centrodestra, propone, tra l’altro, “una riforma condivisa della Rai”.

Il Parlamento lavora al rafforzamento della “libertà di stampa” è, invece, il commento del deputato di FI Paolo Emilio Russo che ricorda come sia all’esame della Camera la proposta di legge per istituire il 3 maggio la “Giornata nazionale in memoria dei giornalisti uccisi a causa dello svolgimento della loro professione”. Rende, invece, “omaggio ai giornalisti di tutto mondo che, con coraggio e dedizione, difendono la libertà di espressione e la libera informazione” che sono “diritti fondamentali di ogni cittadino”, il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga (Lega). E mentre il presidente della FNSI, Vittorio Di Trapani, parla di “deriva ungherese dell’Italia”, di “una libertà di stampa che arretra” in un Paese come il nostro dove “la democrazia è meno solida”, il sottosegretario all’Informazione e all’Editoria, Alberto Barachini, dichiara che “l’informazione è un bene fragile, da tutelare” ed è una cosa da fare “giorno per giorno”.

Chiama alla “mobilitazione” la senatrice Dem, Enza Rando, contro “la mano della politica” nelle redazioni “della Rai” e contro “l’ acquisizione del gruppo Agi da parte del leghista Angelucci”. “In un decennio in cui si assiste ad un indebolimento delle democrazie”, commenta la Dem Beatrice Lorenzin, le istituzioni devono vigilare sulla libertà di stampa e su quello che sta avvenendo in Italia. Va difeso ad ogni costo l’articolo 21 della Costituzione, è il monito della viceprsidente del Senato Maria Domenica Castellone (M5S). “Oggi, più che mai, dobbiamo proteggere giornalisti e media da intimidazioni e violenze”, afferma la deputata di Azione, Valentina Grippo, che è anche relatrice generale per la libertà di stampa del Consiglio d’Europa e che invita a “pensare ai 137 giornalisti detenuti in Europa e ai 32 cronisti uccisi, i cui omicidi sono rimasti impuniti”. Per non parlare di quelli che sono morti raccontando le guerre come quella di Gaza.

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Politica

L’Italia a giudizio alla Cedu per la legge elettorale

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L’Italia dovrà spiegare all’Europa se le diverse modifiche apportate negli ultimi anni alla legge elettorale hanno violato la libertà di voto dei cittadini: la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha ammesso il ricorso avanzato dall’ex segretario dei Radicali italiani Mario Staderini e da alcuni cittadini secondo i quali proprio quei cambiamenti hanno comportato la violazione dei diritti nelle elezioni politiche del settembre 2022, quelle vinte da Giorgia Meloni. L’accoglimento del ricorso risale a febbraio ma la notizia si è diffusa oggi e ora il governo ha tempo fino al 29 luglio per replicare. Palazzo Chigi sta preparando la memoria difensiva: “la Cedu ha posto delle questioni – dice il sottosegretario Alfredo Mantovano – e si sta lavorando. Ovviamente riteniamo il ricorso non fondato”.

Il ricorso è stato depositato alla fine di gennaio del 2023 da Staderini – segretario dei Radicali Italiani dal 2009 al 2013 – e da diversi cittadini: alle elezioni del 2022 in circa 500 sono andati ai seggi verbalizzando il loro dissenso e spiegando le ragioni dell’astensione. E quella documentazione è alla base della richiesta alla Cedu, che riguarda “l’instabilità della legge elettorale e la compatibilità” del Rosatellum “con il diritto a libere elezioni, garantito dall’articolo 3 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani”. “Negli ultimi 20 anni – sottolinea Staderini – ci hanno costretto ad eleggere parlamenti con leggi incostituzionali o introdotte e modificate a ridosso del voto, ingenerando l’idea che i sistemi elettorali siano uno strumento che chi esercita il potere manovra a proprio favore e che il voto dell’elettore serva a poco. Prima il Porcellum, poi il Rosatellum, domani chissà cosa”.

Lo individua il deputato di Alleanza Verdi e sinistra Angelo Bonelli, il ‘cosa’: la decisione della Cedu “mette in seria discussione il premierato voluto da Meloni”. Nel ricorso si afferma che prima delle elezioni del 2022 il sistema elettorale è stato modificato tre volte: con la legge costituzionale numero del 2019 che ha ridotto il numero dei parlamentari, con la legge 177 del dicembre 2020 sulla redistribuzione elettorale e con la legge del giugno 2022 che ha esentato alcuni partiti all’obbligo di raccolta delle firme per la presentazione delle liste a livello nazionale. Quanto alle modalità di voto, dicono ancora i ricorrenti, un articolo del Rosatellum contrasta con il principio della libertà di voto: in sostanza non consente di esprimere il voto separato, vale a dire dare al proporzionale una preferenza per una lista o coalizione diversa da quella indicata nel maggioritario. Ed inoltre, nel caso in cui il cittadino voti solo per il candidato nel maggioritario, il suo voto viene assegnato automaticamente alla lista o alla coalizione nel sistema proporzionale. Alla luce di ciò, la Cedu ha formulato tre domande al governo. La prima si concentra sulle modifiche apportate nel 2019, 2020 e 2022, “queste ultime introdotte solo 3 mesi prima delle legislative” osserva la Cedu, che vuole sapere se “i cambiamenti al sistema elettorale hanno minato il rispetto e la fiducia dei ricorrenti nell’esistenza di garanzie di libere elezioni”.

In seconda battuta la Corte chiede se il Rosatellum, “impedendo agli elettori di votare nel sistema proporzionale per una lista o coalizione diversa da quella scelta nel sistema maggioritario e attribuendo automaticamente il voto espresso nel sistema maggioritario alla lista o coalizione corrispondente nel sistema proporzionale, ha violato il diritto dei ricorrenti di esprimersi liberamente sulla scelta del corpo legislativo in libere elezioni”. Ed infine, i giudici vogliono sapere se i cittadini hanno la possibilità di introdurre un ricorso “effettivo” davanti alle istanze nazionali, come prevede l’articolo 13 della convenzione europea dei diritti umani, se ritengono violati il loro diritto a libere elezioni.

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Giorgetti: ripresi 15 miliardi di truffe su 215 di Superbonus

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“Con le indagini fatte dalla Guardia di Finanza abbiamo già recuperato più di 15 miliardi richiesti indebitamente allo stato come crediti fiscali” nell’ambito del Superbonus. Lo afferma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sottolineando che “di quei 215 miliardi 15 in qualche modo ne usciranno, ma al netto delle truffe dobbiamo tornare alla normalità, dobbiamo tornare sulla terra”. “Io – prosegue – ricordo che oggi in Italia è ancora previsto un beneficio del 70% per chi ristruttura la propria abitazione. Qual è quella nazione in Europa o al mondo che offre lo stesso beneficio?”. “A tutti quelli che si lamentano e contestano – aggiunge – inviterei a fare questa valutazione”.

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Scontro sul tax credit, il cinema ostaggio dei partiti

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A Cannes, assicura l’opposizione, non si parlerebbe d’altro: il contenuto del decreto di riparto del fondo cinema che starebbe “avendo effetti devastanti sulla promozione del cinema italiano” al festival del cinema. Dove, si sostiene, monta la preoccupazione per il taglio di circa 130 milioni di euro al tax credit così come il raddoppio dei contributi selettivi che “riportano il sistema di finanziamento della produzione audiovisiva indietro nel tempo con lungaggini, burocrazia e il rischio di politicizzazione delle scelte da parte di commissioni nominate dalla politica senza ancora nessuna indicazione sulle modalità di scelta dei commissari”.

Una politica che “non sta passando inosservata agli operatori internazionali” sostiene il Pd che punta l’indice contro “l’occupazione degli istituti culturali che sta portando avanti il ministro Sangiuliano” e che gli fa temere che “che anche nel cinema vengano nominati gli amici degli amici e i compagni di partito”. Un’accusa che il partito della premier e del ministro della Cultura rimanda dritto contro l’opposizione.

La Riforma Sangiuliano è “una cesura con l’amichettismo e l’autoreferenzialità, che fanno il paio con sale vuote e tasche piene, ma solo di qualche organico al conformismo rosso. Comprendiamo le critiche della sinistra, che nel solco di un ‘taxi’ credit per i propri amici difende schemi e retaggi di potere che però non hanno fatto il bene del settore” ribatte Alessandro Amorese, capogruppo di FdI in commissione Cultura della Camera che palude a “questa ulteriore svolta, in linea con un’epoca nuova” inaugurata dal ministro.

Di certo la Riforma Sangiuliano preoccupa gli operatori. In un appello congiunto, 10 associazioni di rappresentanza degli autori, registi, produttori chiedono al ministro di garantire la “massima competenza e professionalità nelle commissioni” che selezioneranno le opere ammesse agli investimenti dopo il “sensibile aumento dei fondi selettivi a discapito di quelli automatici e del tax credit”.

Agici, Air 3, Anac, Unione produttori Anica, Asifa, Cartoon Italia, DocIt, Unita e Wgi- temono la discrezionalità delle scelte delle Commissioni che si troveranno “a decidere di una cifra quasi doppia rispetto agli anni precedenti, cifra nella quale rientra anche una voce inedita che monopolizza circa il 60% del totale delle risorse, voce relativa a Opere su personaggi e avvenimenti dell’identità” culturale italiana.

Prova a correre ai ripari il Pd presentando in Commissione una risoluzione per potenziare i finanziamenti all’industria audiovisiva ed arginare gli effetti del decreto “sulla capacità del nostro sistema di attrarre i grandi investimenti internazionali”. Tra le misure proposte, il potenziamento dei finanziamenti e il tax credit per l’industria del cinema, la promozione di iniziative a sostegno del comparto da rilanciare, tra l’altro, con la riduzione del biglietto di accesso in sala ai giovani tra i 14 e i 18 anni.

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