Collegati con noi

Cronache

Braccialetto elettronico e domiciliari a Napoli per il manager russo che lascia Poggioreale, ora lo vogliono sia gli Usa che la Russia

Pubblicato

del

Tre mesi in cella a Poggioreale per il manager russo Alexander Yurievich Korshunov accusato di spionaggio industriale da un tribunale dello Stato americano dell’Ohio. Da qualche ora ha lasciato il carcere napoletano. La Corte d’Appello di Napoli gli ha concesso gli arresti domiciliari, con divieto d’ espatrio e obbligo del braccialetto elettronico. È in una casa dove è possibile ogni controllo di sicurezza. In questa casa segreta Alexander Yurievich Korshunov attenderà l’esito della “guerra fredda” tra Stati Uniti e Federazione russa che, intorno al suo nome, si sta combattendo in Italia a colpi di domande di estradizione. Perchè è vero che i giudici dell’Ohio hai chiesto di avere l’arrestato, ma anche la Russia ha chiesto all’Italia l’estradizione sulla base di un mandato di arresto emesso dal tribunale del quartiere Basmannyj di Mosca. Un provvedimento che seppure possa essere considerato un atto a protezione del cinquantasettenne ex funzionario diplomatico ai tempi dell’ Unione Sovietica, in favore del quale s’è speso il presidente Vladimir Putin in persona, l’ha trasformato in un imputato conteso tra le due Potenze mondiali. Con arbitri tutti italiani: prima i magistrati partenopei e poi il governo di Roma.

Carcere di Poggioreale. Alexander Yurievich Korshunov ha lasciato la cella del penitenziario dopo tre mesi

Le due procedure giudiziarie sono entrambe in corso, ma con una differenza non irrilevante: all’estradizione in Russia, dove dovrebbe essere processato per l’appropriazione indebita di 150 mila euro, Korshunov ha accordato il proprio consenso, pur proclamandosi innocente; e i giudici non hanno potuto che prenderne atto, trasmettendo il fascicolo al ministero della Giustizia. Il ministro Alfonso Bonafede potrebbe già firmare il provvedimento, volendo e potendo, ammesso che non sia sollecitato diversamente dagli Usa. Alla richiesta del Tribunale dell’Ohio, invecem il manager russo s’è opposto. Gian Domenico Caiazza, il legale napoletano, tornerà ancora ad opporsi nell’udienza fissata per venerdì 6 dicembre. Caiazza contesta la competenza americana su un presunto reato commesso da un cittadino straniero in territorio italiano. Ma la Procura generale di Napoli ha già sollecitato l’estradizione negli Usa.  E se la corte dovesse concedere la estradizione, toccherà poi al governo decidere dove estradare l’ingombrante detenuto. E toccherà capire anche quale sarà il principio scelto dalle autorità italiane. Sarà usato il principio cronologico di chi per primo ne ha chiesta l’estradizione? Dunque gli Usa! Sarà favorito il Paese di appartenenza del presunto reo? Dunque la Russia!  Insomma non è facile per il Governo italiano.
Tutto ruota intorno all’ accusa mossa a Korshunov e al suo presunto complice italiano Maurizio Paolo Bianchi, di avere “cospirato e tentato di rubare segreti commerciali riguardanti progetti, procedure e disegni aeronautici” di proprietà della General electric aviation (che ha sede nell’ Ohio) e della sua filiale italiana: la Avio Spa, con sede a Torino (ma c’è una sede anche a Napoli-Pomigliano), dove lavorava Bianchi. Il quale avrebbe arruolato alcuni dipendenti o ex dipendenti di Ge e di Avio, attraverso la società forlivese Aernova, per acquisire elementi utili al completamento del programma russo Pd-14 per lo sviluppo di un motore a reazione per nuovi aerei. Da riversare poi al colosso moscovita Odk, controllato dallo Stato, di cui Korshunov era dirigente.
Per gli americani le accuse a Alexander Yurievich Korshunov è frutto di investigazioni serie e gravi che documentano come i russi avrebbero truccato la gara tra le due industrie aeronautiche grazie ai segreti di Ge rubati da Bianchi e i suoi “ragazzi”; alcuni dei quali hanno confessato le presunte malefatte raccontando all’ Fbi i contatti e gli incontri con Bianchi e Korshunov. Attraverso la società Aviadvigatel, una filiale della Odk di cui Korshunov è stato direttore del marketing. Ma il manager russo racconta tutt’altra storia, che ripeterà venerdì ai giudici napoletani: lui, con Aviadvigatel, aveva stipulato un contratto di consulenza con la Aernova di Bianchi, e non è a conoscenza di quello che l’italiano può aver fatto con gli impiegati di Ge e Avio (peraltro indicati anonimamente, nelle note dell’Fbi che li ha chiamati Dipendente 1 , Dipendente 2 , ecc.).
È ciò che aveva sostenuto Putin quando, all’indomani dell’arresto di Korshunov all’aeroporto di Capodichino, protestò per “l’atto ostile” nei confronti della Russia: “Abbiamo firmato un contratto con una società italiana per delle consulenze; è una pratica naturale in tutto il mondo, non abbiamo bisogno di rubare nulla”. I 150 mila euro inizialmente pattuiti tra Aviadvigatel e Aernova sono ora il valore dell’appropriazione indebita contestata a Korshunov in patria, ma quel mandato d’arresto ha tutto l’aspetto di una ciambella di salvataggio lanciata per riportarlo a casa senza danni. Di cui probabilmente tornerà a parlare con il governo italiano il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, atteso in visita a Roma giovedì 5 dicembre.
Due mesi fa, quando in Italia sbarcò il segretario di Stato Mike Pompeo, fu chiesto e ottenuto nel giro di poche ore l’arresto di Maurizio Bianchi (rilasciato in breve tempo, giacché s’era praticamente consegnato), che pure gli Usa vorrebbero estradare e processare; se ne dovrà occupare la corte d’appello di Roma. Un segnale di quanto possano pesare le pressioni statunitensi, che però mirano a Korshunov. Ora trattenuto da un braccialetto elettronico.

Advertisement

Cronache

Sindaco di Avellino Festa arrestato, indagati la vice sindaco Nargi e un consigliere comunale

Pubblicato

del

Arresto per il sindaco dimissionario di Avellino, Gianluca Festa. L’ex esponente del Pd e’ coinvolto in un’indagine per peculato e induzione indebita a dare e promettere utilita’ ed e’ ora ai domiciliari insieme a un architetto, fratello di un consigliere comunale, Fabio Guerriero e a una dirigente del Comune. I carabinieri, titolari dell’indagine della procura di Avellino, hanno anche eseguito perquisizioni a carico del vicesindaco Laura Nargi, del consigliere Diego Guerriero, capogruppo Viva la Liberta’, lista civica a sostegno di Festa, e fratello di Fabio e dei fratelli Canonico, presidente e commercialista della DelFes, squadra di basket serie B.

Al centro delle indagini c’e’ proprio la squadra di basket di serie B, riconducibile a Festa. Per gli inquirenti, ha ottenuto sponsorizzazioni da imprese che erano assegnatarie di appalti e affidamenti dal Comune di Avellino. Gli inquirenti ipotizzano per questo che esista un’associazione a delinquere.

La sua piu’ grande passione e’ il basket. Gianluca Festa, 50 anni, sindaco di Avellino dal giugno del 2019, si e’ dimesso il 25 marzo quando la procura di Avellino gli ha perquisito casa e ufficio. E proprio nel corso della comunicazione della notizia alla stampa, fece riferimento al suo amato basket, e al fatto che quanto li contestava la procura era relativo alla pallacanestro. Quando venne eletto, infatti, la squadra della citta’, lo storico club Scandone, fondato nel 1948 e per 20 anni in serie A, era fallito. Lui vi aveva giocato come titolare nel 1995. Uno smacco per Avellino e i tifosi, quel fallimento, e cosi’, pur di salvare la pallacanestro, Festa verso’ 20 mila euro dal suo conto corrente per garantire l’iscrizione di una squadra irpina al campionato di serie B. Ora Festa e’ ai domiciliari, indagato tra gli altri insieme all’amministratore delegato della squadra, la Delfes, Gennaro Canonico per presunti appalti pilotati al Comune di Avellino per i reati di corruzione, associazione a delinquere, turbativa d’sta e falso in atto pubblico. Alcune delle imprese che si sono aggiudicate gli appalti hanno anche sostenuto economicamente la societa’ di basket. “Non c’e’ niente perche’ non c’e’ mai stato niente e anche dalle perquisizioni non e’ emerso nulla. Chi pensava che questa fosse una bomba, si e’ ritrovato in mano una miccetta. E se qualcuno pensava di poter condurre con questi argomenti la campagna elettorale che si avvicina, ha sbagliato. Perche’ noi siamo persone perbene e aspetteremo l’esito delle indagini. Che non porteranno a nulla”, aveva detto Festa all’indomani delle perquisizioni.

È sempre d’uopo ricordare che le azioni dei Pm sono esercizi dell’azione penale obbligatoria ma non sono sentenze di condanna e che per gli attuali indagati c’è il principio di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio.

Continua a leggere

Cronache

Uccisero il padre violento, nuova condanna per i figli

Pubblicato

del

Sono stati condannati di nuovo i fratelli Scalamandrè per l’omicidio del padre Pasquale, indagato per maltrattamenti nei confronti della madre, avvenuto il 10 agosto del 2020 al culmine di una lite nella loro abitazione a Genova. La Corte d’Assise d’appello di Milano, davanti alla quale si è celebrato il processo di secondo grado ‘bis’, ha confermato la sentenza di primo grado: 21 anni di reclusione per Alessio e 14 per Simone. I due uomini, che oggi hanno 32 e 24 anni, sono accusati di avere ucciso il genitore 63enne colpendolo diverse volte con un mattarello dopo che lui si era presentato a casa loro per chiedere al maggiore di ritirare la denuncia nei suoi confronti. I giudici genovesi, in appello, avevano confermato i 21 anni di pena per Alessio, decidendo invece di assolvere Simone.

La Corte di Cassazione, però, lo scorso novembre aveva annullato con rinvio entrambe le sentenze, stabilendo che il nuovo processo si sarebbe svolto a Milano in quanto a Genova esiste una sola Corte d’Assise d’appello e gli imputati non possono essere giudicati due volte dagli stessi giudici. Per il caso del fratello maggiore, nell’annullare la decisione, gli Ermellini avevano tenuto conto della decisione della Corte Costituzionale che aveva decretato l’illegittimità dell’articolo del Codice Rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sull’aggravante di un delitto commesso in ambito familiare, e del ricorso dei difensori che invocavano l’attenuante della provocazione.

Nell’annullamento del verdetto nei confronti di Simone, invece, la Cassazione aveva invitato i giudici meneghini a motivare adeguatamente un’eventuale nuova sentenza di assoluzione. La Procura generale di Milano aveva chiesto 8 anni e mezzo per il fratello più giovane e una pena a 11 anni per l’altro, concordata con la difesa. Per quest’ultimo gli avvocati Nadia Calafato e Riccardo Lamonaca avevano invece chiesto l’assoluzione perché, a quanto hanno detto in aula, il ragazzo “non è l’autore materiale, assieme al fratello, dell’omicidio”.

“È un momento difficile, molto negativo”, ha osservato fuori dall’aula l’avvocato Lamonaca, sottolineando che “sicuramente” non sono state riconosciute l’attenuante della provocazione né la prevalenza di quelle generiche. “Le sentenze non si commentano, ma si impugnano. Cercheremo di cambiare ancora una volta questa sentenza. Non è ancora quella definitiva”. Entrambi i fratelli erano presenti alla lettura del dispositivo. Il giorno dell’omicidio erano stati i due fratelli a chiamare la polizia e raccontare l’accaduto, spiegando che i colpi mortali erano arrivati al culmine di una lite che si era trasformata in colluttazione. Alessio lo aveva infatti denunciato per maltrattamenti e minacce nei confronti della madre, che era stata costretta a trasferirsi in una comunità protetta.

Continua a leggere

Cronache

Test omosessualità a poliziotto della penitenziaria, ministero condannato

Pubblicato

del

Prima un procedimento disciplinare con una serie di “domande ambigue” sul suo orientamento sessuale. Poi addirittura un test psichiatrico per verificare se fosse o non fosse gay. È il calvario denunciato da un agente di polizia penitenziaria che alcuni giorni fa, dopo più di un anno di battaglie a colpi di carte bollate, ha vinto una causa dal Tar del Piemonte ottenendo un risarcimento di 10 mila euro per “danno morale”.

La somma è stata messa in carico al ministero della Giustizia. A originare il caso fu la segnalazione di due detenuti: “quel poliziotto fa le avances”. Era tutto falso. Ma nel frattempo l’agente venne spedito alla Commissione medica ospedaliera di Milano per sottoporsi a controlli psichiatrici: l’obiettivo era accertare la sua idoneità al servizio. Ed è qui il punto: l’amministrazione, che nel corso del procedimento giudiziario si è giustificata sostenendo che il dipendente manifestava “stati di ansia”, secondo i giudici “operò una sovrapposizione indebita” fra omosessualità (effettiva o meno non ha importanza) e “disturbo della personalità”. Una decisione “arbitraria e priva di fondamento tecnico-scientifico”.

Alla fine l’agente fu prosciolto in sede disciplinare e, dopo i test, dichiarato perfettamente in grado di svolgere il proprio lavoro. Ma per l’Osapp, il sindacato di polizia penitenziaria che gli ha fornito l’assistenza legale, resta la gravità di accuse “ingiuste, anacronistiche e degne di un clima da Santa inquisizione”. “Alle tante incongruenze e incapacità constatate negli organi dell’amministrazione – dice il segretario generale, Leo Beneduci – non credevamo di dover aggiungere l’omofobia”.

Secondo il senatore Ivan Scalfarotto (Italia viva) la vicenda “illustra meglio di mille trattati l’idea strisciante, e assai più diffusa di quel che si creda, che le persone gay e lesbiche non siano proprio come le altre, non propriamente degne come tutte le altre”. I giudici ricordano che nel ricorso (depositato il 27 dicembre 2022) l’agente lamentò di “essere stato deriso ed emarginato dai colleghi, per lo più uomini, in ragione delle proprie vicissitudini”, tanto che chiese e ottenne il trasferimento in un altro carcere, dal Piemonte alla Puglia. Ma per questo capitolo non hanno riconosciuto il diritto a un risarcimento.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto