Collegati con noi

Esteri

Scontri Israele-Hezbollah, rischio escalation con l’Iran

Pubblicato

del

L’annunciata invasione israeliana di Gaza, con le truppe schierate al confine e i tank già in posizione, rischia di aprire il vaso di Pandora in Medio Oriente, con un escalation del conflitto in tutta la regione dagli esiti imprevedibili. Oggi si sono intensificati gli scontri con gli Hezbollah in Libano, alleati dell’Iran. E da Teheran è arrivato un avvertimento chiaro: “Nessuno può garantire il controllo della situazione” se Israele invade la Striscia, è stato il monito del ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian dopo un incontro a Doha con il leader di Hamas Ismail Haniyeh. Un quadro complessivo che ha spinto il segretario di Stato Usa Antony Blinken a tornare di nuovo in Israele dopo un tour nella regione. E la Casa Bianca ad ammettere apertamente – per bocca del consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan – di “non poter escludere che l’Iran scelga di impegnarsi direttamente in qualche modo”.

I segnali di un lento scivolamento verso l’abisso che a parole tutti, o quasi, sembrano voler escludere d’altra parte sono evidenti. Lo scambio di colpi tra lo Stato ebraico e gli Hezbollah sta salendo di tono acuendosi in quello che sarebbe più corretto definire come un vero e proprio avvio di conflitto. Per tutto il giorno si sono susseguiti lanci di razzi e missili anti tank (nove, secondo Israele) da parte dei miliziani sciiti che hanno ucciso un soldato israeliano e ferito altri quattro. Mentre l’esercito – che ha risposto ai lanci con raid e artiglieria – è stato costretto a vietare l’ingresso di tutti i civili fino a 4 chilometri dal confine con il Libano. Al tempo stesso, è stato ordinato ai residenti delle zone di confine all’interno dei 4 chilometri di restare vicino ai rifugi. Un razzo di Hezbollah ha tra l’altro colpito – anche se per un errore di traiettoria – il quartiere generale del contingente Unifil nel sud del Libano, senza tuttavia fare vittime né feriti. E’ toccato a Yoav Gallant, ministro della Difesa israeliano, ribadire che Israele non è “interessato” ad aprire un secondo fronte al nord.

“Non vogliamo un’escalation della situazione”, ha spiegato, ma se gli Hezbollah “scelgono la via della guerra, pagheranno un pesante prezzo”. Quel che è certo è che tra Tel Aviv e Gerusalemme nessuno si illude: una fonte ufficiale – Joshua Zarka, capo degli Affari strategici del ministero degli Esteri israeliano – è convinto che Teheran stia spingendo per accelerare le tensioni, dispiegando anche armi in Siria. Davanti alle forze di Israele non c’è dunque solo Hamas (che tra l’altro è presente anche in Libano) ma uno scenario ben più complesso. Il premier Benyamin Netanyahu – che oggi ha assicurato ai parenti degli ostaggi a Gaza (155 le famiglie contattate) che la loro salvezza è uno degli obiettivi prioritari della guerra – oggi è comunque tornato a mettere nel mirino la fazione di Gaza: “Pensavate di spaccarci ma saremo noi a spaccarvi”. L’aviazione sta continuando a martellare senza sosta l’enclave palestinese. “Stiamo gettando le basi per manovre di terra quanto più efficaci possibili”, ha avvertito il comandante dell’aviazione generale Tomer Bar.

A Gaza, secondo l’Onu, ci sono oramai circa un milione di sfollati e il portavoce militare israeliano Daniel Hagari ha fatto sapere che sono circa 600.000 quelli che hanno lasciato il nord della Striscia per spostarsi a sud, secondo l’ordine dato dall’esercito stesso. E ha negato recisamente che si sia sparato sui convogli dei civili in fuga: “E’ una menzogna di Hamas”, ha denunciato Hagari. Il bilancio dei morti intanto – mentre anche oggi dalla Striscia sono piovuti razzi, anche su Tel Aviv – sta salendo ogni giorno di più. A Gaza – secondo il ministero della Sanità locale – sono 2.670, con 9.600 feriti. Secondo i servizi di pronto soccorso della Striscia ci sono inoltre 1.000 dispersi tra le macerie degli edifici distrutti dai raid israeliani, con i mezzi di recupero che non hanno più benzina per muoversi. Israele, anche sotto la pressione internazionale, ha deciso di riaprire le forniture di acqua all’enclave palestinese nel sud, mentre il segretario di Stato Blinken ha annunciato l’apertura per domani del valico di frontiera di Rafah tra Gaza e l’Egitto per consentire agli aiuti umanitari di raggiungere la Striscia, come chiedeva Il Cairo per sbloccare l’uscita di circa 500 americani. In Israele le vittime sono arrivate ad oltre 1.400 (289 i soldati uccisi), mentre i feriti sono più di 3.000. Gli israeliani che hanno lasciato il sud (soprattutto Sderot) e il nord del Paese sono, secondo i media, circa 60mila.

Advertisement
Continua a leggere

Esteri

Boy Scout cambiano nome in Usa per includere le ragazze

Pubblicato

del

Rivoluzione nei Boy Scouts americani. L’organizzazione fondata in Texas 114 anni fa ha deciso di cambiare nome per essere più inclusiva e accogliente nei confronti delle ragazze. Dall’8 febbraio del prossimo anno, giorno del suo 115esimo avversario, l’associazione dei piccoli esploratori diventerà ‘Scouting America’ “un’evoluzione naturale volta a garantire che tutti i giovani americani si sentano riconosciuti”, ha dichiarato Roger A. Krone, presidente e amministratore delegato dell’associazione centenaria. In realtà, si tratta anche di una mossa strategica dopo che negli ultimi tempi l’organizzazione, da sempre roccaforte del conservatorismo del sud degli Stati Uniti, è stata travolta da oltre da migliaia di denunce di abusi sessuali che l’hanno portata, nel 2020, a dichiarare bancarotta e accettare un piano di ristrutturazione per 2,4 miliardi.

E solo l’anno scorso, gli Scouts hanno iniziato a risarcire migliaia di vittime attraverso il Victims Compensation Trust che, si prevede, pagherà 2,4 miliardi di dollari a più di 82.000 ragazzi che hanno subito abusi. Da allora l’organizzazione ha imposto una serie di protocolli per evitare che altre persone debbano soffrire per violenze del genere. Tra questi, una formazione obbligatoria sulla protezione dei giovani per volontari e dipendenti, un processo di screening che include controlli dei precedenti penali per i capi e il personale adulto e una politica che richiede che almeno due adulti che abbiano seguito il training siano sempre presenti con i giovani durante le attività. Ma gli scandali hanno comunque dato un grande scossone alla sua fama. Come altre organizzazioni, inoltre, durante la pandemia gli Scouts hanno perso molti membri, un vero e proprio crollo rispetto al picco raggiunto nel 2018 con oltre 2 milioni di iscritti.

Attualmente il numero si è assestato su poco più di un milione di cui 176.000 ragazze. Peraltro alle giovani esploratrici non era permesso accedere ai ranghi più alti dell’associazione fino al 2017, una forma di discriminazione che ha colpito anche i soci gay che non sono stati ammessi fino al 2013. Quando le porte si aprirono per la prima volta per le ragazze, la spiegazione ufficiale fu che era un modo per aiutare le famiglie nell’organizzazione dei figli, ora i vertici dell’associazione sostengono che il cambiamento debba essere rappresentato anche nel nome. “E’ giunto il momento per l’organizzazione di avere un nome che rifletta meglio i giovani attualmente iscritti – ha spiegato Krone – tanto più che quasi il 20% dei membri sono ragazze o giovani donne”. Il rebranding, ha sottolineato il presidente, non cambierà la missione di preparare “i giovani a fare scelte etiche e morali in base ai principi scout.

I valori dell’America sono valori di scouting”. Nello Stato tra i più conservatori d’America c’è tuttavia chi storce già il naso definendolo un cambiamento “non necessario”, mentre le Girl Scouts – un’organizzazione separata dai Boy Scouts of America – hanno contestato che questa apertura in nome della parità di genere potesse creare confusione e danneggiare i loro sforzi di reclutamento. Hanno quindi presentato una denuncia alla Corte federale di Manhattan. Ma alla fine, un giudice ha stabilito che entrambe le associazioni possono usare parole come “scout” e “scouting”.

Continua a leggere

Esteri

Londra attacca Mosca: risposte inadeguate, stop ad attività maligne in casa nostra

Pubblicato

del

Il ministro dell’Interno britannico, James Cleverly, ha denunciato come “totalmente inadeguate” le spiegazioni offerte da Mosca alle denunce di un’intensificazione di “attività maligne” nel Regno Unito come in altri Paesi occidentali sullo sfondo della guerra in Ucraina. Di qui, ha rimarcato Cleverly, “la nostra risposta risoluta e ferma” annunciata oggi con la prevista espulsione dell’addetto militare russo (accusato d’essere “un ufficiale non dichiarato” dei servizi di spionaggio del Gru), la revoca dello status diplomatico ad alcune proprietà facenti capo all’ambasciata di Mosca nel Regno che sarebbero state usate come basi per operazioni “d’intelligence” e la riduzione della durata dei visti diplomatici. “Vogliamo rendere evidente alla Russia che noi non tollereremo una simile escalation”, ha insistito il titolare dell’Home Office, mettendo poi le mani avanti sulla reazione del Cremlino e alzando ulteriormente i toni della retorica: nelle sue parole, è prevedibile che Mosca risponda evocando accuse di russofobia contro il governo di Rishi Sunak e “teorie della cospirazione”, argomenti a cui i britannici “non intendono abboccare, facendosi prendere in giro da mosche cocchiere, troll e lacchè di (Vladimir) Putin”. “Il nostro messaggio alla Russia è chiaro: deve fermare la sua guerra illegale, ritirare le truppe dall’Ucraina e cessare queste attività maligne”, ha concluso Cleverly.

Continua a leggere

Esteri

Putin: non rifiutiamo il dialogo con i Paesi occidentali

Pubblicato

del

“La Russia non rifiuta il dialogo con i Paesi occidentali, la scelta spetta a loro”. Lo ha detto il presidente Vladimir Putin, citato dall’agenzia Ria Novosti, nel suo discorso di insediamento per il quinto mandato. “Vogliono continuare a cercare di limitare lo sviluppo della Russia, continuare la politica di aggressione, pressione sul nostro Paese che non è cessata da anni, o guardare ad una via per la cooperazione e la pace?” si domanda Putin.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto