I soci di Mps sostengono la scalata del Monte a Mediobanca. L’assemblea del gruppo senese ha approvato con l’86,48% dei voti l’aumento di capitale al servizio dell’offerta di scambio su Piazzetta Cuccia, consegnando all’ad Luigi Lovaglio con ampio margine la maggioranza dei due terzi necessaria per approvare la delibera. All’assise, dove è intervenuto il 73,59% del capitale, i contrari sono stati l’11,81% e gli astenuti l’1,7%. L’esito della votazione è stato accolto con un applauso dei soci: “è un momento importante per chi ci ha creduto e l’ha portato avanti”, ha commentato il presidente Nicola Maione, mentre Lovaglio ha parlato “ulteriore spinta di fiducia” da parte degli investitori che hanno compreso la “valenza industriale” del progetto. Nella compagine sociale si è consolidato Caltagirone – che ha ancora in corso un contenzioso da 741 milioni con Siena – che ha arrotondato dall’8% al 9,96% la sua quota, divenendo il secondo socio davanti a Delfin (9,86%) e alle spalle del Mef (11,7%), che ha votato per l’aumento: “sarà il mercato a decidere”, ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha escluso “un disegno” nel risiko.
Lo Stato “si è ritrovato una banca scassata, l’ha incredibilmente risanata” e ora è “la principessa a cui tutti vogliono mettere la scarpetta”. Assieme ai primi tre soci del Monte hanno votato non solo Banco Bpm (5%), Anima (4%), le Fondazioni (1,5%), Enpam (2%) ed Enasarco (3%) ma anche tanti fondi ‘di mercato’ – Norges Bank, Amundi, Pimco, Vanguard (ma non Blackrock) – evidentemente convinti, almeno dalla prospettiva di Siena, della bontà dell’operazione, sostenuta del 63,6% del capitale e bocciata solo dall’8,7%. Ai soci Lovaglio (foto Imagoeconomica in evidenza) ha ribadito che Mediobanca è “il partner ideale” per creare “il terzo operatore nazionale” del credito, un polo con una accresciuta “capacità di investimenti” grazie alla dimensione, con una capacità di servire meglio famiglie e imprese, reso più resiliente da una maggiore “diversificazione” dei ricavi e in grado di offrire “una significativa creazione di valore” ai soci, a cui distribuirà “il 100% degli utili” e offrirà una redditività sul capitale del 14%, mantenendo “un bilancio solido e resiliente” in “qualsiasi scenario economico”.
“Abbiamo chiesto agli investitori di sostenerci tre anni fa e quelli che lo hanno fatto sono stati premiati. Ci impegniamo a fare lo stesso con questa transazione”, la promessa di Lovaglio, che ha ribadito la natura “industriale” di un’operazione in cui la quota di Mediobanca in Generali è una “importante” fonte di diversificazione dei ricavi ma non è “strategica” e dunque in futuro cedibile anche se la scadenza nel 2027 dell’accordo con Axa “offre un’ulteriore opzionalità” sulla bancassurance (opzione “non allo studio” è corso a precisare il Leone). L’ad, sicuro del “successo” dell’ops, non ha escluso future operazioni con Banco Bpm, nel mirino di Unicredit: grazie a Mediobanca Mps avrà “un ruolo da protagonista in un mercato che andrà necessariamente a consolidarsi” potendo sedersi “al tavolo” del risiko “con un diverso posizionamento”. Il via libera dei soci segna l’inizio del secondo tempo della partita, che entrerà nel vivo a “giugno-luglio” quando, ottenute tutte le autorizzazioni, l’ops potrà partire. Mps “conferma l’obiettivo di conseguire almeno il 66,67%” del capitale ma ritiene che “gli obiettivi strategici” dell’offerta “saranno realizzabili” anche con una quota superiore al 51%. Il Monte, che non ha “notizia di offerte alternative”, continua a ritenere “adeguata” la sua proposta (lo sconto in Borsa è di circa il 4%), su cui non prevede “impatti” dai dazi americani.
La banca ha anche escluso l’esistenza di un “accordo” con Caltagirone per spartire la quota in Generali mentre di fronte alle ipotesi di un patto tra Delfin e Caltagirone per prendere il controllo del Leone, ha precisato che la scalata a Mediobanca, “è stata strutturata, valutata e approvata dalla banca in piena autonomia di giudizio”. Lovaglio l’aveva prospettata a Giorgetti la prima volta nel dicembre 2022. Poi a novembre scorso, dopo l’affondo di Unicredit sul Banco, l’accelerazione perché, ha detto l’ad, “non potevamo stare lì ad aspettare che qualcosa accadesse”.