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Economia

Mediobanca-Mps, il governo non usa il golden power

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Il calderone del risiko bancario è in piena ebollizione: Mps si prepara all’assemblea su Mediobanca incassando il lasciapassare del governo all’acquisizione di Piazzetta Cuccia, il Credit Agricole sale al 19,8% di Banco Bpm e Unicredit ottiene il via libera dell’Antitrust all’acquisto del 29,9% di Commerzbank. Ma andiamo con ordine. A muovere le acque di buon mattino è la decisione del governo di non esercitare il golden power su Mps in relazione all’offerta di scambio su Mediobanca, che potrà procedere senza restrizioni per decisione unanime del gruppo di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio.

Nessuno si attendeva obiezioni a Roma, dove la creazione di un terzo polo con affaccio sulle Generali viene vista con favore alla luce dei timori per le possibili ricadute sul risparmio degli italiani (smentite dal Leone) della jv con Natixis. Meno scontato, se non altro per la forte opposizione a Unicredit in Germania, è stato il via libera dell’Antitrust tedesco all’acquisizione del 29,9% di Commerzbank, operazione che “rafforzerà la posizione di mercato di UniCredit” ma che è stata autorizzata per la presenza di concorrenti “attivi in ;;tutti i settori”, ha detto il presidente dell’Authority, Andreas Mundt. L’opinione del governo “non è cambiata”, ha chiarito un portavoce del ministero delle Finanze, ribadendo la contrarietà di Berlino ad acquisizioni “non concordate e ostili”.

Il ceo di Unicredit, Andrea Orcel (foto Imagoeconomica in evidenza), può dunque continuare a tenersi aperte tutte le opzioni sia in Germania che in Italia, dove aspetterà la fine di giugno per decidere se andare avanti con Banco Bpm e dove mantiene le carte coperte sull’assemblea del 24 aprile del Leone, in cui il suo 5% potrebbe essere decisivo per la composizione del nuovo cda, per il quale corrono le liste di Mediobanca, Caltagirone e Assogestioni. Al voto di Orcel guarda anche il governo che aspetta di vedere come si concluderà la partita sul Leone prima di decidere, probabilmente a fine aprile, quali prescrizioni imporre col golden power su Banco Bpm. Si vedrà se Orcel tenderà la mano al governo dirottando i suoi voti sulle liste di Caltagirone o Assogestioni o se invece sosterrà Mediobanca, magari puntando ad accordi industriali con le Generali.

Per Benedetto della Vedova (Europa+) sarebbe “incomprensibile” che un governo “coinvolto nell’ops” su Mediobanca “decidesse di usare il golden power per stoppare” l’offerta di Unicredit “nei confronti di Bpm, che è socio” in Mps “e quindi con il governo partecipa alla scalata di Mediobanca”. In Mps siamo “felici spettatori, non giocatori”, ha detto il sottosegretario al Mef, Federico Freni. “Per me se il sistema bancario finanzia le imprese e finanzia i cittadini va tutto bene. Poi è ovvio che anch’io ambisco, da italiano, a un terzo polo bancario”. Ma oltre ai rischi del golden power Orcel deve fare i conti con la possibile e, stando ai rumor, crescente ostilità del Credit Agricole, salita al 19,8% di Bpm con la conversione dei suoi derivati. Domani il cda del Banco, azionista del Monte con il 9% del capitale, deciderà se appoggiare l’aumento di Mps. Il sostegno al rafforzamento di una concorrente potrebbe essere motivato con le opzioni strategiche che aprirebbero qualora, per qualsiasi ragione, l’ops di Unicredit non andasse in porto.

Il mercato scommette che Castagna unirà le forze con il Mef, Caltagirone e Delfin. Lovaglio, che gode del supporto anche dell’Enpam, di Algebris, delle Fondazioni, di Pimco e Norges Bank, potrebbe disporre di una base di partenza di circa il 50% del capitale, buon viatico verso la maggioranza dei due terzi necessaria per approvare la delibera. “Vogliamo fare una cosa diversa, una cosa che ci fa sognare, diventare grandi”, ha detto Lovaglio secondo cui la diversità con Mediobanca “è il valore aggiunto di questa operazione”. Intanto uno dei grandi vecchi della finanza italiana, Fabrizio Palenzona, ha lanciato un appello al ceo di Mediobanca, Alberto Nagel, affinché ponga fine a uno scontro che non avrà alcun “vincitore” siglando un accordo con i suoi avversari che tuteli l’indipendenza delle Generali attraverso l’individuazione di un partner industriale e la contestuale riduzione della quota di Piazzetta Cuccia nel Leone.

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Ricavi Essilux corrono anche nel 2025, affronta dazi Usa

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I ricavi di EssilorLuxottica crescono con forza anche nel primo trimestre dell’anno: l’aumento è del 7,3% contro il 4,7% dell’intero 2024. Confermati tutti gli obiettivi, con il gruppo che sta studiando “misure per contrastare l’impatto dei dazi statunitensi sulle importazioni”. Cosa che non sorprende, visto che il Nord America rappresenta una fetta cruciale dei ricavi del gigante delle lenti e dell’occhialeria. “Negli Usa ci stiamo muovendo verso un adeguamento dei prezzi a una sola cifra per le diverse linee di prodotto e per il nostro canale di distribuzione”, spiega Stefano Grassi, direttore finanziario del gruppo, rispondendo agli analisti sui dazi durante la conference call sui conti.

“Ovviamente non siamo immuni ai venti contrari delle tariffe: il 43% del nostro fatturato è realizzato negli Stati Uniti, ma direi che i principali” problemi “al momento riguardano le montature prodotte in Cina e importate negli Usa”, spiega. Nel dettaglio, nei primi tre mesi dell’anno i ricavi consolidati per EssilorLuxottica sono stati di 6.848 milioni di euro, con un aumento che arriva all’8,1% a cambi correnti. Il Nord America è in crescita del 4%, mentre l’Asia e Pacifico aumenta a doppia cifra, “con la solida performance delle soluzioni per la gestione della miopia in Cina”

. Il gruppo, nonostante il momento internazionale incerto, conferma l’obiettivo di crescita del fatturato annuo ‘mid-single digit’ dal 2022 al 2026 a cambi costanti, puntando a un range di 27-28 miliardi di euro. “Nel primo trimestre abbiamo mantenuto una solida traiettoria di crescita grazie al contributo di tutte le aree geografiche e di tutti i business”, commentano Francesco Milleri (foto Imagoecoomica in evidenza), presidente e amministratore delegato, e Paul du Saillant, vice amministratore delegato. Ma Milleri vuole anche ricordare Papa Francesco, con il quale ha recentemente collaborato. “Siamo concentrati sui risultati del gruppo ma, mentre continuiamo a portare avanti il nostro lavoro, i nostri pensieri vanno anche al Santo Padre. Ho avuto il privilegio di realizzare con lui un progetto visionario che oggi è una realtà tangibile nel cuore di Roma: l’Ospedale Isola Tiberina. Ci uniamo al cordoglio per la sua scomparsa, ricordandolo come un esempio di vita per milioni di persone nel mondo”, conclude il numero uno del gruppo nato dalla fusione con la Luxottica fondata da Leonardo Del Vecchio.

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Fmi ai paesi Ue, piani credibili per spese della difesa

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I conti pubblici globali peggiorano: il debito pubblico salirà quest’anno sopra il 95% e, nello scenario peggio, potrebbe schizzare nel 2027 al 117% del pil, il livello più alto dalla seconda guerra mondiale. Il Fondo Monetario Internazionale mette in guardia sul deterioramento delle finanze pubbliche in un contesto di rallentamento dell’economia globale a causa dei dazi. E ai paesi europei impegnati ad aumentare le spese per la difesa dice: servono piani credibili per finanziare gradualmente una maggiore spesa in modo da evitare che emergano delle “vulnerabilità”.

“Per i paesi che si trovano ad affrontare nuove esigenze di spesa, per esempio nell’ambito della difesa, è essenziale dimostrare un forte impegno per la sostenibilità a la prudenza di bilancio, garantendo allo stesso tempo la trasparenza”, osserva il Fondo invitando ad accompagnare qualsiasi aumento permanente delle spese fiscali per gli investimenti e la difesa con una maggiore “efficienza della spesa, una migliore pianificazione di bilancio pluriennale e da previsioni macroeconomiche migliorate per garantire valutazioni realistiche del loro impatto sulla crescita economica”. “Viviamo insieme questo momento storico”, ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti incontrando i funzionari italiani del Fondo.

“Noi cercheremo di farlo al meglio, voi continuate con la consueta professionalità e dedizione. Migliorarci ancora di più per superare gli ostacoli e avere un lieto fine”, ha detto il ministro. L’analisi del Fmi arriva mentre gli Stati Uniti assicurano il loro sostegno all’istituto di Washington e alla Banca Mondiale ma chiedono riforme per le due istituzioni di Bretton Woods affinché tornino alle loro missioni originarie, segnalando di fatto di volerle – nella loro condizione di maggiore azionista – cambiare. “America First non significa America Alone. Al contrario, è un invito a una più profonda collaborazione e al rispetto reciproco tra i partner commerciali”, ha spiegato Bessent.

“Lungi dal fare un passo indietro, America First cerca di espandere la leadership degli Stati Uniti in istituzioni internazionali come il Fmi e la Banca Mondiale”, ha aggiunto il segretario al Tesoro rimproverando al Fondo un “ampliamento della sua missione”. L’istituto “un tempo era irremovibile nella sua missione di promuovere la cooperazione monetaria globale e la stabilità finanziaria. Ora dedica tempo e risorse sproporzionate al lavoro sui cambiamenti climatici, sul genere e sulle questioni sociali”, ha notato. Simili le critiche alla Banca Mondiale. “Non dovrebbe più aspettarsi assegni in bianco per un marketing insipido e incentrato su slogan, accompagnato da impegni di riforma poco convinti”, ha aggiunto Bessent.

La Banca Mondiale, nella sua missione originale, “deve utilizzare le sue risorse nel modo più efficiente ed efficace possibile. E deve farlo in modi che dimostrino un valore tangibile per tutti i paesi membri”. Il Fmi e la Banca Mondiale hanno un ruolo critico nel sistema internazionale. E l’amministrazione Trump vuole lavorare con loro, a patto che rimangano fedeli alla loro missione”, ha spiegato il segretario al Tesoro Scott Bessent. Nello “status quo non sono all’altezza”, ha aggiunto.

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Generali al voto per il nuovo cda, incognita Unicredit

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Tutto è pronto a Trieste per l’assemblea di Generali chiamata il 24 aprile a nominare il nuovo cda di 13 consiglieri. Un passaggio delicato ma non definitivo per la stabilità della compagnia; il suo maggior azionista Mediobanca infatti è sotto scalata da parte di Mps e rischia di dover lasciare spazio in futuro nella governance a Francesco Gaetano Caltagirone e alla Delfin degli eredi Del Vecchio. Il voto degli azionisti, grandi e piccoli, darà un’indicazione delle forze in campo. I soci hanno tempo per registrarsi fino a giovedì mattina ma le prime indicazioni danno già una partecipazione record, con oltre 600 persone attese al Convention Center affacciato sul mare, in rappresentanza di circa il 70% del capitale.

Si erano presentati in 450 nel 2019, ultima assemblea in presenza ma il record di rappresentatività, nella storia recente della compagnia, è stato raggiunto nel 2022, quando la partecipazione ha toccato il 70,7% del capitale. Piazzetta Cuccia (azionista con il 13,1%) ha presentato una lista di maggioranza dove ha ricandidato, oltre al presidente Andrea Sironi e a una bella fetta del board uscente, anche l’amministratore delegato Philippe Donnet. Caltagirone e Delfin gli contestano l’alleanza nel risparmio con i francesi di Natixis, che secondo i due soci espone al rischio, un timore condiviso dall’attuale governo, di portare all’estero i risparmi degli italiani.

Si calcola che questa lista possa contare sul 35% dei voti, aggregando buona parte del favore dei fondi che in assemblea dovrebbero pesare per il 25% del capitale. In mancanza di una seconda lista lunga, senza un candidato alternativo al ruolo di ceo e senza un piano, è sui nomi proposti dalla banca guidata da Alberto Nagel che verosimilmente convergeranno i voti degli investitori esteri, seguendo i consigli dei proxy. La platea è nutrita e va da Blackrock (3,5%) a Vanguard (3%), da Norges Bank (3%) ad Amundi e molti hanno già dichiarare il loro voto a favore della lista di Mediobanca (Norges stessa e inoltre Calpers, Calstr, Florida State Board of Administration, CPP Investments). Non c’è infatti un vero e proprio sfidante perché la lista di Caltagirone (6,9%), che oltre che da Delfin (9,9%) e dalla Cassa Forense (1%) potrebbe essere votata da Fondazione Crt (1,9%), è ‘corta’, con 6 nomi e nessuna indicazione per i vertici; alla conta ci si aspetta che coaguli a suo favore circa il 20% del capitale.

I fondi italiani di Assogestioni, tra cui anche le società di gestione del gruppo Intesa Sanpaolo, non sono schierati e con lo 0,7% del capitale hanno presentato una lista di minoranza, e possono ambire a uno, massimo due consiglieri. Edizione dei Benetton (4,8%) che tre anni fa aveva appoggiato la lista del gruppo romano, potrebbe invece astenersi. C’è poi almeno un ‘convitato di pietra’ al tavolo del Leone: il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti. Il Mef è presente nell’azionariato dell’istituto senese che si prepara a lanciare un’ops su Mediobanca ma è anche arbitro del risiko bancario dove è appena intervenuto nell’esercizio dei poteri speciali del governo nella partita Unicredit/Banco Bpm. Interpellato in merito un portavoce della Commissione ha fatto un richiamo sui principi a cui si dovrebbero attenere gli Stati, ricordando che “le restrizioni alle libertà individuali siano consentite solo se proporzionate e basate su un legittimo interesse pubblico”.

Andrea Orcel, ceo del gruppo di Piazza Gae Aulenti, sarà l’ago della bilancia e la vera incognita in questa assemblea. Secondo gli ultimi aggiornamenti Consob ha in portafoglio il 5,2% delle Generali, il golden power è stato uno ‘sgambetto’ nella corsa verso Banco Bpm (quest’ultima riunisce il cda il 24 aprile) e il suo voto potrebbe tenerne conto, allontanandolo dall’asse romano. A osservare il risiko, mantenedosi ai margini, c’è Intesa Sanpaolo, ad oggi concentrata sul 29 aprile quando la sua assemblea rinnoverà il cda confermando, nelle attese, l’ad Carlo Messina per un altro mandato.

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