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Esteri

Il Pentagono attacca Netflix per la serie “Boots”: “Spazzatura woke” sui Marines gay

Polemica negli Stati Uniti: il Pentagono attacca Netflix per la serie “Boots”, che racconta la storia di un cadetto gay dei Marines. “Non comprometteremo i nostri standard per un programma ideologico”, dichiara la portavoce Kingsley Wilson.

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Scoppia una nuova polemica negli Stati Uniti tra il Pentagono e Netflix, stavolta per la serie televisiva “Boots”, ispirata alla vera storia di un cadetto gay dei Marines negli anni ’90.

La serie, che affronta il tema dell’identità e della discriminazione all’interno dell’esercito americano, ha suscitato la dura reazione del Dipartimento della Difesa, che accusa la piattaforma di “strumentalizzare l’esperienza militare per fini ideologici”.


Le parole del Pentagono

Pur senza citare direttamente la serie, la portavoce del Pentagono Kingsley Wilson, rispondendo a una domanda della rivista Entertainment Weekly, ha espresso una posizione netta:
I nostri standard generali sono d’élite, uniformi e neutrali rispetto al sesso, perché al peso di uno zaino o di un essere umano non importa se sei un uomo, una donna, gay o eterosessuale. Non comprometteremo i nostri standard per soddisfare un programma ideologico, a differenza di Netflix, la cui leadership produce e fornisce costantemente spazzatura woke al proprio pubblico e ai propri figli”.


Netflix non commenta

Da parte di Netflix nessuna replica ufficiale, ma ambienti vicini alla produzione fanno sapere che la serie “Boots” è nata “per raccontare una storia di coraggio e inclusione basata su fatti reali”, e non per lanciare messaggi politici.

La vicenda ha riacceso negli Stati Uniti il dibattito sulla “woke culture” e sui limiti della rappresentazione delle forze armate nei prodotti d’intrattenimento, un tema sempre più divisivo tra Hollywood e il mondo militare.

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Esteri

Israele avverte Hamas: “Deve disarmare senza se e senza ma”

L’ufficio del premier israeliano Benyamin Netanyahu avverte Hamas: deve disarmare “senza se e senza ma” e rispettare il piano in 20 punti. Cresce la tensione dopo le dichiarazioni di Mohammed Nazzal.

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«Hamas deve disarmare, senza se e senza ma».
È il monito arrivato dall’ufficio del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, in una dichiarazione diffusa alla Reuters, dopo le recenti affermazioni di Mohammed Nazzal, dirigente del movimento islamista palestinese.

Israele accusa Hamas di non aver rispettato gli impegni previsti dalla fase 1 dell’accordo: «Hamas avrebbe dovuto rilasciare tutti gli ostaggi. Non l’ha fatto. Sa dove si trovano i corpi dei nostri prigionieri», si legge nella nota.

Il governo israeliano ribadisce inoltre che il movimento deve «aderire pienamente al piano in 20 punti» elaborato nell’ambito dei negoziati mediati dagli Stati Uniti e da altri attori internazionali. «Il tempo sta per scadere», avverte Gerusalemme.


Nazzal: “Non ci disarmeremo”

Le parole dure di Israele arrivano in risposta all’intervista rilasciata da Mohammed Nazzal, nella quale il dirigente di Hamas ha dichiarato che il movimento non intende disarmarsi e che continuerà a essere presente nella Striscia di Gaza, almeno in via transitoria.

Sulla questione della restituzione dei corpi degli ostaggi deceduti, Nazzal ha ammesso che esistono “difficoltà oggettive” nel reperirli, senza fornire ulteriori dettagli.


Cresce la tensione nei negoziati

Il nuovo scambio di accuse arriva in una fase delicata dei negoziati per la stabilizzazione della Striscia di Gaza.
Israele insiste sulla smilitarizzazione completa di Hamas come condizione imprescindibile per qualsiasi accordo politico o umanitario, mentre il movimento islamista cerca di mantenere un ruolo politico nel territorio, anche dopo il cessate il fuoco.

La posizione di Netanyahu si fa sempre più rigida, nel tentativo di consolidare l’unità interna del governo israeliano e di mostrare fermezza di fronte alla comunità internazionale.

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Il Wall Street Journal spinge Trump: “Dia i missili Tomahawk all’Ucraina”

Il Wall Street Journal invita Donald Trump a fornire i missili Tomahawk all’Ucraina, sostenendo che non vi sarebbe rischio di escalation con la Russia e che l’arma potrebbe accelerare la pace.

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«Diamo i Tomahawks all’Ucraina, Mr President». È l’esortazione che arriva dal board editoriale del Wall Street Journal, che in un editoriale chiede al presidente Donald Trump di fornire a Kiev i missili da crociera a lungo raggio.
Secondo il quotidiano economico americano, la riluttanza della Casa Bianca a soddisfare la richiesta del governo ucraino sarebbe legata a due principali preoccupazioni: il rischio di escalation con la Russia e la gestione delle scorte militari statunitensi.


“Nessuna escalation, Putin colpisce da anni”

Nell’editoriale si sottolinea come la prima obiezione, quella del possibile scontro diretto con una potenza nucleare, non regga più:
«Vladimir Putin lancia missili da crociera e balistici contro l’Ucraina da anni, e non c’è nulla di escalation nel rispondere», scrive il giornale, sostenendo che la difesa e il contrattacco ucraino rientrano nella legittima autodifesacontro un’aggressione ormai prolungata.


“I Tomahawk servono per la pace”

Il Wall Street Journal ricorda inoltre che lo stesso Trump, la scorsa estate, aveva dichiarato che l’Ucraina “doveva passare all’attacco” per uscire dallo stallo militare.
Secondo il board, l’invio dei missili Tomahawk — in grado di colpire con precisione obiettivi strategici a grande distanza — potrebbe accelerare la fine del conflitto.

«I Tomahawk possono aiutare l’Ucraina a farlo, e questo porterà a una pace più rapida», conclude l’editoriale, invitando Trump a compiere quella che definisce “una scelta di forza e di realismo” nel confronto con Mosca.

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Mosca: “Distrutti 41 droni ucraini nella notte, sei abbattuti sul Mar Nero”

Il Ministero della Difesa russo annuncia l’abbattimento di 41 droni ucraini in diverse regioni del Paese, inclusi sei sul Mar Nero. L’attacco è avvenuto durante la notte, secondo quanto riferito dall’agenzia Tass.

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La Russia ha dichiarato di aver distrutto 41 droni ucraini nel corso della notte in diverse aree del Paese, comprese alcune regioni affacciate sul Mar Nero.
Lo ha riferito il Ministero della Difesa russo, citato dall’agenzia di stampa Tass, sottolineando che i sistemi di difesa aerea erano in stato di massima allerta.

«Nella scorsa notte – ha dichiarato il Ministero – i sistemi di difesa aerea hanno distrutto 41 droni ucraini», specificando la distribuzione degli abbattimenti nelle varie regioni.


Le regioni colpite

Secondo la nota, 12 droni sarebbero stati intercettati nella regione di Bryansk, cinque rispettivamente nella regione di Kaluga e nella Repubblica del Bashkortostan, tre nella regione di Mosca, due ciascuno nelle regioni di Belgorod e Oryol, e uno ciascuno nelle aree di Volgograd, Kursk, Ryazan, Tambov, Tula e Samara.

Il ministero ha inoltre confermato che sei droni sono stati distrutti sul Mar Nero, dove la difesa aerea russa è particolarmente attiva per proteggere rotte navali e infrastrutture strategiche.


Aumentano gli attacchi con droni

L’episodio si inserisce nella serie di attacchi con droni ucraini che, da settimane, interessano il territorio russo, in particolare le regioni di confine e le infrastrutture energetiche.
Mosca accusa Kiev di intensificare le operazioni oltre confine, mentre le autorità ucraine non confermano né smentiscono queste azioni, coerentemente con la loro strategia di ambiguità operativa.

La guerra dei droni continua dunque a essere uno dei fronti più attivi e imprevedibili del conflitto russo-ucraino, con attacchi mirati e risposte sempre più sofisticate da parte dei sistemi di difesa russi.

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