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Asse in Ue contro la carne coltivata, l’Italia capofila

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Un asse a dodici preparato nei giorni scorsi e consolidato al tavolo di Bruxelles. Attorno al quale ruota un monito comune: la carne coltivata “è una potenziale minaccia” per l’agricoltura europea. E, prima di un eventuale via libera, servono una riflessione e dati scientifici. Avanguardia nel Continente con la legge che vieta la commercializzazione di alimenti sintetici, Roma guida con Parigi e Vienna la campagna per cautelarsi dal possibile ingresso sul mercato di prodotti coltivati in vitro o in laboratorio. Le dovute valutazioni, è la richiesta avanzata, dovranno essere fatte tenendo conto dei nodi “etici, economici, sociali, ambientali, oltre che nutrizionali, di sicurezza sanitaria, di sovranità alimentare e di benessere animale”.

E dando la parola anche ai cittadini europei. Da mesi in prima fila per scoraggiare ogni tipo di placet Ue, sulla scena dell’Agrigish il ministro per l’Agricoltura Francesco Lollobrigida – forte della legge italiana, la prima nell’Unione, per vietare “la produzione e la vendita di alimenti e mangimi sintetici” – ha presentato un documento congiunto redatto insieme ai rappresentanti di Parigi e Vienna, Marc Fesneau e Norbert Totschnig, e sostenuto da altre nove delegazioni (Repubblica ceca, Cipro, Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Lituania, Malta, Romania e Slovacchia) per tenere accesi i riflettori sul tema. A dimostrazione, è stata la sottolineatura di Lollobrigida, che “l’Italia non è isolata, ma è anzi all’avanguardia nella protezione delle filiere agricole, della salute dei cittadini, dei consumatori e della qualità”.

Nessuna mossa azzardata, dunque, ma un lavoro fatto “in anticipo” e accolto con favore anche da Coldiretti, secondo cui “lo stop da parte di buona parte dei Paesi dell’Ue” alla carne coltivata “è coerente” con la decisione di vietare gli “alimenti prodotti da animali clonati” e “da oltre 40 anni la carne trattata con ormoni” e fa seguito al “flop registrato dai cibi a base cellulare”. Al momento del dibattito, del resto, a esprimersi contro il testo è stato soltanto il duo formato da Danimarca e Paesi Bassi, che da anni fanno del cibo sintetico una questione di “opportunità”. E che assicurano la loro volontà di continuare a investire nello sviluppo del ‘novel food’. Dal canto suo, Bruxelles – che non ha ancora ricevuto richieste di immissione in commercio di carne coltivata – assicura il suo ruolo di garante della sicurezza del novel food tramite regole “molto rigide”.

Norme che passano dall’esame scrupoloso dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) con sede a Parma. Prima di qualsiasi autorizzazione alla vendita e al consumo, in ogni caso, nella visione dei firmatari serviranno una “vera e propria consultazione pubblica” Ue e una “valutazione d’impatto completa e basata sui fatti”.

E in Italia l’unica eventuale considerazione potrebbe essere fatta sul meat sounding: se il divieto di associare i termini legati alla carne ad alimenti vegetali – come nel caso di ‘hamburger vegetali’ – contestato da Unionfood, l’associazione di rappresentanza dell’alimentare italiano guidata da Paolo Barilla, dovesse diventare un problema il governo potrebbe discuterne. Accanto alla nuova frontiera dell’alimentazione resta però il futuro della tradizionale Pac. La rabbia degli agricoltori, impegnati ormai da settimane in tutto il Continente a fare sentire la loro voce, è l’ammissione della presidenza di turno Ue del Belgio, esige “risposte”. L’Ue, è il richiamo di Lollobrigida, potrà darle “ripensando” la sua politica agricola senza più “ideologie”. E con la consapevolezza che servano “più fondi” e “più tutele” nei confronti degli agricoltori.

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Rai: giornalisti precari, siamo maggioranza informazione reti

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”L’Assemblea dei giornalisti precari e programmisti multimediali delle Reti Rai all’indomani dello sciopero del 6 maggio indetto da Usigrai dichiara – in una nota – quanto segue:

1) Lo sciopero è una delle prerogative più importanti in mano ai lavoratori in un sistema democratico. Nelle reti Rai esistono circa 250 giornalisti a cui questo strumento è negato: siamo infatti giornalisti partite Iva, dunque senza diritto di sciopero, o giornalisti inquadrati come “programmisti multimediali” dunque non rappresentati dalle sigle sindacali dei giornalisti

2) La giornata di sciopero proclamata da Usigrai ha aiutato a evidenziare che nei programmi di informazione delle Reti Rai una buona parte dei giornalisti non ha un contratto giornalistico. Anzi, nella maggior parte dei programmi, soprattutto quelli quotidiani, noi siamo la maggioranza. Non si può andare avanti così, è necessario trovare una soluzione

3) Abbiamo apprezzato che durante la conferenza stampa indetta in occasione dello sciopero il segretario della Fnsi, Vittorio Di Trapani e il segretario di Usigrai, Daniele Macheda, abbiano dichiarato con nettezza che si tratta di una situazione da sanare al più presto. Abbiamo altresì apprezzato che il segretario di Unirai, Francesco Palese abbia dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera di avere un punto in comune con la piattaforma di Usigrai: il giusto contratto per chi lavora nei programmi come giornalista. È lo spirito giusto: nessuno che abbia legittimità sindacale all’interno dell’azienda può esimersi dal farsi carico della nostra condizione. Lavoriamo da anni nel servizio pubblico contribuendo a realizzare con il nostro lavoro e le nostre competenze l’informazione delle tre Reti Rai, chiediamo di avere un contratto giornalistico che ci tuteli dal punto di vista previdenziale, salariale e sindacale

4) In conclusione: non ci interessa essere “tirati per la giacchetta”. Se ne avessimo avuto la possibilità qualcuno di noi avrebbe aderito allo sciopero, altri no, altri hanno comunque voluto partecipare prendendo giorni liberi e permessi che, però, non hanno nulla della dignità dell’astensione dal lavoro organizzata. Quindi chiediamo: quanto dobbiamo aspettare ancora? Ci saranno nuove priorità? Davvero il più grande editore italiano non può applicare il contratto previsto per legge a chi informa il pubblico per “questioni economiche”? Attendiamo da cinque anni un tavolo sindacale che affronti seriamente la questione. Ci aspettiamo che, subito dopo l’insediamento del nuovo cda, tutti lavorino per giungere a un accordo e che questo sia uno dei primi punti posti all’attenzione della nuova governance”.

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Tajani, su Toti si poteva intervenire in un altro momento

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“Il ministro Nordio ha un ruolo e può dire ciò che pensa. Fa bene e condivido le sue parole”. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine dell’assemblea nazionale di Confcooperative, a Roma. Per Tajani si tratta di una “vicenda giudiziaria che risale a vicende di parecchi anni fa, forse si poteva intervenire due mesi fa, il giorno dopo le elezioni… Però questo non ci turba, non ci preoccupa nulla”. Alla domanda sulle dimissioni per Michele Emiliano chieste dal centrodestra, Tajani ha affermato che “le vicende giudiziarie sono diverse. Emiliano ha detto due volte di essere andato dalla sorella del boss”.

“Io sono garantista – ha ribadito Tajani – anche per le vicende di Bari, per quella di Genova e anche per persone che non sono di Forza Italia”. In merito all’opportunità della richiesta di dimissioni, Tajani ha chiesto di “non strumentalizzare le vicende giudiziarie” .

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Meloni a Stoltenberg: la Nato affronti le sfide sul fianco Sud

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“Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ricevuto a Palazzo Chigi il Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg. Al centro del colloquio i temi di attualità dell’agenda atlantica nel contesto della preparazione del Vertice NATO di Washington in luglio”. Lo riferisce una nota di Palazzo Chigi, spiegando che la premier “in particolare ha ribadito l’aspettativa italiana che a Washington possano essere adottate decisioni concrete in risposta alle sfide caratterizzanti il fianco Sud, in coerenza con l’approccio a 360 gradi alla sicurezza euroatlantica previsto dal Concetto Strategico della Nato”.

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