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Arrivano primi vaccini Covid ma poche richieste a medici

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Sono in arrivo in Italia, a partire da domani, i primi lotti di vaccini anti-Covid aggiornati e contemporaneamente inizierà nelle regioni anche la distribuzione dei vaccini antinfluenzali in vista della nuova campagna vaccinale che partirà da ottobre. Medici di famiglia, centri vaccinali delle Asl e farmacie saranno in prima linea per le somministrazioni ma il timore, evidenziano i sanitari, è la ridotta adesione dei cittadini vista la scarsa richiesta per le immunizzazioni registrata al momento anche da parte delle categoria più a rischio. Intanto la variante BA.2.86, denominata Pirola, è stata isolata per la prima volta anche in Italia ma secondo gli epidemiologi non vi è, al momento, motivo di allarme.

Ancora poche ore, dunque, per i vaccini anti-Covid della Pfizer aggiornati, i cui primi lotti sono stati spediti oggi ed il cui arrivo in Italia è previsto per domani. Saranno consegnati nelle sedi indicate dalle Regioni. A partire dai giorni successivi, ma più probabilmente nei primi giorni di ottobre come previsto, partirà ufficialmente la campagna vaccinale. Il ministero della Salute a stretto giro dovrà inoltre emanare una nuova circolare con le indicazioni tecniche specifiche indirizzate ai soggetti vaccinatori. Previsto anche l’arrivo della seconda tranche più consistente di dosi Pfizer per il 9 ottobre.

Da parte loro, i medici di famiglia si dicono pronti a vaccinare negli studi, anche se molto dipende dagli accordi locali delle singole Asl. Ciò che comunque preoccupa maggiormente, spiega il segretario della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti, è l’adesione che si potrà registrare alla nuova campagna vaccinale, che quest’anno prevede la possibilità, secondo le indicazioni ministeriali, di effettuare le due vaccinazioni anti-Covid e antinfluenzale anche nell’ambito della stessa seduta. “La mia impressione – afferma – è che molti pazienti non siano intenzionati a vaccinarsi, anche quelli che appartengono alle categorie più a rischio per le quali la vaccinazione è raccomandata, ovvero soggetti fragili, over-80 e donne incinte. Il numero di richieste che abbiamo registrato è infatti di molto inferiore rispetto a quello segnalato nello stesso periodo degli ultimi due anni. C’è una certa stanchezza”.

Quest’anno dunque, commenta, “penso che la vera campagna vaccinale dovrà essere fatta nel convincere i pazienti”. Pronti si dicono anche i farmacisti: “In Italia 50mila farmacisti effettueranno le somministrazioni con una adesione massiccia, ricordando – afferma il presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti Fofi, Andrea Mandelli – che nelle passate campagne in farmacia si sono somministrate oltre 6 milioni di dosi”. Le vaccinazioni, ricorda inoltre il segretario nazionale di Federfarma Roberto Tobia, “potranno essere effettuate dalle farmacie anche in locali separati e questo permetterà alle farmacie anche di poter operare insieme. È importante che si vaccinino i soggetti fragili ma pure – sottolinea – tutti coloro che hanno contatti diretti con gli anziani”.

Intanto, è stata oggi isolata anche in Italia, a Brescia, la variante Pirola, inizialmente temuta per le sue mutazioni. Lo conferma l’Istituto superiore di sanità ricordando che in Europa sono circa 150 i casi segnalati ed in tutto il mondo sono circa 200. Da parte loro, gli epidemiologi invitano ad evitare allarmismi: “Ad oggi, consiglio prudenza, ma non c’è alcun motivo di allarme perchè la variante Pirola fino a questo momento non ha dato evidenze di una maggiore contagiosità o di una più elevata patogenicità”, afferma Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di statistica molecolare e di Epidemiologia del Campus Bio-Medico di Roma. Si tratta comunque di “una variante del gruppo Omicron, sia pure con alcune differenze avendo delle mutazioni, ed i vaccini aggiornati garantiscono una protezione anche contro questa variante”. Pirola “è stata però isolata in Italia in un soggetto immunocompromesso e questo – conclude l’esperto – è un dato importante: evidenzia l’importanza della vaccinazione in questa categoria di soggetti”.

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Esteri

La Corte dell’Aia chiede arresto Netanyahu e Sinwar: hanno commessi crimini di guerra

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È arrivata dalla Corte penale internazionale (Cpi) con sede all’Aia la richiesta che venga emesso un mandato di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il suo ministro della Difesa Yoav Gallant e 3 leader di Hamas: Yahya Sinwar, Mohammad Deif e Ismail Haniyeh. I cinque sono accusati di crimini di guerra. Il procuratore Karim Khan ha specificato che i due ministri israeliani sono sospettati di “aver causato lo sterminio, usato la fame come metodo di guerra, compresa la negazione di forniture di aiuti umanitari, e di aver deliberatamente preso di mira i civili durante il conflitto”, mentre i vertici del gruppo palestinese sono accusati di sterminio, omicidio, presa di ostaggi, stupro e violenza sessuale durante la detenzione.Immediata la reazione delle due parti che hanno respinto con forza la richiesta del procuratore Khan, definita “uno scandalo” da Netanyahu che, ha precisato, “non fermerà né me, né noi”.

Compatta la leadership di Tel Aviv nel condannare la posizione del pubblico ministero, considerata “un crimine storico” dal ministro Benny Gantz. Il ministro degli Esteri, Israel Katz, ha visto nella decisione “un attacco frontale contro le vittime del 7 ottobre e contro i nostri ostaggi ancora a Gaza”. Israele non riconosce la giurisdizione della Cpi, così come non ne sono membri Stati Uniti, Cina e Russia.Proteste si sono levate anche tra le fila di Hamas che ha fatto domanda per l’annullamento della richiesta dei mandati di arresto, accusando la Corte dell’Aia di “equiparare la vittima al carnefice” e “di incoraggiare la continuazione della guerra di sterminio”. Secondo il gruppo palestinese, anche le misure contro Netanyahu e Gallant sono arrivate “sette mesi troppo tardi” e sono poco significative, visto che non includono “tutti i funzionari israeliani che hanno dato ordini e i soldati che hanno commesso crimini”.

“Scandalosa” è stato l’aggettivo utilizzato anche dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha sottolineato: “Non esiste alcuna equivalenza – nessuna – tra Israele e Hamas”. Visione condivisa anche dal Regno Unito che, attraverso una nota del ministero degli Esteri, ha affermato: “Non crediamo che la richiesta di mandati aiuterà a liberare gli ostaggi, a ottenere aiuti o a garantire un cessate il fuoco sostenibile. Come abbiamo detto fin dall’inizio, non riteniamo che la Cpi abbia giurisdizione in questo caso”. Favorevole, invece, la vicepresidente spagnola, Yolanda Diaz: “Buone notizie. Il diritto internazionale deve valere per tutti”. Intanto a Gerusalemme sono scoppiate nuove proteste davanti alla Knesset, il parlamento israeliano, per chiedere le dimissioni di Netanyahu, mentre Gallant, incontrando il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan, ha assicurato che l’operazione a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, si espanderà. L’esercito israeliano ha stimato che 950mila palestinesi hanno già evacuato la città, mentre tra i 300.000 e i 400.000 civili restano ancora nella zona costiera e in alcune parti del centro cittadino.

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Economia

Il ceto medio teme il futuro, scala sociale bloccata

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La classe media italiana è sempre più povera, impaurita e pessimista. È la sintesi del nuovo rapporto Cida-Censis, la fotografia di una società profondamente cambiata rispetto a quando, tra dopoguerra e boom economico, era in rapida ascesa. Oggi, invece, il 48,4% del ceto medio sente di stare andando indietro nella scala sociale. Anche se che 6 italiani su 10 (il 60,5%) ritengono di appartenere alla classe di mezzo. Di questi, la maggior parte ha un reddito tra 15 e 34 mila euro (46,4%), il 26,7% tra 35 e 50mila, il 15,6% oltre i 50mila e il restante 11,3% delle persone meno di 15mila. Sono più gli anziani (65,4%) rispetto a giovani (57,7%) e adulti (58,9%).

“Preoccupa l’assenza di speranza nel futuro degli italiani. Se le aspettative calano, se non si crede più di poter migliorare la propria condizione, sarà l’intero Paese a pagarne un prezzo altissimo. Dobbiamo investire su più alto benessere economico, più alti consumi, aspettative crescenti”, sottolinea il presidente di Cida, Stefano Cuzzilla. La sensazione di pessimismo per il futuro è condivisa anche dai ceti popolari (che sono il 33,8% e sentono di indietreggiare ulteriormente nel 66,7% delle evenienze) e persino dagli abbienti (in 4 casi su 10).

Il tenore di vita sta calando per il 60% degli italiani, di cui la metà del ceto medio. E non a torto: dal 2001 al 2021 il reddito pro-capite delle famiglie è sceso del 7,7%, mentre la media europea saliva di quasi 10 punti percentuali. E sono più di di due terzi gli italiani che pensano che il cosiddetto soffitto di cristallo impedisca di migliorare la propria classe sociale. A condire il tutto c’è l’assenza di meritocrazia. Per l’81% degli italiani è giusto che chi lavora di più guadagni di più ma per il 57,9% impegno e talento non sono premiati come dovrebbero. Il 78,6% del totale (e l’80% del ceto medio), inoltre, ritiene di essere danneggiato dall’evasione fiscale.

Tra le righe del rapporto si legge però anche un po’ di speranza. L’87,1% degli italiani è convinto che un innesto massiccio di culture e pratiche manageriali farà fare il salto di qualità al sistema Paese. Le competenze organizzative sono viste positivamente anche per i dirigenti scolastici, la cui abilità per l’85,8% delle famiglie porta a buone performance didattiche, e per quelli medici, che secondo il 62,2% dei rispondenti dovrebbero essere manager. Per 8 italiani su 10 la chiave per essere un buon capo è il saper trascinare e motivare gli altri. “È nostra responsabilità, come manager e come società civile, rispondere a questo cambiamento e intercettarne i bisogni prima che sia troppo tardi”, sottolinea ancora Cuzzilla. “Significa investire per avere un sistema costruito sulla triade più alto benessere economico – più alti consumi – aspettative crescenti”.

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Muovono braccia e mani 43 paralizzati con dispositivo

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Un dispositivo non invasivo in grado di stimolare il midollo spinale dall’esterno del corpo ha permesso a 43 pazienti tetraplegici, affetti da paralisi parziale o totale che coinvolge tutti e quattro gli arti e il torso, di recuperare il movimento di braccia e mani in misura maggiore rispetto alla sola terapia di riabilitazione. Lo strumento è stato messo a punto da un gruppo di ricerca guidato dal Politecnico di Losanna, e i risultati del trial clinico sono pubblicati sulla rivista Nature Medicine. Lo studio, che ha coinvolto 60 partecipanti, suggerisce che la terapia è sicura ed efficace e potrebbe quindi costituire un passo avanti per aiutare le persone a recuperare almeno in parte le loro capacità motorie e la loro indipendenza.

Alla base della tetraplegia c’è un danno al midollo spinale localizzato nella parte cervicale, la più alta, della colonna vertebrale. La conseguenza è una perdita totale o parziale della funzione delle braccia e delle gambe e la paralisi non riguarda soltanto il movimento, ma anche la sensibilità. È dimostrato che la stimolazione elettrica del midollo spinale può ripristinare le funzioni compromesse quando viene effettuata su quelle zone che contengono i neuroni coinvolti nel controllo di queste funzioni, ma spesso questi approcci si basano su procedure chirurgiche invasive per l’impianto degli elettrodi nel midollo spinale. Ne è un esempio l’importante risultato pubblicato su Nature Medicine nel 2018, ottenuto su un uomo paralizzato dal 2013 in seguito a un incidente sulle piste da sci che è riuscito a rimettersi in piedi e a camminare grazie ad uno stimolatore elettrico impiantato al di sotto del danno vertebrale.

Per cercare un’alternativa meno invasiva per i pazienti, i ricercatori coordinati da Gregoire Courtine hanno realizzato un dispositivo che invia corrente elettrica al midollo spinale attraverso elettrodi semplicemente posizionati sulla pelle. A testare per la prima volta gli effetti di questo macchinario, chiamato Arcex, sono state 65 persone tetraplegiche reclutate in diversi centri di varie parti del mondo: per tutte era passato almeno un anno dalla lesione responsabile della paralisi. I partecipanti sono stati inizialmente sottoposti per due mesi ad un programma di riabilitazione standard, seguito da altri due mesi di terapia svolta però con l’ausilio del dispositivo.

Non sono stati riscontrati problemi relativi alla sicurezza e, delle 60 persone che hanno portato a termine l’esperimento e, di queste, 43 (il 72%) hanno dimostrato miglioramenti nella forza e nella funzionalità dei movimenti di braccia e mani. Non solo: i risultati indicano anche progressi nella precisione dei movimenti che coinvolgono la punta delle dita, un parziale recupero delle sensazioni associate al tatto e miglioramenti riferiti dai pazienti per quanto riguarda la loro qualità della vita. Gli autori dello studio sottolineano, quindi, l’efficacia della terapia e suggeriscono che potrebbe essere utilizzata insieme a quelle attuali per migliorare il recupero della funzione della mano e del braccio in pazienti tetraplegici.

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