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Sindaco e assessora stanno insieme, è polemica

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La relazione sentimentale tra il sindaco di Terricciola, piccolo centro della Valdera in provincia di Pisa, e l’assessora della sua giunta, madre di sua figlia, diventa un caso politico, con l’amministratrice che ha scritto alla premier Giorgia Meloni per difendere il suo ruolo di mamma, pur comunicando le sue dimissioni dalla giunta, per evitare di strumentalizzare gli affetti e proprio la figlia di 18 mesi. Il primo cittadino di Terricciola, Mirko Bini e l’assessora Giulia Bandecchi, un anno e mezzo fa sono diventati genitori di una bambina. Un rapporto il loro, nato nel corso del mandato, per il quale l’opposizione contesta la violazione del testo unico degli enti locali in cui si precisa che “un sindaco non può nominare il coniuge, gli ascendenti, parenti e affini entro il terzo grado”, e lo statuto comunale che stabilisce “l’incompatibilità per i membri della giunta comunale in caso di rapporti di parentela e di affinità con il sindaco”.

Il deputato Francesco Michelotti (Fdi), riferisce il Tirreno che ha pubblicato la vicenda, ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministero dell’Interno (poi ritirata), su indicazione di alcuni consiglieri comunali della lista di opposizione Terricciola sicura. I consiglieri del piccolo centro del Pisano avevano anche interessato la prefettura che però non si è mai pronunciata. La polemica è esplosa a pochi mesi dal voto amministrativo di giugno e ha spinto Bini a dirsi pronto a ricandidarsi. “Non volevo ma ora sto invece pensando di farlo”. E ha aggiunto: “La norma non cita la parola conviventi o genitori ma parla di coniugi e affini dove per affini si intende, secondo la nostra interpretazione le unioni civili. Non avendo la possibilità di sostituire Giulia con un’altra figura femminile saremmo dovuti restare senza l’assessora che stava seguendo il piano operativo”.

E ancora: “Non credo che ritirare le deleghe a una persona solo perché è diventata madre sia il modo corretto di amministrare un Comune. Giulia è disposta a dimettersi e lo ha fatto. Valuterò cosa fare nel rispetto del ruolo di madre e di persona eletta in democrazia. Se qualcuno deve dimettersi sono io. Magari accetto le dimissioni e poi la nomino di nuovo”. “Michelotti – afferma Giulia Bandecchi . sostiene che sono incompatibile con il ruolo di assessore, perché ho in comune con il sindaco una figlia nata a ottobre 2022, quindi successivamente alla mia nomina del 2019: io e il sindaco non abbiamo vincolo di coniugio non siamo affini, si tira in ballo una bambina di quasi 18 mesi, in vista delle elezioni amministrative. Come mamma e donna ho scritto alla presidente Meloni per chiedere di fare chiarezza e tutelare di più le donne che rappresentano le istituzioni e hanno un ruolo politico”. “Chiediamo solo il rispetto della legalità – ha replicato Matteo Arcenni, consigliere di opposizione di Terricciola sicura – e alla prefettura abbiamo chiesto se è stata violata la legge, perché a nostro avviso non è stato rispettato il regolamento comunale. Non tiriamo in ballo le famiglie e i bambini”.

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Un video per raccontare la lotta al tumore ovarico

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Le donne colpite dal tumore ovarico raccontano, condividono le loro paure, le loro speranza e allo stesso tempo chiedono maggiore attenzione verso questa grave patologia. L’iniziativa è realizzata dalle donne dell’associazione ALTo attraverso un video che da oggi, in occasione della Giornata mondiale contro il tumore ovarico, è disponibile su You Tube.

Il tumore ovarico è il settimo tumore più comune tra le donne a livello mondiale e costituisce l’ottava causa di morte per cancro femminile. Solo in Italia sono circa 6mila le donne che ogni anno ricevono una diagnosi di tumore ovarico. “Ogni donna che combatte contro il cancro ovarico ha una storia unica da raccontare e attraverso questo video vogliamo dare loro voce – spiega Maria Teresa Cafasso, presidente dell’Associazione ALTo – vogliamo mostrare al mondo intero la loro forza e determinazione e allo stesso tempo sensibilizzare sull’importanza della conoscenza precoce, dell’accesso ai trattamenti e della necessità di approvare nuovi farmaci per la cura delle frequenti recidive che spesso colpiscono le donne affette da questa malattia”.

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Nell’inchiesta su Toti l’ombra di una talpa

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Nell’inchiesta sul presunto comitato d’affari e corruzione che ha portato all’arresto (ai domiciliari) del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti spunta l’ombra di una talpa. E’ un aspetto su cui lavorano gli investigatori della guardia di finanza, coordinati dai pm Federico Manotti e Luca Monteverde, alla luce di quanto emerso dalle intercettazioni ambientali.

E’ il 30 settembre 2020. I fratelli Arturo Angelo Testa e Italo Maurizio Testa, iscritti a Forza Italia in Lombardia e da ieri sospesi dal partito, vengono a Genova per incontrarsi con alcune persone della comunità riesina. A quell’incontro si avvicina un uomo con la felpa e il cappellino.

“Viene riconosciuto in Umberto Lo Grasso (consigliere comunale totiano). Che dice a Italo Testa: “Vedi che stanno indagando, non fate nomi e non parlate al telefono …. Stanno indagando”. In tutta risposta Italo Maurizio Testa afferma: “si lo so, non ti preoccupare …. L’ho stutato (“spento” in dialetto siciliano, ndr)”. Questa condotta, scrive il giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni, “appare in tal modo integrare il delitto di favoreggiamento personale, avendo il predetto – avvisando i fratelli Testa a non parlare al telefono essendo in corso indagini (“stanno indagando”) – fornito un aiuto in favore dei predetti ad eludere le investigazioni a loro carico”.

Ma chi ha avvisato Lo Grasso? Una ipotesi è che vi sia appunto una talpa visto che Stefano Anzalone, totiano anche lui e indagato nell’inchiesta, è un ex poliziotto che ha dunque agganci tra le forze dell’ordine. L’altra ipotesi è che si possa trattare di una sorta di millanteria dello stesso Anzalone che dopo le elezioni voleva togliersi di torno i fratelli Testa e non onorare le promesse fatte in cambio dei voti.

Tutti gli indagati citati in questo articolo sono da considerare presunti innocenti.

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Soccorsa barca a vela a Fiumicino, salvi nonno e nipote a bordo

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Una barca a vela si e’ incagliata nel basso fondale a Fiumara grande, alla foce del Tevere, a Fiumicino. Una complessa operazione di soccorso ha riguardato gli occupanti del natante, si tratta di un anziano e della sua nipote. Due imbarcazioni della Guardia Costiera di Fiumicino , la CP 831 ed il battello A10, hanno assistito l’anziano conduttore della piccola unità a vela.

Pervenuta la richiesta di soccorso via radio alla sala operativa della Capitaneria di porto, nella tarda serata di ieri, i due mezzi di soccorso hanno raggiunto in pochi minuti l’unità da diporto incagliatasi su bassi fondali mentre procedeva con il motore ausiliario. Verificate le buone condizioni di salute dei due occupanti, gli equipaggi della Guardia costiera hanno prestato assistenza per le operazioni di disincaglio, utilizzando le cime di bordo dell’unità a vela per un rimorchio di fortuna.

Dopo alcuni tentativi, poco prima del tramonto, sono riusciti a rimettere in galleggiamento l’unità a vela, poi condotta all’ormeggio in sicurezza presso un cantiere navale. Benché – viene rimarcato dalla guardia costiera – sia stata ampiamente diffusa dalla Capitaneria di Roma l’informazione nautica che segnala la pericolosità del canale di Fiumara per il banco di sabbia che riduce sensibilmente la profondità del canale, si tratta della terza unità da diporto che, nell’ultimo mese, si e’ incagliata nel medesimo tratto.

Un intervento di messa in sicurezza d’emergenza è stato autorizzato dalla Regione Lazio al consorzio degli operatori della cantieristica e dei punti di approdo che insistono lungo il canale con l’obiettivo di attenuare la pericolosità della navigazione, almeno provvisoriamente, in vista dell’imminente avvio della stagione estiva.

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