Eitan, il bambino unico sopravvissuto alla strage della funivia del Mottarone, deve rientrare in Italia. A stabilirlo è stato il Tribunale per la famiglia di Tel Aviv, a cui si era rivolta la zia paterna Aya Biran, tutrice legale del nipote, dopo che il nonno materno, Schmuel Peleg, l’11 settembre scorso lo aveva rapito e portato in Israele a bordo di un jet privato. Un’azione organizzata nei dettagli, anche con l’aiuto di un complice israeliano, che ha noleggiato un’auto a bordo della quale nonno e nipote hanno raggiunto Lugano e da lì sono decollati per Tel Aviv.Per la giudice Iris Ilotovich Segal, che ha deciso nel giro di due settimane, “è stato stabilito che il luogo di residenza ‘normale’ del minore”, arrivato in Italia ad un mese di età “era a Pavia, insieme a sua zia, e che il compimento del principio di continuità nella sua vita” ha fatto pendere la decisione della corte a suo favore.Senza contare che la zia Aya Biran è stata nominata tutrice legale del bambino “non solo in virtù del consenso del nonno in un’udienza tenuta al capezzale del minore” in ospedale a Torino, subito dopo la tragedia nella quale aveva perso i genitori, il fratello minore e i bisnonni, ma “dopo un approfondito esame del benessere del minore, come risulta dalla sentenza resa in Italia” nell’agosto scorso dal Tribunale di Pavia, che ha confermato la zia tutrice legale di Eitan. “I diritti concessi alla zia nel contesto della sua nomina sono sufficienti per considerarla titolare del diritto di affidamento ai fini della Convenzione dell’Aia – si legge ancora nella decisione dei Tribunale della Famiglia di Tel Aviv – . Questi sono stati violati dal nonno”. Il giudice ha anche stabilito che Schmuel Peleg, ex colonnello dell’esercito israeliano, quando “è arrivato in Israele con il nipote, lo ha portato via dal suo normale luogo di residenza in maniera illegale”, dato che il Tribunale di Pavia aveva disposto il divieto di espatrio per il bambino se non con il permesso della zia, e ha violato “così i diritti di affidamento della zia sul minore”. In pratica, tutte le istanze del nonno materno sono state rigettate e la giudice lo ha anche condannato al pagamento delle spese legali, pari a 70 mila shekel (pari a quasi 19 mila euro, ndr.). Soddisfazione è stata espressa dai legali italiani e israeliani che assistono la zia Aya Biran, “felice” per la decisione, che tuttavia è impugnabile per altri 7 giorni. Strada che, nonostante gli inviti della giudice a “ricomporre le fratture” trai due rami della famiglia per il bene di Eitan, i nonni Schmeul Peleg e Esther Cohen hanno già fatto sapere di voler percorrere. “É un giorno disastroso, è avvenuto un secondo disastro dopo quello di cinque mesi fa (con il crollo della funivia, ndr.). Si tratta di un disastro nazionale”, ha detto Esther Cohen nonna materna di Eitan, intervistata dalla tv israeliana canale 12, aggiungendo che si tratta “di un giorno di lutto nazionale”. “Non riesco a capacitarmi del fatto che Israele – ha aggiunto – mi carpisce l’ultimo nipote, il residuo di quello che resta di mia figlia”. La decisione del Tribunale per la donna, che ha anche il passaporto italiano, “è stata influenzata da considerazioni politiche sui rapporti con l’Italia” La battaglia legale è destinata a proseguire anche sull’altra sponda del Mediterraneo. Dopo la prima udienza davanti al Tribunale per i Minorenni di Milano di venerdì scorso, infatti, le parti avranno tempo fino al 10 dicembre per presentare le loro memorie e depositare documenti, poi i giudici si pronunceranno su chi tra la zia Aya e il nonno Schmuel debbano ottenere la tutela legale del bambino. Da questa controversia, ne è nata una seconda davanti al Tribunale di Pavia, dove i nonni materni e gli zii paterni si fronteggeranno nuovamente.