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In 41 intossicati in piscina per una perdita di cloro: 11 in ospedale, 5 sono bambini

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Sono 41 tra adulti e bambini, 11 delle quali sono state portate in ospedale, le persone coinvolte dalla “fuoriuscita di miscela di cloro” in una piscina di via Procaccini a Milano. Il 118 rende noto che le persone coinvolte e valutate sul posto dal personale di Areu sono 41 (di cui 28 bambini e 13 adulti) mentre sono 11 quelle portate in ospedale (5 bambini e 6 adulti) tutti con sintomi respiratori (tosse e irritazione delle vie aeree) e tutti in codice verde tranne due adulti in codice giallo. Il 118 è intervenuto con un mezzo per le maxi emergenze e sette ambulanze. Sono intervenuti anche ì vigili del fuoco e la Protezione civile.

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Cronache

In calo preti e seminaristi, meno 6.200 in 30 anni

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E’ un calo netto e costante quello di preti e seminaristi in Italia. Nel 1990 i sacerdoti diocesani erano 38.000. Nel 2020, il loro numero era sceso a 31.800. In trent’anni il corpo sacerdotale si è quindi ridotto del 16% circa, mentre sono aumentati i preti stranieri: da 204 a più di 2.600. Un dossier pubblicato lo scorso anno da La scuola cattolica, rivista teologica del seminario ambrosiano, stima che nel 2040 l’arcidiocesi di Milano non avrà sacerdoti con meno di 30 anni. Si passerà dai 1.694 preti milanesi di oggi a un numero che tra 16 anni oscillerà tra i 960 e i 1.150. Gli effetti della decrescita si avvertono particolarmente proprio nel centro nord. In diocesi di Tortona ad esempio, si contano 91 sacerdoti a fronte di 309 parrocchie con una popolazione di 280.000 abitanti. Va meglio al sud. Nel territorio della diocesi pugliese di Oria, che conta 170.000 abitanti, per 42 parrocchie ci sono 75 preti. Il trend non risparmia i religiosi, cioè coloro che appartengono a ordini e congregazioni. I Frati minori francescani in nord Italia erano suddivisi in 6 diverse province religiose. Il calo ha imposto un ridimensionamento, e nel 2016 sono confluiti in un’unica circoscrizione.

Uno sguardo ai dati di quanti sono in cammino verso il sacerdozio conferma la tendenza alla decrescita. Nel 2013 sono stati ordinati 436 nuovi preti, ma a distanza di dieci anni il numero è sceso di 113 unità: nel 2023 i “novelli presbiteri” sono stati 323. Dal 2018 in poi il numero è sempre stato inferiore ai 400, cifra che non sarà superata nemmeno quest’anno: nei primi sei mesi del 2024 le ordinazioni sono state 121. Secondo l’ultimo annuario della Cei, su 225 diocesi italiane si contano 120 seminari maggiori, dove i candidati al presbiterato seguono gli studi filosofici e teologici e ricevono la preparazione al ministero pastorale. Hanno un’età media di 28 anni, il 43% tra loro ha avuto un’esperienza nel mondo del lavoro e il 10% viene dall’estero.

I seminari minori sono invece 72, e accolgono ragazzi tra gli 11 e i 18 anni che frequentano le scuole medie inferiori e superiori. In genere ogni diocesi ha un proprio seminario, affidato alle cure di un rettore e di altri formatori, tra cui il direttore spirituale. Lungo la penisola si trovano anche 8 seminari regionali e uno interregionale. Uno dei più antichi si trova a Molfetta, e attualmente ospita circa 60 studenti provenienti dalle 19 diocesi della Puglia. A volte i numeri ridotti non consentono alla singola Chiesa locale di dotarsi di un proprio seminario. Negli ultimi decenni sono quindi sorti Seminari interdiocesani, come quello di Fossano, cui arrivano i candidati provenienti da 5 diocesi piemontesi. Secondo gli ultimi dati ufficiali, risalenti al 2021, il numero dei seminaristi diocesani italiani è di 1.804. L’anno precedente si erano registrati 284 ingressi e 138 abbandoni.

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Pazienti parcheggiati al pronto soccorso, 31 ore in attesa del ricovero

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Si allungano i tempi medi di attesa nei pronto soccorso italiani prima di essere ricoverati in un reparto: nel 2019 si attendeva in media 25 ore che sono diventate 31 nel 2023, con un aumento del 25%. Cresce anche il numero di persone con oltre 80 anni che si rivolgono ai pronto soccorso, sono state circa 4.600.000 nel 2019, pari al 23% degli accessi totali, mentre lo scorso anno sono salite a circa 4.860.000, il 27%. Inoltre il 3,5% dei pazienti ha eseguito più di 5 accessi di pronto soccorso. Sono alcuni dei dati raccolti dall’Osservatorio Simeu (Società italiana di medicina di Emergenza-Urgenza), in occasione del Congresso nazionale della società scientifica, in programma a Genova dal 30 maggio al 1 giugno. La rilevazione è stata eseguita su un campione significativo di Pronto Soccorso italiani mettendo a confronto i dati del 2019 (anno pre-pandemico, con circa 20 milioni di accessi nazionali) con quelli del 2023 (18 milioni di accessi, dati Agenas).

“Il tempo d’attesa per il ricovero in area medica è aumentato in pochi anni del 25%: 6 ore in più. – commenta il past president Simeu Salvatore Manca – Quel tempo ha un valore assoluto che riflette il disagio dei pazienti e l’impegno assistenziale messo in atto nei Pronto Soccorso, sempre più a corto di strumenti per provvedere alle nuove esigenze. Se si moltiplica il tempo di 31 ore per il numero dei ricoveri in Medicina in un anno emerge una cifra spaventosa: decine di milioni di ore di assistenza e cura in barella.” Il prolungamento della permanenza nei pronto soccorso ha anche “pesantissime ricadute sull’attività del 118”, spiega il presidente nazionale Sis 118 Mario Balzanelli, poiché, “le barelle utilizzate nei pronto soccorso sono soprattutto quelle delle ambulanze. L’ambulanza quindi non può ripartire e prendere in carico ulteriori pazienti, viene amputata funzionalmente, viene sequestrata all’operatività del 118 per quelle emergenze immediatamente successive che si verifichino e quindi noi allunghiamo il tempo della risposta”. Quello sull’aumento degli accessi da parte degli anziani è, secondo il responsabile dell’Osservatorio Simeu Andrea Fabbri, “un dato impressionante che deve essere spiegato.

A fronte di una diminuzione del numero totale degli accessi di Pronto Soccorso, – sottolinea – l’incremento relativo di pazienti così anziani provoca un aumento, in termini assoluti, di oltre 250mila casi. Ma è ancora più importante comprendere che è la composizione della popolazione del Pronto Soccorso a mutare profondamente. Le esigenze cliniche e assistenziali di pazienti così anziani moltiplicano l’impegno necessario da parte di tutti gli operatori (medici, infermieri, oss) per un fattore di incremento che è certamente superiore alla semplice differenza numerica.” L’indagine Simeu si è orientata anche sull’aspetto economico dell’attività di Pronto Soccorso, analizzando alcuni dati grezzi e comparando ancora il 2019 con il 2023. Emerge un aumento dei costi dell’assistenza per ogni paziente: per gli esami di laboratorio (+13%), per la diagnostica per immagini (+23%) e per i farmaci (+15%). “Il dato dei costi per paziente è grezzo e andrebbe approfondito e meglio definito – spiega Beniamino Susi, vicepresidente nazionale Simeu – L’incremento, in generale, è legato solo in minima parte a un aumento dei prezzi e deriva soprattutto dal crescere delle attività. Il che è certamente il risultato sia del maggior tempo di stazionamento in Pronto Soccorso di tanti pazienti, sia dell’incremento della loro complessità clinica e dell’accuratezza della diagnostica e della terapia effettuata in Ps.”

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Il Papa si scusa su seminaristi gay, non volevo offendere

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Il Papa si scusa sull’epiteto-shock riguardante i seminaristi gay, trapelato a distanza di una settimana dall’incontro a porte chiuse con i vescovi italiani in cui sarebbe stato pronunciato, e che ieri in un baleno ha fatto il giro del mondo. Ma nonostante il tentativo di correre ai ripari, resta il suo durissimo attacco all’ingresso di omosessuali nei seminari – dove avrebbe detto icasticamente che “c’è troppa frociaggine” – e le polemiche non accennano a placarsi. “Papa Francesco è al corrente degli articoli usciti di recente circa una conversazione, a porte chiuse, con i vescovi della Cei. Come ha avuto modo di affermare in più occasioni ‘Nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti! Nessuno è inutile, nessuno è superfluo, c’è spazio per tutti. Così come siamo, tutti’. Il Papa non ha mai inteso offendere o esprimersi in termini omofobi, e rivolge le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l’uso di un termine, riferito da altri”, ha dichiarato nel primo pomeriggio di oggi il direttore della sala stampa vaticana, Matteo Bruni, rispondendo all’assedio di domande di giornalisti di tutto il mondo.

La dichiarazione, che ormai non era più rimandabile, lascia solo adito un dubbio, e cioè che il “termine” in questione non sarebbe stato pronunciato dal Pontefice, bensì “riferito da altri”. Un dubbio che cozza però con le testimonianze, tutte anonime, di più di un vescovo presente, secondo cui la “frociaggine” sarebbe effettivamente echeggiata lunedì 20 maggio nell’Aula del Sinodo. Un altro dubbio che è stato sollevato è che papa Bergoglio, la cui lingua madre non è l’italiano, non sarebbe stato consapevole della volgarità e dell’offensività del termine, tanto meno del suo carattere omofobo. Ma anche qui, chi ha seguito da vicino e in tutti questi anni il Pontefice sa bene che il Pontefice argentino quando vuole essere tagliente nel linguaggio, e decisamente tranchant, non si fa problemi nell’usare termini coloriti ed efficaci, addirittura in certi casi inventandoli. Come quando a Scampia disse che la corruzione “spuzza”, o quando parla della “peste” del clericalismo, o della “lebbra” della pedofilia e della corruzione nella Chiesa.

Per non dire del “chiacchiericcio”, definito anch’esso “peste”, “malattia infettiva”, “peggio del Covid”, poi “arma letale, che divide e uccide”, perfino “atto terroristico”. Per dire che il Papa, se vuole parlare severamente, lo fa. E nell’ultimo caso, suo malgrado, poteva anche sentirsi protetto dal fatto che l’incontro con i vescovi era a porte chiuse. Fra l’altro, tra i presenti, c’è chi ha testimoniato che Francesco non avrebbe parlato solo di “frociaggine”, ma avrebbe pronunciato anche la parola “checche”, che non è certo tra le più rispettose verso gli omosessuali. Il fatto è che nell’occasione, e con parole inequivocabili, il Papa voleva scagliarsi contro possibili nuove regole che ammettano i gay nei seminari, purché accettino la scelta celibataria: una condizione che per Francesco non è sufficiente, per il rischio che si cada poi in una doppia vita, con danno sia per la comunità sia per lo stesso interessato.

Quindi serve una più stringente selezione, e una formazione più attenta anche a questi aspetti. Intanto, torna d’estrema attualità il documento di un gruppo di lavoro sinodale formato da circa 50 sacerdoti con un orientamento omosessuale, dal titolo “Con tutto il cuore”, inviato alla Cei e alla Segreteria del Sinodo durante la preparazione dell’assemblea sulla sinodalità (la cui seconda sessione avrà luogo il prossimo ottobre). “Crediamo che una visione più limpida sull’orientamento sessuale, scientificamente fondata e spiritualmente in ascolto delle chiamate di Dio, possa portare maggiore serenità alla Chiesa; essa permetterebbe a tutti i suoi presbiteri e religiosi di stare a testa alta con tutti ed essere più pacificati e riconciliati, sinceri, perché meno gravati da pregiudizi e più liberi – scrivevano i promotori -. Sarebbe un dono per tutti, omosessuali ed eterosessuali presenti nei presbiteri e nelle comunità religiose; sarebbero eliminate le falsità nei rapporti coi confratelli; crescerebbe per tutti la capacità di ascolto e la sensibilità”. Secondo i partecipanti, “di grande aiuto potrebbe essere un documento ufficiale sul tema, frutto di un serio lavoro sinodale come questo”.

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