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Carelli spiega perchè ha lasciato il M5S: Crimi reggente è un’anomalia, Di Maio abbattuto da fuoco amico

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“Vito Crimi e’ un reggente. E’ un’anomalia che un Movimento importante, primo partito in Parlamento come rappresentanza politica che ha preso quasi il 33%, abbia per un anno un capo politico reggente”. Lo ha detto Emilio Carelli ex deputato del M5S ospite del programma TGtg su Tv2000 sottolineando che “si sarebbe dovuto invece procedere in tempi rapidi alla elezione o alla nomina di un nuovo capo politico”. “Luigi Di Maio – ha proseguito Carelli a Tv2000 – e’ stato un perfetto compagno di viaggio, una persona all’altezza che in questi 3 anni e’ molto maturato politicamente. Mi e’ dispiaciuto che un anno fa abbia dovuto lasciare, attaccato dal fuoco amico, la guida politica del Movimento perche’ avremmo vissuto un anno migliore di quello vissuto”. Carelli ha infine sottolineato che la scelta di uscire dal Movimento 5 Stelle e’ stata fatta “con grande sofferenza”.

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Il richiamo di Mattarella, non dividere il sud dal nord

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I sindacati hanno un ruolo “insopprimibile” per lo sviluppo della società; il welfare non deve perdere il suo carattere “universalistico”; anche se è “un’ottima notizia” che l’occupazione stia crescendo, le istituzioni non devono mai sentirsi “appagate” perchè “l’ascensore sociale” si è bloccato; ogni morte sul lavoro è “inaccettabile” per uno stato moderno; ed infine porre rimedio allo “sfruttamento” degli immigrati. C’è tutto questo e tanto altro nel primo maggio del presidente della Repubblica che ha scelto di passare la vigilia della Festa del Lavoro tra gli operai del distretto agro-industriale nella provincia di Cosenza. Inevitabilmente però sono le sue preoccupazioni sul distacco del Mezzogiorno dal nord del Paese, sulla perdurante questione meridionale – invincibile nel tagliare il Paese in due – a raccogliere gli applausi convinti dei lavoratori calabresi che erano accorsi ad ascoltarlo.

Sergio Mattarella non pronuncia mai le parole “Autonomia differenziata” ma nella platea, inevitabilmente, tutti pensano alla riforma a motrice leghista. “Una separazione delle strade tra territori del Nord e territori del Meridione recherebbe gravi danni agli uni e agli altri”, premette il presidente che quindi argomenta la sua riflessione spiegando quanto risolvere la questione meridionale sarebbe utile per l’intero Paese. Al contrario, relegarla nel cassetto dei “problemi non urgenti” è una scelta che frena il pil dell’Italia. “Lo sviluppo della Repubblica ha bisogno del rilancio del Mezzogiorno. E’ appena il caso di sottolineare come una crescita equilibrata e di qualità del Sud d’Italia assicuri grande beneficio all’intero territorio nazionale”, spiega Mattarella raccogliendo pieno consenso dall’uditorio.

“Il mezzogiorno è parte dell’Europa”, incalza il presidente chiedendo di uscire da una logica di “analisi semplificate”. Il problema è complesso e va affrontato dalla politica, insiste elencando le differenze insostenibili tra nord e sud: redditi sensibilmente più bassi; servizi e sanità meno efficienti; tasso di occupazione inferiore; donne svantaggiate; ed infine troppi giovani costretti a lasciare la loro terra per cercare fortuna altrove. Chiuso questo passaggio che in tanti hanno letto come un grido d’allarme rispetto ai pericoli di un’Autonomia mal applicata, il capo dello Stato ha avuto molto da dire sul lavoro in senso stretto. Durissime le sue parole sui continui incidenti nei cantieri e nelle fabbriche: “non possiamo accettare lo stillicidio continuo delle morti, provocate da incurie, da imprudenze, da rischi che non si dovevano correre. Mille morti sul lavoro in un anno rappresentano una tragedia inimmaginabile. Ciascuna di esse è inaccettabile”.

Altrettanto secco il richiamo del Quirinale sulle condizioni nelle quali vengono tenuti in Italia i migranti che, regolari o irregolari, spesso vivono il lavoro ai confini della schiavitù: “i lavoratori migranti sono parte essenziale della produzione agricola e delle successive trasformazioni dei suoi prodotti. Ma, in alcuni casi, aree grigie di lavoro – che confinano con l’illegalità, con lo sfruttamento o addirittura se ne avvalgono – generano ingiustizia e, inoltre, insicurezza, tensioni, conflitti. E offrono spazi alle organizzazioni criminali. Vigilare sulle delinquenziali forme di capolarato è, quindi, un preciso dovere. Così come – aggiunge Mattarella – bisogna vigilare sulle condizioni inumane in cui vengono, in alcuni casi, scaraventati i lavoratori stagionali, talvolta senza nome né identità”. Ed ancora, mentre non si spengono le polemiche sulle parole del generale Vannacci sulla disabilità nelle scuole, Mattarella mostra di pensarla diversamente: purtroppo “perdurano le difficoltà di chi sopporta una disabilità, il peso degli oneri di assistenza che non di rado spingono nel bisogno anche famiglie di chi un lavoro ce l’ha”. Non poteva mancare quindi il consueto augurio per la buona riuscita del Concertone di Roma, quest’anno accompagnato da un invito ai giovani a “preparare il futuro senza cedere alla paura o alla sfiducia”.

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Sprint per le liste, scontro sul taglio delle firme

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Alla fine il governo ha detto “No”. Nessuno sconto al numero di firme per presentare nuove liste alle Europee dell’8 e 9 giugno. Resta così a metà del guado Marco Rizzo, di Democrazia sovrana e popolare, che aveva chiesto un taglio a Palazzo Chigi, ottenendo una prima apertura. Michele Santoro, invece, ha fatto sapere di essere riuscito ugualmente a raccogliere le sottoscrizioni necessarie in tutte le circoscrizioni per Pace Terra Dignità. La scadenza è ormai questione di ore. Si delinea così la fisionomia dello scontro politico che vedrà in campo tanti big, dalla premier Giorgia Meloni alla segretaria Pd Elly Schlein, e numerose vecchie conoscenze, da Vittorio Sgarbi per FdI a Sandra Lonardo Mastella per Stati Uniti d’Europa ad Alessandra Mussolini per Forza Italia. Dopo aver ascoltato “con attenzione” la proposta di Rizzo di portare da 75 mila a 37.500 il numero di firme per le liste che non abbiano già parlamentari, Palazzo Chigi ha deciso di “non accogliere la richiesta”, anche “a fronte della ferma contrarietà di altre formazioni politiche minori”.

In primis quella di Cateno De Luca, della lista Libertà, che in mattinata aveva chiesto un incontro con lo staff di Meloni per “evitare che il governo” favorisse “solamente il partito di Marco Rizzo con una norma ad personam”. Rizzo ha comunque annunciato battaglia: “A questo punto – ha detto – ci presenteremo nelle circoscrizioni Centro e Sud dove la soglia delle firme è stata ampiamente superata e nelle altre faremo ricorso”. In attesa del deposito delle firme e delle verifiche, Michele Santoro ha annunciato di avercela fatta: “Possiamo essere finalmente fieri di aver realizzato un’impresa che sembrava impossibile – ha detto il giornalista – Consegneremo la lista Pace Terra Dignità in tutte le circoscrizioni”. In lista per Santoro ci sono – tra l’altro – l’attore Paolo Rossi e lo scrittore moldavo Nicolai Lilin.

Il balletto delle firme non riguarda le forze già presenti in Parlamento, che hanno invece dovuto fare i conti con la battaglia delle liste, dei nomi da mettere in campo. Oltre a Meloni, capolista ovunque, e a Schlein, che sarà capolista al Centro e nelle isole, fra i leader ci saranno il segretario di Fi Antonio Tajani, capolista in ogni circoscrizione tranne le isole (dove c’è invece Caterina Chinnici), e quello di Azione Carlo Calenda, capolista nel Nord Est, Isole e Centro. Per FdI, nelle ultime ore è circolato anche il nome del ministro Crosetto, un’ipotesi che però non pare abbia poi preso corpo. Dubbi sulla presenza in lista con Stati Uniti d’Europa, anche sull’ex sindaco di Agrigento, in passato nel Pd a trazione renziana, Marco Zambuto, compagno della figlia di Totò Cuffaro. Sarà invece della partita il leader di Italia viva Matteo Renzi: si candiderà all’ultimo posto in quattro circoscrizioni su cinque. “Tutti i candidati della Lista Stati Uniti d’Europa si sono impegnati, se eletti, a lasciare eventuali altri incarichi e andare al Parlamento europeo”, ha ricordato Emma Bonino, capolista al Nord ovest e in corsa al Centro. Un po’ a sorpresa, per Fdi è spuntato il nome di Vittorio Sgarbi, nella circoscrizione Sud.

Tre mesi fa il critico si era dimesso da sottosegretario alla Cultura dopo la delibera dell’Antitrust che definiva alcune sue attività “incompatibili” con il ruolo di governo: “Ho deciso di accettare la candidatura da indipendente con Fratelli d’Italia – ha spiegato – Sono libero e ho una dote di voti riconoscibili. Alle Europee del 1999 ne presi 100mila nel Nord Est, quasi come Berlusconi”. Sarcastico il M5s: “Quali saranno i prossimi candidati al Parlamento Europeo di Fratelli d’Italia? Magari Pozzolo e Delmastro? Di questo passo non ci sorprenderebbe se in futuro candideranno Daniela Santanchè al Quirinale”.

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L’Ue indaga su Fb e Instagram, sospetta disinformazione

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Si accendono i riflettori dell’Ue sul rischio disinformazione in vista delle prossime Europee. La Commissione ha annunciato l’apertura di un’indagine nei confronti di Facebook e Instagram, entrambi di Meta, per sospetta violazione del Digiltal Services Act, il regolamento europeo varato proprio per proteggere gli utenti.

Palazzo Berlaymont si è mosso dopo aver verificato che entrambe le piattaforme presentano il rischio che la pubblicità sia sfruttata per interferenze e truffe straniere e non forniscono un adeguato accesso ai dati per monitorare le elezioni del 6-9 giugno.

Facebook e Instagram, inoltre, sarebbero carenti anche nella segnalazione e contenuti illegali. Tutto ciò, secondo Bruxelles, può portare alla violazione dell’integrità delle elezioni. Sullo sfondo, nella strategia dell’Ue, c’è l’obiettivo di limitare il più possibile che Paesi non amici, la Russia in primis, interferiscano nella corsa elettorale con l’obiettivo di aumentare il peso dei partiti più vicini a Mosca. Non è la prima volta che Bruxelles agisce facendo perno sul Dsa e, da settimane, tra la Commissione e Tik tok i rapporti sono alquanto burrascosi.

La piattaforma legata alla cinese ByteDance è stata esclusa dai telefonini dei funzionari dell’esecutivo Ue e nel corso di un dibattito elettorale a Maastricht la presidente Ursula von der Leyen non ne ha escluso la completa messa al bando dall’Europa per i rischi che comporterebbe alla sicurezza dell’Unione.

“Sono timori infondati e basati su convinzioni fondamentalmente errate. TikTok è già pronta a investire 12 miliardi di euro nel prossimo decennio nel Progetto Clover, un’iniziativa all’avanguardia nel settore per rafforzare ulteriormente la sicurezza dei dati e il nostro primo data center irlandese è attivo”, ha replicato un portavoce dell’azienda.

Con Facebook e Instagram il discorso è diverso ed è legato più al tema della disinformazione che a quello della cybersicurezza. La Commissione sospetta che Meta non rispetti gli obblighi di Dsa relativi alla diffusione di pubblicità ingannevoli, campagne di disinformazione e comportamenti non autentici coordinati e ritiene possibile che il declassamento di contenuti politici nei sistemi di raccomandazione di Instagram e Facebook, compresi i loro feed, non sia conforme agli obblighi comunitari.

Nel mirino, inoltre, è finita l’intenzione di Meta di deprezzare “CrowdTangle”, uno strumento di public insights che consente il monitoraggio delle elezioni in tempo reale da parte di ricercatori, giornalisti e società civile.

E, secondo gli esperti della Commissione, carenze ci sarebbero anche nel meccanismo di segnalazione dei contenuti illegali. Si tratta della sesta indagine aperta dall’Ue da quando è in vigore il Dsa. “La decisione di oggi dimostra che siamo seriamente intenzionati a rispettare” il regolamento.

“Proteggere le nostre democrazie è una lotta comune con i nostri Stati membri”, ha sottolineato von der Leyen. Meta ha ora cinque giorni lavorativi per mostrare alla Commissione cosa è stato fatto o cosa verrà fatto per evitare violazioni. Ma con l’apertura dell’indagine l’esecutivo Ue è autorizzato ad adottare ulteriori misure di esecuzione, misure provvisorie o decisioni di non conformità.

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