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Manovra, nervi tesi. No di Fontana a richieste opposizioni

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Le opposizioni non mollano sulla manovra e tornano all’attacco della maggioranza, stavolta con una lettera al presidente della Camera Lorenzo Fontana, a cui viene chiesto di stoppare le modifiche presentate in commissione Bilancio. Troppe e troppo variegate, praticamente una manovra-bis impossibile da valutare nel breve tempo concesso, visto che la tabella di marcia prevede di chiudere l’esame in commissione martedì mattina per poi mandare il testo in Aula mercoledì per licenziarlo, ricorrendo alla fiducia, venerdì.

Ma il presidente Fontana non lascia spiragli: le modifiche è vero sono molte, ammette, ma non è la prima volta che succede e le opposizioni hanno a disposizione tutti i mezzi per intervenire e difendere le loro prerogative costituzionali. Ci sono i subemendamenti che possono presentare, e le relazioni dettagliate dei relatori per ovviare alla mancanza di quelle tecniche. Nella lettera a Fontana i capigruppo di Pd, M5s, Iv e Avs – assente la firma di Azione – lamentano “la struttura estremamente eterogenea” dell’emendamento presentato dai relatori venerdì sera. Si va “dalla fiscalità diretta e indiretta alle politiche sanitarie, dagli interventi per il Mezzogiorno al rifinanziamento di fondi per missioni internazionali, sino a modifiche in materia di giustizia tributaria e incentivi all’occupazione”.

Testi, peraltro, privi delle relazioni tecniche, e quindi complicati da valutare. Fontana ricorda prima di tutto di essere già intervenuto qualche giorno fa per stoppare un maxiemendamento, che poi è stato spacchettato in tre, da relatori e governo, proprio per rendere la presentazione più omogenea. Ma la manovra, sottolinea, è “fisiologicamente eterogenea e comprensiva di interventi su vaste e svariate materie”, quindi non c’è necessità di intervenire oltre. Le opposizioni, però, possono subemendare le modifiche proposte, oppure chiedere di usare lo strumento della votazione per parti separate. Gli emendamenti depositati, in effetti, modificano ancora la manovra sotto numerosi aspetti. Ad esempio, sale da 800 a 1.000 euro il tetto delle detrazioni per le spese sostenute per frequentare le scuole paritarie.

Era una delle richieste di Noi Moderati, che il Movimento 5 Stelle considera “un privilegio destinato a chi già può permettersi di pagare le rette per l’istruzione privata”. Entrano nel testo della legge di bilancio anche due richieste della Lega. La prima è l’esclusione delle somme investite in start up e Pmi innovative dal tetto delle detrazioni. E c’è la conferma che resteranno escluse anche le spese sanitarie, gli interessi dei mutui e i premi assicurativi. La seconda richiesta era l’ampliamento della platea della flat tax per i lavoratori dipendenti: si amplierà da 30 a 35mila euro il tetto di reddito da lavoro dipendente sotto al quale si può accedere all’agevolazione per la parte di lavoro autonomo.

Nonostante le critiche, non dovrebbe invece più cambiare la norma che equipara gli stipendi dei ministri non eletti a quelli dei colleghi parlamentari. Per le regioni arrivano nuove risorse da ripartire. Per potenziare i servizi sociali ci sarà un fondo straordinario di 45 milioni per il 2025. E per i comuni in difficoltà finanziaria vengono stanziati 5 milioni aggiuntivi sempre destinati ai servizi sociali. Inoltre, per consentire agli enti locali di incrementare le iniziative per la promozione della legalità nei loro territori, nonché di rinforzare le misure in favore degli amministratori locali che hanno subito episodi di intimidazione, il Fondo per la legalità e per la tutela degli amministratori locali vittime di atti intimidatori è incrementato di 5 milioni di euro sia per il 2025 che per il 2026.

Per la sanità in crisi della Regione Molise, poi, arrivano 45 milioni di euro. Infine, viene inserita anche una norma per contrastare i cosiddetti “furbetti della Naspi”: le istituzioni hanno registrato numerosi casi di dimissioni volontarie, nuove assunzioni e poi licenziamenti, molto spesso di breve durata o intermittenti, per ottenere la Naspi o evitare alle aziende di pagare il ticket di licenziamento. Ora vengono introdotti dei tempi minimi di lavoro nel nuovo impiego dopo le dimissioni volontarie.

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Schlein: Meloni si può battere, subito 5 miliardi su sanità

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Meloni si può battere ma “non inseguendoli sul terreno che scelgono per stare comodi: giustizia, immigrazione, sicurezza. Ma occupandoci di temi economici e sociali. Non ne parlano mai. E gli italiani pagano questa inerzia”. Così, al Corriere della Sera, la segretaria del Pd Elly Schlein. “Lontano dalla propaganda del governo c’è il calo della produzione industriale che va avanti da 22 mesi – aggiunge -. I salari più bassi d’Europa, le bollette che aumentano, le liste d’attesa, i treni sempre in ritardo. Se il governo prova a distrarre l’attenzione, individuando un nemico nuovo al giorno, è per sfuggire questi problemi. È di questo che noi parliamo con gli italiani”. “Noi accanto a ogni critica avanziamo una proposta alternativa. Con le altre opposizioni abbiamo concepito emendamenti, con relative coperture, per dare 5 miliardi in più alla sanità pubblica. Abbiamo suggerimenti sulle politiche industriali per la manifattura, sul lavoro. Ma la destra, con la sua arroganza, non le considera e le affossa”, afferma.

Dentro il Pd, le viene sottolineato, c’è chi la accusa di accentrare le decisioni: “Il Pd è il partito che discute di più. Fa congressi veri. Riunisce gli organi. Il Pd è e deve essere plurale, ma non deve più perdere la chiarezza delle posizioni che assume”. Rispetto alla posizione di Franceschini sulle alleanze, Schlein afferma: “Siamo tutti d’accordo che non potremo andare al voto come alle ultime Politiche. Essere ‘testardamente unitari’ è quello che chiede la nostra gente ed è quello che ci ha portato risultati importanti. Abbiamo la responsabilità di unire le forze contro il governo più a destra della storia repubblicana. Non è il tempo di piani B, ma di costruire una prospettiva comune”.

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Politica

Elisabetta Trenta, dalla difesa del M5S alla segreteria della Democrazia Cristiana

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Nel 2021 Elisabetta Trenta lasciava il Movimento 5 Stelle con un’uscita teatrale: «Lascio, ma non la politica; scendo qui proprio per ricominciare». Un messaggio ambiguo che oggi trova una conferma nel suo nuovo ruolo di segretaria della Democrazia Cristiana, partito con radici forti in Campania e distante anni luce dal grillismo che l’aveva portata al governo.

Un cambio di rotta netto, che però l’ex ministra della Difesa non considera un’incoerenza. «Io nasco di centro, non vedo contrasti tra il mio passato nei 5 Stelle e la DC. Credo in una politica che metta al centro i cittadini», afferma.

Dalla politica alla politica, senza mai fermarsi

Classe 1967, originaria di Velletri, Trenta ha una storia familiare legata al mondo cattolico: padre presidente dell’Azione Cattolica, madre insegnante. Dopo una laurea in Scienze Politiche con indirizzo economico e due master, si specializza in sicurezza e intelligence, fino a diventare esperta senior della Task Force Iraq a Nassiriya per la Farnesina.

Il suo primo approccio alla politica avviene proprio nell’area centrista, con il CCD, che poi si trasforma in UDC. Ma l’esperienza si interrompe bruscamente: «Mi schifai e mi allontanai dalla politica», racconta oggi.

Poi arriva l’incontro con il Movimento 5 Stelle, che le permette di raggiungere l’apice della carriera politica: ministra della Difesa nel governo Conte I, fortemente voluta da Luigi Di Maio. Tuttavia, con la caduta del governo, la sua immagine subisce un duro colpo a causa del caso dell’appartamento di servizio: accusata di aver mantenuto l’alloggio destinato ai membri dell’esecutivo, giustificò la sua permanenza spiegando che la casa era stata assegnata al marito, Claudio Passarelli, maggiore dell’Esercito.

Il ritorno al centrismo e lo scontro interno alla DC

Conclusa l’esperienza con il M5S, Trenta torna alla sua originaria vocazione centrista e nel 2023 aderisce alla Democrazia Cristiana. Ma anche qui la sua ascesa è tutt’altro che tranquilla: i contrasti con il leader del partito, Antonio Cirillo, portano a una rottura insanabile. La situazione degenera fino alla convocazione di un congresso straordinario, che si è concluso poche ore fa tra polemiche e accuse di golpe.

Nonostante le contestazioni interne, Trenta è stata eletta segretaria del partito e ha subito respinto le critiche: «Chi mi conosce sa che non è il mio stile. Finalmente si riparte».

Il futuro della nuova DC

Ora la sfida per l’ex ministra è quella di dare una nuova direzione alla Democrazia Cristiana, consolidando un progetto politico che possa rappresentare una valida alternativa ai poli tradizionali.

Con una storia fatta di cambi di casacca e rotture improvvise, Elisabetta Trenta si prepara a un nuovo capitolo della sua carriera politica. La domanda è: questa volta resterà o cercherà ancora un’altra strada?

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Cesare Parodi nuovo presidente dell’Anm: “Difenderò la magistratura”

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Il Comitato Direttivo Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha eletto Cesare Parodi nuovo presidente del sindacato delle toghe. Insieme a lui, sono stati scelti Ruocco Maruotti (Area) come segretario generale e Marcello De Chiara (Unicost) come vicepresidente. La giunta eletta è unitaria e comprende rappresentanti di tutti i gruppi, eccetto Articolo 101.

Parodi, 62 anni, è procuratore aggiunto a Torino e appartiene alla corrente Magistratura Indipendente, considerata moderata e che ha ottenuto il maggior numero di voti alle recenti elezioni per il direttivo dell’ANM.

“Non possiamo rinunciare a nessuna strada per la difesa della magistratura” ha dichiarato il neo presidente, annunciando la richiesta di un incontro con il Governo per affrontare le tematiche più urgenti che riguardano la giustizia in Italia.

Chi è Cesare Parodi?

Cesare Parodi è nato a Torino il 28 maggio 1962. Dopo aver indossato la toga nel 1990, ha iniziato la sua carriera presso la procura della pretura di Torino, per poi passare nel 1999 alla procura ordinaria del tribunale.

Nel 2017 è stato nominato procuratore aggiunto, assumendo il coordinamento del pool fasce deboli, il gruppo specializzato nella trattazione dei reati previsti dal codice rosso (violenza domestica, abusi su minori, stalking e violenze di genere).

I colleghi gli hanno sempre riconosciuto grandi capacità organizzative, oltre a un rigore che si traduce in un’estrema riservatezza e terzietà nel suo operato. Questi valori sono stati sottolineati anche nelle sue precedenti campagne per incarichi nell’associazionismo giudiziario, legate alla corrente Magistratura Indipendente.

Tra gli slogan con cui ha sostenuto la sua candidatura in passato spiccano due frasi significative:

  • “Se le tue idee politiche ti sono altrettanto care della riservatezza e terzietà che il nostro ruolo ci impone”
  • “Se non sei interessato a dare lezioni di democrazia agli altri, ma non sei disposto ad accettare quelle che altri pensano di potere dispensare”

Un esperto di diritto penale

Oltre alla carriera in magistratura, Parodi è un autore prolifico, avendo scritto circa 350 articoli su temi di diritto penale e procedura penale. Ha anche curato diversi manuali di riferimento, tra cui:

  • “Il diritto penale dell’impresa” (Giuffrè, 2017)
  • “I procedimenti penali speciali” (2019)
  • “La nuova riforma delle intercettazioni” (2020)

Ha inoltre partecipato come formatore e relatore a numerosi corsi della Scuola Superiore della Magistratura, contribuendo alla crescita professionale delle nuove generazioni di magistrati.

Una nuova fase per l’Anm

Con l’elezione di Cesare Parodi alla presidenza dell’Anm, il sindacato delle toghe si prepara ad affrontare sfide cruciali, tra cui il delicato rapporto tra magistratura e politica e le riforme della giustizia in discussione.

L’annuncio di un imminente incontro con il Governo fa presagire un confronto acceso su temi come l’autonomia della magistratura e la separazione delle carriere. Parodi, forte della sua lunga esperienza e del suo approccio pragmatico, sarà chiamato a difendere con fermezza l’indipendenza della magistratura, in un contesto sempre più complesso e pieno di tensioni.

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