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L’Italia riapre ma per Conte c’è la doccia fredda di De Luca: la Campania non firma l’accordo Stato-Regioni

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Il numero piu’ basso di vittime dall’inizio del lockdown, 145 nelle ultime 24 ore, e’ il miglior auspicio per l’Italia che riapre, con i negozi, i bar e i ristoranti che potranno rialzare le saracinesche dopo oltre due mesi. Ma e’ ancora scontro tra il governo e le Regioni proprio sulle modalita’ con cui ricominciare e nonostante l’accordo raggiunto nella notte e confluito negli allegati al Dpcm firmato dal premier Giuseppe Conte dopo l’annuncio nella conferenza stampa di sabato sera: “i dati sono incoraggianti, dobbiamo correre un rischio calcolato, non possiamo piu’ aspettare”. Ad accusare l’esecutivo stavolta non sono pero’ i governatori del centrodestra ma il Dem Vincenzo De Luca. “La Campania non e’ d’accordo e non ha sottoscritto l’intesa Stato-Regioni che alcuni media presentano come condivisa all’unanimita’ – dice il governatore – Su alcune norme di sicurezza generale deve pronunciarsi il ministero della Salute, non e’ possibile che il Governo scarichi opportunisticamente tutte le decisioni sulle Regioni. Non e’ accettabile”.

De Luca alla guerra del Covid 19 tiene chiusi ristoranti e pizzerie in Campania qualche altro giorno e polemizza col Governo

Parole a cui il governo non replica direttamente anche se, sottolineano fonti di palazzo Chigi, l’intesa raggiunta non e’ con i singoli presidenti ma con la Conferenza delle Regioni. Nelle riunione di ieri che si e’ protratta fino a notte, fanno inoltre notare fonti di governo, ci si era lasciati con un accordo ‘pieno’: nel Dpcm sarebbero confluite le linee guida predisposte dal documento unitario dalle Regioni, che il governo ha infatti fatto proprie. L’allegato 17 afferma esplicitamente che le indicazioni sono “in continuita’ con le indicazioni di livello nazionale, in particolare con il protocollo condiviso tra le parti sociali…nonche’ con i criteri guida generali di cui ai documenti tecnici prodotti da Inail e Iss”. L’uscita di De Luca, sottolineano le stesse fonti, sarebbe quindi dovuta al timore dei presidenti di assumersi pienamente le responsabilita’ di aperture e chiusure, nascondendosi dietro l’attendismo del governo sulle linee guida. Un atteggiamento che gia’ nella riunione di ieri aveva provato ad assumere il governatore della Lombardia Attilio Fontana chiedendo di riaprire il documento delle Regioni sulle linee guida per inserirvi eventuali modifiche suggerite da Inail e Cts. Un tentativo che avrebbe di fatto ritardato l’uscita del Dpcm e consentito ai presidenti di non riaprire e di accusare il governo. Lo stop sarebbe arrivato, oltre che dall’esecutivo, anche da diversi governatori tra cui il veneto Luca Zaia e il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini.

Si riparte dunque, ma non tutti insieme. Al di la’ delle polemiche, lo stesso De Luca ha rinviato di tre giorni l’apertura dei ristoranti. E sull’apertura dei ‘confini’ regionali il 3 giugno ha gia’ detto che la valutera’ solo il 2. La Sardegna ha invece deciso di rinviare ancora di qualche giorno l’apertura di siti archeologici e musei e il Piemonte ha posticipato quella di bar e ristoranti al 23. “La nostra non e’ una regione a rischio – dice il presidente Alberto Cirio – Se c’e’ uno slittamento di qualche giorno per alcune attivita’ questo dipende solo dal fatto che da noi il contagio si e’ diffuso piu’ tardi”. Quello che dice Cirio e’ vero: i dati del monitoraggio del ministero della Salute sui primi 12 giorni di allentamento delle misure indicano il Piemonte tra i territori ad oggi a rischio basso. Ma e’ altrettanto vero che la Regione, cosi’ come la Lombardia, continua ad essere quella con il piu’ alto numero di contagiati in Italia: anche oggi, sui 675 nuovi casi, piu’ del 50% (390) si registrano proprio nelle due regioni. Non solo. nei numeri di oggi c’e’ un altro, piccolo, campanello d’allarme: in 6 regioni – Piemonte, Veneto, Toscana, Marche, Campania e Sicilia – risalgono le terapie intensive, uno dei parametri fondamentali per capire l’andamento del virus e la tenuta del sistema sanitario. Per ora sono numeri irrisori (7 casi in tutto): ma da domani, quando tutti torneremo al bar, al ristorante e dal barbiere o a cena con gli amici, se non rispetteremo le regole il rischio che la curva possa balzare nuovamente in alto è concreta.

Decreto 18 maggio, ecco il testo definitivo su riaperture e spostamenti firmato dal premier Conte

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Scoppia il caso redditometro, tensioni in maggioranza

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La norma era attesa “da sei anni” ed è stata “preventivamente condivisa con le associazioni dei consumatori, l’Istat e il garante per la privacy”. Ma la nuova edizione del redditometro, pur con “paletti ben precisi” a “garanzia dei contribuenti”, che porta la firma di Maurizio Leo, crea scompiglio nella maggioranza. Tanto che il viceministro di Fdi andrà venerdì a spiegare in Consiglio dei ministri la ratio di un adempimento di cui, viste le reazioni a caldo, di certo non erano stati messi al corrente gli alleati. La novità arriva con la Gazzetta Ufficiale (ma il decreto ministeriale era stato firmato il 7 maggio), e spiazza i pochi parlamentari che si affacciano in Transatlantico mentre in Aula a Montecitorio si discute di Superbonus, altra grana ricomposta a fatica nella maggioranza.

La prima a reagire, a qualche ora di distanza, è Forza Italia che mette in chiaro la netta contrarietà “da sempre” al redditometro. Segue la Lega che prima con il capogruppo Massimiliano Romeo rimanda la palla a Fdi definendo “strana” la proposta (che tale non è, perché di misura attuativa e già operativa si tratta), e poi, dopo le spiegazioni di Leo, ribadisce il suo no perché “l’inquisizione è finita da tempo” e “controllare la spesa degli italiani, in modalità Grande fratello, non è sicuramente il metodo migliore per combattere l’evasione”. Non bastano, insomma, le rassicurazioni del viceministro a placare i dubbi degli alleati. Anche perché Fratelli d’Italia per molte ore resta silente di fronte a una mossa che, stando al tam tam parlamentare, non era stata preannunciata e di cui nessuno, in pratica, sapeva nulla. Tanto che pure al Mef le prime reazioni, raccontano, sarebbero state di “sorpresa”.

A spiazzare non sarebbe stato tanto il contenuto in sé – il refrain ricorrente tra i partiti – quanto il tempismo con cui si è sbloccata una vicenda che appunto, aveva atteso anni. Certo negli ultimi mesi, spiega chi ha ricostruito la vicenda, anche la Corte dei Conti aveva sollecitato l’attuazione del decreto ministeriale, espressamente previsto da una norma del 2018 (il decreto dignità del governo gialloverde) che aveva cancellato sì il vecchio redditometro prevedendo però un ulteriore decreto ministeriale che disciplinasse l’accertamento sintetico, delimitando gli elementi indicativi della capacità contributiva dei cittadini. Si trattava, insomma, di “regolare il superamento” del Redditometro di renziana memoria, spiegano anche da Palazzo Chigi, salvo che, per dirla con un parlamentare di maggioranza, l’effetto è stato quello di un “meteorite” sulla campagna elettorale. “Qualche voto al Pd dovevamo pur farlo prendere”, cerca di riderci su un deputato del partito della premier, che nel tardo pomeriggio parte con una serie di comunicati a difesa dell’iniziativa di Leo, che, per dirla con il presidente della commissione Finanze della Camera Marco Osnato “non annacqua né intacca la riforma fiscale né l’atteggiamento del governo Meloni” che vuole un fisco “amico”.

Forse, osserva l’esponente di Fdi, “fa scalpore perché siamo in campagna elettorale”. E sarebbe proprio il rischio di un effetto boomerang a preoccupare Giorgia Meloni. Ma Leo “è un tecnico, tra i più preparati” e sta “facendo più che bene il suo lavoro”, dicono i suoi più stretti collaboratori che pure ammettono che ci sia stato un difetto di “comunicazione” di una questione “complessa”. La premier avrebbe parlato con il suo viceministro e nei prossimi tre giorni, di qui al Cdm, avrà modo di valutare eventuali contromosse per evitare ripercussioni di qui al voto dell’8 e 9 giugno. “La maggioranza è in tilt”, cavalca l’onda il Partito democratico, denunciando il “molto grave” utilizzo delle “istituzioni per propaganda elettorale”. Si “fingono liberali ma sono solo statalisti. E stanno seguendo le linee guida di Vincenzo Visco e della sinistra anti-contribuente” affonda Matteo Renzi mentre lo stesso Visco si dice per l’appunto “favorevolissimo” sulla necessità di rispolverare il redditometro come strumento della lotta all’evasione.

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Il ministro Crosetto ricoverato d’urgenza in ospedale

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Il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha lasciato in anticipo il Consiglio Supremo di Difesa per essere trasportato d’urgenza in ospedale. La notizia è stata resa nota dal Ministero della Difesa, che ha confermato il ricovero del ministro presso l’ospedale San Carlo di Nancy a Roma.

Crosetto si era presentato autonomamente al pronto soccorso il 13 febbraio scorso, lamentando forti dolori al petto. I primi accertamenti, compresa una coronografia, rilevarono una sospetta pericardite, successivamente confermata dagli esami successivi. La pericardite è un’infiammazione del pericardio, la membrana che avvolge il cuore. Fortunatamente, i medici precisarono che non si erano verificati versamenti di liquido tra le membrane, situazione che avrebbe richiesto un intervento immediato. Inoltre, le analisi avevano escluso danni cardiaci.

Il Ministro aveva già subito un ricovero nel 2013 per questioni simili. Dopo due giorni, Crosetto era stato dimesso dall’ospedale in buone condizioni di salute.

Auguri di pronta guarigione sono arrivati da esponenti del governo e di tutte le forze politiche.

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Fisco, arriva la riforma delle sanzioni, multe più lievi

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Sanzioni più leggere per le violazioni in materia di tasse. Dalla dichiarazione fiscale omessa o infedele ai casi in cui si comunica al Fisco meno di quanto accertato, finisce l’era delle maxi-multe fino al 240%: al contribuente verrà chiesto non più del 120% dell’ammontare dovuto. E’ in dirittura d’arrivo il decreto legislativo per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, che dopo il passaggio in Parlamento per i pareri, arriverà mercoledì in consiglio dei ministri per il disco verde definitivo. Tavolo su cui si attende anche il piano Salva-casa firmato da Matteo Salvini, che dopo i distinguo emersi nella maggioranza incassa l’apertura di Forza Italia.

L’arrivo in cdm del decreto attuativo sulle sanzioni, approvato in via preliminare il 21 febbraio, è stato anticipato nei giorni scorsi dal viceministro all’Economia Maurizio Leo. Il nuovo regime, che dovrebbe scattare da settembre, prevede sanzioni amministrative ridotte da un quinto a un terzo. Parte intanto la stagione della dichiarazione dei redditi (da oggi al via il canale diretto con l’Agenzia delle Entrate per l’invio della precompilata 2024). Il modello precompilato, che era già possibile visionare dal 30 aprile, può ora essere accettato, modificato o integrato rispetto alla versione messa a punto dall’amministrazione fiscale. Ma si tratta solo del fischio d’avvio perché per chiudere la partita ci sarà tempo fino al 30 settembre per il ‘730’ o fino al 15 ottobre nel caso si utilizzi il modello ‘Redditi’. Alcune novità del decreto sanzionatorio riguardano proprio violazioni relative alle tasse comunicate al fisco.

Per chi non presenta la dichiarazione dei redditi o dell’Irap oppure la dichiarazione del sostituto d’imposta, la multa sarà del 120%, anziché dal 120 al 240% previsto ora. Mentre per dichiarazione infedele, si passa da 90-180% al 70%. Le sanzioni tributarie riscosse ogni anno ammontano a circa 2,27 miliardi: il taglio delle multe, che vengono ridotte nel complesso di circa il 10%, si spiega nella Relazione Tecnica, avrà necessariamente un “effetto negativo” in termini di entrate da sanzioni; ma con multe più proporzionate, e di minore importo, si scommette su una maggiore adesione all’accertamento. Novità anche per i commercianti: per l’omessa o tardiva trasmissione o con dati incompleti o non veritieri dei corrispettivi giornalieri arriva un tetto di 1.000 euro alle sanzioni, mentre l’omessa, incompleta o infedele comunicazione delle minusvalenze sarà punita con una sanzione massima di 30mila euro (anziché 50mila).

Il provvedimento si arricchisce anche di alcune modifiche sulla base delle indicazioni date dalle commissioni parlamentari nei loro pareri. In particolare è in arrivo una revisione delle definizioni normative di crediti non spettanti e crediti inesistenti attraverso una loro “più puntuale distinzione”. Ma sul tavolo del governo ci sono anche le nuove norme per sanare alcune irregolarità nelle abitazioni. Il testo sarà mercoledì in cdm, promette Salvini, che manda rassicurazioni agli alleati: “non è un condono”. Sul provvedimento, oltre all’interlocuzione in corso col Quirinale, che ha acceso un faro sull’effettiva necessità di ricorrere alla decretazione d’urgenza, si registra la cautela di Forza Italia.

Che oggi apre, ma resta vigile: “Stiamo parlando, vediamo quando ci sarà il testo definitivo ma mi pare che si stia andando nella giusta direzione”, dice il leader azzurro Antonio Tajani. In attesa del testo definitivo, Salvini spiega: “Riguarda tutte le piccole irregolarità interne” dentro le case degli italiani. Quindi niente per chi si è fatto “la villa abusiva con piscina in riva al mare o al fiume”. Si punta ad intervenire su difformità minori che non incidono sulla struttura di un edificio, ad esempio tutte le modifiche interne ad un appartamento, ma anche potenzialmente l’ampliamento di finestre e balconi.

Allo studio anche interventi non eccessivamente pesanti e impattanti, che non richiedono alcun titolo abilitativo, come le tende, anche da esterno. Per le parziali difformità, per esempio finestre o balconi soprattutto per gli edifici prima della fine anni ’70, si pensa ad una regolarizzazione con semplice sanzione. Non sarà nel decreto invece la norma salva-Milano, per consentire lavori in alcuni grattacieli nel capoluogo lombardo al centro di uno stop della procura: l’idea, come chiarito venerdì dopo una telefonata tra Salvini e il sindaco Sala, è lavorare a una norma bipartisan da inserire in fase di conversione del decreto.

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