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Cronache

“Vendeva segreti ai russi”, chiesti 18anni per Biot

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 Diciotto anni di carcere. E’ quanto ha chiesto la Procura di Roma per l’ufficiale di Marina, Walter Biot, arrestato nel marzo del 2021 in un parcheggio di un centro commerciale della Capitale mentre era intento a cedere notizie coperte da segreto a funzionari dell’ambasciata russa. Una operazione illecita messa in atto, è l’accusa, in cambio di denaro. Nei suoi confronti il pm Gianfederica Dito contesta reati pesantissimi: spionaggio, rivelazione di notizie che per la sicurezza nazionale dovevano rimanere segrete e corruzione. Per questa vicenda Biot, attualmente detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, è già stato condannato in primo grado dal tribunale “con stellette” a 30 anni di reclusione.

Nel processo davanti alla prima Corte d’Assise, che si svolge a porte chiuse, sono parti civili, tra gli altri, la Presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della Difesa rappresentate dall’Avvocatura dello Stato. Agli atti del processo ci sono una serie di documenti della Nato, nove dei quali classificati come ‘riservatissimi’, ma anche immagini. Non specificato se di basi militari o di altro. Gli screenshot sono 181 e quelli dei documenti almeno 106.

Il 56enne capitano di fregata fu fermato in flagranza di reato dai carabinieri del Ros il 30 marzo di tre anni fa nel posteggio di un supermercato della periferia romana mentre in cambio di 5mila euro cedeva a Dmitri Ostroukhov, assistente dell’attaché navale dell’ambasciata russa a Roma Alexey Nemudrov – entrambi sono stati poi espulsi -, una sim con il materiale che con un cellulare aveva fotografato da un pc nel suo ufficio presso lo Stato Maggiore della Difesa. Qui – in una struttura che si occupava della proiezione di tutti gli assetti italiani della difesa in teatri operativi esteri e della polizia internazionale delle forze armate italiane sotto l’egida Nato, Ue e Onu – Biot lavorava con le credenziali di ‘nulla osta’ all’accesso ai documenti militari. Nello specifico, alla luce degli accertamenti effettuati dai militari dell’Aerma, si trattava di 47 notizie ‘Nato secret’, 57 ‘Nato confidential’ e 9 con classifica ‘riservatissimo’.

Agli atti dell’indagine ci sono anche tre video del 18, 23 e 25 marzo del 2021 in cui Biot viene immortalato mentre è intento a fotografare dal pc una serie di documenti da consegnare ai funzionari russi. Una azione ripresa da una telecamera nascosta e in cui si vede il militare mentre ripone la sim-card in un bugiardino all’interno di una scatola di medicinali e la sistema nello zaino. La sentenza è attesa per le prossime settimane. Il 19 gennaio è fissata l’udienza in cui parlerà la difesa del militare.

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L’Ue boccia assegno di inclusione: aumenta la povertà

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Il nuovo assegno di inclusione non supera l’esame di Bruxelles. Fortemente voluto dal governo di Giorgia Meloni per soppiantare il reddito di cittadinanza, lo strumento di sostegno dedicato alle famiglie più fragili lanciato a gennaio finisce tra le insufficienze assegnate all’Italia dalla Commissione europea nel suo report sulla convergenza sociale. Aprendo un fronte di scontro: rispetto all’antesignano reddito, l’Adi nelle previsioni Ue “determinerà una maggiore incidenza della povertà assoluta e infantile”. Un giudizio che non riguarda altre misure su lavoro e welfare che vengono guardate positivamente ma che, sul reddito di inclusione, viene rispedito al mittente dal ministero del Lavoro, da dove si sono affrettati a ribattere: lo studio Ue è “parziale” e “non tiene conto delle dinamiche di attivazione generate dalle nuove misure e dalla crescita dell’occupazione in Italia”.

Davanti a povertà ed esclusione sociale che restano una criticità per il Belpaese, Bruxelles riprende le stime della Banca d’Italia e – nell’analisi che complessivamente si sofferma in 77 pagine sulla situazione di Italia, Lituania, Bulgaria, Spagna, Romania ed Estonia – mette nel mirino l’assegno di inclusione. “Nonostante alcune misure di accompagnamento positive”, è la valutazione, le maglie più strette per poterne beneficiare renderanno meno incisiva la lotta alla povertà. Determinando, in media, “un aumento di quella assoluta e infantile rispettivamente di 0,8 punti percentuali e 0,5 punti percentuali rispetto al reddito di cittadinanza”.

La previsione è subito stata letta come una “conferma” da parte della Cgil che, per bocca della segretaria confederale Daniela Barbaresi, ha invitato “caldamente” la ministra Elvira Calderone a valutare “con attenzione” le obiezioni e a “ripensare completamente” le norme poiché “sono destinate ad aggravare la già pesante condizione di disagio e povertà di tante famiglie prive di sostegni”. Una linea condivisa anche dal candidato del M5s ed ex presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, secondo cui “il governo Meloni ha aumentato la povertà in Italia e ha fatto cassa sui poveri” e “persino per l’austera Bruxelles è troppo”. Nella visione del dicastero di via Veneto però lo studio resta parziale. E “una valutazione complessiva porterebbe probabilmente a un’analisi più positiva”, è stata la replica, nella quale si ricorda che il Reddito di cittadinanza è stato sostituito dall’Assegno di inclusione e anche dal Supporto per la formazione e il lavoro.

Nelle conclusioni tuttavia l’esecutivo Ue sottolinea anche note di merito rispetto a quanto fatto dal governo su altri fronti del welfare e del lavoro. “Le misure intraprese finora, come le riforme e gli investimenti nelle politiche attive del mercato del lavoro, la tassazione del lavoro e le politiche familiari, nonché le azioni intraprese per quanto riguarda il sistema di istruzione e di formazione degli adulti, dovrebbero aiutare l’Italia a muoversi nella giusta direzione in relazione alle potenziali sfide legate ai risultati del mercato del lavoro e alle competenze, ma ciò dipende in modo cruciale dalla loro sostenibilità nel tempo, nonché da un un migliore coordinamento tra le amministrazioni nazionali e regionali”. Da Palazzo Berlaymont, tuttavia, resta l’invito a fare di più. “”Nonostante i progressi compiuti, in particolare per quanto riguarda l’occupazione, ulteriori sforzi potrebbero portare l’Italia ad affrontare pienamente le sfide che si trova ad affrontare in relazione al mercato del lavoro”, si legge nel testo.

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Sgrida alunno, maestra picchiata da madre del clan Spada

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“Non devi sgridare mio figlio” e poi sono partiti gli schiaffi. Una insegnante di un istituto comprensivo di Ostia è stata aggredita ieri all’uscita di scuola dalla madre di un suo alunno, moglie di un componente della famiglia Spada. Su quanto è accaduto il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha fatto sapere in serata che a breve si recherà all’istituto Amendola Guttuso di Ostia a portare la sua solidarietà “alla maestra aggredita da una esponente del clan Spada. Nessuno si deve permettere di toccare un insegnante.

Lo Stato farà sentire la sua forza contro chi non rispetta i suoi docenti”. L’Un’aggressione è avvenuta nel cortile della scuola davanti agli occhi di qualche collega e genitore in attesa di prendere i propri figli. La donna ha iniziato a inveire contro la docente che aveva finito il suo turno e si apprestava ad andare via dall’istituto scolastico. L’ha redarguita per aver rimproverato il figlio, ha inveito contro di lei e poi l’ha percossa. La madre dello studente l’avrebbe colpita anche con schiaffi al volto prima di allontanarsi. A quel punto sono stati chiamati i soccorsi. Sul posto è arrivata un’ambulanza del 118, ma l’insegnante ha rifiutato le cure mediche.

I carabinieri, che si occupano della vicenda, hanno raccolto testimonianze e identificato la responsabile dell’aggressione. La donna è stata denunciata a piede libero per violenza a pubblico ufficiale. L’insegnante, al momento, non avrebbe sporto denuncia. Ricostruito anche il movente della ‘spedizione punitiva’. A mandare la donna su tutte le furie un rimprovero ricevuto dal figlio per un suo comportamento in classe.

Così ha deciso di recarsi a scuola ieri per affrontare personalmente quell’insegnante. E risolvere le cose a modo suo. E non è la prima volta che componenti del clan Spada finiscono sotto i riflettori per aggressioni compiute nel territorio di Ostia. La più eclatante fu la testata ricevuta dal giornalista della trasmissione Rai ‘Nemo’ Daniele Piervincenzi, aggredito assieme all’operatore il 7 novembre 2017 mentre lavoravano a un servizio televisivo. Piervincenzi fu colpito da Roberto Spada con una testata, immortalata dalla telecamera, durante un’intervista sulla campagna elettorale nel X Municipio. Avvicinato per alcune domande su presunti rapporti con CasaPound a Ostia, Roberto Spada lo colpì in pieno volto. Un episodio per cui è stato condannato a sei anni.

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Procedimento contro Serena Bortone per il caso Scurati

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Dopo due settimane di polemiche per la mancata partecipazione dello scrittore Antonio Scurati a ‘CheSarà…’ su Rai3, arrivano le prime decisioni aziendali e riguardano la conduttrice del programma, Serena Bortone, che ha denunciato il caso sui social. Proprio quel post del 20 aprile ha spinto l’amministratore delegato Roberto Sergio ad inviare una lettera di contestazione disciplinare nei confronti della giornalista, provocando la reazione dell’opposizione e del sindacato, che hanno parlato di una decisione ‘inaccettabile e minacciosa’.

In commissione di Vigilanza, Sergio ha spiegato che ‘è stato contestato a Bortone, come avvenuto in analoghi casi, il post pubblicato sui social in violazione della normativa della policy aziendale. La contestazione è un atto dovuto e seguirà l’iter previsto dal regolamento. Non è stata vietata né la partecipazione dello scrittore Scurati né la lettura del monologo, poi autorizzata e effettuata dalla stessa Bortone’. L’Ad ha negato censure e affermato che la vicenda ha provocato ‘un danno reputazionale all’azienda’. Poi ha fatto sapere che ‘è stato avviato un procedimento di audit interno, le cui risultanze si avranno a breve, concentrato su due aspetti: il primo, gli eventuali disallineamenti procedurali, e sicuramente ce ne sono stati; il secondo, i comportamenti dei singoli su cui sono state chieste relazioni’.

Ora Bortone avrà cinque giorni per dare spiegazioni. Ieri, nel corso della conferenza stampa organizzata dall’Usigrai nel giorno dello sciopero, la giornalista aveva spiegato di sentirsi tranquilla per aver fatto semplicemente il proprio dovere, non avendo denunciato censure, ma solo reso noto ciò che comunque sarebbe emerso. ‘E cosi l’ha fatto – ha detto il segretario dell’Usigrai Daniele Macheda – Roberto Sergio, l’uomo che da dirigente Rai, direttore della radiofonia attaccava pubblicamente sui social il Giornale Radio Rai, ora da amministratore delegato fustiga a colpi di procedimenti disciplinari chi, anche attraverso i social difende la propria libertà e professionalità da un sistema di controllo “asfissiante” sul lavoro dei giornalisti della Rai’.

‘Il procedimento disciplinare – hanno attaccato i parlamentari del Pd in Vigilanza – definisce l’idea che la dirigenza dell’azienda ha del pluralismo informativo. Siamo di fronte ad un atto arrogante, minaccioso, intimidatorio. “Colpirne uno per educarne cento” è il motto che anima questa maggioranza che vuole rendere l’azienda del servizio pubblico il megafono del governo’. Polemiche in Vigilanza anche sullo sciopero con le accuse all’azienda di aver messo in atto un boicottaggio della protesta.

‘Non c’è stato alcun comportamento antisindacale da parte dell’azienda nello sciopero, ma una spontanea presenza che ha consentito di mandare in onda i tg – ha detto il direttore generale Giampaolo Rossi – Una presenza legittima come stabiliscono le sentenze che equiparano la libertà di scioperare a quella di non scioperare. Lo sciopero ha riscontrato un’adesione del 56% su tutti i giornalisti e del 71% se si calcolano solo i presenti. Se l’adesione fosse stata più alta non sarebbe stato possibile mettere in onda i tg. L’affluenza non è stata tale da impedire di mandare in onda le edizioni più importanti’.

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