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Esteri

Un caccia russo lancia missile vicino ad un aereo britannico

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L’episodio è datato 29 settembre ma si è saputo soltanto quando il Ministro della difesa inglese Ben Wallace lo ha riferito al Parlamento: un aereo russo ha sganciato un missile vicino a un aereo britannico che pattugliava lo spazio aereo internazionale sul Mar Nero. La Gran Bretagna, ha detto Wallace, ha sospeso i pattugliamenti dopo l’incidente ed  ha manifestato preoccupazione all’omologo russo Sergei Shoigu. La Russia ha detto che si è trattato di un cattivo funzionamento ma adesso, ha detto il ministro Wallace, gli aerei britannici hanno ripreso i pattugliamenti ma lo fanno scortati da aerei da combattimento.

 

 

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Esteri

Tragedia in Nepal, cinque alpinisti italiani morti tra le vette dell’Himalaya

Fotografia simbolica delle vette himalayane avvolte nella neve e nella nebbia, con una bandiera italiana piantata su un’altura, in ricordo degli alpinisti caduti.

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L’Italia piange cinque amanti della montagna, cinque uomini che avevano fatto della passione per le vette una ragione di vita. Alessandro Caputo, Stefano Farronato, Paolo Cocco, Marco Di Marcello e Markus Kirchler sono le vittime di due diverse tragedie avvenute sulle montagne del Nepal, trasformate in una trappola mortale da una tempesta di neve improvvisa.


I dispersi del Panbari

Sul picco Panbari, dove il maltempo si è abbattuto con violenza, hanno perso la vita Alessandro Caputo e Stefano Farronato, dispersi da venerdì scorso e ritrovati senza vita sotto la neve.
Caputo, 28 anni, era studente di giurisprudenza alla Statale di Milano e maestro di sci in Svizzera. Il più giovane della spedizione, esperto in alta quota, sognava di portare a termine la sua prima grande impresa himalayana.
Accanto a lui Farronato, 45enne arboricoltore di Bassano del Grappa, alpinista di grande esperienza: nel suo curriculum imprese estreme come la Ferdarski 2024 in Islanda, la Yukon Arctic Ultra 2018 a -50 gradi e la traversata dell’Alaska in mountain bike nel 2016.

A raccontare gli ultimi momenti della spedizione è Valter Perlino, alpinista piemontese sopravvissuto perché rimasto al campo base per un problema a un piede.
“Le tende non c’erano più, il campo era sepolto dalla neve”, ha detto la moglie, Gloriana Salvai, riportando le parole del marito. “Nemmeno lui ha saputo spiegare perché la perturbazione sia arrivata con tanto anticipo”.


Il dramma del Dolma Khang

A circa 200 chilometri di distanza, sul Dolma Khang, sono morti Paolo Cocco, Marco Di Marcello e Markus Kirchler.
Cocco, fotografo abruzzese ed ex vicesindaco di Fara San Martino, era un appassionato di montagna e natura. “Per me era un fratello piccolo”, ha detto il sindaco Antonio Tavani, con la voce rotta dal dolore. “Volevano essere i primi abruzzesi su quella vetta. Erano a soli 50 metri dalla cima”.

Con lui c’era Marco Di Marcello, biologo 37enne, guida esperta. Fino all’ultimo la famiglia aveva sperato: il segnale GPS, che si aggiornava ogni quattro ore, sembrava indicare spostamenti. “Il puntino era in discesa e poi in salita, segno che si muoveva”, aveva detto il fratello Gianni. Ma in serata è arrivata la conferma del decesso dal presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio.


Markus Kirchler, l’alpinista altoatesino

Tra le vittime anche Markus Kirchler, 30 anni, di San Genesio (Bolzano), impegnato in una spedizione separata organizzata da Wilderness Outdoors.
Kirchler avrebbe dovuto scalare il Pachermo (6.279 metri), ma il maltempo lo aveva costretto a cambiare rotta, dirigendosi verso la cima dello Yalung Ri con un compagno tedesco e una guida locale. Tutti e tre sono stati travolti dalla tempesta e non ce l’hanno fatta.


Cinque vite spezzate dall’amore per la montagna. Cinque italiani uniti dallo stesso sogno di libertà, che si è infranto tra le nevi dell’Himalaya.

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Gli Stati Uniti propongono una forza internazionale a Gaza per due anni: bozza all’Onu per una missione fino al 2027

Gli Stati Uniti hanno presentato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu una bozza di risoluzione per creare una forza internazionale a Gaza con mandato fino al 2027. Previsto il dispiegamento delle prime truppe a gennaio.

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Gli Stati Uniti hanno inviato a diversi membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu una bozza di risoluzione per istituire una forza internazionale a Gaza con un mandato iniziale di almeno due anni.

Secondo quanto riportato dal sito americano Axios, la proposta prevederebbe che la forza abbia il compito di garantire sicurezza e governance nella Striscia fino alla fine del 2027, con la possibilità di estendere il mandato oltre tale data.


Una missione sotto guida americana con mandato esteso

La risoluzione, spiegano le fonti citate, darebbe agli Stati Uniti e ai Paesi partecipanti un ampio mandato operativo e politico, includendo funzioni di sicurezza, gestione civile e supporto alla ricostruzione dell’area devastata dal conflitto.

L’obiettivo è quello di stabilizzare Gaza dopo mesi di violenze e creare le condizioni per un nuovo equilibrio politico in Medio Oriente, in vista di un eventuale processo di pace.


Prime truppe in arrivo a gennaio

La bozza americana fungerà da base per le trattative tra i membri del Consiglio di Sicurezza, con l’intento di approvare il testo nelle prossime settimane e dispiegare le prime truppe già a gennaio 2026.

Non è ancora chiaro quali Paesi parteciperanno alla missione, ma la proposta prevede il coinvolgimento di alleati occidentali e partner regionali, con un ruolo centrale degli Stati Uniti nella catena di comando.


Una sfida diplomatica per Washington

La mossa americana apre una nuova fase diplomatica sul futuro di Gaza e potrebbe incontrare resistenze da parte di Russia e Cina, membri permanenti del Consiglio con diritto di veto.

Washington punta a una soluzione multilaterale che consenta di garantire la sicurezza sul territorio e allo stesso tempo avviare una gestione internazionale della ricostruzione, evitando che Hamas o altri gruppi armati tornino a controllare la Striscia.

La proposta segna così l’avvio di un nuovo capitolo nel dossier mediorientale, con gli Stati Uniti determinati a riaffermare la propria leadership diplomatica e militare nella regione.

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Aereo spia Usa sorvola il Mar Nero: ricognizione sopra la Crimea, poi il rientro nel Regno Unito

Un aereo da ricognizione dell’Aeronautica Militare americana ha sorvolato il Mar Nero e la Crimea prima di rientrare in Gran Bretagna. Il volo, monitorato da Flightradar24, riaccende le tensioni tra Nato e Russia.

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Un aereo da ricognizione dell’Aeronautica Militare statunitense è stato avvistato nello spazio aereo sopra il Mar Nero, in un’area di alta tensione militare tra Russia e Ucraina.

Secondo quanto riportato dall’agenzia russa Tass, che cita il servizio di monitoraggio Flightradar24, il velivolo era decollato dalla base aerea di Mildenhall nel Regno Unito per una missione di sorveglianza.


Il percorso del volo: sorvolo su sei Paesi e ritorno nel Regno Unito

Il ricognitore ha attraversato i cieli di Paesi Bassi, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania, prima di raggiungere il Mar Nero e sorvolare lo spazio aereo oltre la Crimea, zona di forte interesse strategico per Mosca.

Dopo la missione, l’aereo ha fatto ritorno alla base britannica. Secondo i dati di tracciamento, alle 5:15 ora di Mosca il velivolo si trovava nuovamente sopra Mildenhall, a conferma del completamento dell’operazione.


Missione di sorveglianza in un’area ad alta tensione

Il sorvolo rientrerebbe nelle attività di monitoraggio Nato lungo i confini orientali dell’Alleanza e nelle aree di conflitto tra Russia e Ucraina, dove da mesi si registra un’intensa attività aerea e navale.

La presenza di un aereo spia americano nei cieli del Mar Nero rischia di inasprire ulteriormente le relazioni tra Washington e Mosca, già tese dopo gli ultimi scambi di accuse sulle operazioni militari in Ucraina e sullo spazio aereo del Mar Nero.


Un nuovo segnale di allerta tra Nato e Russia

L’episodio conferma l’aumento della ricognizione occidentale nell’area e la sorveglianza costante sui movimenti russinel sud dell’Ucraina e in Crimea, regione annessa da Mosca nel 2014 e tuttora al centro del conflitto.

Un segnale chiaro di come il Mar Nero resti uno dei fronti più caldi della geopolitica mondiale, dove ogni volo può trasformarsi in un messaggio strategico o in una nuova scintilla diplomatica.

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