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Salute

Screening con Psa, riduce del 13% la mortalità per tumore alla prostata ma restano i dubbi sulla diagnosi precoce

Uno studio europeo di oltre vent’anni conferma che lo screening con Psa riduce la mortalità per tumore alla prostata del 13%, ma evidenzia anche rischi di diagnosi e trattamenti eccessivi.

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Lo screening per il cancro della prostata basato sul dosaggio del Psa riduce del 13% il rischio di morte per questa neoplasia, secondo uno studio ultraventennale coordinato dall’Erasmus MC Cancer Institute di Rotterdam e pubblicato sul New England Journal of Medicine.

L’indagine, iniziata nel 1993, ha coinvolto oltre 160 mila uomini in otto Paesi europei, tra cui l’Italia. A distanza di 23 anni, i partecipanti sottoposti allo screening presentavano un 30% di diagnosi in più di tumore alla prostata, proprio per effetto della maggiore individuazione precoce della malattia, ma anche una riduzione della mortalità del 13%.


Benefici e limiti della diagnosi precoce

Il test del Psa è da anni al centro del dibattito medico. Pur consentendo di identificare precocemente i segnali di un tumore, espone al rischio di sovra-diagnosi e sovra-trattamento, con la possibilità che vengano scoperti e curati tumori che non avrebbero mai compromesso la vita del paziente.

Secondo lo studio, lo screening permette di evitare un decesso ogni 456 uomini che si sottopongono al test e uno ogni 12 che ricevono una diagnosi. Tuttavia, una parte consistente di pazienti verrebbe sottoposta a indagini invasive e trattamenti non necessari, con i rischi associati a tali procedure.


La necessità di strategie mirate

I ricercatori concludono che, sebbene lo screening basato sul Psa si dimostri utile nel ridurre la mortalità, i rischi associati alle diagnosi eccessive restano significativi. L’obiettivo per il futuro, sottolineano, è individuare criteri più precisi per indirizzare verso lo screening soltanto gli uomini a più alto rischio, riducendo così il numero di interventi inutili e migliorando la qualità della prevenzione.

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Trachea stampata in 3D: primo prototipo al mondo che replica il tessuto umano

Realizzato per la prima volta al mondo un modello di trachea stampato in 3D che riproduce la complessità del tessuto umano. La biostampante Electrospider apre nuove frontiere nella medicina rigenerativa.

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Un traguardo storico per la medicina rigenerativa: per la prima volta è stato realizzato, attraverso la stampa in 3D, il prototipo di una parte di trachea capace di riprodurre fedelmente la complessità del tessuto umano.
Il risultato apre nuove prospettive nella ricerca per la rigenerazione e la sostituzione degli organi danneggiati.


Un modello che imita l’organo naturale

Il prototipo ricrea la struttura e il comportamento meccanico della trachea, simulando con grande precisione le caratteristiche dell’organo naturale.
L’innovazione è frutto del lavoro di Solidworld, azienda che ha sviluppato Electrospider, la biostampante avanzata costruita da Bio3DPrinting, capace di combinare diverse tecniche di biofabbricazione in un’unica sessione di stampa.


Superati i limiti della medicina tradizionale

Finora, la riparazione o sostituzione dei tratti tracheali era ostacolata da tre criticità principali:

  • rischio di rigetto dei tessuti trapiantati,

  • difficoltà di vascolarizzazione, cioè di creare una rete di vasi sanguigni che nutra il tessuto,

  • complessità anatomica della trachea, diversa per ogni paziente.

Electrospider è riuscita a superare questi limiti riproducendo la disposizione naturale dei tessuti e integrando materiali biocompatibili che ne imitano la resistenza e la flessibilità.


Una svolta per la bioingegneria e la ricerca clinica

Questo nuovo passo nella stampa 3D dei tessuti umani potrebbe rivoluzionare le applicazioni cliniche, aprendo la strada a trapianti personalizzati e a modelli organici realistici per la sperimentazione medica.
La trachea biostampata rappresenta non solo un prototipo tecnologico, ma anche un simbolo di ciò che la biostampa può offrire per il futuro della medicina: organi su misura, meno invasivi e più compatibili con il corpo umano.

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Salute

Scontro in diretta all’Aifa: il direttore amministrativo Pavesi critica l’Agenzia, replica piccata di Russo

Tensione all’Aifa durante la presentazione del rapporto Osmed: il direttore amministrativo Giovanni Pavesi critica l’Agenzia e parla di mancanza di controllo e trasparenza. Replica dura del direttore tecnico-scientifico Pierluigi Russo.

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Momenti di tensione questa mattina a Roma, durante la presentazione del rapporto Osmed dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa).
Il direttore amministrativo Giovanni Pavesi ha criticato apertamente l’operato dell’Agenzia, parlando di criticità nella gestione interna e nei controlli, suscitando la reazione immediata del direttore tecnico-scientifico Pierluigi Russo, che lo ha definito “inopportuno” davanti ai presenti.


Pavesi: “L’Aifa deve migliorare il controllo e la trasparenza”

Nel suo intervento, Pavesi ha dichiarato di essere “in distonia con la visione ottimistica” presentata nel rapporto, sostenendo che “se parliamo con le Regioni non c’è la convinzione che tutto vada così bene”.
Il direttore amministrativo ha sottolineato la necessità di “affinare gli strumenti di controllo” e ha espresso preoccupazione per la spesa farmaceutica, avvertendo che, “se non vengono rivisti i tetti, anche quello della convenzionata rischia di essere superato nel 2026”.

Pavesi ha inoltre richiamato l’attenzione sul tema della trasparenza, affermando che “il ruolo del regolatore è molto difficile, ma è fondamentale dare il senso di essere un regolatore trasparente e al di sopra degli interessi particolari”.


Russo: “Le critiche del collega non sono vere”

Le parole di Pavesi hanno provocato la replica immediata di Russo, che ha commentato con tono ironico:
Mi aspettavo le domande dai giornalisti più cattivi, ma le sta facendo il direttore amministrativo”.
Il direttore tecnico-scientifico ha poi aggiunto che Pavesi avrebbe detto “anche delle cose non vere”, respingendo al mittente le accuse di mancanza di controllo e trasparenza.


Un confronto che scuote i vertici dell’Aifa

Lo scontro pubblico tra i due dirigenti getta un’ombra di tensione interna sui vertici dell’Aifa, in un momento particolarmente delicato per la gestione della spesa farmaceutica e per il rapporto con le Regioni.
Le parole di Pavesi aprono un fronte critico sulla governance dell’Agenzia, mentre la replica di Russo difende l’immagine di un’istituzione che rivendica la propria autonomia e correttezza operativa.

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Tumore al pancreas, studio italiano indipendente migliora la sopravvivenza dei pazienti

Un nuovo studio italiano indipendente, presentato all’Aiom, dimostra che il trattamento chemioterapico Paxg migliora la sopravvivenza dei pazienti con tumore al pancreas operabile.

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Un “passo avanti concreto” nella cura del tumore al pancreas arriva da una ricerca indipendente tutta italiana, non finanziata dall’industria farmaceutica. Lo studio, chiamato Cassandra, è stato presentato al Congresso dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), in corso a Roma, da Michele Reni, direttore dell’Oncologia Medica del San Raffaele di Milano.

“Parliamo di pazienti con tumore del pancreas operabile allo stadio iniziale — spiega Reni —. Abbiamo sperimentato un nuovo schema chemioterapico con un mix di quattro farmaci già approvati per la malattia metastatica. I risultati sono straordinari: il tempo medio prima della ricrescita del tumore è aumentato di sei mesi rispetto allo standard, e dopo tre anni i pazienti liberi da recidiva sono più del doppio”.


Lo studio Cassandra e il protocollo Paxg

La sperimentazione Cassandra, interamente finanziata da cinque associazioni di pazienti, ha coinvolto 17 centri oncologici italiani e 260 pazienti con adenocarcinoma duttale del pancreas candidati alla chirurgia.
Il nuovo regime Paxg, nato da una precedente ricerca indipendente, è stato confrontato con lo schema mFolfirinox, finora considerato il più efficace.

I risultati sono chiari:

  • Migliore sopravvivenza libera da eventi avversi (progressione, recidiva, inoperabilità o decesso).

  • Profilo di tossicità più basso e migliore qualità di vita per i pazienti.

“Si apre una concreta possibilità di migliorare la sopravvivenza dei malati colpiti da uno dei tumori più aggressivi”, sottolinea Reni. “Un risultato reso possibile dalla collaborazione fra scienza e società civile”.


Il tumore “metastatico fin dall’inizio”

Uno degli aspetti che rendono il carcinoma pancreatico tra i più difficili da curare è la sua natura metastatica precoce.

“Anche quando è allo stadio iniziale — spiega Reni — esistono già micrometastasi non visibili con gli strumenti diagnostici attuali. Per questo trattarlo con un protocollo più aggressivo fin dall’inizio può aumentare le probabilità di eradicare le cellule tumorali residue e, in alcuni casi, portare alla guarigione.”


Il valore della ricerca indipendente

Lo specialista del San Raffaele ha sottolineato anche il ruolo cruciale della ricerca indipendente in oncologia:

“Per il tumore al pancreas ci sono meno investimenti delle grandi aziende, perché i pazienti sono numericamente inferiori e la risposta ai trattamenti è spesso limitata. Ecco perché la ricerca indipendente è essenziale: consente di sviluppare protocolli innovativi anche per i pazienti più difficili da trattare.”

Lo studio Cassandra rappresenta dunque una speranza concreta per chi lotta contro una delle neoplasie più temute e una dimostrazione del valore della scienza libera dagli interessi industriali, capace di mettere i pazienti davvero al centro della cura.

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