Collegati con noi

Esteri

Tragedia in Nepal, cinque alpinisti italiani morti tra le vette dell’Himalaya

Fotografia simbolica delle vette himalayane avvolte nella neve e nella nebbia, con una bandiera italiana piantata su un’altura, in ricordo degli alpinisti caduti.

Pubblicato

del

L’Italia piange cinque amanti della montagna, cinque uomini che avevano fatto della passione per le vette una ragione di vita. Alessandro Caputo, Stefano Farronato, Paolo Cocco, Marco Di Marcello e Markus Kirchler sono le vittime di due diverse tragedie avvenute sulle montagne del Nepal, trasformate in una trappola mortale da una tempesta di neve improvvisa.


I dispersi del Panbari

Sul picco Panbari, dove il maltempo si è abbattuto con violenza, hanno perso la vita Alessandro Caputo e Stefano Farronato, dispersi da venerdì scorso e ritrovati senza vita sotto la neve.
Caputo, 28 anni, era studente di giurisprudenza alla Statale di Milano e maestro di sci in Svizzera. Il più giovane della spedizione, esperto in alta quota, sognava di portare a termine la sua prima grande impresa himalayana.
Accanto a lui Farronato, 45enne arboricoltore di Bassano del Grappa, alpinista di grande esperienza: nel suo curriculum imprese estreme come la Ferdarski 2024 in Islanda, la Yukon Arctic Ultra 2018 a -50 gradi e la traversata dell’Alaska in mountain bike nel 2016.

A raccontare gli ultimi momenti della spedizione è Valter Perlino, alpinista piemontese sopravvissuto perché rimasto al campo base per un problema a un piede.
“Le tende non c’erano più, il campo era sepolto dalla neve”, ha detto la moglie, Gloriana Salvai, riportando le parole del marito. “Nemmeno lui ha saputo spiegare perché la perturbazione sia arrivata con tanto anticipo”.


Il dramma del Dolma Khang

A circa 200 chilometri di distanza, sul Dolma Khang, sono morti Paolo Cocco, Marco Di Marcello e Markus Kirchler.
Cocco, fotografo abruzzese ed ex vicesindaco di Fara San Martino, era un appassionato di montagna e natura. “Per me era un fratello piccolo”, ha detto il sindaco Antonio Tavani, con la voce rotta dal dolore. “Volevano essere i primi abruzzesi su quella vetta. Erano a soli 50 metri dalla cima”.

Con lui c’era Marco Di Marcello, biologo 37enne, guida esperta. Fino all’ultimo la famiglia aveva sperato: il segnale GPS, che si aggiornava ogni quattro ore, sembrava indicare spostamenti. “Il puntino era in discesa e poi in salita, segno che si muoveva”, aveva detto il fratello Gianni. Ma in serata è arrivata la conferma del decesso dal presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio.


Markus Kirchler, l’alpinista altoatesino

Tra le vittime anche Markus Kirchler, 30 anni, di San Genesio (Bolzano), impegnato in una spedizione separata organizzata da Wilderness Outdoors.
Kirchler avrebbe dovuto scalare il Pachermo (6.279 metri), ma il maltempo lo aveva costretto a cambiare rotta, dirigendosi verso la cima dello Yalung Ri con un compagno tedesco e una guida locale. Tutti e tre sono stati travolti dalla tempesta e non ce l’hanno fatta.


Cinque vite spezzate dall’amore per la montagna. Cinque italiani uniti dallo stesso sogno di libertà, che si è infranto tra le nevi dell’Himalaya.

Advertisement

Esteri

Gli Stati Uniti propongono una forza internazionale a Gaza per due anni: bozza all’Onu per una missione fino al 2027

Gli Stati Uniti hanno presentato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu una bozza di risoluzione per creare una forza internazionale a Gaza con mandato fino al 2027. Previsto il dispiegamento delle prime truppe a gennaio.

Pubblicato

del

Gli Stati Uniti hanno inviato a diversi membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu una bozza di risoluzione per istituire una forza internazionale a Gaza con un mandato iniziale di almeno due anni.

Secondo quanto riportato dal sito americano Axios, la proposta prevederebbe che la forza abbia il compito di garantire sicurezza e governance nella Striscia fino alla fine del 2027, con la possibilità di estendere il mandato oltre tale data.


Una missione sotto guida americana con mandato esteso

La risoluzione, spiegano le fonti citate, darebbe agli Stati Uniti e ai Paesi partecipanti un ampio mandato operativo e politico, includendo funzioni di sicurezza, gestione civile e supporto alla ricostruzione dell’area devastata dal conflitto.

L’obiettivo è quello di stabilizzare Gaza dopo mesi di violenze e creare le condizioni per un nuovo equilibrio politico in Medio Oriente, in vista di un eventuale processo di pace.


Prime truppe in arrivo a gennaio

La bozza americana fungerà da base per le trattative tra i membri del Consiglio di Sicurezza, con l’intento di approvare il testo nelle prossime settimane e dispiegare le prime truppe già a gennaio 2026.

Non è ancora chiaro quali Paesi parteciperanno alla missione, ma la proposta prevede il coinvolgimento di alleati occidentali e partner regionali, con un ruolo centrale degli Stati Uniti nella catena di comando.


Una sfida diplomatica per Washington

La mossa americana apre una nuova fase diplomatica sul futuro di Gaza e potrebbe incontrare resistenze da parte di Russia e Cina, membri permanenti del Consiglio con diritto di veto.

Washington punta a una soluzione multilaterale che consenta di garantire la sicurezza sul territorio e allo stesso tempo avviare una gestione internazionale della ricostruzione, evitando che Hamas o altri gruppi armati tornino a controllare la Striscia.

La proposta segna così l’avvio di un nuovo capitolo nel dossier mediorientale, con gli Stati Uniti determinati a riaffermare la propria leadership diplomatica e militare nella regione.

Continua a leggere

Esteri

Aereo spia Usa sorvola il Mar Nero: ricognizione sopra la Crimea, poi il rientro nel Regno Unito

Un aereo da ricognizione dell’Aeronautica Militare americana ha sorvolato il Mar Nero e la Crimea prima di rientrare in Gran Bretagna. Il volo, monitorato da Flightradar24, riaccende le tensioni tra Nato e Russia.

Pubblicato

del

Un aereo da ricognizione dell’Aeronautica Militare statunitense è stato avvistato nello spazio aereo sopra il Mar Nero, in un’area di alta tensione militare tra Russia e Ucraina.

Secondo quanto riportato dall’agenzia russa Tass, che cita il servizio di monitoraggio Flightradar24, il velivolo era decollato dalla base aerea di Mildenhall nel Regno Unito per una missione di sorveglianza.


Il percorso del volo: sorvolo su sei Paesi e ritorno nel Regno Unito

Il ricognitore ha attraversato i cieli di Paesi Bassi, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania, prima di raggiungere il Mar Nero e sorvolare lo spazio aereo oltre la Crimea, zona di forte interesse strategico per Mosca.

Dopo la missione, l’aereo ha fatto ritorno alla base britannica. Secondo i dati di tracciamento, alle 5:15 ora di Mosca il velivolo si trovava nuovamente sopra Mildenhall, a conferma del completamento dell’operazione.


Missione di sorveglianza in un’area ad alta tensione

Il sorvolo rientrerebbe nelle attività di monitoraggio Nato lungo i confini orientali dell’Alleanza e nelle aree di conflitto tra Russia e Ucraina, dove da mesi si registra un’intensa attività aerea e navale.

La presenza di un aereo spia americano nei cieli del Mar Nero rischia di inasprire ulteriormente le relazioni tra Washington e Mosca, già tese dopo gli ultimi scambi di accuse sulle operazioni militari in Ucraina e sullo spazio aereo del Mar Nero.


Un nuovo segnale di allerta tra Nato e Russia

L’episodio conferma l’aumento della ricognizione occidentale nell’area e la sorveglianza costante sui movimenti russinel sud dell’Ucraina e in Crimea, regione annessa da Mosca nel 2014 e tuttora al centro del conflitto.

Un segnale chiaro di come il Mar Nero resti uno dei fronti più caldi della geopolitica mondiale, dove ogni volo può trasformarsi in un messaggio strategico o in una nuova scintilla diplomatica.

Continua a leggere

Esteri

Trump avverte Maduro: “I suoi giorni sono contati”. Ma smentisce un’imminente guerra con il Venezuela

Donald Trump assicura che gli Stati Uniti “non stanno pensando a una guerra” contro il Venezuela ma afferma che “i giorni di Maduro sono contati”. Cresce la tensione nei Caraibi mentre l’Ue avverte Washington: “Ogni azione deve rispettare il diritto internazionale”

Pubblicato

del

Non stiamo pensando a una guerra, ma i giorni di Maduro sono contati”. Così Donald Trump, intervistato da CBSper il programma “60 Minutes”, ha alimentato nuovi timori su un possibile intervento americano in Venezuela, pur minimizzando le ipotesi di un conflitto imminente.

Le parole del presidente americano arrivano in un momento di forte tensione nei Caraibi, dove gli Stati Uniti hanno ammassato mezzi militari e uomini, intensificando nel frattempo i raid contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti, che avrebbero già provocato decine di vittime.

Alla domanda se Washington stia pianificando un attacco a Caracas, Trump ha risposto ironicamente: “Ma che domanda è? Supponendo che ci fossero piani, lo direi a voi onestamente?”.


Maduro: “Nessuno ci toglierà la nostra democrazia”

Il presidente venezuelano Nicolás Maduro non ha tardato a replicare. In un video diffuso su Telegram, ha denunciato le “minacce imperialiste” e ribadito la legittimità del suo governo:
La nostra democrazia è la più avanzata del pianeta. Nessuno ci toglierà il diritto di vivere liberi nel Secolo dei Popoli”, ha detto il leader di Caracas, accusando Washington di voler destabilizzare il Paese “con la scusa della lotta al narcotraffico”.

Le sue parole giungono dopo giorni di silenzio, interrotti solo dalle manovre militari e dal crescente schieramento americano nella regione.


L’opposizione venezuelana: “Il popolo sostiene Trump”

A sostenere la linea dura della Casa Bianca è invece María Corina Machado, Premio Nobel per la Pace 2025 e leader dell’opposizione venezuelana. Intervistata da Fox News da Laura Trump, nuora dell’ex presidente, Machado ha dichiarato che “la maggioranza dei venezuelani appoggia pienamente la strategia di Trump”.

Lottiamo da 26 anni per liberarci da questa dittatura, e ora abbiamo un’occasione concreta per farlo”, ha affermato la leader liberale, puntando il dito contro il regime chavista:
Il Venezuela era il Paese più ricco e libero dell’America Latina, oggi è tra i più poveri. Il socialismo promette uguaglianza, ma rende tutti ugualmente poveri”.


L’Ue mette in guardia Washington: “Serve rispetto del diritto internazionale”

Dal Vecchio Continente è arrivato un messaggio prudente. L’Unione Europea ha espresso preoccupazione per un possibile intervento armato americano in Venezuela, pur ribadendo il sostegno alla lotta contro il narcotraffico.

Condividiamo l’obiettivo di smantellare il crimine organizzato, ma ogni azione deve rispettare il diritto internazionale”, ha dichiarato una portavoce della Commissione Europea, annunciando al contempo un nuovo pacchetto di aiuti umanitari da 14,5 milioni di euro destinato alla popolazione venezuelana.


Washington estende i raid nei Caraibi: il Congresso aggirato

Nel frattempo, il Dipartimento di Giustizia americano ha informato il Congresso che l’amministrazione può proseguire le operazioni militari in America Latina senza l’autorizzazione parlamentare, aggirando la War Powers Resolution del 1973.
La norma impone il voto del Congresso per estendere missioni ostili oltre i 60 giorni: un termine che scade oggi, ma che la Casa Bianca ritiene non vincolante nel caso di operazioni “antinarcotici e preventive”.


Escalation in vista

Dietro le smentite ufficiali, la tensione resta alta. L’imprevedibilità di Trump, che in passato aveva negato anche l’imminenza di un attacco contro l’Iran poco prima di ordinarlo, lascia aperta la possibilità di un’azione lampo contro Caracas.

Mentre il leader venezuelano si appella alla “sovranità popolare” e l’opposizione chiede l’intervento esterno, il destino del Venezuela torna a essere un campo di battaglia geopolitico tra Washington, Mosca e Pechino.
E il conto alla rovescia, come ha detto Trump, “è già cominciato”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto