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Piovella reticente spiega che Belardinelli forse è stato investito dall’auto di un napoletano e dimentica che quell’uomo morente l’hanno abbandonato a terra per picchiare i loro nemici

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Daniele Belardinelli, l’ultras del Varese 39enne morto il 26 dicembre negli scontri prima della partita Inter-Napoli, potrebbe essere stato investito da una o due auto che facevano parte della ‘carovana’ di macchine degli ultras napoletani assaltate dagli interisti. L’agguato era stato pianificato ed organizzato giorni prima. I napoletani dovevano essere presi mentre si avvicinavano allo stadio di San Siro.  Gli ultras interisti, evidentemente, sapevano anche da quale strada sarebbe arrivata la carovana napoletana. L’ipotesi su cui si stanno concentrando le indagini della Procura di Milano e della Digos, anche alla luce degli interrogatori di questi giorni e che emerge proprio nel giorno in cui è stato sentito al Palagiustizia milanese il capo dei Boys della curva nord interista, Marco Piovella, arrestato due giorni fa. Piovella è una sorta di strano caso di dottor Jekyll e del signor Hyde: imprenditore nel settore dell’architettura delle luci nella vita normale, ultras violento dentro e fuori lo stadio. È chiamato in causa da uno degli altri tre arrestati (Luca Da Ros) come presunto organizzatore del blitz in stile “militare” di via Novara. Piovella è rimasto per più di tre ore davanti al gip Guido Salvini, ribadendo, in sostanza, la versione dei giorni scorsi resa quando si era presentato spontaneamente in Questura. Con la sua ricostruzione della dinamica della morte di Belardinelli, da lui definito “un fratello maggiore, amico fraternissimo”, ha avvalorato anche l’ipotesi che ‘Dede’ possa essere stato prima colpito da un’auto e poi schiacciato da un’altra, quando era gia’ sull’asfalto. Su questo fronte, tra l’altro, gli investigatori stanno ancora lavorando sulle immagini disponibili per trovarne una che abbia ripreso gli istanti dell’investimento o quelli immediatamente successivi e allo stesso tempo stanno incrociando diverse testimonianze. Nel frattempo, Piovella, difeso dal legale Mirko Perlino, sulla falsariga delle sue precedenti affermazioni ha ammesso la partecipazione al blitz (“Si’, ero la’”), ma non ha voluto rispondere a domande specifiche sulle sue condotte, su quelle di altri e sul suo presunto ruolo di organizzatore. “Io sono il responsabile delle coreografie nel ‘direttivo’ della curva”, si sarebbe limitato a dire, escludendo di avere un ruolo di vertice nella curva, anche se ha parlato della sua partecipazione agli “incontri del direttivo nel ‘baretto'” non distante dallo stadio. Apparendo anche sconvolto per la morte dell’amico, il designer-ultra’, arrestato per rissa aggravata e altri reati, ha voluto ricordare che Belardinelli aveva passato con lui il Natale. “Se non avessimo passato il Natale assieme – ha aggiunto – forse lui non sarebbe nemmeno venuto l’indomani per la partita”. Ha ribadito che ‘Dede’ sarebbe stato schiacciato lentamente “da un’auto scura” che gli è passata sopra “a bassissima velocita’” con “le due ruote della parte destra del mezzo” quando era già a terra, mentre altri indagati, invece, hanno parlato di una macchina che viaggiava a forte velocità. L’ultras del Varese (tifoseria ‘gemellata’ con quella dell’Inter) sarebbe stato spostato due volte dagli ultras interisti dopo l’investimento, prima di essere caricato in una macchina e portato in ospedale.

Marco Piovella e Daniele Belardinelli. L’altra arrestato e quello morto nell’agguato alla caravona dei napoletani

Stando alla difesa (che ha chiesto la scarcerazione), Piovella ha raccontato di aver visto una persona che veniva travolta all’inizio degli scontri, ma di non aver capito che si trattava dell’amico, di aver visto che era lui solo alla fine della guerriglia durata poco meno di 10 minuti, di averlo sollevato e caricato su un’auto, dopo che ‘Dede’ gli aveva detto “sto bene”. Venerdi’ prossimo, intanto, verra’ sentito dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Michela Bordieri Luca Da Ros, l’arrestato che gia’ davanti al gip ha fatto il nome di Piovella e che, assistito dal legale Alberto Tucci, potrebbe collaborare ancora. Gli inquirenti, infine, stanno cercando di individuare gli oltre 100 ultras interisti e un’ottantina di tifosi napoletani e stanno inviando agli indagati informazioni di garanzia anche con l’accusa di omicidio volontario, atto dovuto per l’autopsia sul corpo di Belardinelli.

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‘Ndrangheta, il clan Briatico voleva uccidere carabiniere in mare

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Un carabiniere della Stazione di Briatico, nel Vibonese, era finito nel mirino del locale clan degli Accorinti-Melluso e la consorteria criminale aveva pianificato sin nei dettagli il suo omicidio. A svelarlo è stato oggi il collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, dell’omonimo clan di Briatico, deponendo dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia nel maxiprocesso nato dalle operazioni della Dda di Catanzaro denominate Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium.

Il militare dell’Arma, ad avviso del collaboratore, sarebbe stato inviso al clan poiché troppo ligio al proprio lavoro e doveva essere ucciso mentre era solito fare pesca subacquea in luoghi appartati della scogliera di Briatico. Un uomo del clan doveva immergersi in acqua ed eliminarlo, mentre successivamente un gommone con a bordo altri esponenti della consorteria criminale doveva prelevare il corpo e farlo sparire. “Ho poi riflettuto attentamente su tale programmato omicidio – ha dichiarato in aula il collaboratore Accorinti – e ho desistito poichè avendo già dei procedimenti penali in corso per aver offeso e minacciato in un’occasione tale carabiniere, in caso di un suo omicidio i sospetti delle forze dell’ordine sarebbero ricaduti subito su di me”.

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‘Truffa all’Inps’, arriva altra grana per Santanchè

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Potrebbe chiudersi nel giro di poco tempo l’udienza preliminare che si aprirà dopodomani a Milano in cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè con altri due imputati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, e due società rispondono di truffa aggravata all’Inps sul caso Visibilia. La procura contesta presunte irregolarità legate alla cassa integrazione ottenuta per 13 dipendenti durante il Covid con ingenti danni per l’istituto previdenziale che, in assenza di risarcimento, dovrebbe chiedere di essere parte civile e quindi presentare il conto.

Quello che prenderà il via tra due giorni è il secondo procedimento istruito dai pm milanesi Marina Gravina e Luigi Luzi e l’aggiunto Laura Pedio (ora procuratrice a Lodi) in cui la senatrice di Fdi rischia di finire a dibattimento. La scorsa settimana è cominciata l’udienza preliminare per false comunicazioni sociali a carico della parlamentare e altri 19 persone, anche giuridiche, e che pur procedendo spedita, dovrebbe terminare alla fine di novembre Il caso della presunta truffa, salvo imprevisti, avrà tempi più rapidi. Da quanto si è saputo la gup Tiziana Gueli, salvo particolari questioni o eccezioni, dovrebbe fissare un paio o forse tre udienze, essendo gli imputati in tutto cinque.

Quindi la decisione se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio della procura ed eventualmente, tramite il suo legale, di Inps non dovrebbe arrivare tra molto. Secondo la ricostruzione l’allora parlamentare di Fratelli d’Italia, Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla politica e dal quale nel 2022 è uscita – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia per 13 dipendenti. Le cui testimonianze, oltre agli esiti di una ispezione Inps e a una serie di accertamenti, sono state raccolte nel corso delle indagini: tutti, o quasi tutti, avrebbero confermato che la ministra sapeva.

Sarebbe stata a conoscenza del fatto che stavano continuando a lavorare mentre l’istituto previdenziale versava i fondi stanziati durante l’emergenza: oltre 126mila euro, per un totale di oltre 20mila ore. A Santanchè, così come agli altri due, viene quindi addebitato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”.

Nel mirino ci sono pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto allo stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese e spese di viaggio'”. Ma non sono solo queste le grane che la ministra dovrà affrontare: la magistratura di Milano sta indagando, tra l’altro, sulle società ,sempre da lei create e che ha lasciato, del bio-food. In particolare Ki Group srl, fallita lo scorso gennaio. Per novembre è atteso il deposito della relazione del curatore fallimentare, dopo di che i pubblici ministeri decideranno come muoversi.

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Inchiesta corruzione Prato, processo immediato a ufficiale dei Carabinieri

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Giudizio immediato per il tenente colonnello Sergio Turini, ex comandante dei carabinieri di Prato, l’imprenditore pratese Riccardo Matteini Bresci, ad dell’azienda “Gruppo Colle”, e Roberto Moretti, titolare di un’agenzia investigativa a Torino. Per i tre, accusati, a vario titolo, di corruzione e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine il processo si aprirà il prossimo 9 dicembre al tribunale di Prato, sede ritenuta competente dal gip perché nel Pratese sarebbero avvenuti i reati i reati più gravi contestati dalla procura di Firenze.

Il giudice ha accolto la richiesta della procura tuttavia gli imputati, che da giugno sono sottoposti alla misura cautelare attualmente degli arresti domiciliari, potranno chiedere di essere ammessi al patteggiamento o al rito abbreviato. Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire loro informazioni.

Almeno 99 gli accessi individuati, nel corso delle indagini. Avrebbe fornito a Matteini Bresci anche notizie su indagini, coperte da segreto, relative a dipendenti. In cambio, l’imprenditore avrebbe pagato un viaggio negli Usa al figlio del tenente colonnello e interceduto con il sottosegretario agli affari esteri Giorgio Silli (non indagato) perché si attivasse con il comando generale dell’Arma dei carabinieri per garantire la permanenza di Turini a Prato. Sempre il tenente colonello, secondo l’accusa, avrebbe procacciato clienti all’amico Roberto Moretti fornendogli informazioni ricavate abusivamente dalla banca dati in uso alle forze dell’ordine in cambio di vini pregiati.

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