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Cronache

Ilaria Salis esce dal carcere in Ungheria: ora ai domiciliari in attesa del processo

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Ilaria Salis ha lasciato questa mattina la prigione di massima sicurezza di Gyorskocsi utca a Budapest, dove era stata detenuta per oltre 15 mesi. La giovane italiana è stata trasferita al domicilio, dove sconterà la misura cautelare degli arresti domiciliari in attesa della conclusione del suo processo.

Ilaria Salis è stata arrestata l’11 febbraio 2023 insieme a due antifascisti tedeschi. Le accuse mosse contro di lei riguardano la partecipazione a due aggressioni contro tre militanti di estrema destra e l’appartenenza a un’associazione criminale. L’arresto e le accuse hanno suscitato un’ampia eco, vista la natura politicamente delicata delle accuse e il contesto in cui sono avvenute.

Il 15 maggio, una commissione di secondo grado del tribunale di Budapest ha accolto il ricorso presentato dai legali di Salis, concedendole la detenzione ai domiciliari con l’uso del braccialetto elettronico. Questa decisione è stata condizionata dal pagamento di una cauzione di 40.000 euro. Dopo alcuni giorni di attesa, il bonifico partito dall’Italia la settimana scorsa è finalmente arrivato, permettendo a Salis di lasciare il carcere. Ora Ilaria Salis si trova ai domiciliari, con tutte le misure di sicurezza previste, inclusa la sorveglianza tramite braccialetto elettronico. Domani è prevista la terza udienza del processo a suo carico, durante la quale si discuteranno ulteriormente le accuse e le prove presentate.

La vicenda di Ilaria Salis è stata seguita con grande attenzione sia in Italia che in Ungheria. La sua uscita dal carcere e il passaggio agli arresti domiciliari rappresentano un momento cruciale, ma non la conclusione del suo caso. La prossima udienza sarà determinante per capire meglio il futuro giudiziario di Salis e le possibili evoluzioni del processo.

 

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Cronache

Scontro tra moto a Marano, morto un 28enne

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I carabinieri della sezione radiomobile della compagnia di Marano sono intervenuti a via Palermo per un sinistro stradale.
Poco prima e per cause ancora in corso di accertamento uno scooter brera x 125 cc con a bordo un 28enne e una 21enne impattava con una moto bmw gsx 1200 cc con a bordo un 35enne.
Sul posto interveniva anche personale del 118 che constatava il decesso del 28enne.
Trasferiti – in codice rosso, in prognosi riservata, al momento non in pericolo di vita – gli altri due centauri. La donna è stata trasferita nell’ospedale di Pozzuoli mentre l’uomo è al Cardarelli.
La salma è stata sequestrata su disposizione dell’Autorità giudiziaria.

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Morte della ricercatrice Cristina Frazzica nel mare di Posillipo, la Procura acquisisce i cellulari

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La Procura di Napoli continua a investigare sulla morte della giovane ricercatrice Cristina Frazzica, avvenuta sette giorni fa nelle acque di Posillipo. L’inchiesta, condotta dal pm Vincenzo Toscano sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Raffaello Falcone, si concentra ora sull’acquisizione di due telefoni cellulari: quello dell’avvocato Guido Furgiuele, indagato e probabile conducente del natante coinvolto, e quello dell’avvocato sopravvissuto allo scontro.

Il tragico incidente è avvenuto al largo di Posillipo, dove una barca ha investito una canoa. Inizialmente, l’area interessata sembrava essere quella al largo di Trentaremi, ma ora si sospetta che l’incidente sia avvenuto vicino al costone di Villa Rosebery, residenza del Presidente della Repubblica. Determinare l’esatta posizione è cruciale per stabilire le responsabilità.

Le indagini puntano a fissare le coordinate spazio-temporali dell’incidente. Gli inquirenti sperano di trovare indizi nei telefoni cellulari, come chat, fotografie o video, che potrebbero aiutare nella geolocalizzazione. Cristina aveva postato delle foto poco prima dell’incidente, inclusi scatti della villa dove viene girato “Un posto al sole”. Questi post potrebbero fornire informazioni preziose.

L’autopsia ha confermato che Cristina è stata uccisa dalle eliche dell’imbarcazione. Le verifiche continuano sulla barca sequestrata e sul kayak utilizzato. L’acquisizione dei cellulari potrebbe offrire ulteriori dettagli sulla dinamica dello scontro, avvenuto tra i trecento e i cinquecento metri dalla costa, un intervallo significativo per accertare il livello di colpa di chi era alla guida.

Guido Furgiuele, difeso dal penalista e docente napoletano Alfonso Furgiuele, ha collaborato con le autorità sin dall’inizio. Ha dichiarato: “Non mi sono accorto di nulla. Eravamo in sette in barca, ma nessuno se ne è accorto. Sono stato avvistato da una mia ospite, che era a poppa. Quando abbiamo visto l’uomo in mare, siamo intervenuti immediatamente. In pochi minuti c’è stato il salvataggio e abbiamo chiamato la guardia costiera”.

La famiglia di Cristina, assistita dal penalista Giordano nominato dall’agenzia Giesse, ha chiesto accertamenti rapidi e rigorosi. Hanno dichiarato: “Non chiediamo vendetta, vogliamo sapere chi o cosa ha provocato la morte di Cristina”. La dignitosa presenza della famiglia in Tribunale sottolinea il loro desiderio di verità e giustizia.

Tra sessanta giorni, si attendono i risultati definitivi dell’autopsia. Nel frattempo, le indagini proseguono, con l’obiettivo di chiarire tutte le circostanze dell’incidente. I funerali di Cristina Frazzica si terranno nel Duomo di San Lorenzo a Voghera alle 11, con un rosario in suo onore previsto per oggi alle 17.30. La comunità si unisce nel ricordo della giovane ricercatrice, il cui amore per Napoli ha trovato una tragica conclusione.

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Dubai, sequestrata l’isola della camorra: è provento del narcotraffico a Napoli del boss Imperiale

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Un giudice del Tribunale di Napoli ha emesso un provvedimento di sequestro di un’isola situata nel golfo di Dubai. Questa misura straordinaria è il risultato di un’indagine rigorosamente condotta negli ultimi mesi dalla Procura di Napoli. È stata Maria Luisa Miranda, gup del Tribunale di Napoli, a firmare la richiesta di sequestro dell’isola denominata “Taiwan”, che fa parte di un arcipelago artificiale sviluppato da una società immobiliare.

Il legame con Raffaele Imperiale, il narco boss pentito

Questo sequestro segna una svolta nell’inchiesta sul narcotrafficante pentito Raffaele Imperiale, che rischia una condanna a 12 anni di reclusione. Durante il processo, Imperiale aveva rivelato l’esistenza dell’isola. In una lettera al pm Maurizio De Marco, magistrato responsabile delle indagini insieme ai colleghi Lucio Giugliano e Vincenza Marra, Imperiale ha messo a disposizione della giustizia italiana l’isola “Taiwan”, parte del complesso “The World”.

L’indagine e la rogatoria internazionale

L’indagine ha avuto due obiettivi principali: accertare i passaggi di proprietà dell’isola e avviare una rogatoria internazionale con gli Emirati Arabi per formalizzare il sequestro e la futura confisca. Il provvedimento è stato notificato a Imperiale e, contemporaneamente, è stata attivata una procedura di mutua assistenza giudiziaria con gli Emirati.

La storia dell’isola della camorra

Imperiale ha spiegato come è nata la decisione di investire sull’isola, che ha un valore stimato tra i 30 e i 50 milioni di dollari. Realizzata con il contributo di un archistar di fama internazionale, l’isola è stata acquistata da Imperiale nel 2008 per 30 milioni di dollari. L’investimento è stato effettuato tramite una società immobiliare, fondata anche con i capitali di Imperiale, e intestata a un imprenditore napoletano.

Conferma del sequestro

La documentazione fornita dagli amministratori della società ha confermato il legame di Imperiale con l’isola, sufficiente per giustificare il sequestro. Difeso dall’avvocato Maurizio Frizzi, Imperiale ha ricevuto la notifica del sequestro pochi giorni fa e, dato il suo atteggiamento collaborativo, è improbabile che ricorra contro la decisione.

Il gip napoletano ha sottolineato l’importanza del sequestro, paragonandolo alla consegna dei quadri di Van Gogh da parte di Imperiale. Nonostante i profitti enormi derivati dal traffico di cocaina, Imperiale non aveva finora messo a disposizione beni immobili o somme di denaro. Il valore dell’isola, sebbene significativo, è inferiore ai profitti illeciti accumulati.

La questione ora si sposta sul piano delle rogatorie e dei protocolli internazionali, necessari per convertire il bene sotto sovranità emiratina in risorse monetizzabili a disposizione della giustizia italiana.

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